Pedologia – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Wed, 03 Mar 2021 14:08:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 I servizi ecosistemici del suolo: quale futuro? //www.agronomoforestale.eu/index.php/i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro //www.agronomoforestale.eu/index.php/i-servizi-ecosistemici-del-suolo-quale-futuro/#respond Thu, 11 Feb 2021 16:37:35 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68004 Il suolo rappresenta una risorsa primaria per la nostra sopravvivenza, ma troppo spesso non ne vengono considerate la vocazionalità, la vulnerabilità, la fertilità naturale ed il deterioramento per cause naturali o antropiche.

La FAO evidenzia come il suolo contenga tre volte più carbonio dell’atmosfera e possa aiutarci a fare fronte alla sfida del cambiamento climatico, ricordando che il 95% del nostro cibo proviene dal suolo e che il 33% del suolo globale è già degradato.
È urgente riflettere sulla necessità di tutelare tale risorsa per mitigare l’insicurezza dal punto di vista alimentare e nutrizionale di miliardi di esseri umani nei prossimi decenni, per proteggere l’ambiente dai cambiamenti climatici e per conservare biodiversità e paesaggio.

Il CONAF, con il Segretario #MauroUniformi, ha partecipato alla giornata organizzata dall’Accademia Nazionale di Agricoltura ed il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna per celebrare la giornata mondiale del suolo.

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Let’s talk about soil //www.agronomoforestale.eu/index.php/lets-talk-about-soil-2/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lets-talk-about-soil-2 //www.agronomoforestale.eu/index.php/lets-talk-about-soil-2/#respond Thu, 29 Oct 2020 10:40:03 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67946

I tempi estremamente lunghi di formazione il suolo lo fa ritenere una risorsa limitata. Anzi, è considerato sostanzialmente non rinnovabile.

Questo video è stato realizzato in occasione della prima Settimana Globale del Suolo (2012). Un’animazione un po’ datata ma estermamente chiara nella sua rappresentazione.

Autore: Uli Henrik Streckenbach
Versione italiana del video prodotta grazie al contributo della Società Italiana di Pedologia.

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Il problema delle piante esotiche invasive e un’app per monitorare la loro presenza //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-problema-delle-piante-esotiche-invasive-e-unapp-per-monitorare-la-loro-presenza/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-problema-delle-piante-esotiche-invasive-e-unapp-per-monitorare-la-loro-presenza //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-problema-delle-piante-esotiche-invasive-e-unapp-per-monitorare-la-loro-presenza/#respond Tue, 25 Feb 2020 10:11:47 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67525 Le piante esotiche invasive sono specie che crescono in un luogo diverso dalla loro area di origine naturale, trasportate volontariamente o accidentalmente dall’uomo. Quando una specie esotica arriva in un nuovo territorio, nella maggior parte dei casi non trova le condizioni ambientali per crescere e daà origine a nuovi individui; talvolta riesce a sopravvivere e a moltiplicarsi nel nuovo ambiente, senza però crearvi alcun danno. Diventa invece una specie considerata “invasiva” quando s’insedia nel nuovo territorio, si diffonde velocemente e altera gli equilibri locali fino a provocare gravi impatti agli ecosistemi, alla salute umana o alle attività economiche.

Cosa si sta facendo
A livello europeo la problematica è conosciuta da tempo e si stima che, di circa 12.000 specie esotiche presenti – animali e vegetali – il 10-15% sia invasivo. Poiché le specie non conoscono frontiere, è stato necessario agire a livello unionale assicurando uniformità giuridica, coordinando gli interventi e spingendo gli Stati membri ad adottare misure tempestive a tutela delle aree ancora indenni. Per questo motivo, dal 1° gennaio 2015, nei paesi dell’Unione Europea, è in vigore il Regolamento 1143/2014 diretto a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive. Allegate al Regolamento sono state pubblicate tre liste di specie esotiche invasive di rilevanza unionale che, complessivamente, comprendono 66 specie, di cui circa la metà vegetali.
A livello nazionale, il Regolamento UE è stato recepito con il D. Lgs. n. 230/2017; in particolare l’art. 6 vieta l’introduzione deliberata o per negligenza nell’UE, la riproduzione, la coltivazione, il trasporto, l’acquisto, la vendita, l’uso, lo scambio, la detenzione e il rilascio di specie esotiche invasive di rilevanza unionale.

