Co/ulture – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Fri, 09 Aug 2024 14:28:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Il caso dell’urbanistica di genere //www.agronomoforestale.eu/index.php/urbanistica-verde-genere/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=urbanistica-verde-genere //www.agronomoforestale.eu/index.php/urbanistica-verde-genere/#respond Fri, 30 Aug 2024 06:51:57 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68549 Come si progetta una città inclusiva? E, nello specifico, è pensabile lavorare affinché ci sia un’inclusività legata al genere?
Finalmente, anche a livello politico e non solo per le persone comuni, sta emergendo la necessità di far crescere la qualità della vita nelle città, rendendole accoglienti per tutti i bisogni e per tutte le tipologie di cittadini. In questo senso, come dottori agronomi e dottori forestali che si occupano di progettare gli spazi verdi, abbiamo proposto numerose best practice che hanno dimostrato inventiva e raggiunto apprezzabili successi.

Al lavoro da 40 anni
Dagli anni Ottanta, la Facoltà di Agraria di Bologna ha introdotto la paesaggistica dei parchi e giardini nel percorso di formazione dei dottori agronomi e forestali. Sono passati circa 40 anni, ma in questi decenni come professionisti abbiamo ottenuto meno visibilità di quanto meritiamo nelle attività di progettazione dello spazio urbano della città.

Si tratta di attività che, partendo dalle conoscenze tecniche, quando applicate con competenza definiscono un indirizzo politico, di guida alla pianificazione urbana delle città. Anche se sottotraccia, però, in questi quattro decenni abbiamo saputo passare da una progettazione a piccola scala dei giardini a quella di area vasta a livello territoriale.

La prossima sfida

Progettare una “città verde” inclusiva e rispettosa del genere è la prossima sfida che ci vede protagonisti.

Le città, infatti, vivono solo se offrono spazi pubblici, quali giardini, parchi, alberate stradali, piazze (ricche di vegetazione), che permettono di essere fruiti in tutta sicurezza da tutti, anche dalle fasce più fragili. Accanto alle conoscenze tecniche, più che necessarie, deve esserci l’analisi di come le cittadine e i cittadini, donne, uomini, anziani, bambine e bambini vivono la città, di come si spostano, di come creano e intessono relazioni. Ne consegue un legame forte tra la progettazione delle infrastrutture verdi e il tema viabilità e mobilità pedonale e ciclabile all’interno e all’esterno degli spazi verdi pubblici.

Le donne, per esempio, se da un lato utilizzano maggiormente lo spazio urbano pubblico, dall’altro risultano particolarmente attente alla sicurezza dei luoghi. Ecco che queste due semplici constatazioni possono, anzi devono, diventare un driver nella realizzazione delle infrastrutture verdi urbane a misura di tutti.

Dato statistici e analisi di contesto

Quando si parla di urbanistica di genere, si parla di un approccio alla pianificazione urbana che deve tenere conto delle differenze nello sviluppo e gestione degli spazi aperti urbani, con scelte tecniche che portino a promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne.

Sono numerosi gli studi fatti in tante città europee, come Barcellona, Oslo, Vienna, Stoccolma, ma anche italiane, come Milano e Bologna che, partendo da dati statistici raccolti tramite interviste e questionari e dall’analisi del contesto hanno portato allo sviluppo di progetti urbanistici che contribuiscono a ridurre le diseguaglianze, con una particolare attenzione alla sicurezza delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.

Questi studi hanno migliorato la comprensione di come le donne si muovono nelle città, quali spazi attraversano nella quotidianità e quali elementi le fanno sentire maggiormente sicure. La conseguenza di questi studi è che si può progettare spazi verdi offrendo soddisfazione a bisogni specifici e facendo crescerne la fruizione.

Mobilità

Le donne e gli uomini si muovono nelle città in modo differente. Sono ancora una volta i dati (Bloomberg NEF) che ci indicano come molte città europee stanno lavorando per modificare la mobilità e i trasporti, per avere città meno inquinate e ridurre il traffico, ma anche per renderle più inclusive e attente alla mobilità di genere.

Mentre gli uomini si muovono maggiormente in auto e in modo lineare, lungo le arterie stradali principali, la mobilità al femminile è meno diretta: le donne usano più spesso i mezzi pubblici o la bicicletta e camminano più spesso, attraversano la città per tratti spesso più brevi, più frequenti nella giornata e con un maggior numero di soste. Uno dei motivi è che le donne, oltre al lavoro, si spostano per portare i bambini e le bambine a scuola, per riprenderli, per fare la spesa, per andare al parco, e quindi hanno esigenze più complesse.

Già oggi, città come Parigi hanno sposato il concetto della “città dei 15 minuti”, a piedi, in bicicletta, con i mezzi pubblici per muoversi nella città. E se Parigi, così come le città citate prima, ragionano su percorsi ciclopedonali che attraversano la città, le nostre città italiane spesso medio/piccole possono davvero lavorare su un ridisegno della mobilità dolce a favore della uguaglianza di genere. Una città che si muove avendo a cuore le esigenze delle donne, è una città che pensa alle esigenze di tutti.

La qualità urbanistica con gli spazi verdi

Per un’urbanistica inclusiva, in una città dove si vive e si “respira” bene, si deve pianificare, progettare e prendersi cura degli spazi verdi, dai piccoli giardini ai grandi parchi, dalle strade alberate, alle piazze urbane.
Le piazze devono cambiare volto, avere un’alta presenza di vegetazione e spazi interconnessi che si sviluppino in una rete ecologica continua, integrata con percorsi ciclopedonali che conducono ai luoghi di socialità, di lavoro, delle scuole, delle aree commerciali, realizzando un tessuto urbano armonioso.

Dottori agronomi e dottori forestali, nella progettazione degli spazi verdi, sanno scegliere correttamente le specie maggiormente idonee al contesto: ci sono alberi in grado di fare ombra e di sopportare periodi lunghi di siccità, anche invernale; oppure piante a crescita rapida, se dobbiamo progettare spazi dove non abbiamo vegetazione e dove le isole di calore sono elementi di malessere per le persone; ci sono alberi in grado di sopportare le piogge intense, le così dette “bombe d’acqua”. Senza trascurare i progetti di depavimentazione a favore dell’inserimento di vegetazione e drenaggi urbani o rain garden.

Ora però serve un passaggio di scala della progettazione, dal singolo giardino o parco a quella urbana della intera città. L’obiettivo finale deve portare a realizzare città verdi, continue quasi che, se le vedessimo dall’alto, sparirebbero visivamente le aree edificate e la viabilità diventerebbe una trama continua di un mantello verde.
Ecco che la nuova scala di progettazione deve confrontarsi con la distribuzione nello spazio delle masse di alberi, arbusti, prati, aree di sosta, aree ludiche e sportive e con il loro disegno.

Sicurezza di genere

Non è sufficiente che gli spazi verdi siano connessi tra loro. Per incrementarne l’uso è necessario avere luoghi vissuti nella loro pienezza, che devono essere percepiti come sicuri a tutte le ore del giorno e della notte.

