Attorno a noi – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 20 Feb 2024 15:29:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Alluvioni del torrente Seveso a Milano: aspetti agronomici e di idraulica agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/#respond Fri, 03 Nov 2023 17:19:29 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68464 Il 31 ottobre 2023, in occasione di un temporale molto intenso, il torrente Seveso è esondato all’interno della città di Milano, allagando i quartieri più settentrionali.
Strano torrente, il Seveso, che nasce quasi al confine con la Svizzera, attraversa la Brianza in una delle aree più urbanizzate d’Italia e all’ingresso del territorio di Milano entra in una canalizzazione sotterranea che lo farà confluire con le acque del Redefossi, anche queste intubate sotto la città. Ricordiamoci anche che il tratto del Seveso che interessa il territorio milanese è stato deviato fin dall’epoca romana.

L’IMPERMEABILIZZAZIONE
La porzione superiore e mediana del Seveso, salvo il primissimo tratto, attraversa un territorio enormemente urbanizzato, che ha occupato praticamente quasi tutti gli spazi disponibili attraverso l’edificato.
Questo ha comportato il progressivo restringimento dell’alveo per guadagnare metri quadri e anche poca o nulla attenzione nel momento della progettazione di manufatti di attraversamento, non adatti a sostenere piene di portata importante.
Da sottolineare, perché spesso non messa sufficientemente a fuoco, l’importanza dell’impermeabilizzazione di quasi tutto il bacino del Seveso: in occasione di piogge appena più intense del normale, tutta l’acqua piovana venga smaltita in superficie senza possibilità di insinuarsi nel terreno, con grande velocità, mettendo rapidamente in crisi le porzioni inferiori del torrente.

INVARIANZA IDRAULICA
È stato proprio attraverso l’esperienza negativa della regimazione del Seveso che in Lombardia è stato introdotto per legge il concetto di “invarianza idraulica”, secondo il quale ogni nuova impermeabilizzazione del suolo deve essere capace di assicurare lo smaltimento delle acque piovane e degli scarichi senza alterare il regime idraulico del corso d’acqua.
Un settore, questo, in cui le competenze professionali di agronomi e forestali integrano con grande efficacia quelle degli ingegneri idraulici, ricorrendo a soluzioni anche sofisticate per assicurare una regimazione complessiva il più possibile “naturale”.

IL CANALE SCOLMATORE
Poiché il Seveso ha una storia di innumerevoli esondazioni ed allagamenti (con centinaia di esondazioni registrate dalla fine dell’800 ad oggi), appena a nord dell’ingresso nel territorio milanese è stato realizzato negli anni ’50, e recentemente rimodernato, il Canale Scolmatore di Nord Ovest: un’imponente opera di canalizzazione destinata a deviare la portata del Seveso in condizioni di piena verso ovest, fino all’immissione nelle acque del Ticino.
Questa opera gioca un ruolo indispensabile per evitare buona parte delle esondazioni o a contenerne gli effetti. Certo non è stata indolore né in quanto a superficie complessiva cementificata, né nell’impatto complessivo sui territori attraversati, oggi potenzialmente a rischio pur non essendo mai stati compresi nell’alveo “naturale” del Seveso.
Certo la qualità delle acque del Seveso non è certo delle migliori, sia a causa delle caratteristiche urbanistiche del territorio attraversato, sia per la scarsissima naturalità delle sue sponde, sia per la quantità enorme di scarichi civile ed industriali (solo parzialmente autorizzati). Questo comporta anche problemi in occasione dello scarico delle acque di piena nel Ticino – attraverso il Canale Scolmatore – le cui acque sono certamente molto più pulite.

INSUFFICIENTE A CONVOGLIARE LA PIENA
Veniamo all’ingresso in Milano, ovvero al suo tratto più critico in assoluto. Come detto, il Seveso si incanala in uno scolmatore sottoterra, in cui confluiscono anche le acque del cavo Redefossi e attraversa il territorio milanese, anche i quartieri più centrali.
Purtroppo, le caratteristiche costruttive del tratto sotterraneo non sono sufficiente a convogliare le portate di piena, in particolare quelle così intense ed importanti degli ultimi anni, sia a causa dell’incremento della loro intensità sia a causa di fenomeni di inghiaiamento della sua sezione che ne riducono ulteriormente la portata. Va anche detto che l’intervento umano si è sbizzarrito anche nel tratto sotterraneo: esempio ne è una imponente struttura longitudinale, destinata a sostenere un palazzo sovrastante collocato esattamente sopra il canale sotterraneo, che certo non facilita il deflusso delle acque, a suo tempo regolarmente autorizzata.
In definitiva cosa succede in occasione di una precipitazione importante e molto concentrata? La massa d’acqua atterra un bacino prevalentemente urbanizzato, non riesce se non parzialmente ad essere assorbita ed intercettata dal terreno naturale ed agricolo, e quindi si riversa molto rapidamente nella rete di condutture di smaltimento, mettendo anche in crisi i depuratori esistenti che sono costretti a rilasciare attraverso i troppo pieno.
Questa massa d’acqua raggiunge rapidamente Milano, distante solo poche decine di km; una parte anche importante viene deviata dal Canale Scolmatore (regolato dall’AiPo agenzia interregionale del fiume Po), che peraltro ha anche lui i suoi limiti di portata massima. Se la deviazione non è sufficiente, questa massa d’acqua arriva all’ingresso del canale sotterraneo e, a questo punto, esonda all’esterno la quantità che non riesce ad essere assorbita dal canale, allagando i quartieri a nord di Milano e arrivando, in alcuni casi, anche ad invadere le gallerie della metropolitana.

COSA SI STA FACENDO
I danni dovuti dalle esondazioni del Seveso possono arrivare, negli episodi più gravi, a molte decine di milioni di euro.
Da qui la decisione assunta diversi anni fa da Regione Lombardia, Comune di Milano e dalle strutture governative dedicate alla riduzione del rischio idrogeologico di realizzare un sistema di grandi vasche di laminazione, dedicate appunto a contenere milioni di metri cubi di acque di piena da rilasciare successivamente, superato l’evento alluvionale. Il progetto, del costo di molte decine di milioni di euro, è in corso di realizzazione e vede la vasca di minori dimensioni pronta al collaudo, mentre gli altri cantieri sono in corso a vario stadio di avanzamento.
Come sempre in questi casi, la scelta dei siti ove realizzare le vasche di laminazione non è stata facile in un territorio dove letteralmente mancano gli spazi liberi. Soprattutto si è dovuto affrontare una difficile fase di confronto con gli abitanti che si troveranno prossimi a questi manufatti, i quali hanno manifestato timori per l’aspetto ambientale e della qualità delle acque del Seveso e dei suoi sedimenti.

