SDAF14 – PIANIFICAZIONE FORESTALE E SELVICOLTURA – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Thu, 08 Aug 2024 13:30:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Quanti alberi si possono tagliare? //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanti-alberi-si-possono-tagliare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=quanti-alberi-si-possono-tagliare //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanti-alberi-si-possono-tagliare/#respond Wed, 10 Jan 2024 18:07:44 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68471 In Italia, la copertura forestale è triplicata in poco più di cento anni. Dopo secoli caratterizzati da deforestazione e utilizzo intenso delle risorse forestali più facilmente raggiungibili e sfruttabili – che hanno causato impoverimento dei suoli e diminuzione della biodiversità animale e vegetale – si è assistito a un’inversione di tendenza. Le aree rurali e montane hanno registrato un progressivo abbandono gestionale, favorito dal massiccio sviluppo industriale e urbano e da un forte disinteresse verso le risorse forestali locali.

Negli ultimi decenni, la ricostituzione ed espansione naturale delle foreste è stata accompagnata da una particolare attenzione alla conservazione e alla valorizzazione degli aspetti naturalistici (oltre il 27% delle foreste italiane gode di un particolare regime di tutela naturalistico), alla conservazione del ruolo di protezione dei versanti e regimazione delle acque (circa l’86% delle foreste italiane è sottoposto a vincolo idrogeologico) e alla tutela del paesaggio (il 100% delle foreste italiane è soggetto a vincolo paesaggistico).

Al tempo stesso, l’Italia è uno tra più importanti Paesi al mondo nella trasformazione e lavorazione della materia prima legno ma, come conseguenza delle dinamiche sociali e ambientali degli ultimi decenni, oltre l’80% della materia prima – utilizzata per scopi edilizi e, soprattutto, energetici – proviene dai mercati esteri, con ovvie problematiche in termini di sostenibilità delle filiere locali.
Attualmente l’Italia ha le condizioni, le potenzialità e la responsabilità di gestire questo capitale naturale in modo attivo e partecipato, consapevole delle conseguenze locali e globali, e attento a mantenerne il ruolo multifunzionale. Ma serve trovare nuove vie, adatte al contesto contemporaneo, per gestire le foreste italiane in modo sostenibile e partecipato.

Rimboschimento di larice in Alta Valle Camonica

Valutare i servizi ecosistemici delle foreste
In questo scenario si è recentemente concluso il progetto di ricerca USEFOL – Approcci innovativi per la valutazione della fornitura di servizi ecosistemici in foreste lombarde, che ha dimostrato scientificamente

  • come prevedere la quantità di legno prelevabile in modo sostenibile,
  • come analizzare costi e benefici ambientali del prelievo forestale
  • come calcolare il carbonio immagazzinabile dalle foreste e dai suoli forestali
  • come calcolare le emissioni di gas serra risparmiate utilizzando il legno in sostituzione di materiali e combustibili maggiormente climalteranti.

I territori pilota sono stati l’Alta Val Camonica e l’Alta Valtellina: qui il progetto ha effettuato una previsione relativa ai prossimi 30 anni, ipotizzando diverse scelte di gestione forestale e scenari climatici dai più moderati ai più severi. Le informazioni elaborate sono servite ad aggiornare i documenti di pianificazione forestale con protocolli, strumenti e risultati delle simulazioni effettuate.

Volume (A, C, D) e specie arborea dominante (B, E) nelle aree di applicazione del progetto, alta Valtellina (A, B) e Val Camonica (D, E).


La stima della biomassa legnosa

La biomassa legnosa in Alta Valtellina e Valcamonica è stata stimata grazie a una procedura suddivisa in tre fasi:

  1. rilievo forestale e stima del volume legnoso a terra;
  2. costruzione di un modello di stima “puntuale” calibrato sui dati rilevati a terra e basato sulle misure di altezza delle foreste ottenute con LiDAR satellitare (missione NASA GEDI);
  3. costruzione di un modello di stima “per pixel” per estendere le stime di volume a scala regionale grazie alle variabili spettrali derivate da immagini satellitari Sentinel-2.