Ne consegue che, soddisfando la richiesta di sicurezza e di inclusione dello spazio pubblico manifestato dalle donne, si fa crescere il senso di sicurezza in tutta la cittadinanza, al di là del genere e della fascia di età. E sì avvia un effetto virtuoso sullo spazio pubblico, che diventa vitale e si trasforma in luogo della collettività, accrescendo l’attrattività, che origina una maggiore sicurezza, che ne incentiva ulteriormente l’utilizzo.

Per questo motivo, affrontare la sicurezza di genere nei progetti urbani pubblici che includono i parchi, le piazze, i giardini richiede un approccio olistico.

Nella progettazione bisogna immaginare luoghi sempre illuminati, anche di notte; lungo i percorsi, nelle aree di sosta e gioco, si dovrà fare attenzione a massimizzare la visibilità per agevolare la “sorveglianza naturale”.
Questo significa, per i dottori agronomi e dottori forestali, progettare spazi aperti e “trasparenti” che permettano alle persone di essere viste e a loro volta di vedere oltre il luogo di sosta o di percorrenza. Ecco che all’adeguata scelta delle specie e alla distribuzione delle masse arbustive e delle strutture aggiunge una variabile: non basta che siano piante adatte a resistere alle caratteristiche del posto e alle sfide del cambiamento climatico in atto, ma si deve evitare che possano creare luoghi interclusi e bui.

Equità sociale

Una città verde, inclusiva, attenta al genere femminile, agli anziani e ai bambini e alle bambine è anche una città equa, dove il verde diviene motore di armonizzazione sociale.

Le città vanno ridisegnate, portando aree verdi diffuse in tutti i quartieri, poiché la presenza di parchi e giardini, piste ciclopedonali, alberate stradali non siano un privilegio di alcune fasce sociali.

Le parti delle città dove il verde è maggiormente diffuso sono le aree anche più costose come valori immobiliari, e che negli anni hanno creato differenze sociali portando le diverse zone delle città a non dialogare tra loro. Nelle ‘nuove’ città la regola 3-30-300 (3 alberi che si vedono dalla finestra di ogni casa, 30% di copertura arborea in ogni quartiere e non più di 300 m per raggiungere un’area verde dalla propria abitazione) dev’essere ubiquitaria, perché una città verde significa vita e salute.

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Vendemmia 2024: Italia divisa in due, anno difficile e complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/#respond Sat, 24 Aug 2024 07:16:05 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68544 In molte regioni del sud è partita la vendemmia 2024 con la raccolta dei primi grappoli delle varietà precoci e delle basi spumante in Sicilia, Puglia e Lombardia (Franciacorta) e terminerà alla fine di ottobre/inizio novembre, con le varietà più tardive come l’aglianico tra Basilicata e Campania. Il dato peculiare di quest’anno, però è la divisione (quasi) netta tra sud e nord.

Il Centro-Sud fa i conti con un’importante siccità che sta colpendo maggiormente la Sicilia e le regioni più meridionali. A nord, invece, a preoccupare sono la peronospora e gli eccessi di pioggia.

Il dato rilevante quindi è che, per il secondo anno consecutivo, l’avverso andamento meteoclimatico sottolinea l’imprescindibile ruolo della gestione agronomica del vigneto, intesa come principale strategia per ottenere comunque produzioni che rispecchino il sito specifico e il mantenimento della qualità delle uve.

 

Oggi a me, domani a te

Il destino dell’Italia vitivinicola 2024 sembra inverso, rispetto a quanto accaduto nel 2023.

Lo scorso anno, in seguito agli eccessi di pioggia avuti in primavera e inizio estate, al Centro-Sud si parlava di emergenza peronospora (Plasmopara viticola). Questa fitopatia ha danneggiato migliaia di ettari di vigneto favorendo le condizioni, assieme alla successiva siccità estiva, per avere una tra le più scarse annate di sempre dal punto di vista quantitativo.

Al contrario, al Nord si viveva una relativa tranquillità, con una scarsa diffusione di fitopatie e con diffusi episodi di maltempo nei mesi pre-raccolta, che hanno consentito di ottenere un buon risultato.

Oggi, le parti si sono invertite. Il nord Italia si trova a combattere contro la peronospora e con eccessi di pioggia, mentre al sud la peronospora è un brutto ricordo, ma di fanno i conti con la siccità.

Insomma, un altro anno impegnativo e difficile per la viticoltura italiana, segnato dall’andamento climatico anomalo che, ancora una volta, detta i tempi e mette a dura prova i tecnici e gli agricoltori.

La gestione agronomica del vigneto

Chi lavora in agricoltura sa, che ogni anno è diverso e che la ‘variabile meteo’ aggiunge complessità alla gestione tecnica dei vigneti, mai costante e mai determinata.

Il vino è una materia viva che nasce in vigna e, nella vigna, vede oggi i maggiori problemi e le maggiori variabili legate al meteo, che ne condizionano la qualità ed il raggiungimento dell’obbiettivo enologico di successo.

In questi momenti così difficili, per poter portare a casa il miglior risultato possibile, c’è necessita di conoscenza tecnica, determinazione e caparbietà.

Sono determinanti la gestione agronomica del vigneto, la tempestività negli interventi, la difesa fitosanitaria mirata e puntuale, le tecniche vitivinicole appropriate, la conoscenza delle condizioni pedo-climatiche del vigneto e della specificità dei vitigni per portare a casa il risultato, avere delle produzioni che rispecchino il sito specifico e puntare ad elevare la qualità delle uve.

Per contrastare questi repentini cambi climatici, risulta sempre più importante curare l’aspetto tecnico professionale, passando dall’innovazione e alle tecniche gestionali del vigneto, alla conoscenza delle specificità dei prodotti per la difesa fino a giungere a interventi ‘chirurgici’ e di precisione.

 

Il vino si fa in vigna

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita culturale della viticoltura, volta sia all’attenzione alle condizioni climatiche come alla riduzione degli impatti sull’ambientali e sulla vita dei consumatori.

Tutto questo deve far crescere la centralità della viticoltura sul piano strategico aziendale e nazionale, stando vicino alle tematiche del lavoro in vigna.

Se negli anni il vino italiano ha conquistato nuovi consumatori e il plauso e il riconoscimento di eccellenza, oggi più che mai ha necessità di investire sulla conoscenza in vigna “sito specifico”, sulla ricerca e sulle innovazioni tecnologiche del processo produttivo legato ai cambiamenti climatici, sulla riduzione degli impatti sull’ambiente e sui consumatori.

 

È un processo che inevitabilmente si avvia nella vigna per trovare il naturale proseguimento in cantina. Fortunatamente questo processo è già in atto e molte aziende di eccellenza del vino con successo si affidano a tecnici agronomi specializzati in viticoltura per seguire i vigneti e raggiungere dei prefissati obbiettivi enologici.