COSA POSSONO FARE I DOTTORI AGRONOMI E FORESTALI
Come detto, in casi come questo esistono spazi importanti per le conoscenze tipiche dei dottori agronomi e forestali.
In particolare possono contribuire alla progettazione degli interventi di rinaturalizzazione di sponde e aree golenali, sulla scelta della migliore localizzazione delle vasche di laminazione, nella progettazione delle medesime e delle indispensabili aree verdi di contorno, nella stesura dei capitolati di manutenzioni di queste aree di contorno così come dell’area della vasca di laminazione vera e propria e nei rapporti della vasca di laminazione con le attività agricole e le aree verdi circostanti.

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Clima, biodiversità, filiere corte: l’UE contro la deforestazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione/#respond Fri, 23 Jun 2023 06:46:46 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68367 La proposta del Regolamento EUDR (è stato approvato in via definitiva dal Parlamento europeo il 19 aprile scorso ed è diventata legge.

Una norma pensata per contrastare l’emergenza climatica e la perdita di biodiversità e che, avviando filiere corte, controllate e virtuose, può diventare un vantaggioso volano per le produzioni nazionali, europee e un’opportunità per le aree interne.

Cos’è EUDR

Il regolamento europeo EUDR nasce con l’intento di impedire che nei Paesi dell’Unione Europea siano commercializzati prodotti che abbiano causato deforestazione o degrado forestale.

Non si parla solo di legname, ma il regolamento comprende anche i prodotti agricoli e di allevamento: cacao, gomma naturale, caffè, olio di palma, mais, soia e pure carne bovina che alimenta l’espansione dei terreni agricoli a discapito delle superfici forestate. E l’elenco europeo include anche i prodotti derivati quali il cuoio o il mobilio, finanche il cioccolato, una serie di derivati dell’olio di palma, la carta e via dicendo.

A partire da fine 2024, quindi, le aziende che vorranno commercializzare i propri prodotti nell’UE dovranno verificare e certificare che né loro né i loro fornitori abbiano provocato deforestazione o degrado delle foreste dopo il 31 dicembre 2020. Con sanzioni rilevanti: quelle che non rispettano le regole di tracciabilità delle catene di fornitura e di trasparenza in materia di sostenibilità potrebbero incorrere in multe pari ad almeno il 4% del loro fatturato annuo nell’UE.

La verifica (la cosiddetta “due diligence”) della catena di approvvigionamento produrrà conseguenze anche sulla produzione nazionale e quella interna all’UE: per molti prodotti, privilegiare l’origine nazionale diventerà la via più semplice ed economica.” – dichiara Marco Bonavia, consigliere CONAF – “Limitando il ragionamento alla filiera del legno, è concreta l’ipotesi di un effetto positivo sulle economie delle aree interne, che potranno valorizzare una materia prima locale anziché tropicale, che con più facilità saprà dimostrare la gestione con criteri rispettosi sia dell’ambiente che delle molteplici funzioni del bosco.”

 

Un problema concreto

Secondo le stime della FAO, tra il 1990 e il 2020 sono scomparsi 420 milioni di ettari di foreste, una superficie più grande dell’UE, che rappresenta circa il 10% del totale delle foreste della Terra. Contemporaneamente, l’Europa è uno dei maggiori importatori di materie prime legate alla deforestazione, tra cui il 50% del caffè mondiale e il 60% di tutto il cacao: due prodotti che, da soli, sono stati responsabili di oltre il 25% della perdita di copertura arborea a livello mondiale nel periodo 2001-2015.

A ciò va aggiunto che, in base a recenti stime su immagini satellitari, quasi 4 milioni di ettari di foresta tropicale sono andati perduti dal 1993 per fare spazio alle piantagioni di gomma nel Sud-Est asiatico. Oggi le foreste colpite sono spesso frammentate e limitate sia nella loro capacità di immagazzinare carbonio e che nella capacità di ospitare popolazioni vitali di specie minacciate, come gli elefanti asiatici e le tigri di Sumatra.

In questo contesto, fa riflettere pensare che i consumi imputabili all’UE sono responsabili di circa il 10% delle perdite di foreste, con l’Italia quale è il secondo maggior consumatore in Europa di prodotti responsabili della distruzione di foreste (36mila ettari di foresta/anno), dietro la Germania con più di 43mila ettari abbattuti ogni anno.

 

Sulle spalle dell’EUTR

Da dieci anni in UE è in vigore il regolamento EUTR (European Union Timber Regulation), che già chiedeva agli operatori di mercato una maggiore consapevolezza sulla questione dei tagli forestali di natura illegale e un loro maggiore impegno nel controllo delle catene di approvvigionamento.

In due lustri, sono stati raggiunti dei risultati positivi, come una diminuzione delle importazioni nell’UE di legname illegale. Ora ci si attende un ulteriore salto qualitativo, con vincoli più stringenti e un perimetro di tutela dei diritti più ampio.

La vera sfida per rendere davvero efficace il nuovo regolamento sarà quella di evitare le criticità evidenziate dall’EUTR.
Secondo le valutazioni di ETIFOR, il testo mostra quadro normativo più chiaro su verifiche e controlli, introducendo livelli minimi per le ispezioni. Inoltre, il parlamento ha ridefinito gli spazi di autonomia dei singoli stati membri, per evitare situazioni di disparità all’interno dell’UE: è stato chiesto che le autorità competenti abbiano risorse sufficienti e che le sanzioni siano proporzionate al danno ambientale causato e al suo valore.

Tra i cambiamenti più innovativi, c’è il coinvolgimento diretto delle agenzie delle dogane degli stati membri, che potranno rilevare eventuali rischi e comunicarli prima che le merci entrino nell’Unione, fino alla possibilità di bloccare o confiscare i prodotti alle frontiere. Inoltre, un nuovo sistema digitale (il cosiddetto “registro”) andrà a semplificare la gestione dei dati (coordinate geografiche e paese di produzione per ciascun prodotto), l’accesso alle informazioni ufficiali, facilitando anche la cooperazione tra autorità doganali e altre istituzioni competenti.

 

Altri punti di vista

I Paesi produttori di olio di palma stanno cercando di reagire, con la Malesia che sta valutando potenziali restrizioni commerciali che rallenterebbero il flusso di prodotti verso l’Europa e rivedrebbero le importazioni dal blocco.

E voci di dissenso vengono dalle associazioni che rappresentano i piccoli agricoltori che coltivano la palma da olio, che rappresentano tra il 35% e il 40% della produzione globale di olio di palma. Per loro, la palma da olio rappresenta la fonte primaria di reddito in un’economia familiare.

Il nuovo regolamento, secondo queste associazioni, rischia di condurre all’esclusione dei piccoli agricoltori dal mercato dell’UE, con il conseguente reindirizzamento delle esportazioni verso Paesi con normative ambientali più deboli, spostando il problema in altre regioni.