L’applicazione AlienAlp permette di segnalare la presenza di alcune specie esotiche invasive
(foto: Archivio IAR)

Queste specie possono causare danni all’attività agricola, alle strutture e alle infrastrutture, possono mettere a rischio la salute animale e umana e, diffondendosi aggressivamente in aree naturali, esercitano una forte concorrenza nei confronti della flora locale e riducono la biodiversità. La diffusione delle specie esotiche invasive è strettamente connessa alle attività antropiche ma, salvo rari casi, sia la responsabilità dei singoli sia i problemi causati da queste piante sono poco noti al grande pubblico.
AlienAlp: un’app per la segnalazione di piante esotiche invasive
Per ampliare la conoscenza e coinvolgere direttamente la popolazione nel controllo di queste specie, l’Institut Agricole Régional di Aosta ha ideato l’app AlienAlp, che è stata realizzata da IN.VA. S.p.A., nell’ambito del progetto RestHAlp, finanziato dal Programma europeo di cooperazione transfrontaliera Interreg ALCOTRA 2014-2020.
Si tratta di uno strumento di citizen science, in cui si chiede la collaborazione dei comuni cittadini nella raccolta di dati scientifici poiché il controllo della presenza delle specie esotiche invasive tramite censimenti è un’attività lunga, onerosa e che deve essere ripetuta nel tempo: l’app consente di aggiornare le banche dati sulle specie invasive, con un minimo costo e con continuità.

Le segnalazioni che pervengono tramite l’app sono molto utili per monitorare costantemente la presenza delle specie e per programmare, se necessario, interventi mirati di estirpazione o contenimento. Allo stesso tempo, AlienAlp è uno strumento alla portata di tutti che permette la sensibilizzazione e il coinvolgimento attivo della popolazione nella problematica della specie esotiche invasive.
Segnalare le specie esotiche con AlienAlp è molto semplice: dopo aver scaricato gratuitamente l’app da Google Play Store o da Apple App Store, è sufficiente registrarsi, selezionare la pianta da segnalare, scattarle una foto e inviare la segnalazione che, grazie al GPS dello smartphone, fornirà anche i dati di localizzazione della pianta. Per rendere l’app più accessibile, sono state inserite anche delle pagine per l’identificazione delle specie. Dopo la validazione da parte di esperti, le segnalazioni effettuate tramite AlienAlp, in funzione della loro provenienza, sono registrate nelle banche dati floristiche del Piemonte, della Valle d’Aosta o delle Alpi francesi (sedi degli Enti/Istituti/Centri di ricerca beneficiari dell’Interreg RestHAlp).
La lista delle specie monitorate è in fase di ampliamento; al momento comprende: Ailanto, Albero delle farfalle, Ambrosia con foglie di artemisia, Panace di Mantegazza, Poligono di Boemia e Senecio sudafricano.


Ailanto (Ailanthus altissima)

Ailanto (foto: Maurizio Broglio)

Pianta arborea originaria dell’Asia orientale, introdotta nel ‘700 nei giardini botanici dell’Italia settentrionale, si è poi rapidamente diffusa in tutta la penisola. È specie di rilevanza unionale. Il suo habitat d’elezione sono i margini di boschi di pianura e di collina, ma colonizza anche prati, incolti, pendii rocciosi, aree ruderali e antropizzate.
La diffusione dell’ailanto riduce la biodiversità a causa del forte ombreggiamento e del rilascio nel suolo di sostanze allelopatiche che inibiscono lo sviluppo di altre piante. La corteccia, le foglie e le radici, inoltre, possono provocare serie irritazioni cutanee, mentre l’apparato radicale può causare gravi danni alle infrastrutture.

Albero delle farfalle (foto: Archivio IAR)

Albero delle farfalle (Buddleja davidii)

Pianta originaria dell’Asia orientale, introdotta in Europa a scopo ornamentale alla fine del 1800, si è diffusa in natura a partire dagli inizi del XX secolo.
Spesso venduta come pianta decorativa e coltivata nei giardini, la Buddleja colonizza terreni nudi, muri a secco e ambienti ruderali. Ha accrescimento rapido, resiste all’inquinamento atmosferico e alle forti escursioni termiche. Formando densi popolamenti, soppianta la vegetazione autoctona e diminuisce la biodiversità mentre le radici, profonde ed estese, danneggiano marciapiedi, muri e aree archeologiche.


