Oltreconfine – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 21 Feb 2023 16:42:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Il grano e la guerra //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-grano-e-la-guerra/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-grano-e-la-guerra //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-grano-e-la-guerra/#respond Tue, 06 Dec 2022 14:22:09 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68257 Di Aldo Sisto, dottore agronomo

La guerra in Ucraina ci ripropone in toni molto preoccupanti il tema della sicurezza alimentare nel mondo.
Nel 2021 il numero delle persone che hanno sofferto la fame è salito ad oltre 828 milioni, circa 46 milioni in più rispetto al 2020. La pandemia ha poi contribuito ad esasperare ulteriormente il problema . Da quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite il mondo si sta allontanando dall’obbiettivo di sconfiggere la fame e la malnutrizione entro il 2030. Questa guerra ha messo in evidenza che determinati problemi di approvvigionamento, sia energetico che alimentare, vanno visti sempre nell’ottica di una concreta condivisione delle difficoltà che possono nascere e coinvolgere tutti gli Stati della comunità internazionale. L’obbiettivo dovrebbe dunque essere quello di evitare che le crisi si abbattano drammaticamente sulle popolazioni economicamente più fragili e soprattutto frustrate anche dai mutamenti climatici. Ieri, ancora una volta, Papa Francesco è intervenuto per evidenziare che dietro a questa III° guerra mondiale ci sono gli “ interessi dei commercianti d’armi e degli imperi deboli che cercano i conflitti per sentirsi forti”. Purtroppo Putin sta seguendo ancora questa logica perversa. Facendosi forte sul suo attuale primato sulle risorse energetiche e cerealicole, ha cercato di conquistare le fertili terre Ucraine per consolidare questo primato. Oggi la Russia è attualmente il primo esportatore mondiale di grano, e Russia ed Ucraina sono i maggiori esportatori di mais e frumento nel continente Africano e nei Paesi più poveri del mondo.

Dipendenza dalle importazioni di grano, importatori netti 2021%

Questi problemi vanno dunque affrontati sul piano internazionale,abbandonando politiche di tipo autarchico e favorendo quelle di condivisione . In quest’ottica di cooperazione bisogna dunque ridare all’agricoltura ed ai trattati commerciali di pertinenza , a mio modesto giudizio, il ruolo centrale che le compete , poiché questo settore ha di fatto in mano la sicurezza alimentare .
Bisogna prendere atto che la mancanza di sicurezza alimentare, non disgiunta dalla sicurezza sugli approvvigionamenti idrici e la sicurezza sanitaria, sono oggi la causa di tensioni sociali, guerre e di conseguenza di migrazioni.

Russia ed Ucraina giocano un ruolo importantissimo a livello mondiale

(tab1- fonte dati USDA)

Nella tabella 1 leggiamo un breve riassunto delle dimensioni in termini di ettari, produzioni e resa delle due agricolture, russa ed ucraina, messe a confronto considerando le più importanti colture.
Risulta subito evidente l’importanza delle colture cerealicole per entrambi le nazioni. In Russia le colture cerealicole compongono il 72% dei seminativi , in particolare il frumento occupa il 52% di queste superfici; in Ucraina i cereali occupano il 62% dei seminativi, in particolare il mais il 38%. Non dimentichiamo poi le oleaginose che occupano in Russia ed Ucraina rispettivamente il 22% ed il 49% delle superfici oggetto d’indagine

Nella tabella 2 rileviamo l’importanza delle esportazioni di cereali per entrambi gli Stati. La Russia esporterà nella campagna 2022-2023, il 46% delle sue produzioni di frumento e l’ Ucraina il 49 % delle sue produzioni di mais. Nell’anno precedente alla guerra ( 2021/2022) l’ Ucraina aveva esportato il 64% delle sue produzioni di mais

Quest’anno la Russia a seguito di un ottimo raccolto di frumento ( 91 milioni di tonnellate) esporterà circa 42 milioni di tonnellate. Un vero record storico che pongono la Russia al 1° posto nel mondo come Paese esportatore di frumento. (tab 2- tab 3) . L’ Ucraina risulta invece al 4° posto come Paese esportatore di mais ed al 5° posto per il frumento.

(tab3 fonte dati USDA)

 

Nell’ipotesi che la Russia fosse riuscita ad impadronirsi delle fertili terre ucraine, l’incidenza percentuale delle sue produzioni di frumento sarebbero passate a livello mondiale dal 12% al 14% e quelle del mais dal 1% al 4% (tab4)

(tab4 fonte dati USDA)

Inoltre la Russia con l’acquisizione dell’ Ucraina avrebbe visto aumentare il peso delle sue esportazioni a livello mondiale di frumento dal 20% al 25% e le esportazioni di mais dal 2% al 11% .

In questo contesto ricordo che l’ Unione Europea detiene il 17% delle esportazioni mondiali di frumento e l’ 1 % delle esportazioni di mais. Mentre gli Stati Uniti, detengono con il 30% il primato delle esportazioni di mais e il 10% delle esportazioni di frumento (Tab 4)
Nella tab 6 leggiamo le produzioni di frumento e mais di alcune nazioni . La Cina risulta essere il maggior produttore di frumento del mondo e gli Stati Uniti il maggior produttore di mais nonché il 1°esportatore con 54,6 milioni di tonnellate.