C’è il rischio che milioni di piccoli coltivatori di palma da olio vengano esclusi dalla catena di approvvigionamento dell’UE, limitando l’accesso al mercato solo all’olio di palma prodotto dai grandi operatori. Attualmente, i piccoli proprietari sono l’anello più debole della catena di approvvigionamento globale dell’olio di palma, eppure ci si aspetta che siano loro a sostenere gran parte dell’onere di dimostrare che la loro produzione non ha causato deforestazione. Non disponendo di risorse e competenze, devono già affrontare le sfide per conformarsi agli standard di sostenibilità esistenti. L’imposizione di nuovi requisiti di sostenibilità e tracciabilità aggraverebbe ulteriormente la loro esclusione dal mercato dell’UE.” – hanno dichiarato in un documento The Netherlands Oils and Fats Industry (MVO), the Council for Palm Oil Producing Countries (CPOPC) and Solidaridad.

La questione non è solo limitata all’azione di lobbying per evitare dei costi alla filiera. L’industria della palma da olio, nei Paesi produttori, svolge un ruolo fondamentale nel trasformare le condizioni di vita delle comunità rurali, alleviando la povertà grazie alle opportunità di lavoro e migliorando lo sviluppo sociale. In quanto tale, mantenere vitale l’industria della palma da olio può contribuire positivamente al raggiungimento del Green Deal dell’UE, nonché dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile e dei suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

 

L’iter legislativo

Le tempistiche per l’entrata in vigore dell’EUDR sono ancora lunghe, si ipotizza che il percorso approvativo si completi per l’inizio del 2025. Dopo la decisione di formale adozione da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo, infatti, dovranno passare altri 18 mesi.

Da quel momento in poi, il nuovo regolamento andrà a sostituire il vigente regolamento UE sul legno (EUTR).

Sostenibilità, tutela della biodiversità, commercio equo e riduzione delle disparità sono stati temi discussi anche nel Congresso nazionale di Firenze, a ottobre. Alle imprese, infatti, è anche chiesto di verificare che la propria supply chain rispetti la legislazione del Paese di produzione anche in materia di diritti umani e di diritti delle popolazioni indigene.
L’introduzione di questo regolamento è certamente un segnale positivo, seppure si dovranno affrontare diverse criticità.” – Marco Bonavia, consigliere CONAF

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Colte, preparate e sostenibili //www.agronomoforestale.eu/index.php/colte-preparate-e-sostenibili/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=colte-preparate-e-sostenibili //www.agronomoforestale.eu/index.php/colte-preparate-e-sostenibili/#respond Wed, 08 Mar 2023 09:11:35 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68317 Innanzitutto, partiamo dai numeri per capire di cosa si parla: il 42% dei 26,7 milioni di persone che lavorano regolarmente in agricoltura nell’Unione europea sono donne e il 30% delle aziende agricole dell’UE è gestito da una donna. In Italia siamo addirittura sopra la media europea (32%).
Una presenza corposa, addirittura superiore, se si volge l’attenzione verso chi ha compiuto studi superiori, come le dottoresse agronome e forestali: le donne laureate rappresentano una fetta rilevante, sono ancora molto presenti anche negli step successivi ma, con il crescere dei ruoli (ricercatrici, professoresse universitarie, ecc.), le percentuali si assottigliano.
La questione diventa allarmante se si sposta lo sguardo alle stanze della politica, dove si indirizza il futuro del settore primario, ma in cui la componente femminile è decisamente sottorappresentata.
Una questione al centro del dibattito dell’Ordine, a cui è stata dedicata una tavola rotonda specifica durante il Congresso nazionale di Firenze, invitando alla riflessione stakeholder e analisti.

Al contrario della politica, il mercato si è presto accorto che questa disparità di genere è sempre meno tollerabile. Ne è un esempio l’azienda produttrice di fertilizzanti Yara che, dopo aver rilevato che solo il 14% dei suoi 800 agronomi erano donne, ha lanciato il programma “Woman in Agronomy” per affrontare lo squilibrio di genere nel settore, in particolare utilizzando il mentoring.
Un’azione che per un’azienda chimica che propone fertilizzanti e prodotti per l’agricoltura ha un rapido tornaconto e una sfumatura di pinkwashing: le donne in agricoltura hanno ruoli meno visibili, ma sono molto più attente alla sostenibilità e sono le attrici della transizione verde.

Studiose, scienziate, ma poi?
Se ci si concentra sulla presenza di donne con un titolo di studio superiore nel campo delle scienze agrarie, la maggior parte degli Stati membri dell’UE-27 e dei Paesi associati ha registrato un aumento della percentuale di donne ricercatrici nel 2018, rispetto al 2010.
Secondo il rapporto She Figures 2021 (con dati 2018), le donne dottorande in agricoltura, silvicoltura, pesca e veterinaria rappresentano il 56% di tutti gli studenti. Maggioranza assoluta, con identica percentuale, che si riscontra anche in Italia.
Si intravede anche un miglioramento nella percentuale di donne tra i ricercatori nel settore di R&S: nel 2010 rappresentavano il 38%, percentuale cresciuta fino al 44,5% nella rilevazione del 2018.
Infine, osservando la distribuzione delle donne ricercatrici negli studi sull’istruzione superiore (HES) è evidente che nella maggior parte degli Stati membri dell’UE-27, le donne hanno più probabilità di lavorare come ricercatrici nelle scienze sociali e nelle scienze mediche e sanitarie. A queste due voci – attese – si aggiunge però il settore delle scienze agrarie, in cui lavora una percentuale maggiore di ricercatrici rispetto ai colleghi maschi, in quasi tutti i Paesi membri UE.


Il valore produttivo dell’istruzione

L’importanza dell’istruzione e della capacità di trasferire innovazioni e analisi “in campo” è un dato acquisito da tempo nella letteratura scientifica.
Il settore agricolo ottiene un valore aggiunto quando si verificano gli effetti di due fenomeni, principalmente: l'”effetto lavoratore” e l'”effetto trasferimento”.
L’effetto lavoratore accade quando un agricoltore istruito, a parità di input, riesce a produrre un output maggiore poiché capace di sfruttare meglio le risorse a disposizione.
Con l'”effetto trasferimento” si identifica quando le persone istruite decidono di trasferirsi in campagna per svolgere le loro attività professionali.
Ciò suggerisce che l’istruzione è un fattore cruciale per promuovere la crescita nel settore agricolo.


La transizione verde parla con voce femminile

Le donne in agricoltura tendono a impegnarsi maggiormente per la sostenibilità rispetto ai maschi, ma sono sottorappresentate quando si tratta di definire la politica agricola dell’UE, il che solleva interrogativi più ampi sulla capacità del settore agricolo di realizzare una transizione verde.

C’è sempre più letteratura che stabilisce il legame tra genere e sostenibilità, soprattutto per quanto riguarda le pratiche agricole sostenibili” – ha dichiarato Faustine Bas-Defossez, direttore dell’impatto esterno dell’Istituto per le Politiche Ambientali Europee (IEEP) – un think tank – a una tavola rotonda al Future of Food and Farming Summit di POLITICO – “Le ricerche dimostrano che l’agricoltura convenzionale è considerata maschile e caratterizzata da disuguaglianze di genere in termini di salari, accesso alle opportunità, tecnologie e ai terreni. Alle donne sono assegnati tradizionalmente i compiti amministrativi, alle vendite dirette o alle attività di diversificazione, il che rende il loro lavoro ‘invisibile’.”

