SDAF11 – DIRITTO AGRARIO, AMMINISTRATIVO E DELL’UNIONE EUROPEA – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Wed, 06 May 2020 14:09:27 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Vicenda Xylella fastidiosa: una questione irrisolta //www.agronomoforestale.eu/index.php/vicenda-xylella-fastidiosa-una-questione-irrisolta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vicenda-xylella-fastidiosa-una-questione-irrisolta //www.agronomoforestale.eu/index.php/vicenda-xylella-fastidiosa-una-questione-irrisolta/#respond Thu, 02 Apr 2020 11:01:46 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67609 L’olivicoltura pugliese ha dato segni di una decisa ripresa produttiva nel 2019. Dalla stima Ismea dello scorso novembre, si registra un incremento del 164,9% rispetto al 2018 (193.650 tonnellate contro le 73.108 della campagna del 2018 1). I dati non valgono per il Salento dove si osservano perdite decisamente importanti: si calcola un calo del 90-95% perché risultano produttive solo le piante di Leccino, il 5% degli ulivi. La causa è nota (quasi scontata): Xylella fastidiosa.

La diffusione della fitopatia causata dal batterio Xylella f., secondo i dati comunicati durante la seconda Conferenza Europea sul patogeno (ottobre 2019, Ajaccio), ha danneggiato circa 6,5 milioni di piante per un totale di almeno 53.800 ettari di oliveti (elaborazione relativa al 2017). La superficie regionale investita a olivo è di 375 mila ettari, ossia il 25% del suolo agricolo. La delimitazione esatta della zona infetta è stata modificata l’ultima volta dalla decisione di esecuzione della Commissione Europea (UE) 927/2018 che definisce l’intera provincia di Lecce e di Brindisi, molti comuni in provincia di Taranto e il comune di Locorotondo (Bari)2 come aree dove il batterio non è più eradicabile.
La vicenda che ruota attorno all’emergenza Xylella f. appare come un susseguirsi di atti normativi, europei, nazionali e regionali, che dichiarano il progressivo aggravarsi della situazione, all’interno di un’inarrestabile diatriba scientifica, politica, sociologica e anche culturale.

3 fasi per gestire il rischio fitosanitario
L’esame del rischio fitosanitario è un procedimento che si rivela sempre più necessario all’interno dell’Unione Europea. La globalizzazione e l’intensificazione dei commerci internazionali hanno aumentato il rischio di ingresso e diffusione di organismi nocivi in Paesi dove prima non erano conosciuti. Spesso essi si adattano facilmente al nuovo habitat distruggendo la flora locale.
Nel momento in cui si registra la loro presenza, l’Unione Europea ha disposto delle procedure per garantirne il controllo, il contenimento e/o l’eradicazione (dir. (CE)2000/29, reg. (UE)2016/2031).
L’esame della situazione generata dalla presenza degli organismi nocivi per i vegetali e i loro prodotti si basa sul procedimento di valutazione del rischio fitosanitario che comprende tre fasi:

  1. risk assessment, esame dal punto di vista scientifico svolto dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), nello specifico dal Gruppo di esperti per la salute delle piante che utilizza precisi metodi per redigere un parere scientifico ed è spesso coadiuvato anche da enti scientifici statali;
  2. risk management, in cui la Commissione Europea decide, sulla base dei risultati scientifici, come gestire la diffusione dell’organismo cercando di eradicarlo, facendo anche un calcolo degli interessi e dei benefici (si rivela necessario talvolta applicare il principio di precauzione);
  3. risk communication, fase che permea le altre due, indipendenti l’una dall’altra ma connesse tra loro, per assicurare che ogni azione sia effettuata sulla base della precisa conoscenza del problema e che tutti i soggetti interessati ne siano informati.

Il caso della diffusione della Xylella Fastidiosa è utile per comprendere questo procedimento. Le difficoltà presentatisi durante la gestione di questa fitopatia sono derivate per lo più da una sfiducia negli esperti scientifici e nelle autorità – europee, statali e regionali – causata da una comunicazione poco precisa, grossolana, scettica e intrisa da uno storytelling semplice e convincente.
Le misure imposte dall’Unione Europea sono state spesso ostacolate e l’espandersi della fitopatia ha costretto il loro irrigidimento (dec. es. (UE)2015/789).
Inizialmente le lacune scientifiche non hanno agevolato il controllo di Xylella fastidiosa e il susseguirsi di atti normativi è anche indice dell’aggiornamento continuo delle numerose ricerche.