Capacità e competenze, alter ego di produzione e qualità

Questo 2024 ha dimostrato ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, della necessità di impegnarsi valorizzando l’aspetto tecnico e professionale nella gestione della vigna, nella difesa fitosanitaria, fino alla scelta del momento per la raccolta dei grappoli e della lavorazione dei mosti in cantina. Solo con capacità e competenze si possono fare le scelte giuste per limitare perdite di produzioni e garantire la qualità che tutto il mondo riconosce, apprezza e si aspetta dai vini italiani.

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Le produzioni vegetali e il ruolo dei dottori agronomi e dei dottori forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-produzioni-vegetali-e-il-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dei-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-produzioni-vegetali-e-il-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dei-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-produzioni-vegetali-e-il-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dei-dottori-forestali/#respond Sat, 01 Jun 2024 07:41:25 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68524 Le produzioni vegetali rappresentano un settore fondamentale dell’agricoltura, che comprende la coltivazione di piante per il consumo umano, animale e per altri usi industriali. Queste produzioni includono colture come cereali, legumi, frutta, verdura, piante da olio, piante da fibra e colture speciali come quelle officinali e aromatiche.

Esse influenzano:

  • sicurezza alimentare: forniscono cibo, garantendo l’accesso a una dieta equilibrata e nutriente
  • economia rurale: creano opportunità di lavoro e reddito nelle aree rurali, contribuendo allo sviluppo economico e sociale delle comunità agricole
  • ambiente: le pratiche agricole sostenibili, promosse dai dottori agronomi e dai dottori forestali, aiutano a conservare le risorse naturali, ridurre l’impatto ambientale e combattere il cambiamento climatico.

7 aree di competenza dei dottori agronomi e dottori forestali
Agronomi e forestali svolgono un ruolo cruciale nelle produzioni vegetali, promuovendo pratiche agricole che sono sostenibili, efficienti e sicure. La loro competenza contribuisce a migliorare la produttività agricola, la qualità dei prodotti e la sostenibilità ambientale, garantendo benefici a lungo termine per l’economia e la società.

1. analisi del suolo e del territorio:

  • valutazione della fertilità: eseguono analisi del suolo per determinare i nutrienti disponibili e raccomandano interventi per migliorare la fertilità del terreno.
  • gestione del suolo: consigliano pratiche per prevenire l’erosione, migliorare la struttura del suolo e aumentare la capacità di ritenzione idrica.

2. pianificazione delle colture:

  • scelta delle colture: aiutano nella selezione delle colture più adatte alle condizioni climatiche e pedologiche del territorio.
  • rotazione delle colture: pianificano rotazioni colturali per migliorare la salute del suolo e ridurre l’incidenza di parassiti e malattie.

3. gestione delle risorse idriche:

  • irrigazione efficiente: progettano e implementano sistemi di irrigazione che ottimizzano l’uso dell’acqua, come l’irrigazione a goccia.
  • conservazione dell’acqua: promuovono tecniche di agricoltura conservativa per mantenere l’umidità del suolo e ridurre il fabbisogno idrico.

4. controllo delle malattie e dei parassiti:

  • gestione integrata dei parassiti (IPM): implementano strategie per il controllo dei parassiti che combinano metodi biologici, fisici e chimici in modo sostenibile.
  • uso di prodotti fitofarmaci: raccomandano l’uso responsabile e mirato di fitofarmaci per ridurre l’impatto ambientale e garantire la sicurezza alimentare.

5. miglioramento genetico e selezione delle varietà:

  • sviluppo di nuove varietà: collaborano con istituti di ricerca per sviluppare e introdurre varietà di piante più resistenti alle malattie, con maggiore resa e adattabilità a diverse condizioni climatiche.
  • conservazione delle risorse genetiche: promuovono la conservazione delle varietà locali e delle specie tradizionali per mantenere la biodiversità agricola.

6. sostenibilità e innovazione:

  • agricoltura di precisione: utilizzano tecnologie avanzate come i droni, i sensori e i sistemi GIS per monitorare e gestire le colture in modo preciso e sostenibile.
  • pratiche sostenibili: promuovono pratiche agricole sostenibili come l’agricoltura biologica e la conservazione delle risorse naturali.

7. formazione e consulenza:

  • supporto agli agricoltori: forniscono consulenza tecnica agli impresari agricoli su pratiche di coltivazione, gestione delle risorse e strategie di mercato.
  • educazione e sensibilizzazione: organizzano corsi di formazione e campagne di sensibilizzazione per diffondere conoscenze e innovazioni nel settore agricolo.

 

Il peso dell’agricoltura nell’economia italiana
Il settore agricolo e agroalimentare in Italia ha un ruolo significativo nell’economia nazionale. Nel 2023, il comparto agroalimentare rappresentava circa il 15% del PIL italiano, con il settore agricolo da solo che contribuiva per circa il 2%.

1,1 milioni di aziende agricole
L’Italia conta circa 1,1 milioni di aziende agricole, che coprono indicativamente 12,6 milioni di ettari della superficie agricola del paese.

50% di terreni agricoli
Oltre il 50% della superficie totale adibita a uso agricolo è montuosa o soggetta a vincoli naturali.

53% di popolazione rurale
Il 53% della popolazione italiana vive in zone rurali o intermedie e il settore agricolo e forestale costituiscono fattori economici importanti.

Il valore aggiunto complessivo della filiera agroalimentare nel 2022 ha raggiunto i 64 miliardi di euro, di cui 37,4 miliardi derivanti dalla produzione agricola e 26,7 miliardi dall’industria alimentare. Se si considera anche la distribuzione e la ristorazione, il peso del settore agroalimentare sul PIL sale al 7,7%, e includendo i servizi di trasporto, logistica e intermediazione necessari per portare i prodotti dal campo alla tavola, la stima supera il 15,2%.
L’Italia è un leader nella produzione di vari prodotti agricoli in Europa. Ad esempio, detiene una quota del 37% nella produzione di vino e del 33% nella produzione di olio d’oliva nell’UE. È anche un importante produttore di frutta, coprendo il 18% della produzione dell’UE.

 

Nonostante la rilevanza del settore, l’agricoltura italiana affronta diverse sfide strutturali, tra cui la frammentazione delle aziende agricole, la scarsa presenza di giovani imprenditori e problemi di accesso alla terra, con valori fondiari molto elevati rispetto ad altri Paesi europei.
Inoltre, il settore deve affrontare le incertezze climatiche e la volatilità dei prezzi, che influenzano negativamente la produzione e il valore aggiunto.

Produzione agricola per settore
Quando si parla di valore della produzione agricola si sommano i valori dei prodotti agricoli e quelli zootecnici, escludendo la produzione di servizi in agricoltura.
Circa la metà del valore della produzione complessiva in UE proviene dalle colture, tra le quali gli ortaggi, le piante orticole e i cereali erano le colture più pregiate, circa due quinti da animali e da prodotti di origine animale. Di questi ultimi, la maggior parte del valore è frutto dal solo da latte e dall’allevamento suinicolo.
I contributi e la quota di prodotti animali e vegetali differiscono notevolmente da uno Stato membro all’altro e tra di essi, riflettendo le differenze nei volumi prodotti, nei prezzi percepiti, nonché nel mix di colture coltivate, animali allevati e prodotti animali raccolti.