(tab6 fonte dati USDA)

Oggi la Russia, a seguito di importanti riforme agrarie iniziate nel 2000, si presenta sullo scenario internazionale come una grande realtà agricola, soprattutto nel comparto dei cereali. Da Paese importatore di cereali negli anni ’90, oggi è divenuto il 1° Paese esportatore di frumento nel mondo. Questa riforma agraria ha consentito alla Federazione Russa di passare da 3 ° esportatore mondiale di cereali con 17,4 milioni di tonnellate nel 2009 , dopo Canada (19,3 milioni di tonn.) e Stati Uniti (21,9 milioni di ton), agli attuali 42 milioni di tonnellate. La forza dell’ agricoltura Russa si sta giocando rimettendo a coltura milioni di ettari ( si ipotizza più di 40 milioni) e le tecniche di coltivazione dedicate principalmente alla coltivazione di frumento. Neanche i cambiamenti climatici sembrano impensierire Putin, infatti una sua dichiarazione dice: “Un aumento di due o tre gradi non sarebbe così male per un Paese del nord come la Russia. Potremmo spendere meno per le pellicce e il raccolto di grano aumenterebbe”.
La produzione di grano e cereali in Russia è dominata dalle grandi imprese agricole , che sono i successori dei precedenti kolkhozy e sovkhozy, e attualmente si sono fuse in enormi “megafarms” , conglomerati aziendali o “agroholding”. E’ proprio attraverso queste grandi imprese agricole che è stato possibile mettere a coltura migliaia di ettari che erano prima incolti o mal coltivati.
Oggi 56 grandi compagnie dominano l’agricoltura russa, con 5 società che controllano il 27% delle terre coltivabili. Una tendenza che, nel complesso, ha prodotto un esito positivo.
L’arrivo delle grandi compagnie ha permesso una modernizzazione delle tecniche colturali e delle strutture di raccolta e commercializzazione
In Russia troviamo aziende come Miratog con 1,047 milioni di ettari, Prodimex e Agrokultura con 865 mila ettari, Agrocomplesso con 660 mila ettari, Rusagro con 637 mila ettari ed altre 10 aziende agricole che nel loro complesso coprono 6 milioni di ettari. Una recente indagine dell’ agenzia di consulenza russa BFEL rivela che nel 2021 66 grandi aziende agricole hanno gestito 15,4 milioni di ettari.
Lo stesso troviamo in Ucraina dove vi sono importanti realtà agricole come Agroprosperis con 430 mila ettari, Astarta 250 mila ettari, UrkLandAgricoltura con 570 mila ettari, MHP con 370 mila ettari, Chicco 550 mila ettari, e molte altre.
Queste aziende oltre alla coltivazione di mais , frumento, soia , girasole e semi oleosi in genere, si occupano anche di allevamenti zootecnici ( bovini,suini,avicoli), stoccaggio e commercializzazione di cereali, trasformazione e vendita di prodotti alimentari.
Dalle dimensioni e dall’ ottima organizzazione aziendale di queste realtà agricole si capisce molto bene l’interesse della Russia ad ampliare il controllo in aree limitrofe, tenendo presente anche il fatto che la Russia non ha mai considerato l’ Ucraina uno Stato sovrano.
Putin ha detto, tra le altre cose, che l’Ucraina «non ha mai avuto una tradizione stabile come nazione a sé stante» e che è stata sostanzialmente inventata dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica all’inizio del Novecento: «L’Ucraina moderna è stata interamente e completamente creata dalla Russia”. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è arrivato a dire che l’Ucraina «non ha il diritto di essere una nazione sovrana».
Al di là delle ragioni ideologiche che fanno da corollario a questa guerra, risultano evidenti le ragioni economiche che sono alla base della tentata conquista russa dei territori ucraini. Dipendenza energetica e dipendenze alimentari sono due temi che tutta la comunità internazionale ha il dovere di riesaminare. Quando poi chi governa ha il pieno controllo delle risorse energetiche ed alimentari di quel paese , la comunità internazionale può essere sottoposta a continui ricatti, come appunto sta succedendo oggi attraverso il metano e i cereali.
L’ Italia ha attualmente scarsissime risorse energetiche mentre d’altra parte ha un ottima agricoltura. L’unico ostacolo sono la limitazione della nostra “risorsa terreno” , per cui è necessario mantenere sempre alto il livello delle nostre produzioni soprattutto nel settore cerealicolo. Questo è possibile attraverso la limitazione del consumo di suolo e dando la possibilità agli agricoltori di accedere ad innovazioni scientifiche che possono incrementare le rese in modo sostenibile. Pensiamo solo alle nostre produzioni medie di mais che grazie al miglioramento genetico sono passate dai 2-3 t/ha degli anni ’50 agli attuali 11-12 t/ha. Lo stesso vale per il frumento che oggi attraverso nuove varietà ed il buon controllo agronomico della coltura supera tranquillamente i 90 ql/ha. Teniamo sempre presente che gli agricoltori assieme agli agronomi sono da sempre le sentinelle delle nostre risorse alimentari e dell’ambiente.

 

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Missione Albania //www.agronomoforestale.eu/index.php/missione-albania/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=missione-albania //www.agronomoforestale.eu/index.php/missione-albania/#respond Mon, 18 Jul 2022 10:17:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68180

Intervista a Gianluca Carraro, consigliere nazionale

Qualche settimana fa, la federazione del Veneto ha completato una missione in Albania con l’obiettivo di avviare una prima esperienza in quel paese e promuovere la figura professionale del dottore agronomo e del dottore forestale. In aggiunta a ciò, le visite tecnico-professionali hanno permesso di conoscere la realtà agricola e forestale di quel Paese.
In sintesi, con l’appoggio e sotto l’egida del CONAF si sono poste le basi per sviluppare ulteriori incontri e viaggi studio verso paesi che possono costituire un target di intervento delle nostre istituzioni

Ci descrive brevemente la missione?
Sono stati 4 giorni molto intensi e con un programma particolarmente fitto, realizzato grazie al supporto organizzativo di Balcando, società di consulenza gestita dell’avvocato Fabiola Ismaili.
Durante la missione sono state fatte visite e incontri con strutture pubbliche e private, rappresentative del mondo produttivo e istituzionale albanese. L’obiettivo principale è quello di gettare le basi di un rapporto istituzionale per la trasmissione di know-how e di conoscenze applicative verso il mondo albanese, con un percorso di alta formazione in grado di promuovere le multiformi competenze della nostra figura professionale in un territorio extra UE che ha bisogno di approcci innovativi e di sviluppo sostenibile.