Breve cronistoria degli interventi del legislatore
Le difficoltà che si sono frapposte in questi ormai 7 anni hanno inevitabilmente allontanato la possibilità di risoluzione definitiva del problema3. Il quadro normativo di riferimento è stata la direttiva (CE) 29/2000, oggi sostituita dal regolamento (UE) 2031/2016 (in vigore dal 14.12.2019).
Il 29 ottobre 2013 la Regione Puglia ha emanato il primo atto determinante le misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e la eradicazione del batterio da quarantena e ha suddiviso una porzione del territorio leccese in quattro zone, in base alla presenza dell’organismo nocivo.
A partire dal 2015, la decisione di esecuzione della Commissione Europea (UE) n.789/2015 (e s.m.i.)4 definisce ed aggiorna i limiti delle aree interessate dalla fitopatia.
Sono individuate una zona infetta (come sopra citato ex dec. es. (UE) n.927/2018) e una zona cuscinetto (larga da 1 a 5 km dal confine con quella infetta – art.4). All’interno delle zone delimitate, l’art.6, par.2 impone di svellere – dopo appropriati trattamenti fitosanitari, art.6, par.4 – non solo la pianta infetta ma anche tutte le piante che si trovano nei 100 m attorno ad essa e potenzialmente ospiti del batterio (indipendentemente dal loro stato di salute)5, notoriamente infette e che presentano sintomi della possibile infezione o sospette contagiate (salva l’eccezione per le piante ospiti di importante valore storico prevista al par.2bis). L’art.7 invece indica specifiche misure di contenimento ad hoc per la zona infetta, secondo le quali è possibile abbattere solo la pianta contagiata (previ idonei trattamenti fitosanitari -art.7, par.4), effettuando successivamente analisi sui vegetali ospiti nei 100 m circostanti. L’eradicazione avviene sulla base di monitoraggi annuali svolti almeno nei siti di produzione e di raccolta o spedizione di vegetali, in prossimità di piante dal valore sociale, culturale o scientifico e nei 20 km dal confine con la zona cuscinetto (art.7, par.7).
La ricostituzione economico-paesaggistica delle aree infette è incentivata grazie alla possibilità di reimpiantare olivi nei siti dov’è assicurata la protezione contro gli insetti vettori del batterio, nonché nelle zone in cui si attuano misure di contenimento, tranne nella fascia di 20 km a ridosso della zona cuscinetto (art.5)6 . Devono essere predilette varietà resistenti o tolleranti; attualmente sono concesse Leccino e FS17®, in attesa di risultati ulteriori da test in corso (compresa la tecnica del sovrainnesto per salvare gli alberi monumentali).
Le rigide disposizioni della decisione in questione hanno fatto discutere, divenendo oggetto di alcuni ricorsi amministrativi, uno dei quali giunto sino in Corte di Giustizia Europea. La sentenza tranchant del 9 giugno 2016 ha confermato l’idoneità delle misure di eradicazione, necessarie, appropriate e proporzionate per assicurare un elevato livello di protezione fitosanitaria sulla base dei dati scientifici noti7.

La condanna dell’Europa
Nonostante la loro applicazione a livello nazionale nel decreto MIPAAF del 13 febbraio 2018, n.4999, più conosciuto come Decreto Martina, declinate a livello regionale, secondo l’ultimo intervento legislativo, dalla determinazione della Giunta Regionale del 24 ottobre 2018, n.1890 e dalla determinazione del Dirigente Sezione Osservatorio Fitosanitario del 23 novembre 2018, n.727, l’Italia è stata condannata dai giudici di Lussemburgo il 5 settembre 2019 a causa dei ritardi nell’esecuzione di monitoraggi e operazioni di eradicazione nella zona di contenimento, favorendo così la diffusione della fitopatia8. La Corte di Giustizia ha basato il giudizio sui dati ottenuti dall’audit condotto tra maggio e giugno 2018 dalla Commissione9 secondo la quale solo il 10,7% delle oltre 3000 piante risultate positive nel 2017 erano state rimosse al momento dell’ispezione europea. Si segnalano anche i monitoraggi effettuati in periodi sbagliati, conclusi proprio nel momento in cui la sputacchina (Philaenus Spumarius, vettore principale della Xylella f.) inizia a volare sugli alberi, infettandoli. Lo stesso report sottolinea che più del 90% dei casi positivi individuati nella campagna del 2016 è stato rinvenuto in prossimità di piante infette rilevate nel corso del 2015 ed estirpate con gravi ritardi.

