SDAF05 – ALIMENTAZIONE ANIMALE ED INDUSTRIA MANGIMISTICA – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 06 Dec 2022 14:23:42 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Il professionista delle produzioni animali //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-professionista-delle-produzioni-animali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-professionista-delle-produzioni-animali //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-professionista-delle-produzioni-animali/#respond Mon, 27 Sep 2021 07:16:27 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68149 Di Emiliano Lasagna, Presidente Nazionale Federazione Italiana Dottori in Scienze della Produzione Animale (FIDSPA) e Assunta Bramante, Relazioni esterne (FIDSPA)

La scienza delle produzioni animali sta completando un percorso di transizione, passando da una fase orientata all’efficienza produttivistica a una consapevole della complessità della filiera e delle ricadute sul territorio. Alla redditività, infatti, il professionista delle produzioni animali moderno sa che deve abbinare le valutazioni su principi e obiettivi che riguardano il benessere animale, il controllo delle emissioni di gas climalteranti, l’impatto della produzione sugli ecosistemi, la capacità di prendersi cura del territorio.
Un approccio che sta trasformando le basi la professione, rendendo questa figura rivolta al futuro e consapevole che la responsabilità di un buon progetto oltrepassa i muri della stalla.
Questa professione, quindi, sta vivendo un momento foriero di grandi prospettive professionali e ricco di suggestioni e di connessioni etiche, che proviamo a raccontare in questo articolo.

Il settore delle scienze animali sta completando un percorso di transizione, passando da una fase orientata all’efficienza produttivistica a una consapevole della complessità della filiera e delle ricadute sul territorio. Alla redditività, infatti, il professionista delle produzioni animali moderno sa che deve abbinare le valutazioni su principi e obiettivi che riguardano il benessere animale, il controllo delle emissioni di gas climalteranti, l’impatto della produzione sugli ecosistemi, la capacità di prendersi cura del territorio.
Un approccio che sta trasformando le basi la professione, rendendo questa figura rivolta al futuro e consapevole che la responsabilità di un buon progetto oltrepassa i muri della stalla.
Questa professione, quindi, sta vivendo un momento foriero di grandi prospettive professionali e ricco di suggestioni e di connessioni etiche, che proviamo a raccontare in questo articolo.

L’ampia e diversificata offerta formativa disponibile sottolinea la capacità di questo percorso accademico di modellarsi ed evolversi

COME SI DIVENTA UN DOTTORE IN SCIENZE DELLA PRODUZIONE ANIMALE
Esistono corsi di laurea in scienze della produzione animale con differenti declinazioni, che si incardinano nei dipartimenti di agraria o di medicina veterinaria, a seconda dell’ateneo; terminato questo percorso di studi, la persona laureata avrà acquisito gli strumenti e le competenze per poter intervenire, con un approccio multidisciplinare, sull’intera filiera delle produzioni animali, rivelandosi una figura chiave nell’identificazione e nell’attuazione di strategie volte alla risoluzione di problemi attuali riguardanti temi caldi, come la sostenibilità degli allevamenti e il benessere animale.
Le classi di laurea in cui sono attivi i corsi sono due: per la laurea (3 anni), classe L38 – scienze zootecniche e tecnologie delle produzioni animali, mentre per la laurea magistrale (2 anni), classe LM86 – scienze zootecniche e tecnologie animali.
Nell’ambito di queste classi si articolano i diversi corsi di studio che forniscono la preparazione di base, garantendo le competenze necessarie per lo svolgimento della professione di dottore in scienze della produzione animale (SPA).
Ciascuno di tali corsi presenta, poi, delle peculiarità intrinseche anche alle vocazioni territoriali dei singoli atenei, che permettono di verticalizzare la formazione su una serie di specializzazioni.
L’ampia e diversificata offerta formativa disponibile sottolinea la capacità di questo percorso accademico di modellarsi ed evolversi, caratteristica necessaria per prepararsi ad una professione in continua crescita e largamente connessa a tematiche di grande attualità.