Ambrosia con foglie di artemisia (Ambrosia artemisiifolia)

Ambrosia con foglie di artemisia (foto: Archivio IAR)

Introdotta accidentalmente insieme a sementi e mangimi provenienti dall’America settentrionale, si è diffusa in tutta Italia e in molti Stati europei. Frequente in ambienti ruderali, colonizza anche le aree fluviali.
Questa specie può causare danni sia all’agricoltura, essendo un’infestante di colture primaverili-estive, sia alla salute umana, poiché il suo polline – che il vento trasporta anche a 40 km dalla pianta che l’ha prodotto – può provocare serie manifestazioni allergiche: riniti, congiuntiviti e asma.

Panace di Mantegazza (foto: Archivio IAR)


Panace di Mantegazza (Heracleum mantegazzianum)

Il Panace di Mantegazza, specie di rilevanza unionale, è un’ombrellifera originaria del Caucaso, introdotta in Europa nel XIX secolo a scopo ornamentale, che si è diffusa progressivamente in ambienti disturbati e semi-naturali, quali incolti, scarpate stradali e sponde di torrenti.
La sua pericolosità è data dalla linfa, che contiene molecole fototossiche molto irritanti, in grado di provocare gravi lesioni cutanee, soprattutto dopo l’esposizione al sole.


Poligono di Boemia (Reynoutria bohemica)

Poligono di Boemia (foto: Federica Pozzi)

Il Poligono di Boemia è una pianta erbacea originaria dell’Asia orientale, introdotta in Europa come pianta ornamentale nel XIX secolo e diffusasi molto rapidamente lungo corsi d’acqua, bordi di strade e di ferrovie. Si moltiplica attivamente per via vegetativa ed è capace di originare nuove piante anche da piccoli frammenti sia del fusto sia delle radici, riunite in una fitta rete sotterranea.
Il Poligono di Boemia costituisce una seria minaccia per l’ambiente, poiché forma popolamenti molto densi, che impediscono alla flora locale di svilupparsi: in autunno/inverno, alla morte delle parti aeree, lascia vaste zone di terreno nudo, predisponendolo a fenomeni erosivi anche di seria entità. Le radici, inoltre, sono in grado di provocare spaccature nelle pavimentazioni e nei muri, causando gravi danni alle infrastrutture. La pianta tende inoltre a invadere prati e pascoli, sottraendo spazio alle specie foraggere e riducendo la biodiversità.

Senecio sudafricano (foto: Federica Pozzi)


Senecio sudafricano (Senecio inaequidens)

Pianta di origine sudafricana introdotta accidentalmente in Europa, si è rapidamente diffusa nel corso del XX secolo. Colonizza inizialmente incolti sassosi, greti e canali, muretti a secco, massicciate ferroviarie e scarpate stradali, da cui tende a invadere i prati e i pascoli.
I suoi tessuti possono contenere elevate concentrazioni di alcaloidi pirrolizidinici, tossine dannose per la salute dell’uomo e del bestiame. Anche se i bovini al pascolo scartano il senecio sudafricano, il fieno dei prati infestati è tossico e le tossine possono contaminare i prodotti animali, come il latte e la carne.

Per maggiori informazioni:
Unione Europea: https://ec.europa.eu/environment/nature/invasivealien/index_en.htm
Ministero dell’Ambiente: https://www.minambiente.it/pagina/specie-esotiche-invasive
ISPRA: https://www.specieinvasive.it/index.php/it/

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Il bosco ceduo nell’Appennino modenese //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-bosco-ceduo-nellappennino-modenese/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-bosco-ceduo-nellappennino-modenese //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-bosco-ceduo-nellappennino-modenese/#respond Mon, 04 Nov 2019 07:18:37 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67370 Alla luce del Regolamento Forestale della Regione Emilia Romagna n.3 del 1 ° agosto 2018

PREMESSA
La gestione boschiva nell’Appennino modenese (comuni di Frassinoro e Montefiorino) è stata oggetto di una tesi di laurea presso il dipartimento di Scienze della Vita, Agraria, Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie e degli Alimenti, Unimore, discussa il 17 luglio 2019 relatrice la Prof.ssa Cristina Bignami, primo correlatore: Dott. Pietro Natale Capitani (già Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Modena), secondo correlatore: Dott. Claudio Cavazza, della Regione Emilia Romagna, laureando: Cesare Magnavacca.