Un effetto piuttosto noto, considerando che il proprietario di un’azienda agricola è l’unica persona menzionata nei documenti bancari e ai fini delle sovvenzioni e dei diritti accumulati ed è anche l’unica persona a rappresentare un’azienda agricola all’interno di associazioni e gruppi.

Questo porta le donne agricoltrici a essere più coinvolte in approcci alternativi ed ecologici, poiché nell’agricoltura sostenibile si intravede un modo per acquisire potere, come un mezzo di emancipazione. Ed è anche vista come un modo per sfidare la tradizionale divisione di genere del lavoro agricolo.” – Faustine Bas-Defossez, IEEP


La politica agricola dell’UE è dominata dagli uomini

Durante la riforma della PAC del 2013 non c’era nessun relatore donna e solo il 25% dei relatori ombra erano donne, ha osservato l’IEEP; mentre durante la riforma della PAC del 2021 c’era solo un relatore donna e il 33% dei relatori ombra erano donne.

Considerando che quando, in una posizione di potere, le donne tendono a prendere decisioni più rispettose dell’ambiente, la domanda è: ci sarebbe una differenza nell’ambizione ambientale della Politica Agricola Comune, ad esempio, se gli organi decisionali fossero un po’ più equilibrati dal punto di vista del genere?” – si chiede Bas-Defossez.

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Dal mar Caspio al Mediterraneo //www.agronomoforestale.eu/index.php/dal-mar-caspio-al-mediterraneo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=dal-mar-caspio-al-mediterraneo //www.agronomoforestale.eu/index.php/dal-mar-caspio-al-mediterraneo/#respond Wed, 26 Oct 2022 15:35:21 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68236 Simili dal punto di vista climatico e nella tipologia di colture e con ottimi rapporti. Italia e Azerbaigian non sono mai stati così vicini, parlando di agricoltura.

Nasce sotto questi ottimi auspici la visita della delegazione di tecnici del ministero agricoltura azero, che ha espressamente richiesto di conoscere meglio l’esperienza italiana sui servizi di consulenza, proprio in vista di una loro modernizzazione e riorganizzazione delle politiche agricole.

UNA STUDY VISIT CON LO SGUARDO ALLA SOSTENIBILITÀ

Il primo incontro si è tenuto nella campagna senese, presso lo Studio Zari di Monteroni d’Arbia (SI). Fausta Fabbri, dirigente della Regione Toscana e responsabile dei settori Consulenza, Formazione, Innovazione in Agricoltura ha illustrato le misure del piano di sviluppo rurale che finanziano queste attività.
La collega Rosanna Zari, Presidente di TO.SCA ha raccontato l’esperienza di quest’organismo di consulenza aziendale costituito con lo scopo di svolgere in sinergia la consulenza aziendale alle aziende e composto da 12 tra dottori agronomi e forestali associati in una rete di professionisti.

Lo scopo della rete è quello di offrire un ventaglio di tecnici specializzati in vari settori agricoli e forestali.

A concludere la parte “teorica” sono intervenuti il presidente della Federazione dei dottori agronomi e forestali Lorenzo Vagaggini e la vicepresidente ODAF Siena Monica Coletta, illustrando le peculiarità della professione nell’ambito della consulenza aziendale.

Anche in Italia, con il nuovo PSN, è necessario che dottori agronomi e forestali si organizzino in moderne forme di associazionismo, quali le Reti o le Società tra professionisti. Oggi, offrire consulenza altamente specialistica in un settore come quello agro-forestale, è sempre più complesso e richiede specializzazione e strumentazioni che un singolo professionista difficilmente può mostrare. Se un tempo l’agronomo andava in azienda con la lente per le fitopatologie e un coltellino per gli innesti, oggi è necessario dotarsi delle più moderne tecniche e strumenti anche per la consulenza aziendale.” – Rosanna Zari, dottore agronomo libero professionista

La successiva fase, questa volta dimostrativa, si è svolta ad Asciano per visitare Agriturismo Baccoleno, azienda ad indirizzo cerealicolo che pratica l’agricoltura di precisione utilizzando sistemi satellitari per le operazioni colturali a campo aperto e Agriturismo Casanova, azienda a indirizzo zootecnico con un allevamento di bovini di razza chianina IGP. In questo secondo appuntamento,  insieme al veterinario aziendale è stato mostrato un esempio di consulenza congiunta agronomo-veterinario con l’obiettivo di accompagnare l’imprenditore nell’applicazione delle migliori tecniche per il benessere animale, ma anche nella certificazione delle carni.

La dimostrazione sul campo della consulenza e dell’applicazione delle best practices nel cuore delle Crete Senesi ha fatto conoscere agli ospiti azeri esempi concreti ed elementi di programmazione per incrementare la produttività dei terreni agricoli in un’ottica di agricoltura sostenibile e resilienza ai cambiamenti climatici in corso.

PIANO DI SVILUPPO RURALE

Per gli ospiti azeri, di particolare interesse è stata l’esperienza maturata dai PSR nella programmazione 2007-2013 (M 114) e la programmazione 2014-2020 (M 2).

Nell’ambito del Progetto Twinning è stata già predisposta una possibile misura di sviluppo rurale per supportare i servizi di consulenza in Azerbaijan, articolata in:

– supporto per l’avvio dei servizi di consulenza

– supporto per la formazione dei consulenti

– supporto agli agricoltori per usufruire dei servizi di consulenza.

UNO SCAMBIO BIDIREZIONALE

L’esperienza è sicuramente stata proficua per la delegazione, rimasta piacevolmente soddisfatta della giornata. Anche per gli agronomi e forestali italiani, però, c’è stata una crescita professionale, grazie alla possibilità di confrontarsi con una realtà differente da quella italiana.

Questo primo incontro, infatti, potrebbe essere l’inizio di una serie di appuntamenti internazionali che diano a tutti la possibilità di confrontarsi e conoscere nuove pratiche da attuare nel settore.

 

IL PROGETTO DI SCAMBIO

La study visit della delegazione dell’Azerbaigian si è svolta nell’ambito del progetto Twinning promosso dalla Commissione Europea e sviluppato dal Ministero per le Politiche agricole MIPAAF e dall’Istituto zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche ISZUM in gemellaggio con AXA ossia l’organo tecnico del Ministero dell’agricoltura azero.

 

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Andalusia, esplorando una terra vicina dal clima arido //www.agronomoforestale.eu/index.php/andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido //www.agronomoforestale.eu/index.php/andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido/#respond Tue, 30 Aug 2022 14:51:08 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68210 L’Ordine di Brescia da almeno 20 anni è impegnato a promuovere viaggi-studio per i colleghi iscritti, finalizzati alla crescita professionale dei partecipanti e a favorire lo scambio culturale e la circolazione di idee.
Le forme di interscambio culturale con vari territori a livello nazionale, caratterizzati da peculiarità interessanti dal punto di vista agricolo e forestale, sono così proposte ai colleghi come occasioni di approfondimento tecnico.