UN FUTURO DA LIBERO PROFESSIONISTA
La laurea magistrale in classe LM86 consente, previo superamento dell’esame di stato, di ottenere l’abilitazione per l’iscrizione all’ordine dei dottori agronomi e forestali, permettendo di conseguenza l’esercizio della libera professione.
Il dottore in scienze della produzione animale, infatti, è un esperto dell’intera filiera delle produzioni animali, in grado di occuparsi di ogni aspetto, come ad esempio:

  • la gestione tecnico economica degli allevamenti;
  • la progettazione e la gestione dei piani di sviluppo rurale e di finanza agevolata;
  • la progettazione delle strutture zootecniche;
  • la gestione degli aspetti qualitativi e igienici delle filiere zootecniche;
  • la pianificazione aziendale agronomica per l’autoapprovvigionamento dei foraggi e la formulazione delle razioni alimentari;
  • il miglioramento genetico e la gestione della riproduzione;
  • la conservazione e la gestione della fauna selvatica e acquatica;
  • la verifica del processo di produzione e di trasformazione degli alimenti di origine animale, garantendo il rispetto delle normative sull’igiene e la sicurezza alimentare.

OPPORTUNITÀ PROFESSIONALI
Il laureato o la laureata in produzioni animali può operare come lavoratore dipendente o libero professionista, previa iscrizione all’ordine dei dottori agronomi e forestali, nell’ambito di molte realtà, quali:

  • aziende agro-zootecniche per la consulenza nella gestione dell’allevamento degli animali e della loro alimentazione;
  • centri di selezione genetica e raccolta del materiale seminale;
  • imprese agro-alimentari che si occupano della produzione dei prodotti alimentari di origine animale (es. caseifici e impianti di macellazione e di trasformazione delle carni);
  • organizzazioni professionali ed enti territoriali pubblici;
  • organizzazioni nazionali e internazionali;
  • parchi naturali e agriturismi;
  • studi professionali specializzati in stima delle aziende agro-zootecniche e dei danni alle produzioni zootecniche;
  • studi professionali specializzati in programmazione economica, commercializzazione, sviluppo rurale e valutazione dell’impatto ambientale;
  • scuole, università e centri di ricerca;
  • istituti zooprofilattici sperimentali e laboratori di analisi per le valutazioni fisico-chimico-microbiologiche dei prodotti zootecnici e dei prodotti destinati all’alimentazione degli animali in allevamento;
  • imprese per la certificazione della qualità delle produzioni zootecniche e dei prodotti trasformati di origine animale.

Con queste competenze specifiche il dottore in scienze della produzione animale, in veste di dottore agronomo e dottore forestale risulta essere una figura professionale estremamente versatile, oggi persino indispensabile, visto il crescente interesse su queste tematiche, a cui si aggiungono sostenibilità e benessere animale.

Il benessere animale è strettamente correlato alla sicurezza alimentare

RESPONSABILI DEL BENESSERE ANIMALE
Il benessere animale è strettamente correlato alla sicurezza alimentare: le fonti di stress e le condizioni ambientali inadeguate possono, infatti, predisporre maggiormente gli animali alle malattie, determinando un possibile rischio per i consumatori. Le buone prassi per garantire il benessere degli animali riducono inutili sofferenze e aumentano la produttività, inoltre contribuiscono anche a rendere gli animali e i loro prodotti più sani.
Già da anni l’UE e i suoi stati membri hanno riconosciuto la responsabilità da un punto di vista etico di prevenire maltrattamenti, dolore e sofferenza per gli animali in allevamento e gli standard di benessere animale attuati nell’UE sono tra i più elevati al mondo (il primo atto giuridico UE sul tema risale al 1974!). Vigono, infatti, norme molto rigide e severe, per garantire il benessere in tutte le fasi del ciclo produttivo, specialmente in quelle più delicate come il trasporto e la macellazione.
Il benessere degli animali, inoltre, è parte integrante della nuova strategia Farm To Fork (F2F) (dal produttore al consumatore) dell’Unione Europea, che mira a rendere le pratiche agricole in Europa più sostenibili attraverso una politica alimentare integrata che coinvolge l’intera filiera produttiva.
I nuovi obiettivi riflettono anche la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica per il benessere degli animali, come la riduzione dell’utilizzo di antibiotici, per far fronte al problema globale dell’antibiotico-resistenza, oltre a essere una pratica auspicabile in termini di sostenibilità economica, costituendo un costo per l’imprenditore.
Non dobbiamo, infatti, dimenticare che quando oggi parliamo di sostenibilità non si intende solo quella ambientale, ma anche economica e sociale. Non può esserci crescita e miglioramento attraverso un’azione definita sostenibile se non lo è da tutti e tre i punti di vista: economico, ambientale e sociale, elementi di cui ormai è nota l’imprescindibilità.

