SDAF13 – PIANIFICAZIONE TERRITORIALE, RURALE ED URBANA – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Wed, 10 Jan 2024 17:36:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Agricoltura slegata dal territorio, le vere cause delle alluvioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni/#respond Fri, 07 Apr 2023 06:31:31 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68426 I cambiamenti climatici (causati anche dall’agricoltura e dagli allevamenti industriali alimentati con ogm, prodotti distruggendo le foreste primarie) scaricano sempre più acqua sulle terre.
La chiamano agricoltura conservativa, sostenibile, integrata quando vogliono accedere ai fondi europei agro-climatico-ambientali destinati al restauro del territorio e della fertilità, all’agroecologia. Ciò a cui assistiamo, però, è il livello insostenibile di accumulo e bio-accumulo di chimica, con la contemporanea distruzione dell’humus nei terreni.

Per cambiare rotta, è necessaria in primis la revisione del programma agricolo nazionale di Sviluppo Rurale, già bocciato a Bruxelles, poi miracolosamente approvato.
Così come l’intera politica agro-ambientale europea, affinché il sostegno al reddito agricolo vada solo a chi produce in modo agroecologico, ossia ai produttori e agli allevatori biologici. A loro spetta il compito di tornare a produrre letame fertile e non liquame putrido, quello che spappola i terreni e aumenta l’effetto serra.
Più in generale, il sostegno al reddito andrebbe rivolto a chi utilizza le tecniche di agroecologia sinergica e rigenerativa della fertilità dei suoli.

La carenza di humus nel suolo riduce la capacità di assorbimento del terreno

L’humus al centro
L’acqua che abbiamo visto invadere per giorni e settimane i campi e le pianure in Emilia Romagna l’avremmo dovuta far assorbire dai terreni, insieme ai gas serra, incrementando l’humus del suolo. È lui, infatti, la spugna biologica che trattiene acqua e il terreno, è lui che deve essere l’indicatore primario di corretto uso dei fondi pubblici dei programmi di sviluppo rurale regionali e quelli nazionali che offrono un sostegno al reddito degli agricoltori.
Invece, negli ultimi 30 anni, la preziosa sostanza organica dei terreni, che attraverso la fotosintesi e l’equilibrio dei microbi è in grado di trattenere acqua anche 10 volte il proprio peso, si è ulteriormente ridotta.
Oggi l’acqua scorre senza più infiltrarsi nei terreni assassinando il territorio, per decine di migliaia di ettari, invade canali e fiumi troppo velocemente. Fenomeno acuito anche dalla distruzione di siepi secolari, patrimonio di biodiversità tradizionale selezionata dai nostri avi, atte proprio a far evaporare acqua e a farla infiltrare in profondità grazie alle radici.

Siccità e alluvioni, due facce della stessa medaglia
Bisogna immediatamente interrompere l’erogazione di tali fondi a chi usa pesticidi e disseccanti, fertilizzanti chimici e liquami zootecnici. Tutto ciò è incostituzionale e illegale (vedasi le continue relazioni della Corte dei Conti Europea a partire dalla n.3 del 2005 sulla spesa agroambientale).
Abbiamo buttato 30 anni di politiche agro-climatico-ambientali per una falsa agricoltura integrata e un falso benessere animale, politiche basate su pesticidi chimici e mangimi concentrati, liquami e perdita di biodiversità. Abbiamo impoverito i terreni, che ad ogni pioggia perdono fertilità e si erodono: oggi la desertificazione interessa il 30% delle superfici agricole mondiali e nazionali. Siccità e alluvioni diventano così due facce della stessa medaglia.

Ripristinare siepi, alberature, boschetti
Dobbiamo ripristinare siepi, alberature, boschetti e i canali di scolo, basandoci sulle foto aeree degli anni ’50 del secolo scorso, che raffigurano un paesaggio frutto di secoli di saggezza ed esperienza contadina sui territori. Paesaggi che, in pochi decenni, siamo riusciti a devastare grazie alla meccanica e alla chimica.
Dobbiamo sistemare i terrazzamenti persi e le siepi con i salici, sfruttando la loro caratteristica di pompare un metro cubo di acqua al giorno evaporandola verso l’atmosfera. E altrettanto dovremo fare con pioppi e platani lungo le rive dei canali e fiumi, preservando le coltivazioni e lavorazioni a girapoggio lungo le linee di livello e non di massima pendenza.
Occorre, poi, finanziare le coltivazioni di copertura dei terreni, prima di seminare le coltivazioni principali con colture da sovescio come le cover crops e incentivare l’inerbimento nei frutteti, così come previsto dai regolamenti europei.
Tecniche antiche, tutte indirizzate a incrementare l’humus, la fertilità naturale e la biodiversità dei terreni, proteggendoli dalle piogge e dall’erosione.
Infine, come non citare la gestione forestale, che può dare un’ulteriore vantaggio se volta a incrementare i boschi d’alto fusto, preservando il sottobosco, le piante secolari e garantendo produzione di legna da ardere ‘ecologica’.
Infine, dobbiamo sostenere solo la zootecnia biologica, basata sul carico di animali per ettaro alimentabile con le risorse aziendali e comprensoriali.

Un campo irrorato con l’uso di piccoli aeromobili

Convergenza di interessi
Dottori agronomi e dottori forestali, fornendo agli agricoltori l’assistenza tecnica e la formazione agro-ecologica, aiuterebbero a trasformare la situazione da conflittuale a una auspicabile convergenza di interessi.
Un percorso che, naturalmente, non può essere solo tecnico, ma che deve poter utilizzare fondi europei per compensare i maggiori costi delle tecniche biologiche.
I fondi sono facilmente reperibili, considerando il risparmio stimato di almeno 30 miliardi all’anno per danni causati dal dissesto idrogeologico. Somma che cresce ulteriormente se si aggiungono i 50 miliardi all’anno tra pubblico e privati di costi imputabili alle patologie cronico-degenerative e riproduttive, che vedononell’uso dei pesticidi una concausa.

