SDAF10 – ECONOMIA POLITICA, TERRITORIALE E GESTIONALE – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 21 Feb 2023 16:38:37 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Il grano e la guerra //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-grano-e-la-guerra/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-grano-e-la-guerra //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-grano-e-la-guerra/#respond Tue, 06 Dec 2022 14:22:09 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68257 Di Aldo Sisto, dottore agronomo

La guerra in Ucraina ci ripropone in toni molto preoccupanti il tema della sicurezza alimentare nel mondo.
Nel 2021 il numero delle persone che hanno sofferto la fame è salito ad oltre 828 milioni, circa 46 milioni in più rispetto al 2020. La pandemia ha poi contribuito ad esasperare ulteriormente il problema . Da quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite il mondo si sta allontanando dall’obbiettivo di sconfiggere la fame e la malnutrizione entro il 2030. Questa guerra ha messo in evidenza che determinati problemi di approvvigionamento, sia energetico che alimentare, vanno visti sempre nell’ottica di una concreta condivisione delle difficoltà che possono nascere e coinvolgere tutti gli Stati della comunità internazionale. L’obbiettivo dovrebbe dunque essere quello di evitare che le crisi si abbattano drammaticamente sulle popolazioni economicamente più fragili e soprattutto frustrate anche dai mutamenti climatici. Ieri, ancora una volta, Papa Francesco è intervenuto per evidenziare che dietro a questa III° guerra mondiale ci sono gli “ interessi dei commercianti d’armi e degli imperi deboli che cercano i conflitti per sentirsi forti”. Purtroppo Putin sta seguendo ancora questa logica perversa. Facendosi forte sul suo attuale primato sulle risorse energetiche e cerealicole, ha cercato di conquistare le fertili terre Ucraine per consolidare questo primato. Oggi la Russia è attualmente il primo esportatore mondiale di grano, e Russia ed Ucraina sono i maggiori esportatori di mais e frumento nel continente Africano e nei Paesi più poveri del mondo.

Dipendenza dalle importazioni di grano, importatori netti 2021%

Questi problemi vanno dunque affrontati sul piano internazionale,abbandonando politiche di tipo autarchico e favorendo quelle di condivisione . In quest’ottica di cooperazione bisogna dunque ridare all’agricoltura ed ai trattati commerciali di pertinenza , a mio modesto giudizio, il ruolo centrale che le compete , poiché questo settore ha di fatto in mano la sicurezza alimentare .
Bisogna prendere atto che la mancanza di sicurezza alimentare, non disgiunta dalla sicurezza sugli approvvigionamenti idrici e la sicurezza sanitaria, sono oggi la causa di tensioni sociali, guerre e di conseguenza di migrazioni.

Russia ed Ucraina giocano un ruolo importantissimo a livello mondiale

(tab1- fonte dati USDA)

Nella tabella 1 leggiamo un breve riassunto delle dimensioni in termini di ettari, produzioni e resa delle due agricolture, russa ed ucraina, messe a confronto considerando le più importanti colture.
Risulta subito evidente l’importanza delle colture cerealicole per entrambi le nazioni. In Russia le colture cerealicole compongono il 72% dei seminativi , in particolare il frumento occupa il 52% di queste superfici; in Ucraina i cereali occupano il 62% dei seminativi, in particolare il mais il 38%. Non dimentichiamo poi le oleaginose che occupano in Russia ed Ucraina rispettivamente il 22% ed il 49% delle superfici oggetto d’indagine

Nella tabella 2 rileviamo l’importanza delle esportazioni di cereali per entrambi gli Stati. La Russia esporterà nella campagna 2022-2023, il 46% delle sue produzioni di frumento e l’ Ucraina il 49 % delle sue produzioni di mais. Nell’anno precedente alla guerra ( 2021/2022) l’ Ucraina aveva esportato il 64% delle sue produzioni di mais

Quest’anno la Russia a seguito di un ottimo raccolto di frumento ( 91 milioni di tonnellate) esporterà circa 42 milioni di tonnellate. Un vero record storico che pongono la Russia al 1° posto nel mondo come Paese esportatore di frumento. (tab 2- tab 3) . L’ Ucraina risulta invece al 4° posto come Paese esportatore di mais ed al 5° posto per il frumento.

(tab3 fonte dati USDA)

 

Nell’ipotesi che la Russia fosse riuscita ad impadronirsi delle fertili terre ucraine, l’incidenza percentuale delle sue produzioni di frumento sarebbero passate a livello mondiale dal 12% al 14% e quelle del mais dal 1% al 4% (tab4)

(tab4 fonte dati USDA)

Inoltre la Russia con l’acquisizione dell’ Ucraina avrebbe visto aumentare il peso delle sue esportazioni a livello mondiale di frumento dal 20% al 25% e le esportazioni di mais dal 2% al 11% .

In questo contesto ricordo che l’ Unione Europea detiene il 17% delle esportazioni mondiali di frumento e l’ 1 % delle esportazioni di mais. Mentre gli Stati Uniti, detengono con il 30% il primato delle esportazioni di mais e il 10% delle esportazioni di frumento (Tab 4)
Nella tab 6 leggiamo le produzioni di frumento e mais di alcune nazioni . La Cina risulta essere il maggior produttore di frumento del mondo e gli Stati Uniti il maggior produttore di mais nonché il 1°esportatore con 54,6 milioni di tonnellate.

(tab6 fonte dati USDA)