Produzione agricola per settore in Italia.
Valore della produzione ai prezzi base nel 2023 (milioni di euro)

La suddivisione della produzione agricola

 

La suddivisione della produzione vegetale

 

Le percentuali della produzione zootecnica nazionale

Fonte: EUROSTAT

In conclusione
I dottori agronomi e i dottori forestali hanno una visione olistica e competenze multidisciplinari essenziali per affrontare sfide ambientali ed agricole del nostro tempo.
Attraverso l’integrazione di diverse competenze e la collaborazione con altri professionisti, essi sono dei team leader in grado di sviluppare e promuovere pratiche agricole e forestali sostenibili, contribuendo alla tutela dell’ambiente e alla produzione efficiente e sicura alimentare.

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Ordine garante per la collettività //www.agronomoforestale.eu/index.php/ordine-garante-per-la-collettivita/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ordine-garante-per-la-collettivita //www.agronomoforestale.eu/index.php/ordine-garante-per-la-collettivita/#respond Mon, 08 Apr 2024 06:16:12 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68509 Perché un dirigente pubblico, che non ha mai svolto la professione, dovrebbe mantenere l’iscrizione all’ordine degli agronomi e forestali? Solo recentemente sono stato in grado di formulare una risposta compiuta e razionale a questa domanda.

Paolo Baccolo, consigliere CONAF

 

La ragione “istituzionale” della presenza degli Ordini professionali, creati attraverso specifiche leggi istitutive, è fondata sul fatto che l’obbligatoria iscrizione a un albo professionale garantisce la professionalità dell’iscritto attraverso l’esame di Stato, prima, e l’obbligo di formazione continua, poi. A questo aspetto si somma l’impegno personale alla correttezza professionale, espletato attraverso l’obbligo del rispetto del codice deontologico.

Un’unione di due “garanzie” che diventano rassicurazione per la collettività.

 

Le funzioni disciplinari

La funzione di garante per la collettività svolta dagli ordini diventa il fondamento che dà valore alle funzioni disciplinari, sviluppate sia a livello territoriale che a livello nazionale.

Ai Consigli di Disciplina spetta, infatti, il compito di verificare le possibili irregolarità compiute dagli iscritti: la non ottemperanza all’obbligo formativo, comportamenti non coerenti con il codice deontologico, comportamenti considerati lesivi della onorabilità della categoria professionale o del sistema ordinistico.

L’autonomia dei Consigli di Disciplina

Un aspetto non secondario sta nel fatto che i Consigli di Disciplina territoriali sono organi autonomi rispetto al Consiglio dell’Ordine territoriale. Essi nominati direttamente dal Tribunale a garanzia della propria indipendenza e autonomia di giudizio.

Questo particolare non ha solo una rilevanza formale, ma è sostanziale in quanto impone procedure caratterizzate da autonomia di giudizio, assoluta trasparenza delle decisioni, salvaguardia dei diritti sia della “difesa” (dell’iscritto) che della “accusa” (l’eventuale ricorrente o lo stesso sistema ordinistico), la necessità di garantire la totale assenza di cause di incompatibilità o di conflitto di interesse, il rispetto della riservatezza, ecc.

Si comprende bene come le procedure disciplinari, sia a livello territoriale che a livello nazionale, per essere giuridicamente ineccepibili (a prova di ricorso), devono inquadrarsi in uno schema regolamentare il più possibile preciso, che garantisca contemporaneamente sia l’iscritto coinvolto in un procedimento disciplinare che lo svolgimento dei compiti da parte del Consiglio di Disciplina.

Inutile sottolineare, infatti, come l’autonomia operativa e decisionale dei Consigli di Disciplina non possa assolutamente essere confusa con l’arbitrio, seppure in buona fede, e che la valenza delle decisioni che possono essere prese dai Consigli di Disciplina impegna evidentemente anche le responsabilità personali dirette dei rispettivi componenti.

 

Inquadramento legislativo organico

Ciò premesso, le funzioni disciplinari di primo e secondo grado possono contare, a loro supporto, di un inquadramento legislativo che si è sviluppato e sovrapposto negli anni, integrandosi nei contenuti di alcune circolari dell’Ordine Nazionale, tra le quali la circolare nr. 42/2018 “Compendio della professione di dottore agronomo e dottore forestale”, che contiene un’ampia sezione dedicata appunto alle questioni disciplinari.

 

Vista la delicatezza delle decisioni e la complessità della materia, è di grande supporto poter avere regolamenti organici, aggiornati, precisi, completi, coordinati, che possano fungere da effettivo “vademecum”. Un compendio organico, infatti, consente di evitare imprecisioni formali o sostanziali tali da comportare l’annullamento degli atti, delle decisioni e delle procedure, sia da parte dei ricorrenti che da parte degli stessi Consigli di Disciplina.

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Una protesta che nasce da lontano //www.agronomoforestale.eu/index.php/una-protesta-che-nasce-da-lontano/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=una-protesta-che-nasce-da-lontano //www.agronomoforestale.eu/index.php/una-protesta-che-nasce-da-lontano/#comments Tue, 06 Feb 2024 16:54:59 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68493 Le strade di mezz’Europa si intasano a causa della protesta degli agricoltori, in contrasto con le politiche europee e nazionali. La questione, però, è frutto di diverse istanze e obiezioni che si sovrappongono rendono difficile sciogliere la vicenda e capire perché ci troviamo in questa situazione.

Meno soldi, più impegno
Nel bilancio dell’Unione europea, la percentuale delle spese previste in campo agricolo nel periodo 2021-2027 copre un terzo del totale (31%). Una percentuale rilevante, anche se in progressivo calo dagli inizi degli anni ’80 in cui la PAC rappresentava il 66% del bilancio UE e in ulteriore riduzione anche rispetto al precedente periodo di programmazione PAC, quello 2014-2020, che aveva una percentuale del 37,8%.
A questa riduzione, nel corso degli anni, si sono però sovrapposte molte richieste da parte del legislatore al mondo agricolo: oltre ai vincoli sempre più stringenti della nuova PAC, è intervenuto il Green New Deal, la strategia Farm to Fork, il regolamento EUTR, ma sulla stessa linea c’è anche il dibattito che si è sviluppato con la legge per il ripristino della natura. Nelle intenzioni del legislatore, queste riforme mirano a promuovere un’agricoltura e una silvicoltura più intelligenti, competitive, sostenibili e diversificate, sviluppare la struttura socioeconomica delle aree rurali e proteggere l’ambiente.
È evidente, però, che si chieda all’intero settore un notevole impegno: trasformarsi in vere imprese agricole, con una programmazione delle attività, un bilancio, degli scenari di azione in cui operare.