A cosa si deve la scelta dell’Albania come meta?
Naturalmente, ogni Paese ha delle peculiarità interessanti per la professione. In questo caso, la scelta dell’Albania è motivata dal fatto che fra i paesi extra-UE vicini, e quindi con affinità ecologico-ambientali, l’Albania presenta potenzialità di sviluppo economico ancora inespresse. Inoltre, l’assenza di una struttura ordinistica come la nostra ha attirato la nostra attenzione, oltre che come professionisti, anche come dirigenti ordinistici.
L’Albania, infatti, costituisce un bacino di produzione con una dimensione potenziale di tutto rispetto (ca 1.700.000 ha di superficie agricola utilizzabile). Ampia superficie che richiede, però, un affinamento delle tecniche e un approccio integrato con una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale del ciclo produttivo.
Identico ragionamento può essere applicato al sistema forestale, che richiede una migliore ù politica di salvaguardia del patrimonio forestale e un’attenzione particolare al dissesto idrogeologico. È, inoltre, interessante una valutazione sulle energie rinnovabili, per le quali l’Albania è teatro di alcune soluzioni innovative avviate in particolare da partners europei.

La mancanza di un ordine professionale è stato il tema di un incontro specifico. Ce lo racconta?
In Albania non esiste un albo professionale come quello italiano, che garantisca da un lato la qualità dei professionisti iscritti (con occasioni di aggiornamento continuo) e dall’altro la tutela del consumatore e dell’ambiente.
In quest’ottica si sono rivelati molto proficui gli incontri con il Direttore delle politiche agricole del Ministero dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e delle risorse idriche della Repubblica d’Albania (Irfan Tarelli) e con il Vicerettore dell’Università di Tirana (Erinda Lika): nei due appuntamenti si è potuto discutere delle opportunità e dei vantaggi di un ordine professionale e degli aspetti formativi ad esso legati.

Di cosa avete discusso?
Attualmente, in Albania è costituito l’ordine dei veterinari, ma è fallita un’analoga iniziativa per l’ordine degli agronomi. I motivi del fallimento sono molti, ma senza dubbio incide la mancanza di una specifica coscienza professionale e la frammentazione delle aziende agricole albanesi, col Ministero impegnato per ampliare la maglia poderale tramite compravendite ed affitti e cooperazione.
Si è parlato di com’è organizzato l’ordine in Italia e il funzionamento degli esami di stato ha suscitato particolare interesse.
In generale, gli interlocutori sono rimasti positivamente colpiti dall’esempio italiano, al punto che già in quella sede si sono cominciate a fare delle ipotesi per costituire un organismo simile in Albania.
Ovviamente la strada è lunga, siamo solo alle battute iniziali, ma l’interesse dimostrato fa ben sperare nella prossima realizzazione di un ordine degli agronomi e dei forestali anche nel Paese delle Aquile.

Per quanto riguarda il sistema universitario? Come si lega alla professione?
La Facoltà di Agraria dell’Università di Kamez (Tirana) laurea circa 100 iscritti ogni anno. Con Erinda Lika Vicerettore dell’Università di Kamez e col Prof. Shpend Shahini, Head of Plant Protection Department, Agricultural University of Tirana si è molto discusso dei possibili punti di collaborazione per un futuro protocollo di intesa, per esempio sulla lotta integrata o sul benessere animale, così da trasferire l’esperienza italiana in quel Paese.

Avete incontrato anche Bardh Spahia, Sindaco di Scutari, e Floreta Kertusha, rappresentante del Comune di Durazzo. Come si stanno muovendo le amministrazioni locali?
Il problema principale resta la frammentazione e la difficoltà di accertare le proprietà. Alcune municipalità stanno agevolando il travaso di informazioni fra catasto e Comuni per consentire l’accertamento delle vecchie proprietà, più o meno frazionate dai tempi della fine del regime comunista. Oggi, per esempio, chi ottiene il certificato di proprietà ha la possibilità di reclamare il possesso delle proprietà di un tempo.

Ci racconta come si sono svolte le visite tecnico-professionali?
Il primo giorno, l’incontro con una cantina locale ci ha fatto conoscere una realtà in cui il recupero di antichi vitigni (ci piace credere di origine veneta risalente ai tempi della Serenissima) è associato a rese medio basse e con le difficoltà di commercializzazione a prezzi elevati. Una scommessa difficile che si cerca di vincere puntando su un prodotto di fascia alta da proporre nel ristorante cittadino e valorizzando l’enoturismo aziendale.

Gli altri appuntamenti?
Abbiamo incontrato Ervin Resuli, un veterinario Presidente “Associazione Protezione Consumatori e Produttori Locali” nonché General Manager di AC&E (Agro Consulting & Expert).
Ci ha raccontato che, come associazione, sono impegnati a garantire la salubrità nella filiera del latte, trascurando la trasformazione che invece è in mano a grosse ditte.
Anche in questo caso è emerso quanto la dimensione ridotta sia un fattore limitante. Nonostante ciò, si lavora per incrementare la consapevolezza delle aziende per migliorare le loro produzioni.
Più o meno simili le riflessioni proposte dal Rrapaj Agim, Presidente dell’Associazione Produttori KASH (Albanian Agribusiness Council) che raggruppa diverse associazioni e ne tutela gli interessi.