L’auspicio è di fare presto più di un passo in direzione di una riconversione completa dell’Italia al biologico: in fondo bastano appena 15 miliardi se ben spesi.
Un percorso che significherebbe qualità alimentare e salute oltre che l’aumento della resilienza dei territori.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-slegata-dal-territorio-le-vere-cause-delle-alluvioni/feed/ 0
Siccità e cambiamento climatico: l’azione dei dottori agronomi e dottori forestali. //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Tue, 21 Mar 2023 14:37:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68347 Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso anche l’inverno meteorologico 2022-2023, l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (9° inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquidi che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020.
La combinazione autunnale ed invernale di piogge scarse e temperature ben sopra la norma, fa sì che il bilancio idro-climatico sia fra i peggiori degli ultimi 65 anni.

Le ridotte nevicate dell’inverno si sono sommate all’effetto di prolungati periodi di tempo stabile ed eccezionalmente mite: in pratica abbiamo ricevuto solo un terzo della neve rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Il fiume Po viene alimentato per il 60% dalla neve caduta in montagna. Quest’anno mancano circa 4 miliardi di metri cubi di quest’acqua. Una condizione che sicuramente condizionerà dunque lo stato di salute dei fiumi del Nord anche nella prossima primavera ed estate.
Siamo purtroppo nella stessa situazione di un anno fa, ma con 12-14 mesi di siccità sulle spalle.

La pioggia non basta
Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al 7° posto tra i più caldi dal 1958.
Le alte temperature della seconda decade del mese, con lo zero termico che si è riportato già oltre i 3000 metri, stanno di fatto sciogliendo la neve caduta su Alpi e Appennini.
Sugli Appennini, in particolare, le nevicate sono state abbondanti nella seconda metà dell’inverno, ma col caldo anomalo si sta già riducendo il volume della neve anche a quote medio-alte.

Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit medio sostanzialmente che in alcune regioni (Piemonte) ha raggiunto -80%. Ma anche le zone alpine occidentali hanno un deficit medio del 40% grazie alle nevicate soprattutto della fine di febbraio.
Analoga situazione nelle regioni del centro dove i primi giorni del 2023 avevano fatto sperare in un ‘recupero’ grazie alle precipitazioni nevose e piovose, verificatesi soprattutto a gennaio, ma il mese di febbraio ha visto piogge scarse, inferiori alla media, su quasi tutto il territorio.
In particolare, in Toscana si è registrato un deficit pari a circa il -57% (corrispondente a circa 47 mm di pioggia in meno). A ciò si accompagnano le previsioni meteo del Lamma, che parlano per i prossimi tre mesi di precipitazioni nella media e temperature leggermente superiori, una situazione che invita alla prudenza paventando la possibilità di una nuova estate a rischio siccità.
Leggermente migliore appare la situazione al sud.

Le azioni del Governo
Qualche giorno fa si è svolta il primo incontro interministeriale che ha il compito di varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lunga scadenza per gestire l’emergenza siccità.
Alla cabina di regia partecipano i rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei e PNRR, Protezione civile.
A quel tavolo, il ministro Musumeci ha portato alcune proposte per interventi a 2-3 anni. Fra questi, incentivi per realizzare laghetti aziendali per supplire alla siccità nei mesi estivi e un piano speciale per la pulizia degli invasi dall’insabbiamento, dai fanghi e dai detriti accumulatisi nel corso degli anni.

Foto di Pat Whelen per pexels

Di fronte al cambiamento climatico
È evidente che siamo ormai di fronte a un’evoluzione climatica che appare inarrestabile e che ci obbliga a considerare tre aspetti essenziali:
● La riduzione delle precipitazioni assolute.
● La concentrazione delle precipitazioni in periodi ristretti e in fenomeni estremi e intensi.
● L’aumento delle temperature medie e di quelle assolute.

I dottori agronomi ed i dottori forestali, da sempre attenti alla gestione dell’equilibrio idrico, sono fortemente preoccupati. Dopo tanti anni e tanti dati, manca una strategia complessiva che, tenendo conto dell’insieme dei cambiamenti in atto, finalizzi le risorse per investimenti funzionali sia alla difesa dagli estremi nivopluviometrici che allo stoccaggio della risorsa idrica per la sua coerente utilizzazione idropotabile e irrigua.

6 proposte
1. Gestire le nostre aree montane e le foreste per impedire la compromissione del ruolo tampone in ottica di bilancio idrico.
Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, infatti, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di “serbatoi d’acqua” (water towers). Le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano.

2. Un programma pluriennale d’interventi per il ripristino dei laghi artificiali, dei numerosi laghetti collinari e la previsione di nuove realizzazioni per affrontare gli anni a venire.
Già oggi devono essere assunte decisioni tecnico-agronomiche in grado di mitigare la prossima estate siccitosa e torrida che ci aspetta. Dobbiamo però avere anche consapevolezza che senza interventi strutturali tutto quello che la scienza agronomica può suggerirci non sarà sufficiente.

3. Occorre che le autorità di bacino predispongano o aggiornino i loro piani, prevedendo la realizzazione di interventi che consentano di stoccare l’acqua nei diversi territori con l’obiettivo di difendere i territori a valle, garantire un minimo deflusso vitale ai corsi d’acqua durante tutto l’anno e rendere disponibili le risorse idriche per l’irrigazione.

4. Occorre realizzare impianti irrigui innovativi che minimizzino i consumi e massimizzino l’utilità dell’acqua somministrata alle colture, come per la scelta di tecniche colturali e varietà coltivate idonee a questa nuova fase climatica. Da qui, è evidente il ruolo decisivo della consulenza tecnica.

5. Dobbiamo ripensare la gestione del verde urbano, tanto necessario alle nostre città, quanto fragile nella manutenzione.
Partendo dalla scelta delle varietà più resistenti, passando per la progettazione degli spazi di messa a dimora, fino al recupero delle acque piovane diventano snodi cruciali per mantenere verdi le aree urbane anche il periodi siccitosi.

6. Incentivare – se non rendere obbligatorio – lo stoccaggio delle acque piovane per ogni nuova costruzione, domestica e non. Un piccolo intervento, puntuale e diffuso, che consentirebbe di migliorare il bilancio idrico complessivo del territorio.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/feed/ 0
Le foreste urbane per la riqualificazione delle città //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/#respond Fri, 17 Mar 2023 12:19:34 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68308 di Renato Ferretti

Le foreste urbane e le infrastrutture verdi all’interno delle città possono giocare un ruolo molto importante per migliorare la qualità della vita. Infatti, come noto da tempo, offrono un’ampia gamma di benefici alla popolazione e svolgono preziosi servizi quali assorbimento della CO2, cattura del particolato e degli inquinanti atmosferici, drenaggio e controllo delle acque meteoriche, contrasto al fenomeno delle isole di calore, incremento della qualità estetica e percettiva, fornitura di aree in cui svolgere attività ricreative.