I punti deboli della gestione della malattia
La sentenza ha evidenziato i maggiori punti deboli della gestione della malattia. Il MIPAAF ha cercato di snellire e velocizzare le procedure di eradicazione degli olivi infetti attraverso l’emissione del Decreto Emergenze (D.L. 29 marzo 2019, n.27), convertito con L. n.44 del 21 maggio 2019, secondo la quale le misure emergenziali, compreso l’abbattimento, saranno effettuate in deroga a ogni disposizione vigente e ogni eventuale vincolo10. La norma vale anche per gli olivi monumentali, salva l’eccezione in cui, malgrado la loro prossimità ad una pianta malata e l’estirpazione necessaria di un dato areale, non risultino infetti11. Inoltre, le eradicazioni volontarie potranno essere condotte (nella zona infetta tranne nella zona di contenimento) per 7 anni dalla comunicazione alla Regione, in deroga ai divieti imposti dal decreto luogotenenziale n.475/1945, a ogni altro eventuale vincolo ed alla sussistenza di VAS e VIA12.
È stata attuata dunque una sorta di liberalizzazione delle operazioni di abbattimento ma, ci si deve assicurare che esse vengano effettuate “immediatamente” (ex art.6, par.2, dec. es. (UE) n.789/2015), non trasformando ancora una volta il ritardo in uno strumento utile al contagio.
Due problemi strutturali hanno favorito il diffondersi di Xylella f. e complicano le attività di controllo degli ispettori (senza contare quelli legati ai monitoraggi): l’abbandono degli oliveti e la frammentazione fondiaria. Si calcola che l’85% del totale della superficie agricola utile (SAU) della provincia di Lecce corrisponda ad aziende i cui terreni sono pari al massimo a due ettari. Molte proprietà sono a conduzione familiare, parte di residenze estive o appartengono a coltivatori anziani non più interessati alla coltivazione. Sono necessari quindi concreti programmi che incentivino e contribuiscano al recupero dei terreni attraverso forme di accorpamento fondiario, rilancio della filiera, eventuale riconversione della coltura e diversificazione dell’economia grazie ad attività (agro)turistiche13. In questo senso, il Protocollo di Intesa tra la Regione, il MIPAAF e il MiBACT14 semplifica il reimpianto nelle zone infette , svincolandolo dall’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza e delle Commissioni Paesaggistiche.
Il 6 marzo 2020, in rilevante ritardo, è stato finalmente firmato il decreto attuativo dell’art. 8 quater del D.L. n.27/2019, che istituisce un fondo di 300 mln di euro per la realizzazione del “Piano strategico per la rigenerazione olivicola della Puglia” per il rilancio delle zone infette15, che si affiancherà alle misure previste dal PSR 2014-2020.

La percezione del rischio
Queste strategie tuttavia saranno poco efficaci se non si interviene parallelamente anche sugli aspetti comunicativi e culturali. Sin dal 2013 la vicenda è stata oggetto di contrastanti interpretazioni, che hanno inevitabilmente mutato la percezione del rischio (ma anche del pericolo16) ed indebolito la fiducia nei confronti degli esperti (raggiungendo l’apice nel 2015 con il decreto di sequestro preventivo d’urgenza e la denuncia di 9 di essi, più il Commissario delegato Silletti, archiviato il 3 maggio 2019). Il valore, sia economico, sia culturale, ricoperto dall’olivo all’interno del tessuto sociale pugliese ha fatto sì che tutti si sentissero in dovere di manifestare il proprio pensiero, dando vita a numerosi movimenti e associazioni contrari alla gestione istituzionale della fitopatia17. I canali istituzionali non paiono dunque sufficienti ad arginare fake news, teorie complottiste e correnti alternative che hanno generato una sorta di cesura sociale ed incentivato il mancato rispetto delle misure.
Considerati gli ingenti danni che Xylella f. sta causando all’olivicoltura pugliese e italiana (un terzo delle olive in Italia è prodotto in Puglia), rinvii e mancanza di una linea comune sono ingiustificabili, a maggior ragione dopo 7 anni dall’insorgere dell’emergenza (oggi difficilmente ancora definibile tale). La sovrapposizione di più profili (economico, ambientale, fitosanitario, politico, giuridico, sociale) ha complicato la risoluzione della vicenda, tanto da rendere oggi ineredicabile il batterio e da costringere ad una faticosa convivenza.