Oltre l’aspetto agronomico, è stato affrontato anche il tema dello sviluppo selvicolturale?
Su questo tema, particolarmente interessante è stato l’incontro con il Sindaco di Scutari.
Qui la frammentazione è minore e il patrimonio boschivo è nel possesso delle amministrazioni comunali. Il sindaco ci ha così illustrato alcune problematiche di carattere fitoiatrico nel campo della castanicoltura legate alla vespa del castagno, patologia che affligge il 10% dei 40.000Ha in gestione da parte del Comune di Scutari e che, ad oggi, non ha soluzione tecnica. Siccome la gestione fitoiatrica è in capo ai privati, ma con controlli della pubblica amministrazione, questo tema potrebbe essere un primo approccio operativo e collaborativo fra l’Ordine e il Comune di Scutari soprattutto perché da noi il problema fitoiatrico è già stato affrontato e risolto da tempo.

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Life Cycle Assessment delle coltivazioni di ananas in Repubblica Dominicana //www.agronomoforestale.eu/index.php/life-cycle-assessment-delle-coltivazioni-di-ananas-in-repubblica-dominicana/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=life-cycle-assessment-delle-coltivazioni-di-ananas-in-repubblica-dominicana //www.agronomoforestale.eu/index.php/life-cycle-assessment-delle-coltivazioni-di-ananas-in-repubblica-dominicana/#respond Mon, 01 Mar 2021 18:35:13 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68040 di Francesco Leschi, agronomo vincitore del premio di laurea Massimo Alberti 2021

Il settore della frutticoltura tropicale è, a livello globale, tra i settori agricoli più dinamici in termini di crescita e rappresenta un ambito di particolare interesse per la sicurezza alimentare nelle aree rurali dei paesi in via di sviluppo. Nelle aree tropicali, il trend delle produzioni frutticole in aumento negli ultimi anni e le esternalità inquinanti a esso connesse, hanno attirato l’interesse della comunità scientifica internazionale, come evidenziato dagli SDGs dell’agenda ONU 2030.
Tra le regioni leader del settore della frutticoltura tropicale l’America Centrale e i Caraibi occupano certamente un posto di rilievo, e in particolare la Repubblica Dominicana e la sua produzione di ananas (346,2 migliaia di tonnellate nel 2019 secondo dati FAO), che rappresenta la seconda frutta tropicale per importanza dopo la banana.

©Francesco Leschi . Repubblica Dominicana, 2019

La collaborazione tra l’Ambasciata Dominicana a Roma e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università degli Studi di Bologna ha consentito di realizzare un periodo di ricerca in Repubblica Dominicana nel periodo settembre – dicembre 2019, per indagare il ciclo di vita della produzione di ananas e le problematiche connesse alla sostenibilità di tale produzione.
Il complesso tema della sostenibilità nelle sue diverse dimensioni è stato affrontato basandosi sul supporto teorico del Life Cycle Thinking, facendo specifico riferimento a metodologie estimative quali: Life Cycle Assessment (LCA) ed Environmental Life Cycle Costing (E-LCC), consentendo di formulare una stima della sostenibilità economica ed ambientale delle diverse fasi del ciclo di vita della produzione di ananas.
Il metodo applicato si basa su un’analisi accurata di tutto il processo di vita della coltura in campo “dalla culla alla tomba”, attribuendo a ciascuna fase che concorre alla creazione del valore nella filiera produttiva dell’ananas, i relativi input ed output.
Grazie al supporto tecnico e logistico dell’imprenditore italiano Fabio Giuntoli, con esperienza trentennale nel settore ananas nel Paese, e il sostegno dell’Ambasciata d’Italia a Santo Domingo è stata realizzata la raccolta dei dati in campo relativamente all’ultimo trimestre del 2019, individuando come ambito di rilevazione due gruppi di aziende agricole opportunamente selezionate tra le province di Cevicos e Monte Plata. Queste sono state individuate a seguito di un’analisi della distribuzione geografica delle produzioni di ananas nel Paese, estrapolando sette aziende divise in due gruppi omogenei su base regionale e dello sviluppo tecnologico aziendale, rappresentative dell’intero settore ananasicolo dominicano.

La ricerca condotta ha portato all’individuazione dei maggiori hotspot di impatto ambientale ed economico nella produzione di ananas, fornendo un interessante supporto di carattere quantitativo per l’impostazione di un modello produttivo sostenibile.
L’applicazione metodologica è stata condotta distinguendo in tre macrofasi l’intero ciclo di coltivazione dell’ananas:
• semina
• produzione
• raccolta

ciascuna della quale è stata singolarmente oggetto di analisi d’impatto attraverso l’impiego del software SimaPro.

Le categorie d’impatto prese in esame ai fini dell’analisi LCA includono: Climate change, Freshwater eutrophication, Human toxicity cancer e Fossil resource scarcity, selezionate in termini di rilevanza nel contesto scientifico e locale. Per ciascuno dei suddetti indicatori la stima ha rilevato come l’indice di maggior impatto sia determinato dalla macrofase di produzione e, in particolare, dall’uso di composti agrochimici, largamente usati in queste tipologie di piantagioni intensive.
Il confronto dei valori ottenuti dalla ricerca (utilizzando come unità funzionale le porzioni di frutta ottenibili in un ettaro di produzione) con quelli desunti da altri studi reperibili in letteratura, ha consentito di evidenziare come il settore ananasicolo in Repubblica Dominicana realizzi delle performance meno impattanti in termini di emissioni di CO2eq rispetto ad altri contesti mondiali fortemente competitivi, come il Costa Rica.
Di seguito è proposto un grafico riassuntivo, parte di una più ampia analisi dei risultati, dell’incidenza percentuale per ciascuna categoria d’impatto delle fasi di produzione del frutto.