La voce degli iscritti
Le opportunità di viaggi-studio vengono valutate di volta in volta dal Consiglio dell’Ordine accogliendo le istanze dei colleghi e le strategie di sviluppo condivise in sede ordinistica. L’Ordine di Brescia può contare, in tal senso, su un consolidato gruppo di lavoro coordinato dalla dott.ssa Anita Frosio.
Per soddisfare le peculiarità e le esperienze di professionisti partecipanti, ogni viaggio tende a contemplare più settori di competenza, valorizzando soprattutto le eccellenze dei territori visitati. Infine, anche il confronto con i colleghi e gli amministratori locali in genere offre opportunità di scambi culturali che possono continuare anche successivamente, valorizzando metodiche innovative, ambiti di ricerca e sperimentazione.

Dentro e fuori i confini
Gli scambi hanno interessato e coinvolto numerose regioni italiane, dal Trentino alla Sicilia e, negli ultimi anni, l’iniziativa dei viaggi studio ha ampliato il proprio raggio d’azione approdando anche all’estero.
In un mondo sempre più interconnesso, infatti, diventa necessario esplorare realtà e approcci alle tematiche strategiche del nostro settore, diversi da quelle reperibili in ambito nazionale.
Nel 2016, per esempio, fu organizzato un viaggio studio in Slovenia, incentrato sul tema della filiera bosco-legno (dalle esperienze forestali alla commercializzazione del legname) nel quale furono coinvolti con successo anche funzionari regionali di Regione Lombardia.
Nel 2022, la scelta è caduta sull’Andalusia: meta e scenario di particolare interesse e attualità per confrontarsi su tecniche e modalità di coltivazione in un territorio caratterizzato da un clima particolarmente arido.
Un viaggio organizzato con la collaborazione tra l’Ordine di Brescia e la locale Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali.

Il prossimo calendario
L’esperienza in Andalusia appena conclusa è stata un’ulteriore conferma che la modalità dei viaggi-studio rappresenta un’espressione proficua e molto apprezzata di formazione professionale continua.
Già per l’autunno sono in fase di programmazione un viaggio-studio alla scoperta delle Bonifiche dell’Agro Pontino e per il prossimo anno si caldeggia la possibilità di partire alla volta della regione francese dello Champagne.

IL PROGRAMMA DELLA MISSIONE IN ANDALUSIA

26 maggio 2022
Visita a BROKAW VIVEROS – Finca Pena – Velez Malaga, un vivaio di alberi da frutto tropicali situato nel sud della Spagna, specializzato nella progettazione e produzione di piantine di avocado, mango e altri alberi da frutto tropicali.
Il vivaio è il primo produttore mondiale di Avocado Clonale, che permette di realizzare frutteti con alberi geneticamente identici, sia per quanto riguarda il portinnesto, sia per quanto riguarda la varietà.
Realizzando allevamenti con alberi geneticamente omogenei si ottengono migliori rese frutticole oltre a una maggiore efficacia nelle operazioni di potatura, fertirrigazione, applicazione di fitofarmaci e raccolta; inoltre, si ottiene uniformità di tolleranza ai funghi del suolo (purché si scelgano portainnesti clonati tolleranti a questi funghi).
BROKAW ESPAÑA SL si è sempre occupata di ottenere le migliori varietà di avocado, sia portainnesti, sia varietà di frutta.
Negli anni ’50 EF Frolich identificò la tecnica dell’eziolazione (crescita dei germogli al buio, senza clorofilla) come precursore dello sviluppo di radici funzionali nei germogli di avocado. Successivamente, il vivaista Hank Brokaw è stato il primo a descrivere e sviluppare commercialmente la tecnica.
Curiosa ed interessante la tecnica del doppio innesto, che applicando la tecnica suddetta consente di ottenere giovani piante clonali, sia per il piede, sia per la varietà produttiva.

27 maggio 2022
Visita del parco nazionale di Doñana, una delle zone umide più importanti e più belle d’Europa. La particolarità che rende speciale questo parco nazionale è possibile conoscere ecosistemi tra loro molto diversi, come paludi, lagune, saline, pinete, rive, dune mobili, scogliere, 30 chilometri di spiagge vergini. Un vero spettacolo naturale che cambia in ogni stagione e che si trova tra le province andaluse di Huelva, Siviglia e Cadice.
A bordo di fuoristrada le guide ci hanno accompagnato in questo ambiente situato sul delta dell’importantissimo fiume Guadalquivir; l’habitat paludoso crea un ambiente ideale per circa 300 specie diverse di uccelli.
La riserva, infatti, è una fondamentale area di sosta europea di molte specie di uccelli migratori, che dal nord d’Europa raggiungono l’Africa. Le paludi, però, sono anche un luogo di riproduzione e di svernamento di migliaia di uccelli europei e africani.
Per questo motivo, Doñana è tra le mete preferite dagli appassionati di bird-watching di tutto il mondo.
Percorrere i sentieri protetti di Doñana offre la possibilità di vedere alcune delle specie di animali più minacciate del pianeta, come l’aquila imperiale e la lince iberica. Doñana è inoltre la “casa” di oltre 230 specie di uccelli e permette di vedere scene sorprendenti come lo spettacolare “tappeto rosa” creato dalle colonie di fenicotteri quando si alimentano.

 

Visita BASILIPPO OLEOTURISMO – El Viso del Alcor (Siviglia) per conoscere le strategie per la produzione di olio extravergine d’oliva d’autore.
La visita agli oliveti semi intensivi, con la guida dell’agronomo dell’azienda, ci ha consentito di apprendere le peculiarità delle tecniche di coltivazione del comparto olivicolo spagnolo, le strategie per l’utilizzo dell’acqua di irrigazione e gli aspetti fitopatologici.
La visita all’oleificio aziendale, invece, ha mostrato i processi e le tecniche per la produzione dei vari oli, apprezzati poi in una degustazione guidata per godere dei meravigliosi aromi e sapori.

 

 

 

28 maggio 2022
Visita azienda allevamento tori – GANADERIA OSBORNE (Finca Puerto Acebuche) – El Castillo de las Guardas (Siviglia). Non poteva mancare la visita il ranch Osborne nella provincia di Siviglia. Il ranch Osborne è un importante riferimento spagnolo nell’allevamento del toro da combattimento, in una bella zona nella parte alta della vicina Sierra de Aracena alla sorgente del fiume Guadiamar, in un’area circondata da ampi prati naturali.
Il ranch ha un fascino speciale, circondato da recinzioni in pietra è una struttura di allevamento molto attraente, con vasti pascoli, anche se prematuramente secchi per l’anomala siccità.
A bordo di un carro agricolo attrezzato, il titolare dell’azienda, agronomo, Emilio González San Román, ci ha condotto nei vari reparti aziendali alla scoperta del ciclo produttivo che in tre anni rende disponibili i famosi tori per le corride.
Nella piccola arena aziendale abbiamo anche assistito a delle esercitazioni di giovani toreri, sotto la guida de El Cid, un famoso matador.