Oggi la Russia, a seguito di importanti riforme agrarie iniziate nel 2000, si presenta sullo scenario internazionale come una grande realtà agricola, soprattutto nel comparto dei cereali. Da Paese importatore di cereali negli anni ’90, oggi è divenuto il 1° Paese esportatore di frumento nel mondo. Questa riforma agraria ha consentito alla Federazione Russa di passare da 3 ° esportatore mondiale di cereali con 17,4 milioni di tonnellate nel 2009 , dopo Canada (19,3 milioni di tonn.) e Stati Uniti (21,9 milioni di ton), agli attuali 42 milioni di tonnellate. La forza dell’ agricoltura Russa si sta giocando rimettendo a coltura milioni di ettari ( si ipotizza più di 40 milioni) e le tecniche di coltivazione dedicate principalmente alla coltivazione di frumento. Neanche i cambiamenti climatici sembrano impensierire Putin, infatti una sua dichiarazione dice: “Un aumento di due o tre gradi non sarebbe così male per un Paese del nord come la Russia. Potremmo spendere meno per le pellicce e il raccolto di grano aumenterebbe”.
La produzione di grano e cereali in Russia è dominata dalle grandi imprese agricole , che sono i successori dei precedenti kolkhozy e sovkhozy, e attualmente si sono fuse in enormi “megafarms” , conglomerati aziendali o “agroholding”. E’ proprio attraverso queste grandi imprese agricole che è stato possibile mettere a coltura migliaia di ettari che erano prima incolti o mal coltivati.
Oggi 56 grandi compagnie dominano l’agricoltura russa, con 5 società che controllano il 27% delle terre coltivabili. Una tendenza che, nel complesso, ha prodotto un esito positivo.
L’arrivo delle grandi compagnie ha permesso una modernizzazione delle tecniche colturali e delle strutture di raccolta e commercializzazione
In Russia troviamo aziende come Miratog con 1,047 milioni di ettari, Prodimex e Agrokultura con 865 mila ettari, Agrocomplesso con 660 mila ettari, Rusagro con 637 mila ettari ed altre 10 aziende agricole che nel loro complesso coprono 6 milioni di ettari. Una recente indagine dell’ agenzia di consulenza russa BFEL rivela che nel 2021 66 grandi aziende agricole hanno gestito 15,4 milioni di ettari.
Lo stesso troviamo in Ucraina dove vi sono importanti realtà agricole come Agroprosperis con 430 mila ettari, Astarta 250 mila ettari, UrkLandAgricoltura con 570 mila ettari, MHP con 370 mila ettari, Chicco 550 mila ettari, e molte altre.
Queste aziende oltre alla coltivazione di mais , frumento, soia , girasole e semi oleosi in genere, si occupano anche di allevamenti zootecnici ( bovini,suini,avicoli), stoccaggio e commercializzazione di cereali, trasformazione e vendita di prodotti alimentari.
Dalle dimensioni e dall’ ottima organizzazione aziendale di queste realtà agricole si capisce molto bene l’interesse della Russia ad ampliare il controllo in aree limitrofe, tenendo presente anche il fatto che la Russia non ha mai considerato l’ Ucraina uno Stato sovrano.
Putin ha detto, tra le altre cose, che l’Ucraina «non ha mai avuto una tradizione stabile come nazione a sé stante» e che è stata sostanzialmente inventata dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica all’inizio del Novecento: «L’Ucraina moderna è stata interamente e completamente creata dalla Russia”. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è arrivato a dire che l’Ucraina «non ha il diritto di essere una nazione sovrana».
Al di là delle ragioni ideologiche che fanno da corollario a questa guerra, risultano evidenti le ragioni economiche che sono alla base della tentata conquista russa dei territori ucraini. Dipendenza energetica e dipendenze alimentari sono due temi che tutta la comunità internazionale ha il dovere di riesaminare. Quando poi chi governa ha il pieno controllo delle risorse energetiche ed alimentari di quel paese , la comunità internazionale può essere sottoposta a continui ricatti, come appunto sta succedendo oggi attraverso il metano e i cereali.
L’ Italia ha attualmente scarsissime risorse energetiche mentre d’altra parte ha un ottima agricoltura. L’unico ostacolo sono la limitazione della nostra “risorsa terreno” , per cui è necessario mantenere sempre alto il livello delle nostre produzioni soprattutto nel settore cerealicolo. Questo è possibile attraverso la limitazione del consumo di suolo e dando la possibilità agli agricoltori di accedere ad innovazioni scientifiche che possono incrementare le rese in modo sostenibile. Pensiamo solo alle nostre produzioni medie di mais che grazie al miglioramento genetico sono passate dai 2-3 t/ha degli anni ’50 agli attuali 11-12 t/ha. Lo stesso vale per il frumento che oggi attraverso nuove varietà ed il buon controllo agronomico della coltura supera tranquillamente i 90 ql/ha. Teniamo sempre presente che gli agricoltori assieme agli agronomi sono da sempre le sentinelle delle nostre risorse alimentari e dell’ambiente.

 

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Il mercato degli affitti nel 2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-mercato-degli-affitti-nel-2020/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-mercato-degli-affitti-nel-2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-mercato-degli-affitti-nel-2020/#respond Tue, 14 Sep 2021 10:28:06 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68143 di Davide Longhitano (CREA-PB)

Anche per il mercato degli affitti l’emergenza sanitaria sembra non aver inciso in maniera sostanziale, con effetti abbastanza circoscritti ad alcuni comparti che hanno presentato un’attività generalmente in flessione, come nel caso della floricoltura, viticoltura e agriturismo, e una tendenza al ribasso dei canoni, dovuta al crollo dei consumi e alla chiusura del canale Horeca. Tuttavia, per certi versi l’incertezza legata alla pandemia ha indotto molti operatori a rivolgersi all’affitto piuttosto che optare per l’acquisto di nuovi terreni. Inoltre, la crisi di liquidità manifestatasi in alcuni comparti ha portato a diluire nel tempo il pagamento dei canoni d’affitto.

L’incertezza legata alla pandemia ha indotto molti operatori a rivolgersi all’affitto piuttosto che optare per l’acquisto di nuovi terreni

Nel complesso l’istituto dell’affitto continua a rappresentare il principale strumento a disposizione degli imprenditori per ampliare le proprie superfici aziendali, come più volte emerso anche dalle statistiche ufficiali. Considerando l’ultima Indagine sulla struttura delle aziende agricole dell’ISTAT disponibile, nel 2016, la superficie in affitto – comprensiva degli usi gratuiti – in Italia ammontava a circa 5,7 milioni di ettari incidendo su quasi la metà della SAU totale (tab. 2). Da notare, in particolare, come oltre i due terzi della SAU in affitto si concentri tra le aziende specializzate in seminativi e l’allevamento di erbivori, seguite da quelle specializzate in colture permanenti e a orientamento misto.

Nel 2020 la domanda continua ad essere attiva soprattutto nel caso di terreni da destinare a colture di pregio, specie per i vigneti a denominazione, mentre tende a prevalere l’offerta nelle zone più marginali e meno vocate all’agricoltura. I principali protagonisti nella richiesta di terra in affitto sono giovani agricoltori e grandi investitori provenienti anche da altri settori, come nel caso di seminativi da destinare a colture agroenergetiche, mentre l’offerta è sostenuta soprattutto da agricoltori che fuoriescono dal settore per ragioni economiche o per raggiunti limiti di età. Complessivamente il volume degli affitti è rimasto abbastanza stabile, così come i canoni che si sono mantenuti sui livelli degli ultimi anni. Si segnala infatti una maggiore propensione al rinnovo dei contratti in affitto piuttosto che alla stipula di nuove contrattazioni, quasi sempre senza modificare l’importo del canone, per via della proroga concessa ai Programmi di Sviluppo Rurale. La scadenza dei contratti di affitto rimane di fatto tradizionalmente collegata alle politiche comunitarie.