©Francesco Leschi . 2020

Interesse scientifico dei risultati ottenuti
L’approccio estimativo utilizzato nell’analisi rappresenta un modello innovativo nello studio delle coltivazioni agricole tropicali, determinando un contributo particolarmente valido per lo sviluppo di politiche agricole mirate al conseguimento di performance economicamente competitive e sempre meno impattanti dal punto di vista ambientale. La Life Cycle Assessment e la Environmental Life Cycle Costing presentate nell’elaborato di tesi sono interamente realizzate a partire da dati primari, ovvero raccolti direttamente in campo, con un calcolo accurato di ogni singolo input e output, riferito a ciascuna macro fase di sviluppo della coltivazione di ananas. In particolare, si rileva come la ricerca sul campo abbia permesso di collezionare una mole di dati numerici in riferimento all’uso di agrochimici per la nutrizione e la difesa delle piante, tale da rendere questa LCA un unicum per la letteratura esistente sul tema.

©Francesco Leschi . Repubblica Dominicana, 2019

Possibili ulteriori sviluppi per la ricerca
Il lavoro di tesi, poiché frutto della ricerca e dell’elaborazione condotta direttamente in Repubblica Dominicana, fornisce un ampio set d’informazioni di carattere qualitativo e quantitativo, riferite in modo peculiare alla fase di coltivazione in campo dell’ananas, che costituisce il principale step della value chain del prodotto “frutta fresca” o “trasformato”, distribuito ai consumatori in tutto il mondo.
Un ulteriore ampliamento della ricerca potrebbe consentire di prendere in esame anche dati relativi alla fase di commercializzazione e di esportazione del prodotto fresco verso le mete tradizionali di Europa e Stati Uniti d’America, consentendo in tal modo di adottare compiutamente l’approccio olistico proprio del Life Cycle Thinking, estendendo l’analisi all’intero ciclo di vita del prodotto.
Lo svolgimento del presente lavoro ha permesso di ottenere un quadro dettagliato della produzione ananasicola, approfondendo aspetti ad oggi scarsamente conosciuti; la disponibilità di tali dati potrebbe costituire anche un utile strumento di carattere operativo, a supporto di eventuali interventi politico – normativi legati alla promozione dello sviluppo delle zone rurali della Repubblica Dominicana incentrati sulla coltivazione dell’ananas.
In questa direzione si sta già muovendo un team di ricerca dell’Università di Bologna (DISTAL UniBo), che avvalendosi dei dati quantitativi elaborati nella presente tesi, sta attualmente portando avanti un progetto di ricerca “Analisi del ciclo di vita (LCA) come strumento di supporto per le politiche alimentari e ambientali: il caso della filiera dell’ananas in Repubblica Dominicana”, al fine di offrire al Ministero dell’Agricoltura della Repubblica Dominicana un valido tool kit da cui attingere per intraprendere riforme agricole basate su dati estimativi originati dalla teoria del Life Cycle Thinking.

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AgrIsrael 4.0: sbirciando al futuro dell’agricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura/#respond Fri, 19 Jul 2019 07:47:48 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67326

Carmela Pecora, Consigliere nazionale coordinatore della missione AgrIsrael 4.0 e referente del dipartimento Trasferimento dell’Innovazione e Ricerca Professionale

Dal 24 al 27 giugno 2019, i Dottori Agronomi e Dottori Forestali italiani hanno partecipato alla manifestazione AgrIsrael 4.0 con una delegazione composta da rappresentanti delle loro strutture ordinistiche.
Con base operativa a Tel Aviv e visite sul territorio, i delegati hanno approfondito le innovazioni che circa 15 società, fra start-up e aziende leader a livello mondiale, stanno sviluppando in Israele.

L’interesse per questo Paese – e per le novità che propone – nasce dall’approccio imprenditoriale all’innovazione tecnologica: tra il 2014 e il 2018 in Israele sono stati investiti nelle startup circa 800 milioni di dollari, il che pone questa nazione al 20° posto (Italia 31°) nel Global Competitiveness Index 4.0 2018 Ranking.
Naturalmente, anche qui solo una minima parte le start-up raggiunge la maturità d’impresa, ma il fallimento imprenditoriale è accettato al massimo grado (WEF-Report sulla Competitività Globale 2018) e diventa esperienza per non ripetere gli stessi errori.


Tra politica e innovazione

Tra i risultati politici della delegazione si annoverano i contatti con i Ministeri israeliani competenti (Agricoltura, Innovazione, Industria), con cui si sono svolti utili approfondimenti sia a livello di gruppo, con dimostrazioni dei partecipanti alla fiera, sia a livello individuale con incontri B2B (business to business), che con visite di campo.

Tra i risultati tecnici, gli ambiti che in particolare hanno suscitato l’interesse sono due.
C’è un cambio di paradigma nella gestione dell’acqua e dei sistemi di irrigazione: le nuove proposte utilizzano i sensori per analizzare la sofferenza della pianta e determinare il fabbisogno (idrico e non solo). Diventa perciò obsoleto il sistema di irrigazione focalizzato al “semplice” risparmio idrico (i sistemi a goccia e simili).
In secondo luogo, è evidente quanto la robotica stia entrando in campo (e in serra) con i robot e i droni che affiancano il lavoro dell’agricoltore. Bracci meccanici e droni hanno oramai la sensibilità per valutare la maturazione delle frutta, stimare la pezzatura e provvedere alla raccolta a costi comparabili con quelli della raccolta tradizionale.