Numerose città, in tutto il mondo, hanno avviato iniziative molto ambiziose di riforestazione urbana. Tutte accomunate dalla scelta di accrescere la propria dotazione di infrastrutture verdi per rafforzare la coesione sociale e muoversi verso uno sviluppo equo e sostenibile.

Le foreste e gli alberi – secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – se ben gestiti, all’interno e attorno ai centri urbani forniscono habitat, cibo e protezione per numerosi animali e molte specie vegetali. Il che contribuisce anche a salvaguardare e accrescere la biodiversità”.

foto di Lachlan per pexels

Il dipartimento che si occupa delle foreste è impegnato a contrastare la deforestazione perché la questione più importante è assicurare una fonte di sostentamento alle persone che dipendono dalle foreste. – ha aggiunto il capo del dipartimento Fao, Hiroto MistugiQuesto aspetto riguarda tutti gli abitanti delle zone rurali, ma anche gli abitanti delle città perché gli alberi sono fonti d’acqua, migliorano la qualità dell’aria e contribuiscono a un ambiente sano.

Le città sono sempre più insalubri per l’aumento delle emissioni di CO2, di polveri sottili, agenti inquinanti e per l’ormai insopportabile calore estivo.
È provato che i boschi assorbono il 40% delle emissioni ascrivibili all’utilizzo dei combustibili fossili: per questo la forestazione urbana e periurbana deve diventare una priorità nell’agenda internazionale dei governi e delle istituzioni internazionali e locali.
È necessaria una trasformazione radicale del modo di operare per moltiplicare gli spazi verdi e i piccoli parchi, impiantare alberi per formare nuovi corridoi ecologici, realizzare edifici verdi anche in verticale. Tutto questo inciderebbe non solo sulla qualità dell’aria e del clima, ma anche sullo sviluppo economico delle città stesse, favorendo la microagricoltura e la produzione di cibo, per contrastare anche in questo modo i fenomeni di povertà.

Foto di Harrison Haines per pexels

Gli investimenti nel verde urbano sono particolarmente efficaci ed efficienti anche in termini economici perché garantiscono una riduzione di diverse tipologie di spesa, da quelle per il raffreddamento degli edifici a quelle per la manutenzione del territorio e la resilienza idrogeologica. Contrastando l’inquinamento dell’aria, le piante permettono di ridurre le spese per la salute, mentre i parchi pubblici o gli orti comunitari offrono occasioni di incontro e socialità. Si parla di soluzioni naturali (nature-based solutions, nbs) a problemi come il consumo energetico o quello idrico o il riscaldamento delle città.

Per tutto ciò non bastano le risorse del decreto clima e del PNRR: occorre una programmazione pluriennale e una strategia continua nel tempo.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/feed/ 0
Piani straordinari di rimboschimento o migliore gestione forestale? //www.agronomoforestale.eu/index.php/piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale //www.agronomoforestale.eu/index.php/piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale/#respond Thu, 02 Sep 2021 13:05:20 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68130 In queste ultime settimane l’attenzione del Paese è concentrata sul dilagare di incendi critici in diverse regioni italiane. Abbiamo ascoltato molte dichiarazioni da parte di associazioni, organizzazioni, enti, fino ad arrivare alle più alte cariche istituzionali, riguardanti la lotta agli incendi e la ricostituzione dei boschi percorsi da fuoco. Queste dichiarazioni sono il segnale di un nuovo interesse da parte dei decisori politici che, in una certa misura, segue la maggiore attenzione che l’opinione pubblica mostra verso il nostro capitale naturale, di cui le foreste rappresentano la parte più importante.
Questo legame emotivo, però, non è sufficiente.
Si sta facendo strada la consapevolezza che la lotta agli incendi non si realizza solo con la repressione dei reati, ma con un governo integrato di tutte le cause predisponenti, realizzando un’adeguata prevenzione a tutto tondo, dalla quale dipende anche l’efficacia della attività di estinzione, facendo formazione di tutti gli attori coinvolti unita a corrette campagne di comunicazione rivolte alla cittadinanza.
Così facendo, le ingenti risorse che attualmente vengono spese in emergenza nell’estinzione e ricostituzione potrebbero essere drasticamente ridotte se accompagnate da una pianificazione del territorio forestale che punti ad una corretta gestione dei nostri boschi, con conseguente efficace prevenzione.
Successivamente emerge la questione di come facilitare la ripresa dei territori colpiti tra proposte di revisione degli strumenti normativi esistenti e redazione di Piani straordinari di intervento.

Focolaio in Calabria. Agosto 2021

1) RIMBOSCHIMENTI: BUONA SOLUZIONE SOLO IN SITUAZIONI SPECIFICHE
Una certa attenzione ha suscitato la proposta di una campagna di rimboschimento per la Regione Calabria, ben accolta anche dall’opinione pubblica. In realtà tale metodo era applicato sistematicamente alcuni decenni orsono, ma le ricerche scientifiche, l’esperienza degli operatori e i risultati ottenuti hanno evidenziato come questa politica sia non solo inefficiente ma, nella maggior parte dei casi, dannosa dal punto di vista ecologico ed economico.
Le superfici percorse dal fuoco presentano una “severità” molto variabile e solo in una parte ridotta del territorio percorso dal fuoco la vegetazione arborea e la sua funzionalità vengono danneggiate gravemente. Nella maggior parte delle aree interessate dal fuoco, la dinamica naturale riparte in un periodo di tempo relativamente breve con un processo di ricostituzione naturale efficiente e a costo zero.
Nelle aree colpite da incendi ad alta severità i tempi di ricostituzione naturale sono più incerti e si può prevedere il rimboschimento per ripristinare più rapidamente i servizi ecosistemici ritenuti fondamentali (es. protezione dalla caduta di massi, fenomeni erosivi) e per i quali non si possono attendere i tempi più lunghi della ricostituzione naturale. Quindi solo una piccola parte delle aree percorse “necessita” di rimboschimento (per esempio dopo i grandi incendi dell’ottobre 2017 in Piemonte, il Piano straordinario regionale ha previsto rimboschimenti su un’area inferiore al 5% della superficie totale percorsa dal fuoco).
Non solo: la ricostituzione naturale dà origine a boschi più resilienti alla crisi climatica in atto e al passaggio di futuri incendi, mentre il rimboschimento produce popolamenti più fragili e infiammabili, poco resilienti e con alti costi di gestione.