INTRODUZIONE
È ampiamente condivisa l’idea che l’agricoltura collinare e montana abbia perseguito nel passato l’obiettivo di destinare alle colture agricole i terreni migliori, relegando i boschi alle aree più impervie; così il bosco, che fino ai primi del ‘900 era un elemento basilare nella economia agricola, ha perso sempre più importanza. Due esempi su tutti:

  • l’abbandono del ceduo, in quanto il legno ha subito una forte concorrenza da parte di altri combustibili più economici e di più facile approvvigionamento; la rinuncia della ceduazione avviene anche in nome di un ripristino della naturalità di alcuni ecosistemi di interesse scientifico.
  • l’abbandono del castagneto da frutto, che per secoli ha contribuito a soddisfare le esigenze economiche della popolazione montana, ma che ora più raramente è seguito e curato[1].

I dati raccolti ai fini della tesi, grazie alla collaborazione della Regione Emilia Romagna- Servizio Aree protette, Foreste e Sviluppo della Montagna e del sub-ambito montano dell’Unione dei Comuni del Distretto Ceramico, sono relativi alle richieste di autorizzazione al taglio presentate nel periodo 2008-2019; la loro interpretazione porta a concludere che, tuttavia, in certi ambiti montani, il taglio a ceduo è ancora attivo e che è sviluppata la coltura del castagno, soprattutto di qualità.

 

ASPETTI GEOGRAFICI, CLIMATICI GEOLOGICI E PEDOLOGICI

La valle del Dragone dal castello di Montefiorino (riproduzione privata)

Le caratteristiche dei comuni presi in considerazione sono le seguenti.

Il comune di Montefiorino ha una estensione di 45,35 km2, presenta una escursione altimetrica di 886 m, s.l.m.,  fra una quota minima di 324 m e una massima di 1210 m, con il paese a circa 797 m.
Il comune di Frassinoro ha una estensione di 95,93 km2, presenta una escursione altimetrica di 1206 m, s.l.m., estendendosi fra una quota minima di 502 m e massima di 1708 m, con il paese a circa 1.131 m[2].
Entrambi i comuni sono situati nella valle del Dragone, che scorre per oltre 30 chilometri lungo la dorsale appenninica fino a raggiungere il Dolo; il Dragone prende origine dai numerosi torrenti e corsi d’acqua che scendono dal crinale in prossimità del Passo delle Radici che segna il confine tra l’Emilia e la Toscana.

Il clima è continentale per la temperatura con inverni freddi ed estati fresche. Le piogge hanno una distribuzione di tipo mediterraneo con precipitazioni più intense in primavera e autunno.

I terreni sono prevalentemente argillo-marnosi nelle zone più basse e arenaceo-marnosi in quelle più a monte; essi presentano in generale condizioni di instabilità dei versanti e un’accentuata suscettibilità all’erosione superficiale.

I suoli variano da profondi a superficiali, a tessitura media, calcarei, moderatamente alcalini. Per quanto riguarda lo scheletro possono variare da scarsamente a molto ciottolosi negli orizzonti profondi.

Afferenti ai comuni considerati vi sono alcune zone particolari dal punto di vista ambientale: tre siti di Natura 2000, che rappresentano aree protette con gestione forestale normata secondo un particolare articolo del Regolamento Forestale regionale n.3 del 1° agosto 2018[3] (che nel seguito chiameremo nuova normativa per distinguerla dalle “Prescrizione di massima e di Polizia Forestale”[4], in vigore nel 2008 e che chiameremo nel seguito vecchia normativa).

Ceduo matricinato (riproduzione privata)

Natura 2000[5] è un sistema organizzato in rete di aree (siti e zone) destinate alla conservazione della biodiversità. Questa rete è presente su tutto il territorio dell’Unione Europea ed è rivolta alla tutela di ambienti quali foreste, zone umide, ambienti rocciosi e delle specie animali e vegetali in essi viventi.