Lo studio originale
La gestione del rischio fitosanitario nel diritto agroalimentare europeo ed italiano: il caso Xylella
Trento Law and Technology, Research Group – Student Paper n. 44

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/vicenda-xylella-fastidiosa-una-questione-irrisolta/feed/ 0
Consulenza in agricoltura: stato dell’arte e prospettive future //www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-stato-dellarte-e-prospettive-future/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=consulenza-in-agricoltura-stato-dellarte-e-prospettive-future //www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-stato-dellarte-e-prospettive-future/#respond Fri, 15 Feb 2019 09:12:16 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67206

Foto di Maria Teresa Mazzarosa

La proposta di riforma della Commissione Europea pone i servizi di consulenza al centro del “Nuovo modello di attuazione” della PAC post 2020.
Per ottenere una politica agricola maggiormente orientata ai risultati e capace di utilizzare in maniera efficiente i soldi pubblici, i futuri “piani strategici nazionali sulla PAC” dovranno includere, infatti, un sistema per fornire servizi di consulenza per gli agricoltori e gli altri beneficiari del sostegno della PAC.
Tali piani saranno pertanto verosimilmente incentrati sulla figura del consulente aziendale specializzato in grado tradurre le regole stabilite a Bruxelles e a Roma e spiegarle agli imprenditori agricoli e rurali.
Occorre tuttavia precisare che i servizi di consulenza non rappresentano una novità assoluta all’interno della PAC, quanto piuttosto una riproposizione – questa volta in chiave strategica – di una figura-cardine per una corretta attuazione ed esecuzione delle misure di politica agraria, funzionale a una piena realizzazione degli obiettivi di policy.

La definizione di consulente in agricoltura
Attualmente, infatti, i servizi di consulenza aziendale (Farm advisory systems) vengono definiti a livello europeo dall’articolo 12 del Reg.(UE) 1306/2013 (cosiddetto Regolamento orizzontale sulla PAC) e vengono anche incentivati da una specifica misura prevista dal Reg.1305/2013 (Regolamento sullo sviluppo rurale).
Tralasciando il ruolo finora svolto dai PSR regionali – del tutto marginale, tra l’altro, a causa di diversi dubbi interpretativi, solo di recente chiariti dal Regolamento Omnibus – bisogna comunque tener presente che una definizione ufficiale di consulente agricolo già esiste nel nostro paese.
Più in dettaglio, il sistema di consulenza aziendale in agricoltura è stato istituito in Italia, a recepimento della normativa comunitaria, dall’art. 1-ter del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n.116. Un successivo atto normativo, il Decreto del 3 febbraio 2016 n. 12593, ha poi stabilito le necessarie disposizioni attuative.

Tale decreto stabilisce che i consulenti operano per mezzo di organismi di consulenza, ovverosia organismi pubblici o privati che prestano servizi di consulenza, che devono rispettare alcuni requisiti specifici:

  • avere, tra le proprie finalità, le attività di consulenza nel settore agricolo, zootecnico o forestale;
  • disporre di uno o più consulenti in almeno uno degli ambiti di consulenza individuati dall’allegato 1 del decreto, che non siano in posizioni di incompatibilità;
  • nel caso di organismi privati di consulenza aziendale, essere costituiti anche in forma societaria, con atto pubblico, in una forma associativa consentita per l’esercizio dell’attività professionale.

La verifica di tali requisiti e il riconoscimento degli organismi di consulenza spetta alle Regioni e alle Province nel caso di organismi privati, mentre per gli organismi pubblici la possibilità di effettuare il riconoscimento è estesa anche al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e al Ministero della Salute.

Il Decreto del 3 febbraio 2016 provvede, inoltre, a inquadrare la figura di consulente agricolo. Egli è definito come “la persona fisica, in possesso di qualifiche adeguate e regolarmente formata, che presta la propria opera per la fornitura di servizi di consulenza e i destinatari del servizio di consulenza sono gli agricoltori, i giovani agricoltori, gli allevatori, i silvicoltori, i gestori del territorio e le PMI insediate in zone rurali”.
Nel dettaglio, il possesso di adeguate qualifiche è ritenuto soddisfatto per gli iscritti agli ordini e ai collegi professionali per i rispettivi ambiti di consulenza, mentre per gli ambiti di consulenza non di competenza esclusiva degli iscritti a un albo occorre dimostrare il possesso del titolo di studio e una documentata esperienza lavorativa di almeno tre anni oppure attestato di frequenza a corsi di formazione specifici.
Infine, il requisito di regolare formazione risulta rispettato per gli iscritti agli ordini e ai collegi professionali in regola con gli obblighi di formazione continua obbligatoria.

Possibili evoluzioni
In materia di consulenza, dunque, la proposta di riforma della Commissione agisce in un certo senso in continuità con l’attuale normativa comunitaria, assegnando però un ruolo strategico ai servizi di consulenza nell’ambito del processo di attuazione della futura PAC basato sul “Nuovo modello di attuazione”.
Tuttavia, al momento la proposta non consente di delineare con certezza possibili novità o modifiche che potrebbero riguardare la definizione del consulente agricolo, né tantomeno di prevedere le modalità e criteri secondo i quali tali consulenti potranno operare all’interno; tutti aspetti, questi ultimi, che ciascuno stato membro dovrà specificare nel Piano strategico nazionale sulla PAC.