La perdita di produttività
Si produce meno di 20 anni fa, mediamente il 10% in meno. I dati del CREA non lasciano spazio a dubbi.
In questi vent’anni, tra il 2000-2002 l’agricoltura italiana ha prodotto oltre 300 milioni di tonnellate, nel triennio 2010-2021 si è scesi a 278 milioni di tonnellate, nel triennio 2020-2022 ci si è fermati a 273 milioni di tonnellate.
Una riduzione in capacità produttiva che investe trasversalmente (anche se in modo differente) tutti i settori, escluse le produzioni zootecniche o dei prodotti trasformati, come vino e olio o del latte, per la conclusione del regime delle quote latte.
Per i cereali, negli ultimi venti anni abbiamo perso oltre 5 milioni di tonnellate di produzione tra frumento duro, tenero e mais; abbiamo perso il 20% della produzione di uva da tavola, il 30% di pesche e il 50% di pere.
Nel triennio 2020-2022 abbiamo prodotto 290mila tonnellate in meno di pomodoro rispetto al triennio 2000-2002 e meno 578mila tonnellate di patate. Produciamo molte meno carote, melanzane e cipolle di quelle che producevamo venti anni fa. (Fonte: CREA).
La questione non può essere liquidata con semplicità con l’opportunità di rendere il Paese, o più generale la UE, autosufficiente a livello alimentare. È la fotografia di un comparto in cui i vincoli alla produzione, quelli ambientali ma non solo, non hanno dato origine a sufficiente innovazione e che oggi rischia di perdere le sfide dei mercati globali.

 

Affare di famiglia
Negli ultimi vent’anni, il numero di aziende agricole si è dimezzato rispetto al 2000, quando era pari a quasi 2,4 milioni. Una riduzione nel numero che conduce verso una lenta concentrazione: la dimensione media delle aziende agricole è più che raddoppiata sia in termini di Superficie Agricola Utilizzata (SAU), oggi a 11,1 ettari medi per azienda, che di Superficie Agricola Totale (SAT), con 14,5 ettari medi per azienda.
A completare il quadro, la rilevazione dell’ISTAT sulla forma societaria: nel 2020, il 93,5% delle aziende agricole è gestito nella forma di azienda individuale o familiare. (Istat, 7° censimento agricoltura)
Seppure con differenze legate al territorio e al tipo di produzione, è evidente che le dimensioni medie sono molto ridotte, adatte a una piccola impresa a conduzione familiare ma che mostra dei limiti strutturali nelle capacità di affrontare il mercato e le tendenze globali del comparto, capace di produrre in modo sostenibile, sia ambientalmente che economicamente.

 

La filiera del valore
Ha suscitato un certo scalpore il dato che vede la Germania, quest’anno, diventare il secondo produttore agricolo europeo, dietro alla Francia, che resta prima, relegandoci al 3° posto.
La crisi produttiva dell’agricoltura italiana, collegata all’estrema parcellizzazione delle aziende a conduzione familiare per la quasi totalità trova un ulteriore limite negli aspetti finanziari: si sta riducendo il potere contrattuale delle imprese agricole in favore di altri comparti, industriale e grande distribuzione in primis.§
Ne è dimostrazione il fatto che i prestiti alla produzione agricola sono scesi dai 44,3 miliardi del 2015 ai 40,4 miliardi del 2022. Al contrario i prestiti all’industria alimentare sono passati da 31,4 miliardi del 2015 a 33,7 miliardi del 2022. (Fonte: CREA)
Anche nel rapporto ISMEA, si conferma che le cause di questa “retrocessione” nella produttività dell’agricoltura italiana, non sono solo limitate agli effetti del clima o di annate particolarmente difficili, ma pesano anche le debolezze strutturali, quali la frammentazione del tessuto produttivo e l’accesso al capitale fondiario.

 

Credito agrario da riformare
In questi anni, l’assenza di una gestione finanziaria strutturata ha indotto il mondo agricolo a ricorrere a strumenti di credito non adeguati agli obiettivi economici aziendali e incapaci di offrire il supporto necessario alle imprese agricole.
Le condizioni finanziarie di molte aziende agricole oggi sono critiche poiché, il più delle volte, le operazioni creditizie attivate evolvono a circostanze di sofferenza, con ciò che ne consegue.
Seppur negli ultimi anni alcuni istituti di credito stiano ripristinando strutture interne specializzate nel credito agrario, la despecializzazione del passato ha giocato un ruolo fondamentale. Il motivo principale di tale disallineamento è di natura “linguistica”: nella maggior parte dei casi l’azienda agricola si presenta come ditta individuale, senza fornire alla banca i bilanci “civilistici” da leggere e confrontare. L’assenza di un univoco linguaggio operativo impresa/banca ha determinato, così, l’incapacità di offrire informazioni e dati univocamente riconosciuti dalla banca (stato patrimoniale, costi di gestione, utili di esercizio, posizione finanziaria netta).
Urge far dialogare i “due mondi” (impresa agricola/banca) e creare un ponte tra il linguaggio economico-finanziario bancario e quello tecnico/operativo delle imprese agricole.
Ecco che riformare il credito agrario, fare dialogare il mondo agricolo e quello bancario, strutturare un bilancio universalmente riconosciuto diventano interventi capaci di finalizzare gli investimenti di transizione delle aziende agricole portandole verso modelli innovativi, sostenibili e digitali.

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Piatto pulito //www.agronomoforestale.eu/index.php/piatto-pulito/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=piatto-pulito //www.agronomoforestale.eu/index.php/piatto-pulito/#respond Fri, 28 Apr 2023 15:38:57 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68353 L’ultima relazione dell’EFSA sui residui di pesticidi negli alimenti nell’Unione europea conferma il dato positivo: il cibo sui piatti dei cittadini europei è sano e privo di residui chimici.
Si tratta di programmi di monitoraggio che diventano una fonte preziosa di informazioni per stimare l’esposizione alimentare dei consumatori dell’UE ai residui di fitofarmaci e prodotti di sintesi.

I dati
Nel 2021 sono stati raccolti 87.863 campioni di alimenti. L’analisi dei risultati, valida nel territorio dell’Unione europea, mostra che il 96,1% dei campioni rientra nei livelli consentiti dalla legge.
Risultati ancora migliori per il sottoinsieme di 13.845 campioni analizzati nell’ambito del programma di controllo coordinato dall’UE (EU MACP): il 97,9% rientrava nei limiti di legge.

 

Nello specifico, tra i campioni analizzati nel programma coordinato:

  • Il 58,1% (8.043 campioni) è risultato privo di livelli quantificabili di residui.
  • Il 39,8% (5.507) conteneva uno o più residui in concentrazioni inferiori o uguali ai livelli consentiti (noti come livelli massimi di residui, o LMR).
  • Il 2,1% (295) conteneva residui superiori ai livelli consentiti.