2) AVREMMO DOVUTO LAVORARE 20 ANNI FA PER SPEGNERE GLI INCENDI DELL’ESTATE 2021
In un paese come il nostro, dove i popolamenti forestali hanno subito una forte azione antropica negli ultimi secoli se non millenni, il ruolo dell’uomo è di fondamentale importanza in tutte le fasi del governo del fenomeno incendi. Come è stato scritto in questi giorni, avremmo dovuto lavorare venti anni fa per spegnere gli incendi dell’estate 2021. Gli scenari che l’IPCC ci propone nel 6° assessment report evidenziano che, se non iniziamo a lavorare da subito, non saremo in grado di mitigare gli impatti degli incendi che si verificheranno con maggiore frequenza e intensità nei prossimi anni.
Deve essere chiaro che il governo degli incendi non è una attività indipendente dal contesto ambientale e socio-economico, ma è una parte della pianificazione del territorio e inizia con l’attuazione di “Piani forestali di indirizzo territoriale” (Art.6 c.3, D.lgs.34/2018). In questi piani possono essere definite le aree maggiormente esposte al pericolo incendi e possono essere individuati gli ambiti che necessitano di misure strutturali (viabilità, viali tagliafuoco, punti acqua ecc.) e/o di selvicoltura preventiva (riduzione e distribuzione spaziale del combustibile in modo da rallentare la diffusione e favorire la lotta attiva in caso di incendio), coerentemente con altri strumenti di pianificazione, quali i piani di Protezione civile.

L’agricoltura deve essere considerata parte della soluzione

3) PROGETTARE L’AGRICOLTURA PER MITIGARE IL DANNO
Le diverse misure di carattere forestale devono essere integrate con la politica agricola. Molti incendi derivano dall’uso illegale e inesperto del fuoco per fini agro-silvo-pastorali, mentre l’abbandono dell’agricoltura e della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate, se progettati in modo coerente con la prevenzione del rischio incendi, possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio e rendere più sicure ed efficaci le attività di estinzione.

4) FORMARE ALLA PREVENZIONE
Sono molti i casi in cui gli incendi sono innescati da pratiche scorrette e comportamenti poco accorti. Spesso sono situazioni che nascono per ignoranza e false credenze oppure da consuetudini e tradizioni sbagliate, come l’appiccare piccoli fuochi nei campi con l’errata convinzione di fertilizzare le superfici.
Questi casi evidenziano l’importanza della comunicazione e della formazione di tutti gli attori coinvolti come azione preventiva, volta a ridurre dei potenziali inneschi.
L’intervento dei professionisti qualificati, quali sono i dottori agronomi e dottori forestali, diventa elemento centrale delle politiche di formazione alla prevenzione, rivolta anche ai cittadini e a chiunque giochi un ruolo sulla manutenzione del territorio, a chi è preposto ad intervenire nelle fasi di emergenza.

5) COORDINAMENTO TRA I LIVELLI OPERATIVI
Le misure di prevenzione e le successive fasi di estinzione e ricostituzione per essere efficaci necessitano di una forte sinergia, a livello regionale e nazionale, fra i settori dedicati alla previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio.
L’attuale elevata separazione delle competenze (ripartite fra servizi e agenzie foreste e protezione civile regionali, corpi forestali delle regioni e province autonome, carabinieri forestali, protezione civile nazionale, volontari, vigili del fuoco, enti parco e unioni di comuni) provoca un rallentamento delle azioni, creando disorientamento sia a livello amministrativo sia a livello operativo.
La competenza deve rimanere alle Regioni in quanto il governo incendi si realizza in modo efficace ed efficiente a questa scala territoriale. Ma è fondamentale potenziare il dialogo e la condivisione di obiettivi strategici tra i diversi livelli operativi individuando un organo di coordinamento nazionale, che potrebbe essere la Direzione Foreste del MIPAAF, che lavori in stretto contatto con le regioni, il CUFA, i vigili del fuoco, la Protezione Civile e il Ministero della Transizione ecologica.

6) COINVOLGERE LE COMUNITÀ LOCALI
Il coinvolgimento delle comunità locali è un altro passaggio indispensabile. Nella grande variabilità che caratterizza la gestione delle foreste e degli incendi a livello nazionale esistono già diversi esempi virtuosi da usare come modello da estendere a livello nazionale: i Piani specifici di prevenzione AIB (antincendio boschivo) introdotti dalla Regione Toscana, o il sistema di collaborazione e coinvolgimento delle comunità locali applicato in passato nei parchi nazionali del Pollino e dell’Aspromonte, il corpo volontari AIB del Piemonte, possono essere un utile modello per molte realtà.
Parallelamente, occorre investire sulla comunicazione per rendere più efficace e condivisa ogni azione, responsabilizzando gli attori coinvolti così come i residenti, i possessori di seconde case, i turisti e i diversi fruitori degli ambienti naturali.

7) INCENDI, FORESTE E FUTURO DELLE AREE INTERNE
Le foreste in Italia occupano quasi il 40% del territorio incidendo sulla qualità della vita e la sicurezza della maggior parte della popolazione italiana. La copertura forestale italiana, nonostante gli incendi e altre calamità (es. tempesta Vaia), è in continua crescita. Una crescita incontrollata che non sta creando formazioni boschive stabili, ma pioniere, che devono evolvere con stravolgimenti del territorio e del paesaggio, avvicinandosi sempre più alle aree abitate.
Questo incremento della superficie forestale (circa 50.000 ettari/anno) e della biomassa legnosa aumenta il rischio di incendio (aumenta il combustibile, ma aumenta anche il contatto tra bosco e zone urbanizzate o ad altra frequentazione antropica). Pensare di affrontare, mitigare o risolvere i problemi delle foreste e delle filiere forestali nell’ “invarianza economica” è illusorio quando non è offensivo per chi abita, lavora o frequenta questi luoghi, che si trovano prevalentemente nelle aree montane e interne.
I fondi del PNRR potrebbero essere una grande opportunità per valorizzare e mettere in sicurezza il territorio, favorire lo sviluppo sostenibile, la bioeconomia e la nascita di green community e rappresentare un investimento per questa e per le future generazioni trasformando quello che oggi è spesso considerato un problema in un fattore di sviluppo.
Una politica seria di prevenzione e lotta agli incendi forestali, inserita in una più generale gestione delle risorse forestali, vuol dire anche educazione per ogni fascia d’età, formazione, coinvolgimento responsabile delle comunità, per evitare che la “distrazione” diventi “disastrosa”, per sbarrare il passo all’incuria, che sempre più domina i nostri paesaggi, e alla criminalità organizzata, al teppismo, alla vendetta e al disagio sociale che si maschera da psicopatologia incendiaria.