5 casi sotto osservazione

Nella raccolta dei fruttiferi (mele) sono state registrate le innovazioni più interessanti. I droni sono oramai in grado di valutare lo stato di maturazione del frutto (partendo dall’indice di invaiatura della buccia) e le sue dimensioni, decidendo di procedere con il distacco o eventuale posticipo.
Assenza di manodopera, capacità di lavoro H24, precisione nella raccolta sono i punti di forza di una tecnologia che però è ancora in fase di messa a punto.
Le potenziali ricadute:

  1. migliore stima delle produzioni e previsione dei prezzi (non solo per l’agricoltore ma anche per la GDO/altri)
  2. capacità di stima di danni (grandine, per esempio)
  3. impatto sulle politiche sociali: immigrazione stagionale che si riduce, sistema dei voucher diventa obsoleto, …
  4. riduzione degli impatti ambientali: con fotovoltaico di giorno si ricaricano i droni, che raccolgono a impatto zero CO2 di notte. In uno scenario così si potrebbero anche utilizzare i frutteti per fini anche ricreativi (cfr. Alto Adige)

Robot raccoglitore per serra

Con la messa in opera al colletto delle piante (olivo, vite, agriumi, avocado) di appositi “vassoi” di collettamento dell’acqua con benefici sulla riduzione della competizione da infestanti e sulla chimica del suolo (sottostante il dispositivo) che consentono di incrementarne l’accrescimento e le rese.
Le potenziali ricadute:

  1. garanzia di produzione, economia locale, impatto sociale positivo, indotto in zone a bassa piovosità (potrebbe essere Sicilia che in alcune zone sta procedendo verso la desertificazione)
  2. produzioni a minore impatto: non solo nel consumo di acqua ma anche di diserbi, lavorazione terreno, utilizzo fertilizzanti, emissioni varie

Anche l’irrigazione per condensazione, che sfrutta il principio fisico della condensazione per differenziale termico, è molto interessante: un impianto fotovoltaico consente di avere l’energia per raffreddare dell’acqua che, di notte con l’umidità al massimo, viene fatta circolare in tubazioni di modesto diametro appoggiate sul terreno vicino alle piante; per il principio di condensazione, all’esterno della tubazione si forma acqua che cade in prossimità delle piante con enormi risparmi idrici.
Le potenziali ricadute:

  1. irrigazione senza pozzi, senza condotte primarie (i cui rischi normalmente sono rotture e perdite che prevedono sostituzioni e/o riparazioni puntuali) in zone a bassa piovosità ma ricche di sole si irriga, sia in pianura che collina
  2. presidio il territorio: si potrebbe coltivare in zone considerate “marginali”

Sensori sulla vite

Corposa la mostra di sensoristica (circonferenza del fusto, accrescimento del grappolo, potenziale idrico fogliare, tensiometri) a costituire sistemi di supporto alla decisione di irrigare (IOT internet of things). Non si parte più solo dal contenuto di acqua nel terreno, ma si valutano le condizioni di stress della singola pianta (vite, melo, pomodoro, ecc.).
Le potenziali ricadute:

  1. riduzione di costi
  2. miglioramento delle rese
  3. minore impatto sulle risorse primarie a partire dall’acqua

Interessanti sono i sistemi di regolazione della temperatura dello strato di terreno che ospita la maggior parte dell’apparato radicale, sia di colture arboree che erbacee.
Con l’utilizzo della geotermia superficiale (a massimo 10 m dal piano campagna) si può ridurre l’eccesso termico estivo e innalzare i minimi invernali consentendo alla pianta di vegetare meglio e più a lungo e dunque incrementando le rese produttive.
Le potenziali ricadute:

  1. riduzione impatti per la serricoltura: minori costi termoregolazione, minori impatti ambientali: si pensi ai certificati bianchi collegati alla produzione di calore da biomasse per cui è prevista la loro bruciatura con produzione di CO2-polveri sottili, ecc.
  2. anticipo della raccolta che può garantire prezzi maggiormente remunerativi sul mercato
  3. prolungamento ciclo vegetativo, senza forzature ma tenendo radici in condizioni migliori (es. ai tropici ficus straordinari…)


L’incontro con le imprese

Il 26 giugno si sono svolti gli incontri gli incontri B2B, tra le start-up e le imprese innovative israeliane e le delegazioni provenienti da oltre 25 paesi del mondo.
Gli 11 componenti della delegazione hanno potuto incontrare diverse imprese che si sono cimentate in incontri con i consulenti e le imprese agricole di diversi Stati.

L’incontro con le start – up

Abbiamo interagito con 15 start-up innovative israeliane che hanno mostrato come sensori, micorrize droni, satelliti e informatica possano aumentare la produzione e ridurre il consumo di acqua e prodotti (fertilizzanti e pesticidi) in agricoltura.” – Carmela Pecora, consigliere CONAF

Quel giorno erano presenti oltre 600 persone tra domanda e offerta di innovazione. La giornata si è quindi sviluppata a ritmi serrati, con la modalità del world cafè, tecnica partecipativa di forte impatto mediatico e grande efficacia organizzativa, che ha visto in poche ore, grazie a un’innovativa piattaforma telematica messa a disposizione dai ministeri israeliani, nascere ed instaurare rapporti di collaborazione tra imprese israeliane e agronomi italiani.