Una corsa contro il tempo
D’altronde l’iter legislativo, che coinvolge Parlamento europeo, Commissione e Consiglio dei ministri agricoli nell’approvazione della futura riforma della PAC si preannuncia lungo e irto d’ostacoli. Il primo avversario è il tempo. Ad oggi, appare infatti molto difficile (se non praticamente impossibile) che la PAC possa essere approvata prima delle elezioni del Parlamento europeo della primavera 2019; in tempo utile cioè per un’eventuale entrata in vigore dei regolamenti già dal primo gennaio 2021 (vedi box).
Senza dimenticare un dettaglio tutt’altro che trascurabile, ovverosia la necessità di un lasso di tempo congruo affinché gli Stati Membri possano licenziare i loro Piani strategici nazionali.
In un quadro dominato dall’incertezza, tuttavia, il ruolo-chiave affidato ai servizi di consulenza in agricoltura per il post 2020 appare come un dato di fatto, quasi incontrovertibile sul quale fare affidamento per guardare con fiducia alla PAC del futuro.

Scenario delle tempistiche necessarie alla riforma della PAC

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-stato-dellarte-e-prospettive-future/feed/ 0
Consulenza in agricoltura: le novità della proposta per la PAC post 2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-le-novita-della-proposta-per-la-pac-post-2020/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=consulenza-in-agricoltura-le-novita-della-proposta-per-la-pac-post-2020 //www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-le-novita-della-proposta-per-la-pac-post-2020/#respond Fri, 15 Feb 2019 09:12:12 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67196

Foto di Enrica Martinetti

Lo scorso primo giugno la Commissione Europea ha presentato la proposta di riforma per la PAC post 2020. Le bozze di regolamento pubblicate costituiscono un ulteriore importante tassello nella definizione degli strumenti e dei metodi che verranno adottati per sostenere l’agricoltura dell’Ue-27 dopo il 2020.
Tra le tante novità che la proposta introduce, ne emerge una di sicuro interesse per i Dottori Agronomi e i Dottori Forestali italiani. Essa riguarda il ruolo strategico assegnato ai servizi di consulenza aziendale per un’efficace ed efficiente gestione della PAC post 2020.

Perché la UE punta sulla consulenza?
Nello specifico, la proposta prevede un Nuovo modello di attuazione (NMA) della PAC per una politica maggiormente orientata ai risultati.
Tale modello sarà basato su un Piano strategico per la PAC redatto dagli Stati membri che riguarderà la gestione dei pagamenti diretti e dello sviluppo rurale. All’interno di tale piano, ciascuno Stato prevedrà l’istituzione di un sistema per fornire servizi di consulenza agli agricoltori e agli altri beneficiari del sostegno della PAC.
Il sistema di consulenza sarà altamente funzionale al funzionamento del NMA, facilitando il raggiungimento dei risultati specificati nel Piano strategico e migliorando, di conseguenza, l’efficienza della spesa pubblica della PAC (figura 1).
Tale obiettivo potrà essere realizzato coinvolgendo nel sistema di consulenza aziendale professionisti, ricercatori, organizzazioni dei produttori e altri portatori di interesse che potranno contribuire ad aumentare la qualità del capitale umano in agricoltura operando un’opera di trasferimento delle conoscenze mediante azioni di intermediazione e facilitazione.

Figura 1- Il ruolo della consulenza aziendale nella proposta sulla PAC post 2020


Quali sono le opportunità che si aprono per gli agronomi?
La proposta di fatto riconosce nel trasferimento delle conoscenze un “moltiplicatore” della spesa pubblica destinata all’agricoltura e pertanto sostiene il ruolo strategico operato dai consulenti aziendali e dagli altri portatori di interessi pertinenti che formano i sistemi di conoscenza e innovazione in campo agricolo (Agricultural Knowledge and Innovation Systems, noto anche come AKIS).
Scendendo nel dettaglio la proposta prevede che i servizi di consulenza aziendale coprano gli aspetti economici, ambientali e sociali e forniscano informazioni scientifiche e tecnologiche aggiornate, sviluppate mediante la ricerca e l’innovazione.