8) IL LEGAME COL BOSCO
Infine, lo strumento principale di prevenzione, lotta e ricostituzione è la conservazione o la creazione di un legame tra le popolazioni locali e il bene bosco. Per valorizzare o creare questo legame, questo capitale relazionale, non servono revisioni della normativa (la 353/2000 è una legge che sta funzionando) o campagne eccezionali di repressione o di rimboschimento ma, al contrario, servono investimenti veri per lo sviluppo del territorio, delle filiere agro-silvo-pastorali, ricerca, strumenti e tecnologie, semplificazione di procedure, politiche fondiarie all’interno di una strategia complessiva definita in condivisione fra gli enti regionali e i ministeri competenti, le popolazioni locali e i portatori di interesse.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale/feed/ 0
Il CONAF e FlorMart Green City Report //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-conaf-e-flormart-green-city-report/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-conaf-e-flormart-green-city-report //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-conaf-e-flormart-green-city-report/#respond Tue, 01 Sep 2020 14:03:31 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67868 Di Renato Ferretti

Il FlorMart Green City Report vuole offrire una visione sul verde urbano e sui suoi utilizzi raccogliendo il punto di vista degli addetti al settore: produttori, progettisti, agronomi, amministratori e accademici.
Alla rilevazione ha dato il proprio contributo anche il CONAF, per conoscere il settore e seguirne l’evoluzione e anche per definire giuste azioni politiche a supporto dell’intera filiera.

Foto di Random Sky

La prima rilevazione (giugno 2020), a cura di GRS Research & Strategy, ha visto la partecipazione di 157 rispondenti.
Fra le tendenze per il futuro del verde urbano si notano quella del verde estensivo, assieme a giardini e parchi ricreativi e orti e giardini comunitari.
In generale, la direzione che sembra emergere è quella verso un utilizzo sociale del verde, che tende a prevalere rispetto ad altri orientamenti con finalità artistiche o scientifiche, nonché la funzione ecologica nel combattere nelle aree urbane.

Le previsioni più rosee in termini di mercato sono quelle che riguardano la “materia prima” e i suoi utilizzi: le piante e la progettazione e manutenzione del verde.
I settori che riguardano macchine e arredo ludico/sportivo sono invece viste in maggior affanno, sebbene l’outlook non sia affatto negativo, ma per lo più stabile.
A fronte di un impatto della pandemia molto sentito dal settore, si registrano buone valutazioni in merito alla reazione del comparto.

Al di là della prevedibile richiesta di supporto da parte delle istituzioni, al settore serve innanzitutto maggior cooperazione fra le aziende: saper fare squadra e saper comunicare a un pubblico ancora scosso dall’epidemia sono – a detta dei rispondenti – i due temi chiave per la ripresa.
In questo quadro è evidente che i professionisti, e in particolare i dottori agronomi ed i dottori forestali, possono e devono esercitare un ruolo centrale nella consulenza e nella progettazione.

Prossimi appuntamenti
Una nuova occasione d’incontro sarà il 1° dicembre con il FlorMart City Forum quale tappa di avvicinamento al Flormart del settembre 2021

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/il-conaf-e-flormart-green-city-report/feed/ 0
IPM ESSEN2020: tra cambiamenti climatici e sostenibilità //www.agronomoforestale.eu/index.php/ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita //www.agronomoforestale.eu/index.php/ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita/#respond Mon, 17 Feb 2020 06:01:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67512

Renato Ferretti, Consigliere nazionale – Dipartimento Paesaggio, pianificazione e progettazione territoriale e del verde

La 38° Fiera internazionale IPM ESSEN ha registrato un buon successo ed una crescente internazionalità. Nei quattro giorni in fiera: dal 28 al 31 gennaio, ci sono stati 1.538 espositori provenienti da 46 paesi che hanno presentato i loro prodotti e servizi innovativi dalle piante, alle tecnologie, alla floristica e al giardino.
La IPM di Essen è stata ancora una volta il luogo di incontro più importante del settore verde mondiale. Oltre 54.000 (nel 2019: 52.800) visitatori da oltre 100 paesi hanno ottenuto informazioni sulle tendenze e hanno fatto ordini per la prossima stagione, e la percentuale di visitatori stranieri ha superato il 40%, rispetto al 38% del 2019.
Più che mai, i cambiamenti climatici e la sostenibilità sono stati gli argomenti dominanti alla fiera leader mondiale per l’orticoltura.
In totale, i tedeschi hanno speso 8,9 miliardi di euro in fiori e piante l’anno scorso – un + 2,7% rispetto all’anno precedente e il valore più alto dal 2011. Nell’ambito di IPM ESSEN 2020, la Central Horticultural Association (ZVG) ha annunciato che la spesa procapite è passata da 105 a 108 euro.

Nel contesto della discussione sul clima, l’orticoltura ha guadagnato enormi competenze con un umore positivo nelle sale della fiera. All’IPM ESSEN 2020, il settore verde ha dimostrato il suo spirito innovativo e le sue prestazioni ambientali in un modo impressionante“, ha riassunto Oliver P. Kuhrt, CEO di Messe Essen.
I consumatori stanno diventando sempre più consapevoli dell’importanza di vivere nel verde, allo stesso tempo, le piante sono sempre di più prodotti per uno stile di vita moderno. In un mondo in rapido movimento e digitale, il giardino sta diventando un’oasi di benessere.