La Regione Emilia Romagna si occupa della gestione complessiva del sistema territoriale delle aree protette e dei 158 siti della rete Natura 2000, che ricoprono una superfice complessiva di circa 270.000 ettari. Provvede ad esse per conto del Ministero per l’Ambiente e della Commissione Europea.

 


METODOLOGIA E RACCOLTA DATI

Faggeta in riconversione ad alto fusto (riproduzione privata)

Per la raccolta dati è stata svolta un’analisi di archivio, con l’esame delle richieste di taglio depositate presso il comune di Montefiorino per entrambi i comuni. Le “richieste di utilizzazione” del bosco ceduo sono presenti in formato cartaceo, dal 2008 al 2015, in formato digitale dal 2016 al 2019.
Nel comune di Frassinoro è stata effettuata un’ulteriore analisi per le zone SIC e ZPS.

Nei dati raccolti si è deciso di semplificare la specie arborea prevalente della superficie destinata all’esbosco, secondo la seguente classificazione: Faggio, Castagno, Quercia, Abete (comprendente abete bianco e abete rosso), misto latifoglie[6].
Quest’ultimo è caratterizzato da una molteplicità di specie che condividono la stessa area boschiva e diverse a seconda della fascia altimetrica.
Il misto latifoglie a Montefiorino è costituito da: quercia, castagno, faggio, ciliegio selvatico, pioppo, robinia mentre quello a Frassinoro è costituito da: faggio, frassino, quercia, acero, olmo e ciliegio selvatico.

 

ANALISI DATI

Le richieste di autorizzazione di cui si è tenuto conto sono state quelle complete in ogni loro voce significativa per la ricerca (quindi per esempio superficie interessata, specie arborea, età dell’ultimo taglio,…); si sono quindi esaminate 620 richieste di taglio per il Comune di Montefiorino, e 975 richieste per il Comune di Frassinoro (comprendenti 119 domande nelle aree protette).

Fig.1 – Numero di richieste per comune

Dal grafico di Fig.1 si evince che le zone protette di Natura 2000, per le quali la nuova normativa prevede un articolo a parte3, pur sottoposte a vincoli maggiori quali il divieto di taglio di piante vive con diametro superiore a 1 m e l’aumento della turnazione dei boschi di faggio e di castagno puri, non limitano le risorse forestali. Le numerose domande, soprattutto fatte da ditte forestali mostrano che anche la selvicoltura di quelle zone può essere sviluppata.

Fig.2 – Superficie totale a taglio nei due comuni nel periodo considerato

L’istogramma di Fig.2 indica la superficie totale a taglio nei due comuni nel periodo considerato. Si può osservare una tendenza alla decrescita più accentuata nel comune di Montefiorino, il cui territorio presenta nel complesso una minore vocazione forestale rispetto al territorio di Frassinoro.

 

 

 

Fig. 3 e 4 – Numero e % dei richiedenti autorizzazione per tipologia (privato/ditta forestale) e per uso dichiarato (domestico, commerciale, domestico/commerciale).

 Le coppie di diagrammi a torta di Fig.3 e 4 e Fig.5 e Fig.6 riportano numero e percentuale dei richiedenti autorizzazione per tipologia (privato/ditta forestale) e per uso dichiarato (domestico, commerciale, domestico/commerciale).
Come si vede c’è un’ampia sovrapposizione del richiedente privato con l’uso domestico perché l’uso della legna da ardere come combustibile per il riscaldamento è ancora attuale.

 

Fig. 5 e 6 – Numero e % dei richiedenti autorizzazione per tipologia (privato/ditta forestale) e per uso dichiarato (domestico, commerciale, domestico/commerciale).

 

Si vede inoltre che il mercato del legname è più fiorente a Frassinoro confermando quanto precedentemente affermato a proposito di vocazione forestale dei territori dei due comuni.

Fig.7 – Numero di domande vs superfice di taglio

 

 

Dal grafico di Fig.7 che riporta il numero di domande versus la superfice di taglio si ricava che in entrambi i comuni il massimo numero di domande si ha per superficie fra 1 e 2 ha. La nuova normativa prevede l’esenzione da autorizzazione ad autorizzazione per i tagli ad uso non commerciale su superficie minore di 1500 m2, quindi la coda estrema di questo istogramma è dovuta a dichiarazione antecedenti l’agosto 2018.