Il MACP dell’UE analizza campioni raccolti a caso di 12 prodotti alimentari. Per il 2021, si trattava di melanzane, banane, broccoli, funghi coltivati, pompelmi, meloni, peperoni dolci, uva da tavola, olio d’oliva vergine, grano, grasso bovino e uova di pollo.

 

Attenzione alle importazioni
La stessa selezione di prodotti è campionata ogni tre anni, così da individuare le tendenze. Il tasso complessivo di residui di pesticidi che superano l’LMR è passato dall’1,4% nel 2018 al 2,1% nel 2021. Escludendo i pompelmi, il tasso medio di superamento degli LMR è stato dell’1,4% nel 2021, lo stesso del 2018.
Per questo motivo, nel 2021, gli Stati membri hanno richiamato l’attenzione sulla maggiore presenza di residui di pesticidi nei pompelmi importati da Paesi extra-UE e nello stesso anno la Commissione europea ha aumentato i controlli alle frontiere.

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Agricoltura slegata dal territorio, le vere cause delle alluvioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni/#respond Fri, 07 Apr 2023 06:31:31 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68426 I cambiamenti climatici (causati anche dall’agricoltura e dagli allevamenti industriali alimentati con ogm, prodotti distruggendo le foreste primarie) scaricano sempre più acqua sulle terre.
La chiamano agricoltura conservativa, sostenibile, integrata quando vogliono accedere ai fondi europei agro-climatico-ambientali destinati al restauro del territorio e della fertilità, all’agroecologia. Ciò a cui assistiamo, però, è il livello insostenibile di accumulo e bio-accumulo di chimica, con la contemporanea distruzione dell’humus nei terreni.

Per cambiare rotta, è necessaria in primis la revisione del programma agricolo nazionale di Sviluppo Rurale, già bocciato a Bruxelles, poi miracolosamente approvato.
Così come l’intera politica agro-ambientale europea, affinché il sostegno al reddito agricolo vada solo a chi produce in modo agroecologico, ossia ai produttori e agli allevatori biologici. A loro spetta il compito di tornare a produrre letame fertile e non liquame putrido, quello che spappola i terreni e aumenta l’effetto serra.
Più in generale, il sostegno al reddito andrebbe rivolto a chi utilizza le tecniche di agroecologia sinergica e rigenerativa della fertilità dei suoli.

La carenza di humus nel suolo riduce la capacità di assorbimento del terreno

L’humus al centro
L’acqua che abbiamo visto invadere per giorni e settimane i campi e le pianure in Emilia Romagna l’avremmo dovuta far assorbire dai terreni, insieme ai gas serra, incrementando l’humus del suolo. È lui, infatti, la spugna biologica che trattiene acqua e il terreno, è lui che deve essere l’indicatore primario di corretto uso dei fondi pubblici dei programmi di sviluppo rurale regionali e quelli nazionali che offrono un sostegno al reddito degli agricoltori.
Invece, negli ultimi 30 anni, la preziosa sostanza organica dei terreni, che attraverso la fotosintesi e l’equilibrio dei microbi è in grado di trattenere acqua anche 10 volte il proprio peso, si è ulteriormente ridotta.
Oggi l’acqua scorre senza più infiltrarsi nei terreni assassinando il territorio, per decine di migliaia di ettari, invade canali e fiumi troppo velocemente. Fenomeno acuito anche dalla distruzione di siepi secolari, patrimonio di biodiversità tradizionale selezionata dai nostri avi, atte proprio a far evaporare acqua e a farla infiltrare in profondità grazie alle radici.

Siccità e alluvioni, due facce della stessa medaglia
Bisogna immediatamente interrompere l’erogazione di tali fondi a chi usa pesticidi e disseccanti, fertilizzanti chimici e liquami zootecnici. Tutto ciò è incostituzionale e illegale (vedasi le continue relazioni della Corte dei Conti Europea a partire dalla n.3 del 2005 sulla spesa agroambientale).
Abbiamo buttato 30 anni di politiche agro-climatico-ambientali per una falsa agricoltura integrata e un falso benessere animale, politiche basate su pesticidi chimici e mangimi concentrati, liquami e perdita di biodiversità. Abbiamo impoverito i terreni, che ad ogni pioggia perdono fertilità e si erodono: oggi la desertificazione interessa il 30% delle superfici agricole mondiali e nazionali. Siccità e alluvioni diventano così due facce della stessa medaglia.

Ripristinare siepi, alberature, boschetti
Dobbiamo ripristinare siepi, alberature, boschetti e i canali di scolo, basandoci sulle foto aeree degli anni ’50 del secolo scorso, che raffigurano un paesaggio frutto di secoli di saggezza ed esperienza contadina sui territori. Paesaggi che, in pochi decenni, siamo riusciti a devastare grazie alla meccanica e alla chimica.
Dobbiamo sistemare i terrazzamenti persi e le siepi con i salici, sfruttando la loro caratteristica di pompare un metro cubo di acqua al giorno evaporandola verso l’atmosfera. E altrettanto dovremo fare con pioppi e platani lungo le rive dei canali e fiumi, preservando le coltivazioni e lavorazioni a girapoggio lungo le linee di livello e non di massima pendenza.
Occorre, poi, finanziare le coltivazioni di copertura dei terreni, prima di seminare le coltivazioni principali con colture da sovescio come le cover crops e incentivare l’inerbimento nei frutteti, così come previsto dai regolamenti europei.
Tecniche antiche, tutte indirizzate a incrementare l’humus, la fertilità naturale e la biodiversità dei terreni, proteggendoli dalle piogge e dall’erosione.
Infine, come non citare la gestione forestale, che può dare un’ulteriore vantaggio se volta a incrementare i boschi d’alto fusto, preservando il sottobosco, le piante secolari e garantendo produzione di legna da ardere ‘ecologica’.
Infine, dobbiamo sostenere solo la zootecnia biologica, basata sul carico di animali per ettaro alimentabile con le risorse aziendali e comprensoriali.

Un campo irrorato con l’uso di piccoli aeromobili

Convergenza di interessi
Dottori agronomi e dottori forestali, fornendo agli agricoltori l’assistenza tecnica e la formazione agro-ecologica, aiuterebbero a trasformare la situazione da conflittuale a una auspicabile convergenza di interessi.
Un percorso che, naturalmente, non può essere solo tecnico, ma che deve poter utilizzare fondi europei per compensare i maggiori costi delle tecniche biologiche.
I fondi sono facilmente reperibili, considerando il risparmio stimato di almeno 30 miliardi all’anno per danni causati dal dissesto idrogeologico. Somma che cresce ulteriormente se si aggiungono i 50 miliardi all’anno tra pubblico e privati di costi imputabili alle patologie cronico-degenerative e riproduttive, che vedononell’uso dei pesticidi una concausa.

L’auspicio è di fare presto più di un passo in direzione di una riconversione completa dell’Italia al biologico: in fondo bastano appena 15 miliardi se ben spesi.
Un percorso che significherebbe qualità alimentare e salute oltre che l’aumento della resilienza dei territori.