Nell’assolato pomeriggio ci siamo cimentati con la visita a Viveros NATURAL GREEN – La Carlota (Cordoba), un vivaio particolare: qui migliaia di ulivi, anche secolari, sono preparati per l’esportazione.
L’azienda si è specializzata nell’espianto di uliveti a fine ciclo o per cambio di sistema colturale o varietale. Le piante, opportunamente estirpate, sono potate ed invasate per essere destinate al mercato europeo per fini ornamentali.

29 maggio 2022
L’ultimo giorno è stata l’occasione per una arricchente visita alla città di Siviglia.
Il percorso storico-architettonico per le vie e i monumenti della città si è concluso nei giardini dell’Alcázar Reale. La visita ai giardini, la manifestazione dello stile mudejar, espressione dell’arte musulmana adattata al mondo cristiano, divagando fra piastrelle smaltate e canali, fra fontane e zampilli d’acqua – che conferiscono ai giardini un particolare carattere moresco – è stata l’occasione per interessanti considerazioni tecniche tra i colleghi su alcune problematiche fitosanitarie e gestionali, soprattutto su alberi vetusti.

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Il lavoro delle professioniste dopo l’emergenza Covid //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid/#respond Mon, 27 Sep 2021 07:04:22 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68159 Di Marina Calderone, Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro


Marina Calderone, Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

La pandemia ha messo duramente alla prova il mondo del lavoro e, in particolare, il lavoro autonomo. In questo comparto, la componente femminile ne è uscita decisamente provata. Le ragioni che hanno visto le donne ancora una volta maggiormente penalizzate rispetto agli uomini sono facilmente intuibili. Hanno pesato, intanto, le difficoltà di conciliazione tra attività professionale e impegni famigliari, aumentati a seguito della chiusura delle scuole e delle difficoltà di accesso ai servizi di assistenza di anziani o famigliari non autosufficienti. Ma ha giocato a loro sfavore anche la maggiore fragilità professionale che spesso ne caratterizza l’attività, associata più frequentemente a dimensioni organizzative ed economiche ridotte. Una tendenza che, se da un lato trova ragione nella minore “anzianità” delle professioniste (il boom di accessi femminili alle professioni è avvenuto a partire dagli anni duemila) dall’altro è sintomo di una difficoltà a consolidare la propria attività professionale che finisce per esporle ad un più elevato rischio di uscita dal sistema.
Tuttavia, proprio la crisi può rappresentare un punto importante di ripartenza, anche per innovare con nuovi strumenti e modalità un modo di fare professione, al femminile, che ha assoluto bisogno di rafforzarsi e diventare più competitivo.

La domanda di servizi professionali è destinata ad aumentare, offrendo occasioni importanti di crescita

PROSPETTIVE FUTURE
I prossimi mesi non mancheranno di presentare a tutte le professioniste nuove opportunità. Dall’ambito tecnico, alla salute, fino al mondo della consulenza giuridica e fiscale, la domanda di servizi professionali è destinata ad aumentare, offrendo occasioni importanti di crescita a chi voglia e si faccia trovare pronto all’appuntamento.
C’è per questo, tuttavia, bisogno che le professioniste e il sistema che le rappresenta agisca con maggiore determinazione e coraggio in direzione del rafforzamento di tale componente, sia dal punto di vista professionale sia organizzativo.
Le professioniste sono chiamate, innanzitutto, a rafforzare il proprio bagaglio di competenze, in una logica di innovazione. In modo da dare valore aggiunto alla loro presenza sul mercato. Solo intercettando i nuovi spazi di mercato è possibile compiere quel salto di qualità che richiede sempre più specializzazione nei servizi e nelle conoscenze. Al tempo stesso, è di fondamentale importanza consolidare tutto quel bagaglio di competenze trasversali necessarie a gestire l’innovazione tecnologica. Quest’ultima inizia a impattare così profondamente sul mondo delle libere professioni e rischia, se non adeguatamente presidiato, di divenire in prospettiva un ulteriore elemento di spiazzamento per l’attività di tante iscritte.
In secondo luogo, è importante coltivare quanto più possibile quello spirito di rete che ancora fa fatica a maturare tra chi svolge la libera professione. Le donne hanno per loro natura una dimensione di relazionalità che troppo spesso rischia di essere sacrificata dalla mancanza di tempo a loro disposizione. È invece prioritario alimentarla e coltivarla. Non solo nei confronti della clientela, sfruttando anche le opportunità offerte dalla comunicazione digitale, ma soprattutto di tutto quel mondo professionale, fatto di collaboratori, colleghi, fornitori e committenti oggi più che mai determinante per l’accesso agli incarichi professionali.

È importante sostenere le professioniste con strumenti che ne supportino la continuità professionale nei passaggi di vita più critici

CONCILIARE VITA PROFESSIONALE E PRIVATA
Al tempo stesso, va diffusa la consapevolezza presso le istituzioni e i soggetti di rappresentanza che le donne oggi hanno bisogno di essere supportate con strumenti specifici in grado di far compiere quel salto di qualità da tempo auspicato e che nei prossimi mesi potrebbe trovare concretezza.
Se quello della conciliazione resta per tante professioniste ancora un elemento critico nel determinare l’evoluzione dei percorsi di carriera, allora è importante sostenerle con strumenti che ne supportino la continuità professionale nei passaggi di vita più critici. Dai servizi di welfare alle reti di collaborazione tra professioniste, è necessario far crescere una struttura di sostegno al lavoro delle lavoratrici autonome sulle quali l’impossibilità di conciliare rischia di avere le ricadute più gravose.

LE PROFESSIONI TECNICHE AL FEMMMINLE
Anche il rafforzamento della presenza femminile nei settori professionali con maggiore potenziale di crescita dovrebbe rappresentare un obiettivo prioritario, per Ordini e istituzioni, da attuarsi anche attraverso un’azione di sensibilizzazione culturale e campagne di orientamento mirate a questo segmento. Ancora troppo limitata è, infatti, la loro presenza in tutti quei settori, a partire dalle professioni tecniche, su cui nei prossimi anni la domanda di lavoro e di servizi professionali è destinata a crescere sensibilmente. Così come risulta troppo contenuta la quota di donne orientate verso facoltà di tipo tecnico e scientifico.
Ma per compiere il salto di qualità che serve oggi alle professioniste è prioritario rafforzare la consapevolezza e il riconoscimento sociale del loro ruolo. La pandemia ha rivitalizzato stereotipi che sembravano in via di derubricazione, riportando da un giorno all’altro “le donne a casa”, quasi a segnare un riflusso voluto o forzato verso una nuova fase di disinvestimento professionale. Oggi è, invece, più che mai importante rilanciare il valore professionale ed economico delle donne, sostenendo la fiducia femminile nelle proprie risorse e potenzialità: ciò rappresenta un lavoro strategico che ogni contesto organizzativo e sociale dovrebbe portare avanti. Per sostenere non solo le professioniste, ma tutte le donne in una fase di passaggio epocale rischiosa, ma al tempo stesso ricca di nuove sfide e opportunità.