Fasi dell’algoritmo per la stima del volume forestale su tutto il territorio analizzato

 

È stato inoltre realizzato un modello di calcolo denominato “WOody biomass and Carbon Assessment” (WOCAS) che quantifica – secondo un approccio “gain-loss” coerente con le Linee Guida dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – le masse di legno (e carbonio) esistenti in ciascuna particella forestale e il loro incremento annuale previsto.

Elementi considerati per calcolare il bilancio del carbonio delle foreste

Effetto previsto della selvicoltura preventive nei confronti del comportamento degli incendi boschivi. Il diradamento degli alberi e la riduzione della vegetazione a terra ostacola la propagazione del fuoco e diminuisce la sua intensità, contribuendo a dissipare più efficacemente il calore.

Quali foreste destinare alla produzione di legno
La definizione delle foreste da destinare alla produzione di legno è stata basata su indicatori capaci di esprimere eventuali limitazioni al prelievo del legno, come il rischio di dissesto idrogeologico, la pendenza, la distanza da strade e piste forestali e la presenza di aree naturali protette.
I possibili prelievi di legno sono stati quantificati ipotizzando diverse ipotesi di gestione forestale, dalla mera applicazione del regolamento forestale regionale a una selvicoltura mirata alla prevenzione dei danni da eventi meteorologici estremi  e alla valorizzazione del legno e dei suoi assortimenti utilizzabili per realizzare prodotti di lunga durata.

Esempio di informazioni disponibili per ciascuna particella in un Piano di Assestamento Forestale.

 

Un secondo modello denominato “FOREstry MAchinery chain selection” (FOREMA) è stato realizzato per ottimizzare la scelta del cantiere di meccanizzazione da allestire per il prelievo del legno (raccolta e trasporto) e calcolarne i costi economici e ambientali.

I benefici climatici
Per quanto riguarda i benefici climatici generati dall’uso del legno, si è valutato l’effetto di sostituzione relativo a edifici residenziali con strutture portanti in legno, anziché in cemento armato e acciaio, in funzione della quantità di legno utilizzato nelle due opzioni costruttive e al Displacement Factor (DF), cioè il rapporto fra le emissioni risparmiate optando per l’opzione costruttiva in legno e la quantità di legno necessaria.

Nel complesso, la sostituzione dei materiali costruttivi corrisponde a un risparmio di emissioni climalteranti nell’ordine delle decine di migliaia di tonnellate di CO2 equivalente. La decarbonizzazione delle filiere fa sì che la sostituzione dei materiali negli edifici che verranno costruiti nel breve termine corrisponda a risparmi maggiori.

Emissioni evitate per grado di sostituzione. La linea rossa rappresenta le emissioni associate agli edifici in cemento.

 

Stime per tutti i territori montani
Per estendere queste stime a tutti i territori montani è stato pubblicato sul sito di progetto un foglio di calcolo utile a valutare gli effetti dei prelievi sul carbonio immagazzinato nei prodotti legnosi e sulla sostituzione di materiali edili e combustibili fossili più emissivi.
I gestori di aree forestali possono inserire i prelievi forestali programmati nella loro area, gli impieghi previsti per il legno prelevato, e stimare il possibile beneficio climatico per il periodo 2020-2050.
La crescita attesa delle foreste e i flussi di carbonio da e verso la foresta sono stati simulati con il Carbon Budget Model del Servizio Forestale Canadese, in funzione degli scenari climatici elaborati dal modello MPI-ESM-LR del Max Planck Institute. Il modello è specificatamente pensato per studiare i flussi di carbonio tra i diversi serbatoi forestali e l’atmosfera e può simulare un’elevata varietà di disturbi e trattamenti. Le variazioni attese di temperatura e precipitazioni hanno influito in modo diretto sulla crescita degli alberi (comportando aumenti della produttività dallo 0 al 3% annuo delle conifere e dal 6 al 16% annuo per il castagno e le altre latifoglie), e in modo indiretto attraverso il loro effetto sull’area percorsa dagli incendi e la mortalità degli alberi a causa della siccità.