I principali protagonisti nella richiesta di terra in affitto sono giovani agricoltori e grandi investitori provenienti anche da altri settori

Nella maggior parte dei casi i contratti di affitto sono regolarizzati secondo accordi in deroga ai sensi dell’art. 45 della legge 203/1982, mentre restano, seppure marginalmente, forme contrattuali atipiche come gli accordi verbali, specie nelle zone più interne e montane.

In generale la domanda tende a prevalere sull’offerta nelle regioni settentrionali, specie nel caso di terreni destinati a produzioni a denominazione con canoni che seppur stabili, si mantengono su livelli medio alti. Qualche incremento è stato registrato in Lombardia nel caso di rinnovi contrattuali legati all’aumento di domanda da parte dei giovani, oltre che alla presenza diffusa di impianti di agroenergie (biogas) e alla consueta richiesta per la gestione dei reflui di origine zootecnica, mentre in Veneto si segnala un assestamento dei canoni per i vigneti rispetto al passato. Nelle regioni centrali la crisi generata dalla pandemia ha reso sostanzialmente immobile il mercato degli affitti con pochi contratti registrati che hanno riguardato principalmente grandi investitori. Anche nel meridione la situazione rimane abbastanza stazionaria, sebbene si continui a rilevare una maggiore attitudine alla regolarizzazione dei contratti d’affitto anche nel caso di quelli stagionali, soprattutto per ottenere i requisiti necessari per accedere ai finanziamenti pubblici.

Per il futuro gli operatori non si attendono una modifica strutturale nei rapporti tra proprietari e affittuari causata dalla diffusione del coronavirus, quanto piuttosto una temporanea frenata nelle contrattazioni, cosa che in parte si è già iniziata a verificare. Tuttavia, la maggior parte delle attese si concentra sull’evoluzione delle politiche per il settore e in particolare quelle relative ai pagamenti diretti, che potrebbero influenzare l’atteggiamento dei proprietari concedenti nel caso dei rinnovi contrattuali e di conseguenza anche sul livello dei canoni.

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L’andamento del mercato fondiario in Italia nel 2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/landamento-del-mercato-fondiario-in-italia-nel-2020/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=landamento-del-mercato-fondiario-in-italia-nel-2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/landamento-del-mercato-fondiario-in-italia-nel-2020/#respond Tue, 14 Sep 2021 10:18:53 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68138 di Andrea Povellato (CREA-PB)

L’esplosione della pandemia nel 2020 ha lasciato il segno anche sul mercato fondiario, con una significativa contrazione dell’attività di compravendita, ma senza particolari conseguenze sul fronte delle quotazioni dei terreni. Secondo gli operatori del settore, intervistati durante l’annuale indagine curata dalle sedi regionali del CREA-PB – e da quest’anno coadiuvati dal Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali, gli effetti della pandemia sono stati meno gravi di quanto ci si poteva aspettare, grazie alla ripresa delle attività di compravendita, successiva alla prima ondata pandemica.

Gli effetti della pandemia sono stati meno gravi di quanto ci si poteva aspettare, grazie alla ripresa delle attività di compravendita, successiva alla prima ondata pandemica.

In sostanza, nel 2020 il prezzo dei terreni agricoli è rimasto stazionario (-0,1% sul 2019) con flessioni generalizzate soltanto nelle regioni del Nord-Est, dove l’aggiustamento delle quotazioni prosegue ormai da diversi anni (tab. 1). Sono le zone di pianura e in parte collinari a risentire maggiormente della flessione. Oltre a Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Liguria che presentano le riduzioni più vistose, si segnalano contrazioni anche in altre tre regioni (Toscana, Molise e Campania). Una nota parzialmente positiva viene dal confronto con il dato sull’inflazione: nel 2020 l’indice generale dei prezzi ha presentato un valore negativo (-0,2%), quindi il patrimonio fondiario medio nazionale, in termini reali, è aumentato lievemente (+0,1%), dopo una serie negativa che continuava dal 2007. Una seppur magra consolazione, dato che un’inflazione con segno negativo segnala una situazione economica generale non certo favorevole.

Secondo le statistiche rese note dal Consiglio Nazionale del Notariato, il numero di atti di compravendita riguardanti terreni agricoli, conclusi nel 2020, è diminuito dell’8,4% rispetto al 2019, invertendo una tendenza positiva che durava dal 2014. Si riduce in misura ancora più significativa il valore monetario delle transazioni che si ferma a 4,8 miliardi di euro (-21% rispetto al 2019). A risentirne maggiormente sono state le contrattazioni per importi superiori ai 100.000 euro, numericamente esigue (7% del totale) ma prevalenti in termini di valore (64%).
Andamento analogo si è registrato nel caso del credito per l’acquisto di immobili in agricoltura che, secondo Banca d’Italia, ha subìto una brusca battuta di arresto dopo il recupero avvenuto dal 2012 in poi. Le erogazioni pari a 319 milioni di euro (-42% sul 2019) riportano i valori quasi ai minimi storici dell’inizio decennio. La contrazione, ben più significativa della riduzione dell’attività di compravendita in generale, riporta in primo piano il tema della difficoltà di accesso al credito, tante volte denunciato dagli operatori del settore.

La mancanza di liquidità ha rallentato le compravendite (soprattutto per le produzioni più legate agli effetti delle chiusure, come floricoltura, viticoltura, agriturismo)

Gli effetti della pandemia sull’attività di compravendita sono stati decisamente maggiori nel primo semestre del 2020, come attestato dalle statistiche del Notariato (-29% rispetto allo stesso semestre del 2019, mentre nel secondo semestre si è registrato un +12%). A causa delle restrizioni negli spostamenti, gli operatori non hanno potuto incontrarsi e perfezionare gli accordi preliminari e le banche e gli studi notarili sono rimasti chiusi, praticamente fino a giugno. Nella seconda metà dell’anno, la decisa ripresa delle attività mercantili, in un clima quasi di euforia, non è riuscita a compensare pienamente la flessione del primo semestre.

In alcuni casi, a seconda dell’indirizzo produttivo delle aziende, è stata la mancanza di liquidità a rallentare le compravendite (soprattutto per le produzioni più legate agli effetti delle chiusure, come floricoltura, viticoltura, agriturismo). Per converso, si segnala anche un effetto contrario laddove la mancanza di liquidità e situazioni aziendali particolarmente fragili hanno spinto alcuni operatori a vendere per consentire di superare un momento finanziariamente molto difficile. In sostanza, da un lato sembra si sia accelerato il processo di dismissione da parte di operatori a bassa redditività, mentre dall’altro lato gli investitori più dinamici restano in attesa di tempi migliori.

La diffusa percezione di incertezza sull’evoluzione della situazione economica generale non ha impedito agli operatori di esprimere anche un cauto ottimismo sulla capacità del settore di cogliere i segnali di ripresa, che potrebbero riverberarsi anche sul mercato fondiario. Il PNRR potrebbe essere di aiuto in questo senso, mentre permangono dubbi sugli effetti incerti della riforma della PAC.