Foto: Alex Muchnik/©MESSE ESSEN GmbH

Il verde urbano pensa al clima
Il ministro federale dell’agricoltura, Julia Klöckner, che ha aperto ufficialmente IPM ESSEN, ha trovato parole di elogio per il settore: “L’orticoltura in Germania mostra un alto grado di innovazione e le imprese trovano e occupano nicchie in questo modo. Rispondono alle domande sul futuro, per esempio quando si tratta di più protezione delle risorse o del clima.”
Già nel 2019, gli espositori hanno affermato che i temi della sostenibilità e del clima con il cambiamento in corso eserciteranno significative influenze sul futuro del settore. Non importa se imballaggio ecologico, nuove varietà resistenti al clima, la promozione della biodiversità, il verde per la pulizia dell’aria, fioriere con serbatoi d’acqua integrati oppure i sostituti della torba. L’orticoltura internazionale ha mostrato il suo potere innovativo in una forma significativa. Anche nell’area tecnologica, l’accento è stato posto sulla produzione ad alta efficienza energetica, alle procedure e tecnologie digitali pioneristiche.

I Comuni pensano in verde
Chiunque desideri la biodiversità non può ignorare l’orticoltura“, il presidente di ZVG, Jürgen Mertz, ha sottolineato nel suo discorso di apertura “Questa è una grande opportunità per il settore.
Mertz guarda all’alto potenziale per quanto riguarda il consumo non privato, poiché i comuni si trovano ad affrontare la sfida di rendere le città più verdi. Qui, le gamme di piante legnose utilizzabili per il contrasto al cambiamento climatico, per mitigare gli effetti negativi dell’inquinamento sono particolarmente richieste.
Lettura della situazione confermata sia dal grande bisogno di informazioni in merito che dalla vivace partecipazione al seminario dal titolo “Organizzazione della sostenibilità nel comune”.
Il ruolo centrale della pianificazione territoriale è emerso con forza durante la visita della fiera, dove sono state presentate le caratteristiche degli alberi nell’ambito dell’evento organizzato dalla fondazione THE GREEN CITY e la Federazione di vivai tedeschi, svolta nel quadro delle attività dell’UE con il progetto intitolato “Città verdi per un’Europa sostenibile”.

Foto: Alex Muchnik / © MESSE ESSEN GmbH

Le proposte dalla Francia
Il Paese partner del 2020, la Francia, ha mostrato la diversità dell’orticoltura francese. La Francia supporta anche il progetto sostenibile della comunità degli stati.
Alla IPM sono state presentate dai florovivaisti francesi tutte le specialità vegetali prodotte dal Paese come rose, alberi da frutto, rododendri, camelie, ortensie, ciclamini, crisantemi, lavanda, alstroemeria e dalie.
VAL’HOR, l’associazione commerciale ombrello dell’orticoltura francese, si sente onorato di essere stato il paese partner di IPM ESSEN 2020. Questa collaborazione è stata una fantastica opportunità per presentare i nostri produttori, il loro senso di qualità e innovazione, nonché il nostro French Touch” – ha detto alla fiera leader nel mondo del florovivaismo Mikaël Mercier, presidente di VAL’HOR.



28-01-2020/EssenFoto: Alex Muchnik / © MESSE ESSEN GmbH

Florovivaismo di domani
Per l’edizione di IPM ESSEN 2021, il Messico prevede di presentarsi come Paese partner della fiera.
IPM Discovery Center ha presentato Heroes of the Green Sector “Dobbiamo essere di nuovo orgogliosi di ciò che facciamo.”
Nel Centro d’innovazione IPM nel padiglione 7, il talent scout Romeo Sommers ha mostrato le presentazioni nel “Garden Center of the Future” che sono stati orientati alle ultime tendenze e hanno tenuto conto dei risultati relativi ai comportamenti d’acquisto. Oltre a temi come servizi online e valore aggiunto da nuove varietà, l’attenzione è stata focalizzata sui sistemi di riciclaggio innovativi e alla sostenibilità dell’intero ciclo di vita dei prodotti florovivaistici.

Green City: luogo di incontro delle associazioni verdi
Il padiglione 1A è stato nuovamente trasformato nella Città Verde. Il Centro ha offerto consulenza su tutte le questioni orticole come la protezione delle piante e il passaporto delle piante, il Teaching Show ha evidenziato il cambiamento nel settore verde e la Innovation Showcase ha presentato le novità vegetali più innovative.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita/feed/ 0
Come gestire le foreste schiantate al suolo //www.agronomoforestale.eu/index.php/come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo //www.agronomoforestale.eu/index.php/come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo/#comments Mon, 12 Nov 2018 17:53:14 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67136

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Non esistono ricette universali. Nessuno saprà formulare un’unica soluzione pronta per essere applicata in serie e che possa risolvere la grave situazione ambientale ed economica creatasi per le piogge e il vento nelle Alpi orientali, in provincia di Trento, Bolzano, in Veneto e in Carnia e Friuli a fine ottobre 2018.
L’unica cosa che si può fare oggi è sfruttare le conoscenze e le competenze per adottare un mix di soluzioni ritagliate sui bisogni delle singole aree.
In pratica è quello che quotidianamente fanno i Dottori Agronomi e Forestali.

Le origini del disastro
La causa dei vasti schianti nelle foreste del Nordest, nei media, è stata individuata nel fatto che le foreste messe a dimora circa un secolo fa fossero composte da abete rosso.
Vero è che i boschi di abete rosso sono meno stabili comparati ai boschi più naturali, a conferma di ciò in alcune aree sono caduti abeti anche quando la forza del vento stava scemando. Ma il fatto che molti schianti siano avvenuti in boschi definiti “stabili” e “stabilissimi” significa che gli eventi sono stati talmente eccezionali, con piogge intense unite a raffiche di vento straordinarie per potenza e velocità, che poco si poteva fare contro la forza della natura.
Questo non è motivo per arrendersi al fato, ma deve essere stimolo per capire come intervenire oggi per ridurre i danni di domani. Se le condizioni eccezionali sono fuori portata, molto si può fare in casi di condizioni avverse gravi. Lo si può fare, per l’appunto, ripristinando i boschi che abbiamo perso, ma curando lo sviluppo di dinamiche ecologiche più naturali: in cui si trovano a convivere diverse specie, rispettando climi, altitudini e adattabilità delle varie piante.