Andamento previsto del volume del bosco e de prelievi di abete rosso (boschi disetanei a media fertilità) nell’area di studio in diversi scenari climatici e gestionali

 

La selvicoltura preventiva, che mostra prelievi iniziali minori, diventa invece quella più conveniente verso fine simulazione. A parità di clima, la selvicoltura basata sull’applicazione dei regolamenti oggi in vigore è invece la meno conveniente a fine simulazione, in quanto associata a prelievi troppo intensi e non sostenibili.

Effetto del cambiamento di gestione forestale sui diversi serbatoi di carbonio nel periodo 2020-2050, secondo due scenari climatici e due scenari gestionali. In verde gli accumuli di carbonio nella foresta e nei prodotti legnosi, in blu gli effetti di sostituzione (emissioni evitate utilizzando legno al posto di materiali e combustibili basati su fossile).

 

Il miglior compromesso
Secondo le simulazioni del progetto, il miglior compromesso tra assorbimento di carbonio nella foresta, prevenzione dei danni climatici al bosco e effetti di sostituzione delle emissioni grazie ai prodotti legnosi si ottiene applicando interventi di selvicoltura preventiva e un prelievo di legno solo sul 25% della superficie forestale disponibile.

Per tutti gli operatori del settore, il progetto USEFOL ha prodotto due linee guida innovative per la gestione forestale sostenibile in Italia.
La prima fornisce una guida completa sulla gestione forestale per la mitigazione climatica e sulla generazione e il conteggio di crediti di carbonio, alla luce della recente introduzione del Registro pubblico dei crediti generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale.
Il secondo manuale, invece, fornisce un supporto alla redazione dei piani di approvvigionamento di biomassa legnosa per fini energetici, offrendo una panoramica della gestione e pianificazione forestale sostenibile, delle tecniche di stima della disponibilità di biomasse legnose, della meccanizzazione applicabile e delle condizioni in cui l’utilizzo energetico del legno è climaticamente sostenibile.

Per le scuole
A scopo didattico, il team di progetto ha anche realizzato un opuscolo sulla filiera bosco-legno rivolto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e un video per la primaria e secondaria di primo grado, dal titolo “La scrivania di larice“: un breve viaggio, immaginario ma al tempo stesso reale, lungo una filiera corta e locale bosco-legno-energia, che racconta in modo semplice e immediato la storia che può nascondere un oggetto di legno proveniente da Gestione Forestale Sostenibile.

Uno dei team di progetto al termine di una giornata di misure in bosco

 

USEFOL
È un progetto finanziato dalla Regione Lombardia nell’ambito del programma per Progetti di ricerca in campo agricolo e forestale.
È coordinato dal prof. Renzo Motta dell’Università di Torino e con la partnership dell’Università di Milano, FIPER (Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili) e Associazione Consorzi Forestali della Lombardia.

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Clima, biodiversità, filiere corte: l’UE contro la deforestazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/clima-biodiversita-filiere-corte-lue-contro-la-deforestazione/#respond Fri, 23 Jun 2023 06:46:46 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68367 La proposta del Regolamento EUDR (è stato approvato in via definitiva dal Parlamento europeo il 19 aprile scorso ed è diventata legge.

Una norma pensata per contrastare l’emergenza climatica e la perdita di biodiversità e che, avviando filiere corte, controllate e virtuose, può diventare un vantaggioso volano per le produzioni nazionali, europee e un’opportunità per le aree interne.

Cos’è EUDR

Il regolamento europeo EUDR nasce con l’intento di impedire che nei Paesi dell’Unione Europea siano commercializzati prodotti che abbiano causato deforestazione o degrado forestale.

Non si parla solo di legname, ma il regolamento comprende anche i prodotti agricoli e di allevamento: cacao, gomma naturale, caffè, olio di palma, mais, soia e pure carne bovina che alimenta l’espansione dei terreni agricoli a discapito delle superfici forestate. E l’elenco europeo include anche i prodotti derivati quali il cuoio o il mobilio, finanche il cioccolato, una serie di derivati dell’olio di palma, la carta e via dicendo.

A partire da fine 2024, quindi, le aziende che vorranno commercializzare i propri prodotti nell’UE dovranno verificare e certificare che né loro né i loro fornitori abbiano provocato deforestazione o degrado delle foreste dopo il 31 dicembre 2020. Con sanzioni rilevanti: quelle che non rispettano le regole di tracciabilità delle catene di fornitura e di trasparenza in materia di sostenibilità potrebbero incorrere in multe pari ad almeno il 4% del loro fatturato annuo nell’UE.