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Il Recovery Plan //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-recovery-plan/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-recovery-plan //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-recovery-plan/#comments Mon, 15 Feb 2021 16:49:24 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68007 Di Renato Ferretti

L’obiettivo del Recovery Plan di ridare nuovo slancio all’economia e ai territori del Paese non può prescindere da una riforma organica del sistema Stato finalizzato alla riorganizzazione delle funzioni fra i diversi livelli istituzionali allocandole nel livello più idoneo a svolgerle e dotandolo delle necessarie risorse finanziarie.
Contestualmente occorre ridare piena funzionalità alle strutture pubbliche perché siano di supporto reale al funzionamento delle attività sociali, economiche e territoriali. Occorre che ci sia una reale semplificazione del complesso normativo e delle procedure amministrative che le attuano.
I professionisti iscritti agli ordini possono essere un punto di riferimento per le pubbliche amministrazioni in quanto garanti della qualità tecnica dei progetti e delle attività che vengono svolte anche attraverso una coerente informatizzazione e digitalizzazione delle procedure e delle attività.

Infrastrutturare il territorio
Occorre un piano per infrastrutturare il territorio orientato allo sviluppo della mobilità lenta e a basso o nullo impatto ambientale, al miglioramento dei servizi eco-sistemici del territorio che garantisca anche un adeguato assetto idrogeologico.
Per la difesa del suolo sono fondamentali le reti idrauliche agrarie e forestali, gli interventi di ripristino delle sistemazioni idraulico-forestali nonché una adeguata progettazione dei sistemi agroforestali sostenibili e ambientalmente compatibili, che costituiscono l’elemento fondante di una moderna ruralità. Con una vera politica d’innovazione e di servizi per le aree interne e marginali ridando vera vita ai borghi anche attraverso una legislazione che favorisca la multifunzionalità delle imprese agricole, artigianali, industriali e del terziario.

Occorre un piano per infrastrutturare il territorio orientato allo sviluppo della mobilità lenta ed a basso o nullo impatto ambientale – © Markus Spiske

Per le aree urbane è necessaria una riqualificazione dei tessuti degradati ed un reale sviluppo del verde funzionale sia alla ricreazione dei cittadini che alla fornitura di servizi eco-sistemici per l’intera comunità.

Riforma della P.A.
Nell’ambito della riforma della P.A. e del rinnovo delle dotazioni organiche (o del fabbisogno di personale) è necessario che all’interno delle strutture dei vari enti trovino adeguato spazio tutte le competenze professionali valorizzandole nelle varie funzioni con reale spirito meritocratico: dall’agricoltura alla sanità!

© Alexander Schimmeck

Un’unica lettura del territorio
Infine, occorre un nuovo corso della pianificazione territoriale che riorganizzi e renda organici i vari strumenti settoriali affinchè ci sia un’unica lettura del territorio finalizzata alla creazione delle migliori condizioni di vita secondo i principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questo quadro deve essere allocata una innovativa politica di tutela e conservazione delle risorse naturali che superi la contraddizione fra tutela ed uso e valorizzi pienamente tutte le tecnologie dolci come la bioedilizia, l’agricoltura biologica, ecc. In questo contesto deve essere visto il tema dell’acqua sia in termini di difesa dagli eccessi dovuti ai sempre più frequenti eventi estremi che in termini di risorsa da conservare per i periodi di scarsità. Anche qui occorre una gestione pianificata e diffusa sul territorio che coinvolga i cittadini in prima persona stimolati da una gestione pubblica finalizzata alla fornitura del bene e non all’utile d’esercizio.

Ecco perché i Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali ritengono necessario andare nella direzione esattamene opposta alla sostanziale riduzione delle risorse del Recovery Plan per la politica forestale, il rilancio dell’agricoltura e una politica di rigenerazione ispirata al verde delle città, che sono emerse in questi giorni.
Le importanti risorse del Recovery Plan debbono essere orientate ad un reale rinnovamento del nostro Paese che non può prescindere dalla riforma del sistema Stato come erogatore di servizi e regolatore delle relazioni sociali ed economiche, in grado di supportare cittadini, professionisti ed imprese nelle loro attività.
Per quanto riguarda le infrastrutture non può essere sufficiente l’elenco delle opere da finanziare ma occorre un piano strategico ispirato alla sostenibilità affinché siano di supporto ad una vera economia verde a 360 gradi.
Proprio per questo oltre ai prioritari interventi sul sistema sanitario, vogliamo chiarezza sugli interventi di riqualificazione ambientale, di mobilità sostenibile e di rigenerazione urbana e territoriale che non possono prescindere dalla pianificazione territoriale e dal ruolo centrale dell’agricoltura e delle foreste: sono questi i temi che la nostra Presidente sottoporrà ai Parlamentari.

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Monte Pisano pronto alla rinascita con la ‘Comunità del bosco’ //www.agronomoforestale.eu/index.php/monte-pisano-pronto-alla-rinascita-con-la-comunita-del-bosco/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=monte-pisano-pronto-alla-rinascita-con-la-comunita-del-bosco //www.agronomoforestale.eu/index.php/monte-pisano-pronto-alla-rinascita-con-la-comunita-del-bosco/#respond Mon, 05 Oct 2020 13:06:41 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67926

Nuova vita dopo l’incendio del 2018 che ha devastato gran parte del Monte Pisano, ecco il racconto degli interventi di salvaguardia, gli studi dell’Università e la nascita della realtà.

Una produzione di InToscana a cura di Simona Bellocci.
Riprese Simone Cariello.
Montaggio Tommaso Cimò.

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Una nuova possibilità per la copertura dei rischi: la polizza ricavi //www.agronomoforestale.eu/index.php/una-nuova-possibilita-per-la-copertura-dei-rischi-la-polizza-ricavi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=una-nuova-possibilita-per-la-copertura-dei-rischi-la-polizza-ricavi //www.agronomoforestale.eu/index.php/una-nuova-possibilita-per-la-copertura-dei-rischi-la-polizza-ricavi/#respond Tue, 21 Jan 2020 15:48:50 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67443 Giada Mastandrea è la vincitrice del premio di laurea 2019 della Fondazione “Mario Ravà” per la tesi di laurea magistrale “Nuovi strumenti e nuove politiche sulla gestione del rischio: la polizza ricavi“, un tema cruciale nella moderna gestione dell’impresa agricola, come dimostrano i recenti interventi normativi e le riflessioni inserite nella PAC.
Questo articolo ne racconta i principali risultati.