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L’agricoltura davanti alla sfida delle emissioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni/#respond Thu, 17 Jun 2021 16:56:47 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68123 di Manuel Bertin

Nel 2019, le emissioni di gas serra prodotte sul suolo nazionale sono diminuite del 19% rispetto al 1990, passando da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e del 2,4% rispetto al 2018.
Si tratta di un dato complessivo, le cui cause sono per la metà riferibili ai settori della produzione di energia e dei trasporti.
L’agricoltura però, seppure in misura minore, con il 7,1% di contributo di gas climalteranti, resta un ambito da monitorare e in cui è possibile operare per migliorare la situazione.

CH4
Le emissioni di metano rappresentano il 10.3% del totale dei gas serra prodotti nel 2019 nel nostro paese (43.0 MtinCO2eq.), dato in diminuzione del 12.9% rispetto al 1990
Questa fonte è principalmente dovuta all’agricoltura (44.2%), causata dalla fermentazione enterica (69.8%) e dal trattamento delle deiezioni (21.8%)
Rispetto al 1990, si registra una diminuzione del14.7%, in agricoltura dovuta alla diminuzione del numero dei capi e al recupero del biogas a fini energetici

F-gas
Si tratta del 4.4% del totale dei gas serra, ma con un trend in forte crescita.
Gli HFCs passano, infatti, da 0.4 a 16.8Mt di CO2 eq.
Le principali fonti di emissione sono il consumo di HFC-134a,HFC-125,HFC-32 e HFC-143a nei sistemi di refrigerazione e condizionamento e l’uso di HFC-134a nei prodotti aerosol farmaceutici. Sono impiegati anche in sostituzione delle sostanze ozonolesive e per l’incremento dell’uso dei condizionatori nelle autovetture.

N2O
Rappresentano il 4.1% del totale dei gas serra. Nel 2019 sono state emesse 17.2 Mt in CO2eq. Dato in diminuzione del 33.9% rispetto al 1990.
Queste emissioni sono principalmente derivanti dall’agricoltura (58.7%) per l’uso dei fertilizzanti. La diminuzione del21.8% rispetto al 1990 è ascrivibile alla diminuzione del numero di capi

NH3
Il settore agricolo è responsabile della maggior parte delle emissioni di NH3 e le emissioni agricole totali nazionali di NH3 provengono sostanzialmente dalla gestione del letame (56,4%), dei terreni agricoli incluso l’uso di pesticidi (37,7%) e dalla combustione dei rifiuti agricoli (0,2%).
Si conferma il trend in diminuzione delle emissioni di NH3 (meno 25,5% dal 1990 al 2019) dovuta alla riduzione del numero di animali, alla diffusione delle migliori pratiche ambientali nella gestione del letame in relazione ai sistemi di stabulazione, stoccaggio e spandimento, alla diminuzione della superficie coltivata/produzione agricola e all’uso di fertilizzanti N.

Il contributo per fonte delle emissioni di NH3 dell’agricoltura per il 1990 e il 2019 è mostrata nella figura 6.1

Le prime stime per il 2020
Sulla base dei dati disponibili per il 2020, a causa delle restrizioni alla mobilità dovute al COVID-19 su tutto il territorio nazionale, ci si attende una consistente riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale, previste inferiori del 9,8% rispetto al 2019 a fronte di una riduzione prevista del PIL pari all’8.9%.L’andamento stimato è dovuto alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (-12,6%),per la minore domanda di energia, e dalla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, industria(-9,9%), trasporti (-16,8%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano, e riscaldamento (-5,8%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali.

I dati sullo stato emissivo nazionale sono raccolti nei report National Inventory Report 2021 e Informative Inventory report 2021. I due rapporti presentano il quadro globale e di dettaglio della situazione italiana sull’andamento dei gas serra dal 1990 al 2019 accompagnati da un focus sulle emissioni provenienti dai trasporti su strada.

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Voci da bosco //www.agronomoforestale.eu/index.php/voci-da-bosco/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=voci-da-bosco //www.agronomoforestale.eu/index.php/voci-da-bosco/#respond Fri, 11 Jun 2021 07:55:47 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68084 Marco Bonavia, consigliere nazionale CONAF e coordinatore del Dipartimento Sistemi montani, forestali, risorse naturali e faunistiche intervista Alessandra Stefani, direttore generale dell’economia montana e delle foreste del MIPAAF.

Voci dal Bosco

Le aree boscate sono una fondamentale infrastruttura del nostro Paese, decisive per molteplici funzioni. Le foreste sono al centro delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, delle politiche di contrasto del dissesto del territorio, delle politiche di valorizzazione delle aree interne, sono fornitrici di servizi ecosistemici e finanche di legname, straordinario materiale ecosostenibile dalle molteplici funzioni.

Voci dal bosco, maggio 2021

In questi 30 minuti di dialogo con la direttrice Stefani abbiamo cercato di conoscere le politiche forestali nazionali, le leggi approvate e quelle in approvazione, di capire a che punto sta il Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (Tuff) e quali sono le opportunità che il Governo si è posto in merito alle politiche di sostenibilità, transizione ecologica e al PNRR.

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Bosco e paesaggio sotto la lente del legislatore: prime linee guida //www.agronomoforestale.eu/index.php/bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida //www.agronomoforestale.eu/index.php/bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida/#respond Wed, 03 Mar 2021 13:46:33 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68046 di Prof. Avv. Nicoletta Ferrucci, Ordinario di Diritto Forestale e dell’ambiente Dipartimento DAGRI – Università degli Studi di Firenze