Un problema complesso

Gli schianti causati dal maltempo di ottobre 2018

I danni che hanno subìto le foreste del Nordest rappresentano un problema complesso per le molte componenti che si intersecano. È necessario avere uno sguardo d’insieme, che consideri e ponderi i diversi aspetti coinvolti.
C’è una componente economica, perché la massa legnosa disponibile ha già causato il crollo del prezzo del legname sul mercato. Ciò avrà impatti per lungo tempo su tutta l’area e su tutti gli operatori: sia chi ha il proprio bosco a terra sia coloro che hanno gli alberi ancora in piedi dovranno destreggiarsi in un mercato il cui valore del legno, pregiato o meno, si è decisamente ridotto.
C’è da considerare la messa in sicurezza dei pendii che vanno protetti da valanghe, frane, smottamenti, funzione che il bosco faceva e ora non può più fare.
C’è un problema fitosanitario, perché l’enorme quantità di legno divelto è pronto a divenire terreno fertile per lo sviluppo di malattie e parassiti, che possono rovinare la qualità del legno a terra ma anche indebolire i boschi in piedi e quelli che si ricostituiranno.
C’è una componente ambientale, perché il bosco è un ecosistema complesso in cui convivono specie vegetali e animali. Il disastro dei giorni scorsi ha impattato anche su habitat di pregio e zone che presentano specie floristiche e faunistiche uniche e questo valore ambientale dovrà essere considerato nel pianificare gli interventi tanto quanto la componente paesaggistica.

Daniel Case, Spruce trees at Rosa delle Alpi, Esino-Lario

Cosa fare ora?
La prossima mossa sarà cercare le soluzioni più adatte per rimuovere quanto prima la gran parte del legname, almeno il 70% della biomassa, e comunque entro i prossimi 3 anni. Un’azione urgente che mira a evitare il diffondersi di parassiti e malattie.
Come detto, però, non si può fare ovunque con la stessa modalità ma bisogna determinare le priorità di intervento.
Ai Dottori Agronomi e Forestali spetterà il compito di valutare dove è conveniente prelevare il legno, considerando tutte le variabili del contesto: i fattori di rischio per il pericolo di valanghe o frane, il valore di mercato e la qualità del legno a terra, l’accessibilità dell’area e i costi di prelievo, lo stato della sentieristica e della rete stradale di accesso, ecc.
Uno sguardo tecnico accorto sa, però, che non tutto il legno può essere prelevato. Nelle aree a rischio valanghe/frane, è più utile impiegare quello stesso legno a terra per stabilizzare il suolo con interventi di ingegneria naturalistica e edificare manufatti provvisori (rastrelliere, murature in legname e pietrame, ecc).

Un’economia spazzata
Chi conosce quelle montagne sa che nelle immagini dei versanti spazzati c’è tutta una filiera economica, quella della foresta-legno, che è caduta assieme agli alberi.
Il mercato ha reagito con cinica immediatezza e il prezzo del legname si è decurtato. Ciò vale per sia per il legno di pregio che per quello di minore qualità. E l‘impatto si riverbera anche su chi i boschi ancora in piedi e il cui profitto potenziale si è dimezzato in poche ore.
A ciò si aggiunge che la gran massa legnosa disponibile ha la necessità di trovare sistemi di stoccaggio e conservazione del legname, per evitare che si guasti e possibilmente cercando di allungare i tempi di vendita, per non impattare troppo sul mercato. E si dovranno trovare nuovi soluzioni di contrattazione e vendita per tutta questa legna che si è resa disponibile in un sol momento.
Infine, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro, i vari protagonisti della ricostituita filiera foresta-legno non saranno più dipendenti dall’abete rosso ma dovranno sapere trarre il valore dalle diverse specie arboree presenti dei nuovi boschi rinati: faggio, larice, abete rosso, pino cembro e altre latifoglie, finanche ciliegio.

Ricostruire il bosco
La lezione imparata è che dobbiamo rispettare quanto più possibile le dinamiche ecologiche del bosco. I Dottori Agronomi e Forestali, professionisti del territorio e profondi conoscitori delle caratteristiche biodinamiche delle specie forestali, sono in grado di valutare sito per sito quale sia la modalità di intervento più adeguata, sia sulla base delle caratteristiche dell’ambiente in cui si deve operare che di quelle di mercato, in modo da restituire ai nostri boschi una multifunzionalità ora a rischio, con un occhio attento alle valutazioni economiche e di mercato, così che gli alberi piantati possano generare valore per la filiera foresta-legno.
In alcune aree attigue a quelle in cui si interviene potrebbe essere utile lasciare il bosco a uno sviluppo naturale e che produca aree boscate “da seme”, non piantando nulla, ma monitorando l’evoluzione per potere intervenire in caso di necessità.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo/feed/ 1
Carnia e Friuli: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:54:09 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67112

La foresta schiantata dalla forza del vento (ottobre 2018)

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La conformazione attuale dei territori montani è il risultato anche degli effetti degli agenti atmosferici che per migliaia e migliaia di anni si sono riversati con frequenza ed intensità differenti. Con questa visione gli eventi atmosferici che hanno interessato l’area montana del Nord Est dell’Italia nel periodo dal 27 al 29 ottobre 2018 si configurano in un’ottica di totale “normalità”, ma soprattutto considerando l’intensità delle precipitazioni (che hanno superato gli 870 mm con accumuli di diverse centinaia di mm in poche ore e venti oltre i 200 km/h), è facile comprendere la totale impotenza dell’uomo e del territorio.
In Friuli Venezia Giulia, in particolare in Carnia e nella Valcellina sono collassate intere particelle, non abbiamo ancora dati certi perché alcune zone sono ancora isolate ma si parla di migliaia e migliaia di cubi di legname schiantati.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
In queste occasioni è sempre bene non farsi trascinare da frasi o termini di circostanza come “dissesto idrogeologico”, “malgoverno del territorio” o ” abbandono della montagna” perché di fronte ad eventi eccezionali come quelli recentemente accaduti ben poco è possibile mettere in atto.
Il territorio montano del Nord Est è sicuramente tra le poche realtà d’Italia dove da molti decenni la pianificazione territoriale e forestale hanno permesso di sollevare e ripristinare ambiti depauperati ed abbandonati dopo la prima metà degli anni 90, raggiungendo situazioni di cura e risanamento, fiore all’occhiello per tutto il panorama alpino italiano e internazionale.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
Di fronte ad eventi di tale eccezionalità la gestione agroforestale corretta ha impedito conseguenze ben più gravi.