L’impresa agricola si trova oggi a operare in un contesto totalmente diverso dal passato, poiché necessita di adattamenti continui e richiede impegni finanziari di medio e lungo termine. Tuttavia, la bassa redditività del settore e i molteplici rischi ai quali l’impresa è esposta, rendono difficilmente sostenibile gli investimenti aziendali e lo sviluppo d’impresa.
È questo il motivo per il quale la gestione del rischio in agricoltura ha assunto un ruolo di rilievo all’interno della Politica Agricola Comune. Diventa, perciò, interessante capire quali sono le potenzialità per le imprese di questi nuovi strumenti, guardando alle nuove possibilità di copertura dei rischi e in particolare alla polizza ricavi.

La polizza ricavi
Tra gli strumenti di gestione del rischio più recenti e innovativi è possibile annoverare la polizza ricavi, una polizza sperimentale introdotta dal Piano Assicurativo Agricolo Nazionale 2017, che copre la perdita di ricavo della produzione assicurata. La novità consiste nel fatto che questa tipologia di polizza mira a garantire ai produttori un ricavo certo, difatti copre, oltre ai danni dovuti alle avversità atmosferiche anche la variabile prezzo.
La perdita è determinata come combinazione della riduzione di prezzo di mercato con la riduzione di resa, sia essa causata da avversità catastrofali quali gelo e brina, siccità e alluvione, da avversità di frequenza, quali eccesso di neve e di pioggia, grandine e vento forte oppure avversità definite “accessorie”, quali il colpo di sole e vento caldo, sbalzi termici.
Si tratta di un’opportunità sperimentale e quindi non ancora disponibile per tutti: gli agricoltori possono sottoscrivere tale polizza esclusivamente per il frumento duro e tenero generico.

Conviene sottoscrivere una polizza?
L’idea di gestire il rischio tramite polizza pare positiva, ma prima di dare un giudizio conclusivo è bene comprendere le reali opportunità e i possibili impatti di questo strumento nel panorama agricolo nazionale. Quale convenienza economica hanno le aziende agricole nel sottoscrivere la polizza ricavi? Ed è un mercato appetibile per le compagnie di assicurazione?
Per procedere con l’analisi, sono state selezionate 456 aziende a frumento duro generico e 445 aziende a frumento tenero generico, distribuite nel territorio nazionale, ed è stato preso in considerazione l’intervallo temporale 2008-2016.

La polizza ricavi poggia le sue fondamenta su quattro parametri essenziali:

  1. rese iniziali (Q0i) – calcolate mediante media olimpica;
  2. rese finali (Q1i) – estrapolate dalla banca dati RICA;
  3. prezzi iniziali (P0) – definiti come i prezzi massimi assicurabili del decreto ministeriale;
  4. prezzi iniziali (P1) – prezzi medi all’origine ISMEA come media tra luglio e settembre.

Va considerato che la fase di sperimentazione è stata eseguita nel momento in cui stava entrando in vigore il Regolamento Omnibus che ha previsto, per le polizze assicurative, l’innalzamento dell’aiuto pubblico dal 65% al 70% della spesa ammessa e la riduzione della soglia di danno dal 30 al 20%. Pertanto, per l’ipotesi iniziale, sono stati assunti i seguenti parametri:

  • soglia e franchigia pari al 20%;
  • contributo pubblico pari al 70%;

I calcoli eseguiti (tabella 1) hanno permesso di verificare la convenienza della polizza.

I conti tornano
La polizza per risultare sostenibile per la compagnia assicurativa dovrebbe avere un rapporto S/P1 intorno a 0,70, valore che consente il superamento del break even point, in modo tale che la compagnia ottenga più premi di quanti sinistri paga.
Difatti, considerato 100 il premio, il 30% di questo è destinato alle spese relative:

  • ai costi peritali;
  • alle provvigioni destinate ai venditori delle polizze;
  • alle spese di gestione amministrativa della compagnia;
  • alle spese di riassicurazione;
  • all’utile della compagnia assicurativa.

Il vantaggio dell’imprenditore agricolo, invece, è rappresentato dal rapporto risarcimenti/costo effettivo per l’azienda (R/P2) che dovrebbe risultare sempre maggiore di 1.

Obiettivi della sperimentazione:

  • ottenere un rapporto sinistri/premi pari a 0.70, ossia sostenibile per la compagnia di assicurazione;
  • ottenere un rapporto risarcimenti/costo effettivo per l’azienda maggiore di 1, ossia sostenibile per gli imprenditori agricoli (i calcoli indicano che la media dei R/P2 non è solo maggiore di 1 ma si aggira intorno a 2.40).

Dai calcoli eseguiti risulta che, con un tasso pari a 7.7 per il frumento duro e pari a 6 per il tenero, la polizza ricavi è sostenibiletanto per le compagnie che incassano più premi di quanti sinistri pagano, quanto per le aziende agricole, poiché negli anni considerati ottengono risarcimenti di gran lunga superiori al costo effettivo delle polizze che sottoscrivono.

Com’è possibile? Grazie al settore pubblico, che volendo tutelare gli agricoltori dai maggiori rischi legati all’attività agricola, copre il costo delle polizze fino ad un’aliquota massima del 70%. La contribuzione pubblica, infatti, assorbendo la maggior parte del costo della polizza, la rende vantaggiosa per tutti i soggetti coinvolti.

Nel caso del frumento duro, il 2010, tra i diversi anni presi in esame, corrisponde all’anno in cui la compagnia ha pagato più sinistri, difatti circa l’84% delle aziende, sono state risarcite. Significative percentuali si riscontrano anche nel 2009 e nel 2016, mentre negli altri anni, si rileva una percentuale modesta di aziende andate a sinistro (grafico 1).

Il 2009, invece, corrisponde all’anno in cui per il frumento tenero sono scattati più risarcimenti, rispettivamente per 344 aziende su 445; contrariamente nel 2012 solo per 3 aziende su 445.

Il trend scostante dei risarcimenti nei diversi anni considerati può essere facilmente spiegato se si considera che la polizza ricavi, copre sia l’effetto resa che l’effetto prezzo; è proprio quest’ultimo però a essere catastrofale poiché si verifica su tutto il territorio nazionale e non è localizzato e puntuale così come le calamità naturali.
Verificando quanto incidono l’effetto resa e l’effetto prezzo sui risarcimenti si evince come le avversità si presentino con minore o maggiore intensità e frequenza in tutti gli anni considerati, invece, l’effetto prezzo influisce in maniera rilevante sul frumento duro solo in tre anni su nove (2009-2010 e 2016) ove pesa sui risarcimenti rispettivamente per il 33%, 83% e 95% (grafico 2).