In particolare, i servizi di consulenza dovranno riguardare almeno i seguenti aspetti:

(a) i requisiti, le condizioni e gli impegni applicabili agli agricoltori e agli altri beneficiari stabiliti nel piano strategico della PAC, compresi i requisiti e le norme nell’ambito della condizionalità e le condizioni per i regimi di sostegno
(b) le informazioni sugli strumenti finanziari e sui piani aziendali istituiti a norma del piano strategico della PAC;
(c) i requisiti definiti dagli Stati membri per applicare la direttiva acque, la direttiva habitat, la direttiva uccelli, la direttiva sulla qualità dell’aria, la direttiva sulla riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, il regolamento sulle malattie animali trasmissibili, il regolamento sull’uso dei prodotti fitosanitari e la direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi.
(d) le pratiche aziendali che prevengono lo sviluppo della resistenza antimicrobica;
(e) la gestione del rischio in agricoltura;
(f) il sostegno all’innovazione, in particolare per la preparazione e l’attuazione di progetti di gruppi operativi del PEI-agri;
(g) lo sviluppo delle tecnologie digitali nell’agricoltura e nelle aree rurali.

La proposta della Commissione prevede poi un supporto finanziario ai servizi di consulenza. Esso sarà erogato nell’ambito di una specifica misura del secondo pilastro della PAC (politica di sviluppo rurale).
Nel caso della creazione di servizi di consulenza aziendale, gli Stati membri potranno concedere un sostegno limitato nel tempo, sotto forma di un importo fisso di 200mila euro per lo scambio di conoscenze e di informazioni tra aziende agricole, silvicole e rurali.
Nell’ambito di questo tipo di interventi gli Stati membri possono coprire fino al 75% dei costi sostenuti per azioni intese a promuovere l’innovazione, l’accesso alla formazione e alla consulenza e lo scambio e la diffusione delle conoscenze e delle informazioni.

Consulenza evidence-based per un’agricoltura smart
In conclusione, le bozze dei regolamenti della PAC post 2020 lasciano intravvedere che nel prossimo futuro la consulenza avrà un’importanza centrale nel processo di trasferimento delle conoscenze, funzionale al raggiungimento degli obiettivi e dei risultati della politica agricola europea.
I consulenti agricoli dovranno farsi trovare pronti, puntando alla formazione professionale continua e sposando un approccio basato sulle evidenze scientifiche e su tecniche di comunicazione che siano al passo coi tempi e in grado di soddisfare il fabbisogno di conoscenza degli imprenditori agricoli. È questa infatti la strada che potrà portare il consulente del futuro a contribuire in maniera decisiva ad aumentare il tasso di «conoscenza per ettaro» delle aziende agricole.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/consulenza-in-agricoltura-le-novita-della-proposta-per-la-pac-post-2020/feed/ 0
La prossima PAC per gli iscritti all’Ordine //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-prossima-pac-per-gli-iscritti-allordine/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-prossima-pac-per-gli-iscritti-allordine //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-prossima-pac-per-gli-iscritti-allordine/#respond Fri, 15 Feb 2019 09:12:00 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67189

Gianluca Carraro, Consigliere CONAF coordinatore del Dipartimento Politiche comunitarie ed internazionalizzazione

Copre il 48% del territorio UE, occupa 44 milioni di posti di lavoro, garantisce sicurezza alimentare per 500 milioni di consumatori e produce esportazioni di prodotti agroalimentari per circa 138 mld€. É l’agricoltura dell’Unione Europea.
Con questi numeri è scontato che il relativo strumento di programmazione e governo, la Politica Agricola Comunitaria (PAC), rivesta un ruolo chiave non solo nelle politiche comunitarie ma negli stessi complessi equilibri fra Stati Membri (SM).
Si tratta infatti di decidere come spendere il 28,5% del bilancio comunitario che, in valore assoluto, vale circa 52 miliardi di euro all’anno.


Un quadro articolato

In questi mesi che si sta discutendo la struttura della “nuova” PAC che andrà a caratterizzare il comparto agricolo dal 2021 al 2027.
La tornata elettorale europea e la BREXIT, non ancora definita, complicano un quadro già di per sé estremamente articolato:

  • il reddito degli agricoltori (senza il sostegno PAC) è mediamente inferiore del 50% al reddito medio (stipendi e retribuzioni lordi medi del totale dell’economia-prezzi correnti-Italia),
  • la variabilità del reddito agricolo è notevole e almeno il 20% degli agricoltori, ogni anno, subisce una perdita di reddito (già magro) di oltre il 30% della media dei tre anni precedenti,
  • gli eventi catastrofici nel mondo, per cause meteo o idrologiche o climatiche, sono in evidente crescita (erano circa 200 nel 1980, se ne sono contati 700 nel 2016),
  • gli impatti sulle componenti ambientali, specie in alcune regioni non possono essere sottovalutati (es.: eccedenza di azoto in pianura padana),
  • manca un effettivo ricambio generazionale,
  • questioni come la sicurezza alimentare non possono essere trascurate.