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Siccità e cambiamento climatico: l’azione dei dottori agronomi e dottori forestali. //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Tue, 21 Mar 2023 14:37:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68347 Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso anche l’inverno meteorologico 2022-2023, l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (9° inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquidi che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020.
La combinazione autunnale ed invernale di piogge scarse e temperature ben sopra la norma, fa sì che il bilancio idro-climatico sia fra i peggiori degli ultimi 65 anni.

Le ridotte nevicate dell’inverno si sono sommate all’effetto di prolungati periodi di tempo stabile ed eccezionalmente mite: in pratica abbiamo ricevuto solo un terzo della neve rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Il fiume Po viene alimentato per il 60% dalla neve caduta in montagna. Quest’anno mancano circa 4 miliardi di metri cubi di quest’acqua. Una condizione che sicuramente condizionerà dunque lo stato di salute dei fiumi del Nord anche nella prossima primavera ed estate.
Siamo purtroppo nella stessa situazione di un anno fa, ma con 12-14 mesi di siccità sulle spalle.

La pioggia non basta
Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al 7° posto tra i più caldi dal 1958.
Le alte temperature della seconda decade del mese, con lo zero termico che si è riportato già oltre i 3000 metri, stanno di fatto sciogliendo la neve caduta su Alpi e Appennini.
Sugli Appennini, in particolare, le nevicate sono state abbondanti nella seconda metà dell’inverno, ma col caldo anomalo si sta già riducendo il volume della neve anche a quote medio-alte.

Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit medio sostanzialmente che in alcune regioni (Piemonte) ha raggiunto -80%. Ma anche le zone alpine occidentali hanno un deficit medio del 40% grazie alle nevicate soprattutto della fine di febbraio.
Analoga situazione nelle regioni del centro dove i primi giorni del 2023 avevano fatto sperare in un ‘recupero’ grazie alle precipitazioni nevose e piovose, verificatesi soprattutto a gennaio, ma il mese di febbraio ha visto piogge scarse, inferiori alla media, su quasi tutto il territorio.
In particolare, in Toscana si è registrato un deficit pari a circa il -57% (corrispondente a circa 47 mm di pioggia in meno). A ciò si accompagnano le previsioni meteo del Lamma, che parlano per i prossimi tre mesi di precipitazioni nella media e temperature leggermente superiori, una situazione che invita alla prudenza paventando la possibilità di una nuova estate a rischio siccità.
Leggermente migliore appare la situazione al sud.

Le azioni del Governo
Qualche giorno fa si è svolta il primo incontro interministeriale che ha il compito di varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lunga scadenza per gestire l’emergenza siccità.
Alla cabina di regia partecipano i rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei e PNRR, Protezione civile.
A quel tavolo, il ministro Musumeci ha portato alcune proposte per interventi a 2-3 anni. Fra questi, incentivi per realizzare laghetti aziendali per supplire alla siccità nei mesi estivi e un piano speciale per la pulizia degli invasi dall’insabbiamento, dai fanghi e dai detriti accumulatisi nel corso degli anni.

Foto di Pat Whelen per pexels

Di fronte al cambiamento climatico
È evidente che siamo ormai di fronte a un’evoluzione climatica che appare inarrestabile e che ci obbliga a considerare tre aspetti essenziali:
● La riduzione delle precipitazioni assolute.
● La concentrazione delle precipitazioni in periodi ristretti e in fenomeni estremi e intensi.
● L’aumento delle temperature medie e di quelle assolute.

I dottori agronomi ed i dottori forestali, da sempre attenti alla gestione dell’equilibrio idrico, sono fortemente preoccupati. Dopo tanti anni e tanti dati, manca una strategia complessiva che, tenendo conto dell’insieme dei cambiamenti in atto, finalizzi le risorse per investimenti funzionali sia alla difesa dagli estremi nivopluviometrici che allo stoccaggio della risorsa idrica per la sua coerente utilizzazione idropotabile e irrigua.

6 proposte
1. Gestire le nostre aree montane e le foreste per impedire la compromissione del ruolo tampone in ottica di bilancio idrico.
Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, infatti, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di “serbatoi d’acqua” (water towers). Le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano.

2. Un programma pluriennale d’interventi per il ripristino dei laghi artificiali, dei numerosi laghetti collinari e la previsione di nuove realizzazioni per affrontare gli anni a venire.
Già oggi devono essere assunte decisioni tecnico-agronomiche in grado di mitigare la prossima estate siccitosa e torrida che ci aspetta. Dobbiamo però avere anche consapevolezza che senza interventi strutturali tutto quello che la scienza agronomica può suggerirci non sarà sufficiente.

3. Occorre che le autorità di bacino predispongano o aggiornino i loro piani, prevedendo la realizzazione di interventi che consentano di stoccare l’acqua nei diversi territori con l’obiettivo di difendere i territori a valle, garantire un minimo deflusso vitale ai corsi d’acqua durante tutto l’anno e rendere disponibili le risorse idriche per l’irrigazione.

4. Occorre realizzare impianti irrigui innovativi che minimizzino i consumi e massimizzino l’utilità dell’acqua somministrata alle colture, come per la scelta di tecniche colturali e varietà coltivate idonee a questa nuova fase climatica. Da qui, è evidente il ruolo decisivo della consulenza tecnica.

5. Dobbiamo ripensare la gestione del verde urbano, tanto necessario alle nostre città, quanto fragile nella manutenzione.
Partendo dalla scelta delle varietà più resistenti, passando per la progettazione degli spazi di messa a dimora, fino al recupero delle acque piovane diventano snodi cruciali per mantenere verdi le aree urbane anche il periodi siccitosi.

6. Incentivare – se non rendere obbligatorio – lo stoccaggio delle acque piovane per ogni nuova costruzione, domestica e non. Un piccolo intervento, puntuale e diffuso, che consentirebbe di migliorare il bilancio idrico complessivo del territorio.

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Le foreste urbane per la riqualificazione delle città //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/#respond Fri, 17 Mar 2023 12:19:34 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68308 di Renato Ferretti

Le foreste urbane e le infrastrutture verdi all’interno delle città possono giocare un ruolo molto importante per migliorare la qualità della vita. Infatti, come noto da tempo, offrono un’ampia gamma di benefici alla popolazione e svolgono preziosi servizi quali assorbimento della CO2, cattura del particolato e degli inquinanti atmosferici, drenaggio e controllo delle acque meteoriche, contrasto al fenomeno delle isole di calore, incremento della qualità estetica e percettiva, fornitura di aree in cui svolgere attività ricreative.

Numerose città, in tutto il mondo, hanno avviato iniziative molto ambiziose di riforestazione urbana. Tutte accomunate dalla scelta di accrescere la propria dotazione di infrastrutture verdi per rafforzare la coesione sociale e muoversi verso uno sviluppo equo e sostenibile.