Caso aziendale A
L’ulteriore domanda di ricerca ha cercato di simulare un altro scenario; per far ciò, sono state selezionate alcune aziende, al fine di analizzare l’andamento del reddito netto negli anni presi a riferimento e verificare come questo varia se sommato ai risarcimenti che avrebbero ottenuto le aziende nel caso in cui avessero stipulato la polizza ricavi. In questa sede verrà riportato solo un esempio esemplificativo dell’analisi effettuata.
Se l’azienda A avesse sottoscritto la polizza ricavi negli anni 2008-2016, avrebbe avuto accesso nel 2009 a un risarcimento pari a 530 €/ha, che le avrebbe consentito di chiudere in positivo il bilancio annuale (342 €/ha a cui va detratto il costo della polizza pari a 28 €/ha). L’azienda, inoltre, sarebbe andata a sinistro anche nel 2010, ottenendo un risarcimento di 710 €/ha e nel 2016 con 102 €/ha; tali risarcimenti si sarebbero andati a sommare a redditi netti ad ettaro già positivi e pari a 993 €/ha nel 2010 e 1337 nel 2016 €/ha, che avrebbero contribuito ad assestare e stabilizzare l’andamento medio del reddito aziendale (grafico 3).


Elementi di criticità
Nonostante i dati dimostrino chiaramente la convenienza nel sottoscrivere la polizza ricavi nel medio-lungo periodo, sia per le aziende agricole che per le compagnie di assicurazione, tale tipologia sperimentale di copertura dei rischi ha riscontrato varie criticità nella sua diffusione.
Per quanto riguarda il mercato assicurativo, va detto che non ha creduto in questa nuova polizza e ciò si è tradotto un’offerta modesta, limitata a una sola compagnia. Inoltre, la possibilità per le compagnie di assicurazione e di riassicurazione di fissare prezzi assicurati inferiori a quelli decisi a livello ministeriale, riduce significativamente il delta tra prezzo assicurato e prezzo realizzato al momento del raccolto e influisce negativamente sulla performance della polizza.
Sul fronte aziende agricole, persiste la difficoltà a testare nuove polizze in un periodo storico come quello attuale, ove i significativi ritardi nell’erogazione dei contributi hanno avuto come diretta conseguenza la disaffezione degli imprenditori dal mercato delle assicurazioni agevolate.
Infine, il fatto che i contributi pubblici sono erogati in applicazione del Reg. (UE) n. 1408/2013 ovvero in regime de minimis, rende incerta la natura del contributo stesso.

Ciò nonostante, volendo agevolare l’implementazione di tale polizza e poiché è in pieno corso la procedura legislativa che porterà alla definizione della PAC post 2020, probabilmente, nella prossima riforma, si potrebbe finanziare la polizza ricavi a livello europeo e non più con finanziamenti nazionali.
Questo significativo cambiamento, connesso anche a una maggiore pubblicità delle novità legate a tale polizza sperimentale, a una maggiore fiducia da parte del mercato assicurativo e all’allargamento della platea dei beneficiari della polizza, potrebbero portare a una diffusione capillare di questa nuova possibilità di copertura dei rischi.

 

BIBLIOGRAFIA

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La foresta schiantata dalla forza del vento (ottobre 2018)

Lo scorso anno, il 29 ottobre, una tremenda tempesta si è abbattuta sul quadrante nordorientale delle Alpi, provocando un’immane devastazione dei boschi alpini.
Il giorno successivo, le immagini mostravano diversi milioni di metri cubi di legname che in una sola notte erano crollati al suolo provocando una serie di danni all’intera filiera bosco-legno del Cadore e del Vicentino, del Trentino e dell’Alto Adige e della montagna friulana.

UN BREVE RIASSUNTO
La massa legnosa disponibile ha causato un immediato crollo del prezzo del legname sul mercato, ma ai problemi di carattere economico-occupazionale si aggiungevano anche altri aspetti:
• il pericolo del diffondersi di malattie e insetti patogeni, in primis il bostrico;
• la messa in sicurezza dei pendii che si sarebbero dovuti proteggere da valanghe, frane, smottamenti, funzione che il bosco faceva e dopo Vaia non sarebbe più riuscito a fare;
• la componente ambientale, perché Vaia ha impattato su habitat di pregio paesaggistico e zone con specie floristiche e faunistiche uniche.

COSA È STATO FATTO FINO AD OGGI?
LA RIMOZIONE DEL LEGNAME
La mossa più urgente da fare, come affermarono immediatamente i dottori agronomi e forestali, era rimuovere quanto prima la gran parte del legname, almeno il 70% della biomassa, entro i primi 3 anni. Un’azione urgente per evitare il diffondersi di parassiti e malattie e aggravare il rischio di dissesto idrogeologico.

Friuli: Fino ad oggi è stato tagliato ed esboscato circa il 35% del legname danneggiato. Dopo gli interventi urgenti iniziali sono stati progettati e affidati lavori per decine e decine di milioni di euro per il ripristino della sicurezza del territorio.
La Regione ha, inoltre, attivato una misura PSR (8.4.1) con una dotazione finanziaria di alcuni milioni per il ripristino e la messa in sicurezza di aree forestali danneggiate, le sistemazioni idrauliche, e il ripristino, l’adeguamento di viabilità forestale.

Veneto: Le estese superfici danneggiate in zone comode sono in fase di asportazione in una soddisfacente proporzione. Le zone scomode sono state affrontate solo in misura limitata; lo stesso dicasi per i danni poco concentrati e diffusi. Dove è stato individuato il rischio di valanghe o di dissesti (situazione estesa in alcuni territori) le utilizzazioni non sono state eseguite o addirittura formalmente contingentate.
Va aggiunto però che dati che circolano sulla percentuale di lavoro eseguito sono riferiti a un’entità del danno che, dalle prime cifre esposte a suo tempo, secondo i tecnici dell’Ordine è considerata sottostimata.

  1. Molte proprietà comunali, regoliere e demaniali hanno subito impatti diffusi che sono sfuggiti alle prime valutazioni. Riteniamo che siano stati sottovalutati i danni anche le proprietà private singole (che hanno di solito un controllo più blando).
  2. I metri cubi sono intesi come cormometrici (secondo i piani di riassetto forestale): sono però inferiori a quelli reali che, a differenza di altre situazioni, comportano proporzioni significative di ramaglie, cimali, ceppaie eccetera.

In Provincia di Bolzano le ultime rilevazioni certe (maggio 2019) parlavano di una quota poco sopra il 50% di legname schiantato rimosso (ca. 800.000 m³ su 1,5 milioni).
Siamo in attesa di un report realizzato dalla Provincia con dati ufficiali (uscirà in concomitanza con l’anniversario Vaia), ma partendo dalle osservazioni è lecito attendersi che percentuale esboscata ammonti a circa l’80% dell’abbattuto.
Rispetto all’entità e alla singolarità dell’evento calamitoso possiamo senz’altro ritenerlo un risultato più che buono.