È qui che arriva in aiuto il dottore agronomo laureato in produzioni animali, come parte integrante del sistema produttivo zootecnico, responsabile e competente nel merito delle condizioni che determinano lo stato di benessere degli animali in allevamento, in qualità di progettista di strutture idonee e del corretto management dell’allevamento. Le competenze del dottore in scienze delle produzioni animali abbracciano infatti molti aspetti dei principi fondamentali del benessere animale indicati dall’OIE (organizzazione mondiale della sanità animale) e dai grandi progetti europei come Welfare Quality® e AWIN che includono, oltre alla selezione genetica, la corretta alimentazione, un ricovero adeguato, un buono stato di salute e un comportamento appropriato (good feeding, good housing, good health, appropriate behaviour).

Il dottore agronomo laureato in produzioni animali può essere dunque la figura chiave del sistema di certificazione SQNBA

PROTAGONISTI DI UNA NUOVA FIGURA
Con l’introduzione del “sistema di qualità nazionale benessere animale” (SQNBA), avente lo scopo di valorizzare gli allevamenti che operano con grande attenzione al benessere degli animali, si è resa necessaria di fatto una figura professionale che abbia conoscenze e competenze specifiche sulle produzioni animali e sulle condizioni che determinano il benessere animale lungo tutta la filiera fino al consumatore.
Il dottore agronomo laureato in produzioni animali può essere dunque la figura chiave del sistema di certificazione SQNBA, poiché capace di valutare la conformità nell’ambito del SQNBA in tutte le fasi e tutti gli aspetti del ciclo produttivo, dall’alimentazione alle emissioni, oltre all’insieme delle condizioni strutturali, ambientali, tecnologiche, gestionali e sanitarie tipiche di ciascun allevamento. Una figura che è capace di associare tutti questi aspetti alle specifiche caratteristiche della specie allevata, fino addirittura alla specifica genetica presente.

UNA RETE DI COLLEGHI
I dottori in scienze della produzione animale sono riuniti da un network associativo nazionale, la federazione italiana dottori in scienze della produzione animale – FIDSPA

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano i componenti del Gruppo relazioni esterne FIDSPA per aver contribuito alla redazione del presente documento.

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L’agricoltura davanti alla sfida delle emissioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/lagricoltura-davanti-alla-sfida-delle-emissioni/#respond Thu, 17 Jun 2021 16:56:47 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68123 di Manuel Bertin

Nel 2019, le emissioni di gas serra prodotte sul suolo nazionale sono diminuite del 19% rispetto al 1990, passando da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e del 2,4% rispetto al 2018.
Si tratta di un dato complessivo, le cui cause sono per la metà riferibili ai settori della produzione di energia e dei trasporti.
L’agricoltura però, seppure in misura minore, con il 7,1% di contributo di gas climalteranti, resta un ambito da monitorare e in cui è possibile operare per migliorare la situazione.

CH4
Le emissioni di metano rappresentano il 10.3% del totale dei gas serra prodotti nel 2019 nel nostro paese (43.0 MtinCO2eq.), dato in diminuzione del 12.9% rispetto al 1990
Questa fonte è principalmente dovuta all’agricoltura (44.2%), causata dalla fermentazione enterica (69.8%) e dal trattamento delle deiezioni (21.8%)
Rispetto al 1990, si registra una diminuzione del14.7%, in agricoltura dovuta alla diminuzione del numero dei capi e al recupero del biogas a fini energetici

F-gas
Si tratta del 4.4% del totale dei gas serra, ma con un trend in forte crescita.
Gli HFCs passano, infatti, da 0.4 a 16.8Mt di CO2 eq.
Le principali fonti di emissione sono il consumo di HFC-134a,HFC-125,HFC-32 e HFC-143a nei sistemi di refrigerazione e condizionamento e l’uso di HFC-134a nei prodotti aerosol farmaceutici. Sono impiegati anche in sostituzione delle sostanze ozonolesive e per l’incremento dell’uso dei condizionatori nelle autovetture.

N2O
Rappresentano il 4.1% del totale dei gas serra. Nel 2019 sono state emesse 17.2 Mt in CO2eq. Dato in diminuzione del 33.9% rispetto al 1990.
Queste emissioni sono principalmente derivanti dall’agricoltura (58.7%) per l’uso dei fertilizzanti. La diminuzione del21.8% rispetto al 1990 è ascrivibile alla diminuzione del numero di capi

NH3
Il settore agricolo è responsabile della maggior parte delle emissioni di NH3 e le emissioni agricole totali nazionali di NH3 provengono sostanzialmente dalla gestione del letame (56,4%), dei terreni agricoli incluso l’uso di pesticidi (37,7%) e dalla combustione dei rifiuti agricoli (0,2%).
Si conferma il trend in diminuzione delle emissioni di NH3 (meno 25,5% dal 1990 al 2019) dovuta alla riduzione del numero di animali, alla diffusione delle migliori pratiche ambientali nella gestione del letame in relazione ai sistemi di stabulazione, stoccaggio e spandimento, alla diminuzione della superficie coltivata/produzione agricola e all’uso di fertilizzanti N.