Dalla teoria alla pratica, – dice il coordinatore della missione AgrIsrael 4.0 Carmela Pecora, Consigliere nazionale e referente del dipartimento Trasferimento dell’Innovazione e Ricerca Professionale, atteso che proprio 10 giorni prima si collaudava con il Ministero dell’Agricoltura italiano e con il CREA, il progetto pilota sulla metodologia di lavoro e consulenza aziendale, e nello specifico, proprio l’11 giugno si collaudava il modulo sulle tecniche partecipative e sul lavoro multi-attore – non poteva esistere miglior collaudo se non quello di sperimentare nell’immediato quanto appena progettato, con la reale concreta ricaduta sui dottori agronomi e dottori forestali italiani, che hanno potuto realmente valutare come rapportarsi con diversi stakeholder e con risultati concreti per la professione e il trasferimento dell’innovazione.”

Il prossimo passo? Essere i portatori concreti delle tecnologie e prodotti innovativi, all’interno dei progetti di sviluppo aziendali in Italia, ma anche essere consulenti innovativi al di fuori della nostra nazione, con il sapiente apporto culturale dell’agronomo italiano, delle sue capacità organizzative e standard formativi di alto profilo, in grado di creare progetti innovativi.
Per far fronte alle sfide che attendono agricoltori, silvicoltori, industrie alimentari e bioindustria occorrono nuove conoscenze da applicare sul campo in grado di garantire l’uso sostenibile delle risorse e la qualità dei servizi ecosistemici ed al contempo sopperire alle problematiche prioritarie del settore agroalimentare e forestale.
In tal senso, la competitività professionale è la chiave di volta dell’innovazione in un contesto economico sempre più complesso che deve contribuire alla sicurezza alimentare e mettere la popolazione rurale in grado di sviluppare e diversificare la propria economia. Tutto questo deve avvenire nell’ottica dello sviluppo sostenibile tramite la ricerca e l’innovazione che dovranno diventare usuale prassi operativa nella professione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale, e la realizzazione di questi obiettivi richiede la creazione, la condivisione e l’applicazione di nuove conoscenze, nuove tecnologie, nuovi prodotti e nuovi modi di organizzare, apprendere e cooperare.

La dott.ssa Michael Levy, dirigente per il trasferimento dell’innovazione del Ministero Agricoltura Israeliano

Ed è su questo tema, che la delegazione dell’Ordine ha voluto incontrare la dott.ssa Michael Levy, dirigente per il trasferimento dell’innovazione del Ministero Agricoltura Israeliano, alla quale sono state prospettate una serie di interessanti iniziative con gli agronomi italiani, tra cui futuri progetti di cooperazione internazionale, ma anche di scambi di buone pratiche tra agronomi dei 2 Paesi, e infine ma non per questo meno importante, l’invito al Congresso nazionale della categoria a Matera a novembre 2019.


L’agricoltura tra tra mondo della ricerca e Università

kibbutz NaanDanJain

L’ultimo giorno, la delegazione ha incontrato i referenti della Faculty of Agricolture, Food and Environment a Rehovot. Successivamente c’è stata la visita al kibbutz NaanDanJain, leader nelle tecnologie irrigue ad alta efficienza e infine ha conosciuto le esperienze del Volcani Center – ARO, con la presentazione di tutti i centri e le attività di ricerca dell’istituto.

La Faculty of Agricolture è l’unico istituto di istruzione superiore in Israele che offre lauree universitarie in agricoltura. Ospita anche le uniche scuole di Scienze della Nutrizione e di Medicina Veterinaria.
I laureati sono attivi nelle comunità agricole – kibbutzim, moshavim o aziende private – usando il loro know-how per competere nei mercati mondiali; essi comprendono anche una grande parte del personale presso l’Organizzazione di ricerca agricola e il Ministero dell’Agricoltura ma anche all’interno del Ministero dell’Ambiente.

Al Volcani center-ARO, oltre 700 tra ricercatori e dottori di ricerca sono impegnati in 6 istituti satelliti che si occupano di scienze delle piante, scienze animali, protezione delle piante, suolo, scienze ambientali e idriche, ingegneria agraria e scienze post-raccolta e alimentari.
ARO gestisce anche la banca genetica israeliana per le colture agricole e quattro stazioni di ricerca, in varie parti del paese, inoltre svolge pure il compito di centro di test per prodotti agricoli e attrezzature.

Gli scatti coi momenti salienti della 4 giorni in Israele

 

 

Sintesi del primo giorno

Sintesi del secondo giorno

Sintesi del terzo giorno

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Il sapere d’Israele //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-sapere-disraele/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-sapere-disraele //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-sapere-disraele/#respond Wed, 18 Jul 2018 13:51:33 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=66881

Missione Israele

A maggio 2018 la delegazione Conaf ha compiuto un viaggio in Israele, missione che aveva come scopi, fra gli altri, quello di cogliere le difficoltà dell’agricoltura in zone aride, cercare l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse ai fini produttivi e quello di uno sguardo ai possibili scenari futuri per l’agricoltura mondiale.
Tutto in un Paese bellissimo e contraddittorio, da sempre all’avanguardia nella ricerca genetica e nello sviluppo tecnologico in generale, per il trattamento e l’uso della risorsa idrica in particolare.