I danni alle infrastrutture della Carnia causate dal maltempo di ottobre 2018

Quali indicazioni per il futuro?
Gli eventi succedutisi negli ultimi giorni rappresenteranno un fenomeno ricorrente nel prossimo futuro, con piogge intense e localizzate nel tempo, a causa dei cambiamenti climatici in atto.
Ciò che dobbiamo imparare da quest’esperienza è che bisogna avere un approccio al territorio che sia almeno su scala di bacino: dovremo imparare a integrare le competenze agronomiche, le competenze di ingegneria naturalistica, i moderni approcci alla gestione dei corpi idrici, sia principali che minoritari.
La pianificazione territoriale e forestale va perseguita ed implementata con nuove tecniche di rilevamento e di valutazione.
Lo sviluppo delle infrastrutture forestali risulterà sempre più fondamentale per far fronte anche alla gestione di situazioni straordinarie.
Infine, ma non meno importante, sarà promuovere, tutelare ed incentivare il mantenimento e lo sviluppo di imprese boschive che anche in queste situazioni eccezionali costituiscono un bacino irrinunciabile di professionalità per la cura e la gestione del territorio.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/feed/ 0
Veneto e Belluno: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:42:55 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67107

Gli schianti causati dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Gli effetti dell’ultima ondata di maltempo si sono sentiti in tutte le zone montane della Regione, ma le conseguenze sul territorio esteso più gravi si sono manifestate nella provincia di Belluno per la quale, a causa anche dell’impraticabilità delle strade, risulta difficile stilare uno stato oggettivo della situazione. Si segnalano inoltre situazioni difficili, anche se più circoscritte, nel Vicentino (Altopiano di Asiago) e situazioni critiche con danni ingenti per schianti di alberi nelle aree urbane su molte cittadine.
Questa situazione, purtroppo non nuova sia nella nostra regione che in altri territori, dovrà rappresentare un momento di verifica, fuori da ogni sensazionalismo, per rifondare la cultura della gestione del territorio che tenga oggettivamente conto di situazioni ambientali critiche diverse da quelle fino a d ora considerate. È quindi necessario promuovere un’effettiva svolta nella politica ambientale, ma che necessariamente dovrà essere seguita da nuovi approcci di studio e progettuali con il coinvolgimento diretto della nostra categoria professionale.

FOCUS SU BELLUNO: Orazio Andrich, Presidente Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Belluno

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Quanto è accaduto in provincia di Belluno travalica l’immaginazione, stiamo cercando di farci un quadro della situazione, ma gran parte delle zone sono prive di comunicazione; molte aree sono isolate. Al momento, anche ispezioni nei boschi e spostamenti per raggiungerli sono spesso sconsigliabili.
Con questa premessa si può affermare che, oltre alle smisurate precipitazioni (in parte previste) ci stati forti venti da sud. La provincia di Belluno in ginocchio non è solo un’espressione metaforica. Oltre ai danni di natura idrogeologica, ad andare in crisi è stato, in gran parte del territorio, il sistema infrastrutturale e sociale. I danni ai boschi, fino a oggi non ancora esposti all’informazione pubblica, sono grandi, spesso ingenti e in alcuni posti addirittura da far paura.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
Positiva, ma non sufficiente alla portata dell’evento; essa è vittima e non causa dei danni.
Il bosco ha svolto egualmente una positiva funzione di regimazione, ma – dove si sono verificati schianti o distruzioni dei soprassuoli – l’impatto degli agenti naturali è stato troppo forte.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
In linea generale, penso di sì, che non siano state la causa; a livello particolare sarà da vedere; una risposta potrà essere data in consuntivo per alcuni casi, anche per le delicate implicazioni che pone.
Ciò che quest’esperienza ci lascia è senza dubbio la riflessione che le “buone pratiche” agricole e di manutenzione idraulica forestale devono essere ripensate alla luce dei “cambiamenti climatici” rispetto a impostazioni scolastiche (vedi ad es. il calcolo della portata).

Quali indicazioni per il futuro?
Dovrà essere effettuato un ripensamento pressoché completo della politica, programmazione e gestione forestale in Veneto.
Oltre a ripercussioni di tipo ecologico, ambientale e paesaggistico ne deriveranno conseguenze su tutta la filiera foresta-legno ed effetti amministrativi anche nel medio e lungo periodo anche per i bilanci degli enti montani che contavano sugli introiti del legname. Quindi, molte interconnessioni vanno esaminate e le indicazioni potranno essere date dopo che il quadro sarà completo. Al momento bisogna rappresentare la situazione, ma evitare di pronunciarsi in maniera azzardata.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/feed/ 0
Trento: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:37:45 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67104

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La perturbazione ha raggiunto la Provincia il 27 e il 28 ottobre 2018 e nei giorni successivi ha raggiunto il culmine. Ha interessato tutto il territorio provinciale sul quale in soli 3 giorni sono caduti in media 250 mm di pioggia ed in talune aree si è toccato anche il mezzo metro.
Le zone più colpite sono situate nel Trentino orientale, il Primiero, gli altopiani cimbri, Val di Fassa e Val di Fiemme, l’altopiano di Pine’, colate di fango in Val di Sole a Dimaro dove si conta pure una vittima.
Unitamente alle forti e costanti piogge in diverse zone, si sono verificati venti dai 100 ai 130 km/h che hanno causato lo schianto di 1,5 milioni di metri cubi di legname.
Per dare un parametro, i dati pluviometrici sono paragonabili a quelli dell’alluvione del ’66.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
La politica che la Provincia attua da anni a sostegno del territorio ne ha garantito la costante gestione agro-silvo-pastorale con i noti benefici idrogeologici connessi.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
La Provincia di Trento da più di un decennio ha introdotto il concetto della gestione del rischio idrogeologico gestendo la pianificazione territoriale in base al grado di pericolo e gli interventi preventivi, secondo priorità e disponibilità economiche, sostenendo manutenzione e monitoraggio delle zone a rischio e la creazione di un efficiente apparato di protezione civile.
Questa politica ha certamente permesso si contenere il numeri delle vittime e dei danni che per la maggiore colpiscono il settore forestale.

Quali indicazioni per il futuro?
Siamo sulla strada giusta, lo dimostra anche la risposta del territorio e dell’organizzazione provinciale in occasione dell’evento.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/feed/ 0