LA FILIERA ECONOMICA
Il deprezzamento del legname può essere indicato in 1/5 del valore medio antecedente, con variazioni da 1/10 delle qualità d’eccellenza (alcuni lotti della Val Visdende) a 1/3 su quelli di qualità scadente (rimboschimenti nelle Prealpi).
Il rapido esbosco, la vicinanza al confine di Stato e l’intervento provinciale hanno inciso sull’andamento del prezzo del legname, che ha raggiunto mediamente i 50 €/m³ franco strada camionabile.

Stabilizzare i prezzi
Ripartire l’offerta di legname su un periodo più lungo serve a impedire la perdita di valore del legname stesso, sgravando il mercato e stabilizzando i prezzi.
Lo si può fare (o si sarebbe potuto fare in molte zone) con depositi dei tronchi a lungo termine, magari per la conservazione delle proprietà pregiate del legno nell’attesa di futuri acquirenti. Oppure lo si può conservare mediante essiccazione rapida all’aria, immersione in grandi bacini, aspersione/irrorazione con acqua o la conservazione in ambiente privo di ossigeno attraverso la copertura con teloni.
Il mantenimento del valore del legname tuttavia non è necessariamente garantito, poiché dipende fortemente dallo sviluppo del mercato ed è costantemente correlato a rischi e presenta costi diretti e indiretti elevati.

La filiera debole
In Veneto è alta la porzione di legname uscita dal territorio, principalmente in Austria ma anche in Cina.
La pressoché totale inesistenza di una filiera locale di trasformazione ha comportato l’esportazione del legname verso Paesi terzi, con un forte aggravio dei costi diretti e indiretti del trasporto e la mancata compensazione delle necessità nazionali di materia prima legno, con la concreta possibilità di dover riacquistare il nostro legname lavorato all’estero per le esigenze produttive locali.

Qualcosa si sta muovendo per la rinascita di una filiera forestale locale, con poche grandi segherie a livello regionale, ma si tratta di investimenti molto consistenti a fronte di incertezze sulla costanza di approvvigionamento della materia prima e con panorami di recessione che scoraggiano gli imprenditori.

Opportunità per i grossisti
Il prezzo è crollato, come era facile prevedere. La maggior parte del legname (a Bolzano) è stato acquistato da grossisti locali che lo conservano in depositi irrigati o da grossisti provenienti da oltre confine, come opportunità di investimento, che però non è priva di rischio.
Il prezzo basso ha reso appetibile l’acquisto, ma questo comporta un’immobilizzazione di notevoli capitali, nella maggior parte dei casi da prendere a prestito, e investimenti per realizzare depositi irrigati per lo stoccaggio qualitativo, che ha una massima durata di 3-4 anni.
La strategia è quella di rivendere il legname verso Paesi in grado di assorbire l’offerta, ad es. i Paesi asiatici, oppure stoccare la risorsa nella speranza che fra qualche anno il prezzo del legname si riprenda.
Sempre che non accada un altro evento simile in Europa centrale, mettendo in ginocchio l’impresa boschiva.

BOSTRICO E PARASSITI
L’annata trascorsa è stata fortunata dal punto di vista climatico: perché la neve invernale ha tardato ed è stato possibile esboscare quasi ininterrottamente anche nei mesi invernali, con poche eccezioni alle quote più elevate.
La neve caduta in tarda primavera ha invece influito sulle temperature, piuttosto rigide fino all’approcciarsi dell’estate, che unitamente ad un’estate piuttosto piovosa (in Alto Adige), hanno limitato il ciclo evolutivo del bostrico.
Allo stato attuale in provincia di Bolzano non si riscontra una proliferazione del coleottero. In Friuli e Veneto esistono situazioni localmente allarmanti, sviluppatesi verso fine estate, ma nell’insieme dipingono una condizione meno grave delle previsioni.

Minaccia scongiurata?
Non ancora, occorrerà attendere la prossima stagione calda per verificare se la rapidità di esbosco avrà avuto l’efficacia sperata nel contenere la proliferazione del parassita.

LA SICUREZZA DEL TERRITORIO
In Friuli sono stati attivati circa 600 cantieri per un ammontare di oltre 600 milioni per affrontare il problema di sicurezza.

In Veneto, quello che serve è una visione a livello di intero bacino idrografico: è stato importante e necessario ripristinare in fondovalle e le aste principali (priorità data dalla regione Veneto), ma ciò va collegato e integrato alle sistemazioni idraulico-forestali dei versanti e delle aste minori, anche con l’utilizzo di tecniche di intervento riconducibili alla “ingegneria naturalistica”, a basso impatto ambientale e di costo ridotto.
È innegabile che la tempesta Vaia abbia drammaticamente incrementato la fragilità di ampie porzioni di territorio, per cui c’è da aspettarsi che eventi meteorici non estremi attivino dissesti anche importanti, alimentati da materiale legnoso, sassi massi e terra, in situazione instabile a causa degli schianti: devono quindi essere rivalutate le situazioni di pericolo e di rischio idraulico, con pianificazione degli interventi secondo una scala di priorità a livello di bacino e scelte di pianificazione territoriale anche coraggiose.

In Alto Adige il primo intervento si è concentrato su due fronti: il coordinamento dell’esbosco con l’allocazione delle risorse forestali abbattute e la sistemazione e messa in sicurezza di infrastrutture e nuclei abitativi esposti. Fase questa che è tutt’ora in corso.
Al contempo è stata aumentata la capacità produttiva di tutti i vivai provinciali in previsione di rimboschire le zone maggiormente soggette a potenziale dissesto. Nella parte residua del territorio, la natura sarà lasciata al proprio corso, monitorando costantemente l’evoluzione dell’ecosistema.

IL MODELLO BOLZANO
Il caso modello è stata la Provincia di Bolzano, che ha realizzato un lavoro soddisfacente, perché le sinergie tra amministrazione pubblica, proprietari boschivi, professionisti e filiera foresta-legno hanno funzionato piuttosto bene a fronte dell’imprevista catastrofe.

Expertise specializzata
Ciò è avvenuto anche grazie anche alle capacità tecniche dei dipendenti provinciali (quasi tutti dottori forestali) che hanno rivelato una capacità professionale adeguata al caso poiché il coordinamento è fondamentale, per gestire una situazione così complessa.
Un caso del genere, infatti, impatta sull’agenzia per la protezione civile, sulla ripartizione foreste, sui distretti e ispettorati forestali, sull’ufficio pianificazione forestale, sull’ufficio economia montana, sul demanio forestale, sugli uffici dei bacini montani, sull’unione agricoltori e coltivatori diretti.
Ed è proprio nella gestione di eventi idrogeologici complessi che una figura polivalente come quella del dottore agronomo-forestale, con la propria preparazione multidisciplinare in materia di pianificazione e gestione del pericolo idrogeologico, di protezione civile e gestione forestale, unitamente alle competenze in materia di economia agricolo-forestale risulta indispensabile, come dimostra la riuscita dell’intervento coordinato post evento.