Verso la nuova PAC

Lo sforzo è quello di passare dalla PAC degli ultimi anni (l’attuale quadro normativo risale al 2015) essenzialmente basata sulla conformità alle regole comunitarie (talvolta complicate dagli stessi Stati Membri), con controlli rigidi e richieste di regole più precise da parte della Commissione europea, a una PAC con sostegni mirati e incentrata sui risultati.

Ogni SM dovrà redigere un suo Piano Strategico (PS) che dovrà essere caratterizzato da maggiori ambizioni su clima, ambiente, alimentazione (alimenti sani, nutrienti, sostenibili riducendo gli sprechi alimentari), salute e benessere animale.
Gli SM saranno incoraggiati ad usare “big data” per il controllo e il monitoraggio, non solo del territorio ma anche per la precompilazione delle domande, e sarà incoraggiata la digitalizzazione della stessa vita rurale (dall’agricoltura di precisione alla banda larga) e la consulenza aziendale.
Un ruolo fondamentale l’avranno i servizi di consulenza per azioni ambientali e legate al clima, per la ricerca e sviluppo, per la promozione del consumo, sino ad azioni più di dettaglio: a titolo di esempio si riporta la possibilità di classificare nuove specie di Vitis e varietà di uve da vino aggiuntive (resistenti alle più comuni malattie e quindi a minore input di agrofarmaci).
Con approcci di tipo AKIS (dall’inglese Agricultural Knowledge and Innovation System) si rafforzerà l’interazione tra consulenti, ricercatori, reti rurali in materia di condizionalità, biodiversità, acqua, aria e uso pesticidi, resistenza antimicrobica, gestione del rischio sostegno all’innovazione.

Per questo motivo diventa interessante conoscere bene il riferimento normativo sulla consulenza, che si trova all’art. 13 della proposta di REG. CE Bruxelles, 1.6.2018 COM (2018) 392 final 2018/0216 (COD) (pagina 49).


2 pilastri per il nuovo ruolo di agronomi e forestali

In questo contesto evolutivo l’architettura della PAC, a giudizio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali, dovrebbe essere articolata su due pilastri:

1. un primo pilastro con due elementi di premio, uno per la condizionalità ambientale e alimentare ed uno per la protezione del rischio reddito;
2. un secondo pilastro basato sulle nuove tecnologie (dell’infrastruttura e di una piattaforma digitale), sulla conoscenza e il trasferimento dell’innovazione e sullo sviluppo delle identità paesaggistiche dei territori dove si pratica una agricoltura di cura e custodia del territorio.

In questo rinnovata architettura giuridica, l’introduzione della figura dell’imprenditore rurale rappresenta un elemento essenziale per consentire l’attuazione del secondo pilastro.


4 aree di intervento

In concreto sono state individuate quattro macro-aree (MA) nelle quali apportare miglioramenti per migliorare l’efficacia e l’efficienza della PAC.
Esse riguardano rispettivamente:

1) Gli obiettivi di policy

  • una PAC moderna deve contribuire a mantenere livelli di occupazione tali da evitare lo spopolamento delle aree rurali; si rende pertanto necessario trovare meccanismi di calcolo che premino le imprese che garantiscono livelli di occupazione più alti, intendendo tra gli “occupati” non solo i dipendenti a tempo indeterminato, ma anche gli avventizi, i componenti familiari, i consulenti esterni dell’azienda e comunque tutte le unità coinvolte nel lavoro a qualunque titolo;
  • occorre perseguire gli obiettivi di valorizzazione delle produzioni di qualità e della salubrità degli alimenti mediante la definizione di target specifici e apposite forme di incentivazione; bisogna valorizzare la trasparenza nella produzione del cibo (i tecnici devono dare risposte chiare e precise a chi usa il cibo e il territorio ai fini agricoli), la rintracciabilità (servono dati accurati sulla provenienza e la trasformazione) e gli effetti benefici sul consumatore;
  • si rende necessaria e obbligatoria per tutti (al pari della RC auto) l’assicurazione delle produzioni agricole al fine di garantire almeno la costanza di redditi in agricoltura.


2) La semplificazione amministrativa e burocratica

  • è urgente e necessario ridurre i gravami amministrativi che creano ritardi nell’applicazione delle politiche agricole a livello nazionale e regionale, semplificando i meccanismi per l’accesso ai pagamenti e ricercando nuovi strumenti che consentano di assegnarli tenendo conto della dinamicità aziendale (intesa come variazione delle superficie condotte nel tempo);
  • il premio per ettaro, pur essendo ancora oggi la base di riferimento (facilmente misurabile) dell’erogazione dei premi, è auspicabile che venga ponderato con altri parametri che tengano conto per esempio della qualità e salubrità degli alimenti, dell’ubicazione aziendale in aree marginali con possibilità da parte dell’agricoltore di scegliere la misura da valorizzare nel suo contesto aziendale: è l’agricoltore che decide quali obiettivi di policy perseguire.