La verifica (la cosiddetta “due diligence”) della catena di approvvigionamento produrrà conseguenze anche sulla produzione nazionale e quella interna all’UE: per molti prodotti, privilegiare l’origine nazionale diventerà la via più semplice ed economica.” – dichiara Marco Bonavia, consigliere CONAF – “Limitando il ragionamento alla filiera del legno, è concreta l’ipotesi di un effetto positivo sulle economie delle aree interne, che potranno valorizzare una materia prima locale anziché tropicale, che con più facilità saprà dimostrare la gestione con criteri rispettosi sia dell’ambiente che delle molteplici funzioni del bosco.”

 

Un problema concreto

Secondo le stime della FAO, tra il 1990 e il 2020 sono scomparsi 420 milioni di ettari di foreste, una superficie più grande dell’UE, che rappresenta circa il 10% del totale delle foreste della Terra. Contemporaneamente, l’Europa è uno dei maggiori importatori di materie prime legate alla deforestazione, tra cui il 50% del caffè mondiale e il 60% di tutto il cacao: due prodotti che, da soli, sono stati responsabili di oltre il 25% della perdita di copertura arborea a livello mondiale nel periodo 2001-2015.

A ciò va aggiunto che, in base a recenti stime su immagini satellitari, quasi 4 milioni di ettari di foresta tropicale sono andati perduti dal 1993 per fare spazio alle piantagioni di gomma nel Sud-Est asiatico. Oggi le foreste colpite sono spesso frammentate e limitate sia nella loro capacità di immagazzinare carbonio e che nella capacità di ospitare popolazioni vitali di specie minacciate, come gli elefanti asiatici e le tigri di Sumatra.

In questo contesto, fa riflettere pensare che i consumi imputabili all’UE sono responsabili di circa il 10% delle perdite di foreste, con l’Italia quale è il secondo maggior consumatore in Europa di prodotti responsabili della distruzione di foreste (36mila ettari di foresta/anno), dietro la Germania con più di 43mila ettari abbattuti ogni anno.

 

Sulle spalle dell’EUTR

Da dieci anni in UE è in vigore il regolamento EUTR (European Union Timber Regulation), che già chiedeva agli operatori di mercato una maggiore consapevolezza sulla questione dei tagli forestali di natura illegale e un loro maggiore impegno nel controllo delle catene di approvvigionamento.

In due lustri, sono stati raggiunti dei risultati positivi, come una diminuzione delle importazioni nell’UE di legname illegale. Ora ci si attende un ulteriore salto qualitativo, con vincoli più stringenti e un perimetro di tutela dei diritti più ampio.

La vera sfida per rendere davvero efficace il nuovo regolamento sarà quella di evitare le criticità evidenziate dall’EUTR.
Secondo le valutazioni di ETIFOR, il testo mostra quadro normativo più chiaro su verifiche e controlli, introducendo livelli minimi per le ispezioni. Inoltre, il parlamento ha ridefinito gli spazi di autonomia dei singoli stati membri, per evitare situazioni di disparità all’interno dell’UE: è stato chiesto che le autorità competenti abbiano risorse sufficienti e che le sanzioni siano proporzionate al danno ambientale causato e al suo valore.

Tra i cambiamenti più innovativi, c’è il coinvolgimento diretto delle agenzie delle dogane degli stati membri, che potranno rilevare eventuali rischi e comunicarli prima che le merci entrino nell’Unione, fino alla possibilità di bloccare o confiscare i prodotti alle frontiere. Inoltre, un nuovo sistema digitale (il cosiddetto “registro”) andrà a semplificare la gestione dei dati (coordinate geografiche e paese di produzione per ciascun prodotto), l’accesso alle informazioni ufficiali, facilitando anche la cooperazione tra autorità doganali e altre istituzioni competenti.