Le foreste e gli alberi – secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – se ben gestiti, all’interno e attorno ai centri urbani forniscono habitat, cibo e protezione per numerosi animali e molte specie vegetali. Il che contribuisce anche a salvaguardare e accrescere la biodiversità”.

foto di Lachlan per pexels

Il dipartimento che si occupa delle foreste è impegnato a contrastare la deforestazione perché la questione più importante è assicurare una fonte di sostentamento alle persone che dipendono dalle foreste. – ha aggiunto il capo del dipartimento Fao, Hiroto MistugiQuesto aspetto riguarda tutti gli abitanti delle zone rurali, ma anche gli abitanti delle città perché gli alberi sono fonti d’acqua, migliorano la qualità dell’aria e contribuiscono a un ambiente sano.

Le città sono sempre più insalubri per l’aumento delle emissioni di CO2, di polveri sottili, agenti inquinanti e per l’ormai insopportabile calore estivo.
È provato che i boschi assorbono il 40% delle emissioni ascrivibili all’utilizzo dei combustibili fossili: per questo la forestazione urbana e periurbana deve diventare una priorità nell’agenda internazionale dei governi e delle istituzioni internazionali e locali.
È necessaria una trasformazione radicale del modo di operare per moltiplicare gli spazi verdi e i piccoli parchi, impiantare alberi per formare nuovi corridoi ecologici, realizzare edifici verdi anche in verticale. Tutto questo inciderebbe non solo sulla qualità dell’aria e del clima, ma anche sullo sviluppo economico delle città stesse, favorendo la microagricoltura e la produzione di cibo, per contrastare anche in questo modo i fenomeni di povertà.

Foto di Harrison Haines per pexels

Gli investimenti nel verde urbano sono particolarmente efficaci ed efficienti anche in termini economici perché garantiscono una riduzione di diverse tipologie di spesa, da quelle per il raffreddamento degli edifici a quelle per la manutenzione del territorio e la resilienza idrogeologica. Contrastando l’inquinamento dell’aria, le piante permettono di ridurre le spese per la salute, mentre i parchi pubblici o gli orti comunitari offrono occasioni di incontro e socialità. Si parla di soluzioni naturali (nature-based solutions, nbs) a problemi come il consumo energetico o quello idrico o il riscaldamento delle città.

Per tutto ciò non bastano le risorse del decreto clima e del PNRR: occorre una programmazione pluriennale e una strategia continua nel tempo.

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Crisi climatica, PNACC e ruolo dei dottori agronomi e dottori forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Fri, 03 Mar 2023 17:56:15 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68299 Di Renato Ferretti

La crisi climatica rappresenta la più grande sfida che l’umanità è costretta ad affrontare in questo secolo e che, per essere vinta, necessita di un netto cambio di passo nelle politiche di mitigazione e di adattamento entro il 2030.

La crisi idrica
Gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sono riconducibili a modifiche del ciclo idrologico e al conseguente aumento dei rischi che ne derivano. Se per esempio guardiamo al trentennio 1991-2020 in media in Italia, vediamo che gli eventi estremi aumentano mentre diminuiscono le precipitazioni.
In particolare, nel Italia del 2020, la precipitazione media totale annua è stata pari a 661 mm, corrispondente a una diminuzione di 132 mm rispetto alla media della decade presa in esame.
La crisi climatica non minaccia solo la disponibilità, ma anche la qualità dell’acqua. La questione si intreccia con la perdita di criosfera, l’insieme di neve, permafrost e ghiacciai.
Meno acqua, poi, porta con sé anche problemi energetici, basti pensare che la produzione idroelettrica dipende anche dall’abbondanza delle precipitazioni.

Addio ai ghiacciai alpini

Flora, fauna e foreste: la perdita dei servizi ecosistemici
Il nostro Paese si affaccia sul Mediterraneo, uno dei mari più sfruttati al mondo che, oltre a essere investito dal problema dell’innalzamento del livello delle acque, sta sperimentando temperature continuamente più elevate grazie a ondate di calore sempre più intense. Tutto ciò porta alla presenza e all’acclimatazione di nuove specie aliene invasive (in generale una delle principali minacce alla biodiversità), con serie conseguenze sul comparto della pesca.
Anche flora e fauna risentono del riscaldamento globale che ne altera ciclo di vita, e conseguentemente la quantità e qualità dei servizi ecosistemici offerti gratuitamente alla popolazione.
Un tema chiave è poi quello delle foreste, soprattutto in un Paese come il nostro che risulta occupato per circa un terzo dai boschi.
Da una maggiore probabilità di incendi al pericolo del “cambio d’uso del suolo”, fino alla disponibilità di acqua. La crisi climatica insieme alla cattiva gestione forestale rischia di mettere sotto pressione preziose funzioni forestali, come quella di protezione dagli eventi estremi.

Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici
Finalmente il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato il 28 dicembre la versione aggiornata del “PNACC”.
Si tratta di uno strumento strategico di particolare rilievo, dato che dovrà fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi climatici e migliorare la capacità di adattamento dei nostri sistemi naturali, sociali ed economici.

La struttura del PNACC è articolata in cinque sezioni:

  • il quadro giuridico di riferimento;
  • il quadro climatico nazionale;
  • impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali;
  • misure e azioni di adattamento;
  • governance dell’adattamento.

Uno degli scopi principali del Piano è, come detto, evitare gli effetti socio-economici negativi derivanti dagli impatti climatici.
Secondo uno studio del 2014 della Commissione europea, nel caso non venissero implementate misure di adattamento, potremmo perdere addirittura 410mila posti di lavoro entro il 2050 in Europa.
Il documento prosegue poi con una distinzione sul tipo di impatti che si dividono tra quelli causati dagli eventi climatici estremi, come per esempio le alluvioni, le frane e i cicloni tropicali, e quelli “a lenta insorgenza”, come l’aumento della temperatura terrestre, l’innalzamento del livello dei mari e della temperatura delle acque e la riduzione delle risorse idriche disponibili.
La grande novità del PNACC risiede proprio nella sua pubblicazione che consente, così, l‘avvio di un iter atteso da troppo tempo.

Prossimi passi
Il documento sarà ora sottoposto a consultazione pubblica, prevista dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (Vas).
Dopo l’approvazione definitiva, con decreto del ministro, si procederà poi all’insediamento dell’Osservatorio nazionale che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano.
Occorre seguire con attenzione le prossime fasi della valutazione perché come abbiamo sottolineato anche al congresso di Firenze è improcrastinabile e urgente intraprendere azioni di contrasto alla crisi climatica, sia per proteggere il benessere di cittadine e cittadini, sia per salvaguardare i nostri ecosistemi e la nostra agricoltura.
I dottori agronomi ed i dottori forestali sono i professionisti che più di altri hanno le competenze per poter intervenire a livello di programmazione. Pianificazione e progettazione degli interventi. È pertanto necessario essere presenti in tutte le occasioni per far sentire la nostra voce e soprattutto evidenziare la nostra competenza professionale in materia.

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