3) I servizi e le attività di innovazione

  • la creazione e lo sviluppo di servizi ICT in aree rurali (compreso il potenziamento della banda larga) consentirà ai consulenti il migliore trasferimento delle conoscenze;
  • l’adozione e lo sviluppo di innovazioni nel settore primario favorirà la cooperazione fra partner privati, consulenti e istituti di ricerca, e costituirà il volano dello sviluppo;
  • gli investimenti strutturali (per esempio la laminazione in agricoltura per rispondere alle precipitazioni straordinarie, le minime lavorazioni per contenere l’erosione, gli inerbimenti e i drenaggi per ridurre la lisciviazione dell’azoto) assumeranno un ruolo prioritario per fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici e ridurre l’impatto ambientale;
  • la raccolta dei dati metereologici aziendali e dell’andamento delle popolazioni di microorganismi ed entomofauna e la loro messa in rete consentiranno di predisporre piani d’azione efficaci per la lotta a “nuovi” insetti (cimice asiatica-frutta, punteruolo rosso-palma), a “nuovi” batteri (xylella-olivo; colpo di fuoco batterico erwinia amylovora-pomacee), a “nuovi” virus (sharka-drupacee plum pox virus;).


4) La consulenza aziendale

  • dovranno essere istituite reti di sistemi di consulenza specialistica indipendenti (per ciascuno Stato Membro) al servizio delle aziende agricole, finalizzati per esempio a favorire una vera produzione integrata, la promozione delle migliori pratiche agronomiche e lo scambio di conoscenze fra regioni e SM;
  • altrettanto importante sarà la promozione della formazione continua degli agricoltori e dei consulenti con azioni mirate all’internazionalizzazione (viaggi di studio in Paesi UE ed extra UE, programmi Erasmus “agricoli” per giovani agricoltori e consulenti, ecc.);
  • la delega ai consulenti quali i Dottori Agronomi e Forestali risulterà fondamentale anche per semplificare la gestione burocratica: sotto la propria responsabilità saranno i professionisti a gestire i fascicoli delle domande (PAC e PSR) in sostituzione o affiancamento alla pubblica amministrazione, e loro provvederanno (in una logica di separazione delle competenze e responsabilità) ad attestare/certificare situazioni di fatto, investimenti, collaudi, ecc.;
  • la redazione di bilanci CO2 e di eco-scheme, l’utilizzo di programmi LIFE, la realizzazione di investimenti eco-friendly, la promozione della rotazione colturale invece della diversificazione colturale, la migliore gestione dei nutrienti con riguardo alla qualità acqua, la riduzione dell’erosione (idrica-eolica), la copertura del suolo nei periodi più sensibili, l’utilizzo di legumi da foraggio per ridurre le emissioni GHG (positive esperienze spagnole), la progettazioni di siepi e boschetti (a carattere permanente e non rimossi alla bisogna), saranno solo alcune delle azioni che la consulenza dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali porrà in essere per migliore l’impronta ecologica e l’efficienza aziendale contribuendo a creare valore aggiunto comunitario.

In un contesto in cui la Commissione ribadisce che la futura programmazione vedrà una semplificazione rispetto all’attuale periodo, stabilendo meno regole a livello dell’Unione europea e fornendo maggiore sussidiarietà e responsabilità agli Stati Membri, il ruolo dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali è quanto mai irrinunciabile.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/la-prossima-pac-per-gli-iscritti-allordine/feed/ 0
La Direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nella filiera alimentare //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare //www.agronomoforestale.eu/index.php/la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare/#respond Thu, 07 Feb 2019 10:33:57 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67182

Il 19 dicembre 2018 è stato trovato un accordo politico sulla Direttiva europea sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nella filiera alimentare.

La Direttiva si propone di integrare e rafforzare le legislazioni nazionali in materia, vigenti già in 20 Paesi (tra cui l’Italia, con l’articolo 62 della legge 27/2012), migliorando il funzionamento della filiera alimentare e proteggendo gli agricoltori sul mercato vietando pratiche commerciali ritenute sleali.
I pratica, essa rappresenta una “armonizzazione minima” che gli Stati membri possono ulteriormente approfondire in sede di recepimento aumentando i vincoli.

Abbiamo approfondito il tema con Paolo De Castro, relatore della Direttiva nonché Vicepresidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo.

PER APPROFONDIRE

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/la-direttiva-europea-sulle-pratiche-commerciali-sleali-tra-imprese-nella-filiera-alimentare/feed/ 0