Il contributo per fonte delle emissioni di NH3 dell’agricoltura per il 1990 e il 2019 è mostrata nella figura 6.1

Le prime stime per il 2020
Sulla base dei dati disponibili per il 2020, a causa delle restrizioni alla mobilità dovute al COVID-19 su tutto il territorio nazionale, ci si attende una consistente riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale, previste inferiori del 9,8% rispetto al 2019 a fronte di una riduzione prevista del PIL pari all’8.9%.L’andamento stimato è dovuto alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (-12,6%),per la minore domanda di energia, e dalla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, industria(-9,9%), trasporti (-16,8%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano, e riscaldamento (-5,8%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali.

I dati sullo stato emissivo nazionale sono raccolti nei report National Inventory Report 2021 e Informative Inventory report 2021. I due rapporti presentano il quadro globale e di dettaglio della situazione italiana sull’andamento dei gas serra dal 1990 al 2019 accompagnati da un focus sulle emissioni provenienti dai trasporti su strada.

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Conoscere le emissioni in agricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/conoscere-le-emissioni-in-agricoltura/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=conoscere-le-emissioni-in-agricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/conoscere-le-emissioni-in-agricoltura/#respond Thu, 18 Jun 2020 14:38:12 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67809 di Manuel Bertin

Nella lotta ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità ambientale, l’agricoltura gioca un ruolo rilevante.
Come intervenire? Che priorità darsi?

Eleonora Di Cristofaro

A livello globale le emissioni imputabili al comparto agricolo rappresentano quasi un quarto del totale e crescono dello 0,7% all’anno, per soddisfare una domanda alimentare in continuo aumento.
In Italia, invece, il contributo al bilancio delle emissioni di gas serra si sta riducendo, ma volendo rispettare la tabella di marcia imposta dalla Strategia di decarbonizzazione, ossia emissioni nette pari a zero al 2050, questo non è sufficiente. Le domande da farsi, quindi, diventano: come intervenire? Che priorità darsi?
La prima cosa da fare, per capire come agire, è avere un quadro definito della situazione, che consenta di avere una lettura accurata dello scenario per il successivo intervento.
A questo scopo, ISPRA redige l’inventario nazionale che raccoglie i dati delle emissioni di gas serra di quasi due decenni, con un focus anche su quelle del comparto primario. Il documento aggiornato con i dati del 2018 è stato presentato qualche settimana fa, così abbiamo approfondito il tema con Eleonora Di Cristofaro, referente nazionale di ISPRA per il settore agricoltura nell’ambito dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra e inquinanti atmosferici.

Ci descrive la situazione attuale?
Oggi, il settore agricoltura rappresenta il 7% circa delle emissioni nazionali di gas serra, pari a circa 30 milioni di tonnellate di CO2, composte in gran parte da metano (64%) e protossido di azoto (35%), e da una piccola percentuale la CO2 (1%). Queste sono originate in gran parte (79%) dagli allevamenti, mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti sintetici.
Ai gas serra propriamente detti, si aggiunge anche l’ammoniaca, di cui il settore agricolo produce il 94% delle emissioni nazionali. Un composto che per l’80% si origina dagli allevamenti, in special modo quelli bovini, suini e avicoli.
Questa sostanza contribuisce all’eutrofizzazione e all’acidificazione degli ecosistemi e alla formazione di particolato secondario. Infatti, la direttiva europea Nec ne fissa i limiti e pone degli obiettivi di riduzione: rispetto al 2005, per l’ammoniaca sono -5% al 2020 e -16% al 2030 e per il PM2.5 sono -10% al 2020 e -40% al 2030.

L’origine delle emissioni di gas serra in agricoltura.
L’origine delle emissioni di ammoniaca in agricoltura.