 

Fig.8 e 9 – Variazione nel tempo per le diverse specie arboree

I grafici di Fig.8 e Fig.9 riportano la variazione nel tempo per le diverse specie arboree delle superfici boschive per le quali è stata chiesta autorizzazione al taglio nei due comuni.

Il modello mostra un andamento pseudo periodico per le varie specie, con una tendenza netta alla decrescita per il misto latifoglie a Montefiorino.

Fig.10 e 11 – Andamento pseudo periodico per le varie specie

Per quasi tutte le specie esaminate singolarmente si osserva una dispersione dei dati che non consente di evidenziare significative tendenze nelle variazioni delle superfici a taglio, nei dodici anni presi in esame.
Fanno eccezione la tendenza alla decrescita per il misto latifoglie a Montefiorino e le oscillazioni attorno a un valore costante per il faggio a Frassinoro (Fig. 11), ciò indica che sono più utilizzate le varietà di legname con un maggior valore commerciale e contenuto energetico per unità di peso.

 

Fig.12 – Tipologie di lavorazione a Montefiorino, dal 2016 al 2019

 

Premesso che sia la vecchia che la nuova normativa incoraggiavano l’estensione e il recupero dei castagneti da frutto, il grafico di Fig. 12 illustra le tipologie di lavorazione a Montefiorino, dal 2016 al 2019 poiché nelle precedenti domande di taglio non era specificata le tipologie di intervento. Da questo grafico si deduce che c’è stato, nei primi due anni, un incremento della superficie del castagneto da frutto, essendo gli interventi di ripulitura indicatori di un’attività di gestione finalizzata al ripristino della produzione di castagne. Negli anni 2018 e 2019 invece non ci sono state domande di ripulitura, ma solo per ceduo matricinato.
Nel comune di Montefiorino la castanicoltura ha avuto un calo produttivo più evidente rispetto a Frassinoro poiché le varietà coltivate erano principalmente di castagne destinate alla produzione di farina: queste cultivar sono state via via abbandonate a causa della non economicità delle operazioni colturali e dell’isolamento di alcuni castagneti dalla rete viaria, oltre che dal calo di consumo della farina di castagne, prodotto la cui richiesta è in ripresa solo negli anni più recenti. La riconversione dei castagneti è un investimento che pochi operatori sono disposti a fare, a causa dall’entità economica dell’investimento e del periodo di ritorno.

Si sono quindi trasformati castagneti, già destinati a produzione di castagne da farina, in ceduo per ricavarne un profitto. Se la coltivazione dei castagneti fosse stata di pregio, come quella dei marroni, probabilmente l’abbandono di alcune zone sarebbe stato meno accentuato.   Il ceduo derivante dai castagneti abbandonati riesce comunque a spuntare un buon prezzo nel mercato, grazie alle caratteristiche del legname: il legno è infatti richiesto in parte per la paleria, in parte per le costruzioni, piuttosto che come legna da ardere.

Non è stato possibile fare un grafico analogo per il comune di Frassinoro perché non sono registrate richieste di taglio negli ultimi anni; nella fascia bassa del suddetto comune sono presenti castagneti da frutto, ma sono per la gran parte coltivati, oppure non sono qualificabili come “abbandonati da molto tempo”: né con la vecchia, né con la nuova normativa gli interventi manutentivi sui castagneti devono essere dichiarati. Se ne deduce che a Frassinoro, principalmente nella frazione Fontanaluccia, in val Dolo, è rimasta una locale filiera di produttori e commercianti dei frutti e che questo commercio, basato su produzioni di buon pregio, consente un reddito sostenibile alle parti.

I grafici di Fig.13 e Fig.14 sono box plot che illustrano l’età medie di taglio nel primo e nell’ultimo biennio di rilevamento nel Comune di Frassinoro per faggio, quercia e misto latifoglie.

Fig.13 e 14 – Età medie di taglio nel primo e nell’ultimo biennio di rilevamento

Il grafico a baffi del faggio nel 2008/2009 indica una età minima di taglio di 10 anni, il primo quartile è a 30 anni, cioè un 25% dei tagli è effettuato fra i 10 e 30 anni; la mediana è 40 anni e il terzo quartile a 50 anni; quindi complessivamente il 50 % dei tagli è compreso fra i 30 e i 50 anni; un’ulteriore 25% dei tagli ha età fino a 80 anni.  Entrambi i valori estremi erano fuori dalla vecchia normativa sull’età di taglio di un ceduo semplice.