Agritech World, le novità per ‘agricoltura di precisione
L’inizio di questa “missione esplorativa” comincia in Agritech World, la fiera di settore che si tiene ogni 3 anni.
L’impatto è stato leggermente al di sotto delle aspettative, anche si sono potute comunque apprezzare alcune novità riguardanti l’agricoltura di precisione.
Diverse le soluzioni presentate dalle aziende presenti, soprattutto nello Start Up Pavillon, che affrontano questa sfida utilizzando sensori più o meno complessi e costosi abbinati a innovativi software DSS. Il risultato è comunque quello di una restituzione dettagliata del territorio in base alle caratteristiche chimico-fisiche del terreno, alla disponibilità idrica e alle previsioni meteo. I dati sono poi elaborati tramite Arduino o altre macchine open source, soluzione che rende stimolante e continuamente aggiornabile i sistemi di controllo e gestione che attingono oltre che dai sensori, anche dai big data disponibili in rete.

 

 

 

 

 

Kibbutz Ketura e Arava Institute: agricoltura in ambiente ostile
La missione è proseguita nel kibbutz Ketura nel deserto del Negev, a sud del Mar Morto, presso l’Arava Institute nel Centro per l’Agricoltura Sostenibile.
Nell’incontro con la Dott.ssa Hanna Kadish si è parlato del kibbutz, del suo funzionamento, della mission dell’Istituto e della visione “olistica” dell’agricoltura.
L’impostazione di un insediamento agricolo in un ambiente così ostile non può, d’altra parte, che essere così: un terreno così destrutturato, con una percentuale di sostanza organica prossima allo 0, con una piovosità fra i 150 e i 200 mm/anno, non può che essere coltivato con una logica di lunghissimo periodo, durante il quale le coltivazioni arboree a bassissime esigenze idriche possano andare ad arricchire il terreno che tenderà comunque, per natura e per condizioni pedoclimatiche a mineralizzare la sostanza organica molto velocemente.

Arava Institute

Visitando le coltivazioni ci si rende conto da vicino delle condizioni estreme in cui si coltiva in questo kibbutz e diverse piante hanno attratto la nostra attenzione: dall’Albero di Neem al Jojoba.
Per finire poi c’è stata l’occasione di vedere il bellissimo impianto per la produzione di Haematococcus pluvialis, microalga dedicata alla produzione di super food e di un particolare pigmento rosso. Un impianto che è uno dei maggiori a livello mondiale per estensione e qualità del prodotto.

 

 

 

Quando le piante sono sottoposte a stress climatico

Lisimetri

Il Gilat Center for Arid and Semi-arid Agricultural Research è stata la tappa
sucessiva di questo viaggio alla scoperta delle novità agricole, in particolare per le condizioni di aridità.

Particolarmente interessanti sono gli studi riguardanti le risposte produttive delle piante poste in condizioni di stress climatico (riprodotto artificialmente in celle climatiche), mentre in generale, in questo centro si studiano le risposte delle piante a condizioni di stress a-biotico.

 

 

 

 

 

 

I macchinari innovativi per la difesa fitosanitaria
La visita al Volcani Center, presso il Ministero dell’Agricoltura, ha concluso la visita in Israele.
In questo Centro di ricerca si fa ricerca varietale per le resistenze, o meglio le tolleranze, alle virosi, ma anche uno studio volto all’ottenimento di un aglio riproducibile da seme, che aprirà la ricerca varietale finora praticamente inesistente su questa specie vegetale.
La visita al Volcani Center si è poi completata con la mostra sui macchinari innovativi per la difesa fitosanitaria sostenibile, fatta essenzialmente con trappole per il monitoraggio, ma anche per la cattura massale di tipo attract and kill.

aspira insetti

Kit guida autonoma

Ed è stato presentato anche il prototipo di un kit di trasformazione di un trattorino normale, che lo rende un mezzo agricolo a guida autonoma.

Alcune riflessioni al rientro
Di ritorno dall’esperienza al Kibbutz Ketura e dal centro Arava, particolarmente incisiva è stata la capacità di far coesistere due visioni diametralmente opposte dell’agricoltura: da una parte quella della dott.ssa Hanna Kadish con il suo approccio olistico in perfetto stile Vandana Shiva, dall’altro quello assolutamente pragmatico e scientifico del dott. Hagai Yasur, impegnato nel cercare di capire come le piante di interesse agrario rispondono agli stress abiotici, soprattutto alte temperature e alla mancanza di acqua.
Due approcci che possono davvero coesistere senza nessuna caccia alle streghe, senza alcun rifiuto demagogico dell’una o dell’altra visione.

Un ulteriore elemento di curiosità, questa volta all’interno Gilat Center, è stata l’estrema semplicità delle strutture all’interno delle quali vengono riprodotte le condizioni climatiche che si vogliono riprodurre. Le ricerche sono svolte in piccole celle climatiche (circa 20 mq) che consentono un numero di repliche statisticamente rilevante e che restituiscono quindi dati attendibili.
Al di là della peculiarità della celle, però le ricerche hanno l’ambizione di essere rivoluzionarie: da queste prove sperimentali i ricercatori indagano nuove indicazioni varietali di resistenza/tolleranza e nuovi approcci agronomici a una fisiologia vegetale che stravolgano ciò che era ritenuto più corretto finora dal punto di vista idrico e nutrizionale. Infatti, essenzialmente la ricerca portata avanti in questo centro mira a rispondere alle criticità attuali e di breve/medio periodo quali:
1) innalzamento delle temperature medie
2) innalzamento della CO2
3) diminuzione della superficie fertile coltivabile
4) diminuzione della risorsa idrica sia in termini quantitativi che qualitativi

Criticità che, poiché l’ambiente in cui crescono è destinato a modificarsi in maniera inesorabile, si presenteranno con certezza e in quel caso le piante dovranno essere trattate in maniera molto diversa rispetto agli standard che ritroviamo in letteratura.

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