Come giudica la situazione?
Col regolamento Ue Effort Sharing, l’Europa si è imposta di ridurre le emissioni complessive di gas serra dei settori ES (che sono trasporti, residenziale, agricoltura, industria non-ETS e gestione dei rifiuti) del -13% entro il 2020 e del -33% entro il 2030, sempre rispetto ai valori del 2005.
Per il 2020 possiamo dire che l’obiettivo è stato raggiunto, per il 2030 bisognerà fare degli sforzi aggiuntivi. In questo quadro, le emissioni di gas serra del settore agricoltura sono diminuite del 13% rispetto agli anni ’90. È il risultato della riduzione del numero di capi, del minore impiego di fertilizzanti azotati sintetici (-41%, ma con l’urea scesa solamente del 13%), della trasformazione nella gestione degli allevamenti e, infine, del recupero del biogas a fini energetici.
Le emissioni di ammoniaca invece, in questi trent’anni, si sono ridotte del 23%.

Negli ultimi anni, anche le emissioni in agricoltura sono sotto la lente del legislatore.
Nell’inventario nazionale delle emissioni sono più rilevanti i contributi del settore energetico, con una percentuale pari all’ 80,5%, e del settore dei processi industriali, con l’8,1% delle emissioni. È normale, quindi, che il legislatore abbia preferito iniziare ad attuare politiche di riduzione delle emissioni partendo da questi settori.
Negli anni più recenti, però, c’è stata la necessita di allargare lo spettro d’azione e così anche il comparto agricolo è stato coinvolto nelle politiche di sostenibilità, con interventi mirati a ridurre sia le emissioni di inquinanti che quelle dei gas serra.

Dove e come è possibile intervenire?
L’agricoltura è il settore con cui produciamo il cibo, per cui bisogna intervenire con accortezza.
Partendo dai dati che abbiamo, sappiamo che gli allevamenti originano i 4/5 delle emissioni ed è logico iniziare da qui per ottenere impatti sensibili.
Scomponendo le emissioni per tipologia di fonte, ai primi tre posti troviamo la fermentazione enterica (47 %), l’utilizzo di fertilizzanti sintetici e altre fonti di apporto di azoto ai suoli agricoli (28%) e la gestione delle deiezioni (19%).
Per ridurre le emissioni, quindi dobbiamo lavorare sui sistemi di allevamento, in particolare migliorando quattro fasi: l’alimentazione, i ricoveri, lo stoccaggio e lo spandimento. Per esempio, nella dieta, la sostituzione di una parte dei foraggi con i concentrati può aumentare la digeribilità e ridurre le emissioni di metano (emissioni di gas serra). Oppure, con un’alimentazione a minor contenuto proteico avremo un minore rilascio della componente azotata nelle deiezioni.
Passando alle stalle, si può intervenire rinnovando le lettiere, rimuovendo frequentemente le deiezioni e riprogettando la gestione degli spazi.
Per gli stoccaggi è fondamentale la copertura delle deiezioni e il recupero di biogas nei digestori anaerobici, due interventi che consentono di ridurre le emissioni sia di gas serra che di ammoniaca.
Arrivando al campo, c’è da stimolare la sostituzione dell’urea con i fertilizzanti con diverso tenore di azoto o con i fertilizzanti organici. In secondo luogo, adottando tecniche di agricoltura di precisione mirate sulle specifiche esigenze nutritive delle colture, sul tenore dei nutrienti del suolo e sull’apporto di nutrienti degli altri fertilizzanti, sulla migliore distribuzione del fertilizzante si potranno ridurre le emissioni di ammoniaca e di gas serra perché migliore sarà l’efficienza d’uso dell’azoto.


L’intervento di Eleonora di Cristofaro in cui sono presentati i dati relativi alle emissioni in agricoltura

Per approfondire
Il quadro italiano sull’andamento dei gas serra e degli inquinanti atmosferici dal 1990 al 2018 è un’indagine basata su due rapporti, il National Inventory Report 2020 e l’Informative Inventory Report 2020.

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La Direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nella filiera alimentare //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare/#respond Thu, 07 Feb 2019 10:33:57 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67182

Il 19 dicembre 2018 è stato trovato un accordo politico sulla Direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nella filiera alimentare.

La Direttiva si propone di integrare e rafforzare le legislazioni nazionali in materia, vigenti già in 20 Paesi (tra cui l’Italia, con l’articolo 62 della legge 27/2012), migliorando il funzionamento della filiera alimentare e proteggendo gli agricoltori sul mercato vietando pratiche commerciali ritenute sleali.
I pratica, essa rappresenta una “armonizzazione minima” che gli Stati membri possono ulteriormente approfondire in sede di recepimento aumentando i vincoli.

Abbiamo approfondito il tema con Paolo De Castro, relatore della Direttiva nonché Vicepresidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo.

PER APPROFONDIRE

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