Se si guarda i box plot degli ultimi due anni invece si vede come l’età minima sia di 30 anni, che coincide con il primo quartile, cioè un 25% dei boschi è tagliato a 30 anni; la mediana e il terzo quartile coincidono nei 40 anni quindi un 50% dei tagli avviene fra 30 e 40 anni, mentre un ulteriore 25% dei boschi presenta un’età età di taglio attorno ai 50 anni. Quindi si osserva un maggior rispetto dell’età minima di taglio del ceduo semplice e la volontà di evitare che il bosco possa ritenersi ceduo invecchiato, che potrebbe essere riconvertito in ceduo semplice ma previa autorizzazione (non bastando la comunicazione).

Stessa osservazione vale per la quercia e il misto latifoglie, dove però i punti singoli indicano casi sporadici di tagli effettuati in età estreme.

 

CONCLUSIONI

L’abbandono per lungo tempo del regime a ceduo non danneggia di per sé il bosco, non ne provoca la scomparsa e può essere utile per ripristinare la naturalità di alcuni ecosistemi di interesse scientifico, ma ne altera la tipologia colturale portando il ceduo a trasformarsi in una struttura forestale meno interessante dal punto di vista antropico;  non solo, lasciare a se stessi i processi di “rinaturalizzazione” di questi boschi può costituire un vantaggio dal punto di vista naturalistico, ma in taluni casi si possono innescare processi di degradazione del suolo, specialmente in quelle zone con elevato rischio di fenomeni franosi.

Infine due ultime osservazioni.

Oltre agli interventi degli enti pubblici, la Regione Emilia Romagna promuove la formazione di Consorzi Forestali, costituiti da privati, per la gestione e la conservazione del bosco nell’Appennino Modenese; questi nuovi Consorzi vanno ad affiancarsi ad altre forme di governo radicate nel territorio come gli usi civici e le proprietà collettive (lotti comunali e beni frazionali nel comune di Frassinoro). Sono nuove forme di associazione di privati che possono essere finanziati, almeno in parte, dai PSR (Piano di Sviluppo Rurale) specifici per le zone montane.

La tecnica della cippatura, oggi utilizzata principalmente dalle ditte forestali per lo smaltimento in situ dei residui di taglio, potrebbe invece alimentare una nuova filiera della bioenergia montana della quale si intravvedono i primi esempi.

 

 

Bibliografia

  • Alessandrini – Bignami – Corticelli – D’Antuono – De Polzer – Ubaldi 1983: A. Alessandrini, C. Bignami, S. Corticelli, L.F. D’Antuono, S. De Polzer, D. Ubaldi, Tavole sinottiche, in F. Corbetta, C. Ferrari, A. Gigli, A. Pirola, T. Romualdi, G.F. Savoia (eds.), Alberi e arbusti dell’Emilia-Romagna, Azienda Regionale delle Foreste della Regione Emilia Romagna, Bologna 1983.
  • Bagnaresi 1987: U. Bagnaresi, Rapporti storici ed attuali tra uomo e boschi in Emilia Romagna, in A.A. V.V. I boschi dell’Emilia Romagna, Bologna 1987, pp.19-28.
  • Bagnaresi 1987: U. Bagnaresi, Come leggere la fisionomia del bosco, in AA. VV. I boschi dell’Emilia Romagna, Bologna 1987, pp. 31-49.

Sitografia

 

 

[1] Cfr. Bagnaresi 1987.

[2] www.comuni-italiani.it/.

[3] Regolamento regionale n.3 del 1° agosto 2018 (Titolo IX, art 64).

[4]  L.R. 4 settembre 1981, n. 30; R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267; R.D.L. 16 maggio 1926, n. 1126.

[5]  //ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/parchi-natura2000/rete-natura-2000/strumenti-di-gestione/misure-specifiche-di-conservazione-piani-di-gestione/misure-specifiche

[6] Alessandrini – Bignami – Corticelli – D’Antuono – De Polzer – Ubaldi 1983.

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