La pineta di Cecina. Foto di Chris Barbalis

Il lavoro prospetta un rapido tratteggio del perimetro giuridico all’interno del quale si snoda il rapporto tra bosco e paesaggio, che ha segnato i binari lungo i quali si è obbligatoriamente e correttamente mosso il Consiglio di Stato nel parere n. 1233 del 30 giugno 2020, reso nell’ambito di un ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato da alcune Associazioni ambientaliste avverso il Piano specifico di prevenzione anti incendio boschivo per il comprensorio territoriale delle pinete litoranee di Grosseto e di Castiglione della Pescaia (pineta del Tombolo), area di grande pregio naturalistico e paesaggistico, presidiata da numerosi vincoli paesaggistici di natura provvedimentale. In quel parere il Consiglio di Stato ha argomentato nel senso che il combinato disposto delle lett. b) e c) dell’art. 149 del Codice dimostra con tutta evidenza che per i boschi vincolati con apposito provvedimento amministrativo l’esclusione della necessaria autorizzazione paesaggistica preventiva prevista dalla lett. b) dell’art. 149 per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale vale solo per gli interventi minori che non si traducano nel taglio colturale, nella forestazione, nella riforestazione, nelle opere antincendio e di conservazione, i quali sono sottratti all’obbligo della previa autorizzazione paesaggistica solo ed esclusivamente quando siano da eseguirsi nei boschi e nelle foreste vincolate ex lege in forza dell’art. 142, purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia. Tale assunto ha indotto il Consiglio a ritenere che queste tipologie di interventi tra le quali rientrava la maggior parte di quelli di cui il piano contestato prevedeva la realizzazione senza preventiva autorizzazione, riguardando un bosco vincolato con apposito provvedimento amministrativo ai sensi dell’art. 136, quale la pineta del Tombolo, non possono in alcun modo considerarsi senz’altro e a priori sottratti all’obbligo della autorizzazione paesaggistica preventiva prevista dall’art. 146. A sostegno della sua interpretazione, il Consiglio ha addotto la considerazione che sia il taglio colturale sia quello antincendio, nelle modalità previste dal piano contestato, se può presumersi compatibile con la nozione generica di territorio coperto da foreste e boschi, considerata in astratto come categoria generale, senza alcuno specifico accertamento tecnico discrezionale in loco, non può logicamente ammettersi senza un previo controllo puntuale di compatibilità esercitato in concreto dagli organi a ciò proposti nel caso di boschi e foreste dichiarati di notevole interesse pubblico e paesaggistico con apposito provvedimento motivato, nel qual caso è coessenziale al vincolo il controllo preventivo tecnico discrezionale di compatibilità dei tagli proposti rispetto alla consistenza e alla fisionomia paesaggisticamente percepibile del bene protetto come accertata e dichiarata nel provvedimento di vincolo.
Due sono i referenti normativi, ai quali dobbiamo qui fare riferimento per ricostruire la normativa che disegna la disciplina paesaggistica del bosco: il Codice dei Beni culturali e del paesaggio e il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali. Sugli stessi si innestano poi le indicazioni prescrittive contenute nei piani paesaggistici.
Le due fonti normative riconoscono espressamente la funzione paesaggistica del bosco che si affianca a quella economica e a quella ambientale, delineandone, in sinergia con quest’ultima, i tratti di bene ad uso controllato. Tale operazione è condotta sotto l’egida della attuale nozione giuridica di paesaggio, plasmata dalla Convenzione Europea del Paesaggio, e accolta dal Codice, che ne esalta il carattere complesso, composito, risultato di una sinergia tra la natura e l’opera
dell’uomo e lo colloca all’interno della categoria dei beni culturali, evidenziando in una logica bottom up il ruolo strategico giocato dalla percezione delle popolazioni che in quei paesaggi vivono nella individuazione degli elementi identitari degli stessi e la necessità che le stesse siano coinvolte nella formulazione delle politiche pubbliche mirate a salvaguardare, gestire e pianificare quei paesaggi.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio inserisce il bosco nella categoria dei beni paesaggistici, qualificati come beni culturali, soggetti in quanto tali al regime autorizzatorio e sanzionatorio prescritto dallo stesso provvedimento, e dai successivi interventi di ortopedia giuridica che ne hanno modificato o integrato il dettato originario. Il Codice identifica due diverse modalità attraverso le quali il bosco viene assoggettato a vincolo paesaggistico, e in funzione delle stesse detta due regimi giuridici differenziati sotto il profilo della individuazione degli interventi in bosco esenti dalla preventiva autorizzazione paesaggistica o soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata: vengono infatti distinti i boschi sui quali il vincolo paesaggistico è stato imposto da un provvedimento amministrativo, antecedente, ed è il caso della pineta del Tombolo, o successivo all’entrata in vigore dello stesso Codice, in quanto complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico o tradizionale, dotati dei caratteri di bellezza naturale, e preciso, a tale proposito, che il bosco può essere soggetto a questa tipologia di vincolo anche nel caso in cui sia inserito all’interno di un’area più ampia, vincolata da provvedimento amministrativo; e i territori coperti da foreste e boschi, individuati sulla base dei parametri dimensionali vincolanti dettati dal Testo Unico, che sono automaticamente assoggettati a vincolo ex lege. Il regime giuridico autorizzatorio dettato per i boschi vincolati in via provvedimentale è decisamente più restrittivo, nel senso della inapplicabilità delle esenzioni dalla preventiva autorizzazione paesaggistica previste dall’art. 149, 1° comma, lett.c), delle quali possono invece beneficiare gli interventi che hanno ad oggetto i boschi vincolati ex lege.
Il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali solca l’onda del Codice, riproponendo la distinzione tra le due diverse tipologie di boschi vincolati relativamente alla liberalizzazione degli interventi di gestione del bosco: e tale distinzione risulta accentuata in funzione della estensione della gamma di interventi di gestione forestale che possono essere eseguiti sui boschi vincolati ex lege, senza la preventiva autorizzazione paesaggistica; laddove in relazione ai boschi vincolati in via provvedimentale il TUFF affida ai piani paesaggistici regionali, ovvero a specifici accordi di collaborazione stipulati tra le regioni e i competenti organi territoriali del MIBACT l’individuazione degli interventi previsti e autorizzati dalla normativa in materia riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi vincolati da provvedimento amministrativo, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi dal vincolo. Con la precisazione che tali interventi saranno definiti nel rispetto delle linee guida nazionali di individuazione e di gestione forestale delle aree ritenute meritevoli di tutela, da adottarsi con decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei Beni e delle attività culturali, il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Alla luce di questo breve tratteggio, la posizione assunta dal Consiglio di Stato appare dunque in linea con l’attuale assetto normativo della tutela paesaggistica del bosco, che evidenzia la scelta operata dal legislatore di riservare un trattamento giuridico differenziato agli interventi sui boschi vincolati in via provvedimentale e a quelli vincolati ex lege.

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I servizi ecosistemici del suolo: quale futuro? //www.agronomoforestale.eu/index.php/i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro //www.agronomoforestale.eu/index.php/i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro/#respond Thu, 11 Feb 2021 16:37:35 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68004 Il suolo rappresenta una risorsa primaria per la nostra sopravvivenza, ma troppo spesso non ne vengono considerate la vocazionalità, la vulnerabilità, la fertilità naturale ed il deterioramento per cause naturali o antropiche.

La FAO evidenzia come il suolo contenga tre volte più carbonio dell’atmosfera e possa aiutarci a fare fronte alla sfida del cambiamento climatico, ricordando che il 95% del nostro cibo proviene dal suolo e che il 33% del suolo globale è già degradato.
È urgente riflettere sulla necessità di tutelare tale risorsa per mitigare l’insicurezza dal punto di vista alimentare e nutrizionale di miliardi di esseri umani nei prossimi decenni, per proteggere l’ambiente dai cambiamenti climatici e per conservare biodiversità e paesaggio.

Il CONAF, con il Segretario #MauroUniformi, ha partecipato alla giornata organizzata dall’Accademia Nazionale di Agricoltura ed il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna per celebrare la giornata mondiale del suolo.

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