 

Altri punti di vista

I Paesi produttori di olio di palma stanno cercando di reagire, con la Malesia che sta valutando potenziali restrizioni commerciali che rallenterebbero il flusso di prodotti verso l’Europa e rivedrebbero le importazioni dal blocco.

E voci di dissenso vengono dalle associazioni che rappresentano i piccoli agricoltori che coltivano la palma da olio, che rappresentano tra il 35% e il 40% della produzione globale di olio di palma. Per loro, la palma da olio rappresenta la fonte primaria di reddito in un’economia familiare.

Il nuovo regolamento, secondo queste associazioni, rischia di condurre all’esclusione dei piccoli agricoltori dal mercato dell’UE, con il conseguente reindirizzamento delle esportazioni verso Paesi con normative ambientali più deboli, spostando il problema in altre regioni.

C’è il rischio che milioni di piccoli coltivatori di palma da olio vengano esclusi dalla catena di approvvigionamento dell’UE, limitando l’accesso al mercato solo all’olio di palma prodotto dai grandi operatori. Attualmente, i piccoli proprietari sono l’anello più debole della catena di approvvigionamento globale dell’olio di palma, eppure ci si aspetta che siano loro a sostenere gran parte dell’onere di dimostrare che la loro produzione non ha causato deforestazione. Non disponendo di risorse e competenze, devono già affrontare le sfide per conformarsi agli standard di sostenibilità esistenti. L’imposizione di nuovi requisiti di sostenibilità e tracciabilità aggraverebbe ulteriormente la loro esclusione dal mercato dell’UE.” – hanno dichiarato in un documento The Netherlands Oils and Fats Industry (MVO), the Council for Palm Oil Producing Countries (CPOPC) and Solidaridad.

La questione non è solo limitata all’azione di lobbying per evitare dei costi alla filiera. L’industria della palma da olio, nei Paesi produttori, svolge un ruolo fondamentale nel trasformare le condizioni di vita delle comunità rurali, alleviando la povertà grazie alle opportunità di lavoro e migliorando lo sviluppo sociale. In quanto tale, mantenere vitale l’industria della palma da olio può contribuire positivamente al raggiungimento del Green Deal dell’UE, nonché dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile e dei suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

 

L’iter legislativo

Le tempistiche per l’entrata in vigore dell’EUDR sono ancora lunghe, si ipotizza che il percorso approvativo si completi per l’inizio del 2025. Dopo la decisione di formale adozione da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo, infatti, dovranno passare altri 18 mesi.

Da quel momento in poi, il nuovo regolamento andrà a sostituire il vigente regolamento UE sul legno (EUTR).

Sostenibilità, tutela della biodiversità, commercio equo e riduzione delle disparità sono stati temi discussi anche nel Congresso nazionale di Firenze, a ottobre. Alle imprese, infatti, è anche chiesto di verificare che la propria supply chain rispetti la legislazione del Paese di produzione anche in materia di diritti umani e di diritti delle popolazioni indigene.
L’introduzione di questo regolamento è certamente un segnale positivo, seppure si dovranno affrontare diverse criticità.” – Marco Bonavia, consigliere CONAF

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Siccità e cambiamento climatico: l’azione dei dottori agronomi e dottori forestali. //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Tue, 21 Mar 2023 14:37:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68347 Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso anche l’inverno meteorologico 2022-2023, l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (9° inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquidi che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020.
La combinazione autunnale ed invernale di piogge scarse e temperature ben sopra la norma, fa sì che il bilancio idro-climatico sia fra i peggiori degli ultimi 65 anni.

Le ridotte nevicate dell’inverno si sono sommate all’effetto di prolungati periodi di tempo stabile ed eccezionalmente mite: in pratica abbiamo ricevuto solo un terzo della neve rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Il fiume Po viene alimentato per il 60% dalla neve caduta in montagna. Quest’anno mancano circa 4 miliardi di metri cubi di quest’acqua. Una condizione che sicuramente condizionerà dunque lo stato di salute dei fiumi del Nord anche nella prossima primavera ed estate.
Siamo purtroppo nella stessa situazione di un anno fa, ma con 12-14 mesi di siccità sulle spalle.