Collaborazione con i privati
La maggior parte dei proprietari boschivi coinvolti sono privati, il che ha comportato la necessità di coordinare un gran numero di soggetti, ma ha reso le procedure di intervento più snelle.
I proprietari sono stati direttamente coinvolti e in molti casi sono intervenuti in prima persona nell’esbosco.

7 PRIORITÀ PER IL 2020
L’Ordine dei dottori agronomi e forestali individua 7 priorità d’azione per il 2020.

  1. Azione non deve perdere di slancio, completando la rimozione del legname ancora al suolo.
  2. Diventa urgente il pronto intervento mirato al recupero della funzione protettiva del bosco, onde evitare rischi di valanghe o frane.
    Laddove il ripristino della funzione di protezione svolta dalla foresta diventa urgente e necessario, al fine di assicurare una rapida chiusura del manto forestale, intervenire con la piantumazione di specie arboree e arbustive autoctone, a supporto e integrazione delle opere di difesa attiva, che possono in questo caso avere anche carattere di provvisorietà.
    Nelle aree soggette a pericolo di fenomeni valanghivi si potrebbe in parte intervenire con opere in legname (rastrelliere, treppiedi, ecc.), utilizzando gli stessi tronchi distrutti dalla tempesta e attuando il rimboschimento artificiale tra le strutture realizzate. Questo tra l’altro evita di ricoprire completamente i versanti con impattanti e costose opere in acciaio e calcestruzzo.
  3. Per quanto concerne il ripristino della copertura forestale, il rimboschimento artificiale tramite piantagione o la semina trovano giustificazione solo in casi definiti e limitati, essendo da preferire la rinnovazione naturale, per motivi economici ma anche di sostenibilità complessiva. Il bosco dovrà essere lasciato per gran parte in libera evoluzione, così da creare un ecosistema più vario rispetto a quello dominato dall’abete rosso.
    Dove invece interverrà l’uomo, la scelta delle specie da utilizzare dovrà considerare la vegetazione potenziale, le condizioni stazionali attuali, la stabilità del nuovo bosco e i possibili futuri assetti climatici, probabilmente indirizzando la scelta su specie più adatte a sopportare un clima diverso da quello a cui siamo abituati.
  4. Il rischio bostrico dovrà essere costantemente monitorato, con un coordinamento comune per tutte le aree interessate (oltre i confini amministrativi di regioni e province), in collaborazione con l’Università di Padova.
  5. È necessario redigere un manuale con le procedure per contenere i danni in casi analoghi. Uno strumento che, in tempo zero, offra le indicazioni necessarie alla gestione della emergenza post tempesta: come agire, le misure – anche straordinarie – da adottare, le responsabilità e le competenze, dove reperire le risorse e quali sono le infrastrutture necessarie per la gestione di eventi catastrofici di questo tipo.
  6. È importante accompagnare le proposte tecniche con misure finanziarie, come prestiti a tassi d’interessi agevolati o a interesse zero per i proprietari dei boschi, anticipi (ad es. per i costi di taglio, allestimento ed esbosco del legname), il condono di tasse e imposte per le popolazioni delle aree colpite, lo stanziamento di risorse aggiuntive per la manutenzione di vie di comunicazione pubbliche molto sollecitate dal trasporto di legname.
  7. Il “modello Bolzano” ha dimostrato l’importanza di disporre di personale competente ai vari livelli (decisionali ed esecutivi), per far fronte in modo ottimale ai danni provocati da un grosso evento straordinario. È necessario che ci siano strutture organizzative appropriate, team motivati e procedure collaudate.

IL COINVOLGIMENTO SOCIALE
La tempesta Vaia ha creato un sentimento popolare di diffuso sgomento, che si è tradotto in azioni dal basso o comunque con risvolti di reciproca solidarietà.

  • Disciplinare “Filiera Solidale” di PEFC per le imprese che acquistano almeno il 50% del fabbisogno annuo di legname proveniente da schianti.
  • Le sezioni CAI si sono attivate con i propri soci per pulire i sentieri resi impraticabili dagli schianti
  • La vendita dei taglieri solidali, realizzati con legno schiantato, e del cui ricavato un euro sarà devoluto al sostegno di un progetto legato alla ricostituzione boschiva in funzione didattico-naturalistica
  • La racconta fondi del Touring Club per la ricostruzione dei Serrai di Sottoguda, nel territorio di Rocca Pietore (bandiera arancione Tci).
  • La raccolta fondi degli ultras del calcio per sostenere le popolazioni colpite da Vaia

Al di là dei risultati di queste azioni, è da sottolineare con positività il coinvolgimento di tutta la società, strettasi attorno alle popolazioni e ai territori colpiti.
Si tratta di un elemento da considerare come valore aggiunto e di identità quando sarà il momento di ripensare la pianificazione territoriale che desideriamo realizzare, evidenziando come gli aspetti coinvolti con il bosco sono sempre molti:

  • Economico, occupazionale e sostenibilità della filiera del legno
  • Ecologico e sanitario
  • Sicurezza territoriale
  • Filiera turistica e conservazione paesaggistica
  • Di identità territoriale e sociale
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Ripensare lo sviluppo locale, mantenendo il legame col territorio //www.agronomoforestale.eu/index.php/ripensare-lo-sviluppo-locale-mantenendo-il-legame-col-territorio/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ripensare-lo-sviluppo-locale-mantenendo-il-legame-col-territorio //www.agronomoforestale.eu/index.php/ripensare-lo-sviluppo-locale-mantenendo-il-legame-col-territorio/#respond Sun, 29 Jul 2018 06:38:36 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=66955 Lo sviluppo locale, fino ad oggi, è stato centrato sull’offerta agroalimentare coniugata con il turismo e l’offerta culturale. Una scelta che ha portato successi, com’è l’esempio delle strade del vino, ma ora è il momento di andare oltre offrendo ulteriori elementi di attrattività che aiutino un territorio a mostrare le proprie peculiarità mantenendo lo sguardo all’evoluzione del mercato.

UN CASO ESEMPLARE: Mobilità sostenibile per fruire della Real casina di caccia di Ficuzza, costruita nel parco della Ficuzza, riserva naturale, alla fine del Settecento per volere del re borbonico Ferdinando IV.

+ IL VANTAGGIO DI ESSERE AGRONOMO: sa mettere subito in valore gli elementi peculiari del territorio, sesso connessi al settore agroalimentare.

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