La pioggia non basta
Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al 7° posto tra i più caldi dal 1958.
Le alte temperature della seconda decade del mese, con lo zero termico che si è riportato già oltre i 3000 metri, stanno di fatto sciogliendo la neve caduta su Alpi e Appennini.
Sugli Appennini, in particolare, le nevicate sono state abbondanti nella seconda metà dell’inverno, ma col caldo anomalo si sta già riducendo il volume della neve anche a quote medio-alte.

Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit medio sostanzialmente che in alcune regioni (Piemonte) ha raggiunto -80%. Ma anche le zone alpine occidentali hanno un deficit medio del 40% grazie alle nevicate soprattutto della fine di febbraio.
Analoga situazione nelle regioni del centro dove i primi giorni del 2023 avevano fatto sperare in un ‘recupero’ grazie alle precipitazioni nevose e piovose, verificatesi soprattutto a gennaio, ma il mese di febbraio ha visto piogge scarse, inferiori alla media, su quasi tutto il territorio.
In particolare, in Toscana si è registrato un deficit pari a circa il -57% (corrispondente a circa 47 mm di pioggia in meno). A ciò si accompagnano le previsioni meteo del Lamma, che parlano per i prossimi tre mesi di precipitazioni nella media e temperature leggermente superiori, una situazione che invita alla prudenza paventando la possibilità di una nuova estate a rischio siccità.
Leggermente migliore appare la situazione al sud.

Le azioni del Governo
Qualche giorno fa si è svolta il primo incontro interministeriale che ha il compito di varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lunga scadenza per gestire l’emergenza siccità.
Alla cabina di regia partecipano i rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei e PNRR, Protezione civile.
A quel tavolo, il ministro Musumeci ha portato alcune proposte per interventi a 2-3 anni. Fra questi, incentivi per realizzare laghetti aziendali per supplire alla siccità nei mesi estivi e un piano speciale per la pulizia degli invasi dall’insabbiamento, dai fanghi e dai detriti accumulatisi nel corso degli anni.

Foto di Pat Whelen per pexels

Di fronte al cambiamento climatico
È evidente che siamo ormai di fronte a un’evoluzione climatica che appare inarrestabile e che ci obbliga a considerare tre aspetti essenziali:
● La riduzione delle precipitazioni assolute.
● La concentrazione delle precipitazioni in periodi ristretti e in fenomeni estremi e intensi.
● L’aumento delle temperature medie e di quelle assolute.

I dottori agronomi ed i dottori forestali, da sempre attenti alla gestione dell’equilibrio idrico, sono fortemente preoccupati. Dopo tanti anni e tanti dati, manca una strategia complessiva che, tenendo conto dell’insieme dei cambiamenti in atto, finalizzi le risorse per investimenti funzionali sia alla difesa dagli estremi nivopluviometrici che allo stoccaggio della risorsa idrica per la sua coerente utilizzazione idropotabile e irrigua.

6 proposte
1. Gestire le nostre aree montane e le foreste per impedire la compromissione del ruolo tampone in ottica di bilancio idrico.
Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, infatti, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di “serbatoi d’acqua” (water towers). Le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano.

2. Un programma pluriennale d’interventi per il ripristino dei laghi artificiali, dei numerosi laghetti collinari e la previsione di nuove realizzazioni per affrontare gli anni a venire.
Già oggi devono essere assunte decisioni tecnico-agronomiche in grado di mitigare la prossima estate siccitosa e torrida che ci aspetta. Dobbiamo però avere anche consapevolezza che senza interventi strutturali tutto quello che la scienza agronomica può suggerirci non sarà sufficiente.

3. Occorre che le autorità di bacino predispongano o aggiornino i loro piani, prevedendo la realizzazione di interventi che consentano di stoccare l’acqua nei diversi territori con l’obiettivo di difendere i territori a valle, garantire un minimo deflusso vitale ai corsi d’acqua durante tutto l’anno e rendere disponibili le risorse idriche per l’irrigazione.

4. Occorre realizzare impianti irrigui innovativi che minimizzino i consumi e massimizzino l’utilità dell’acqua somministrata alle colture, come per la scelta di tecniche colturali e varietà coltivate idonee a questa nuova fase climatica. Da qui, è evidente il ruolo decisivo della consulenza tecnica.

5. Dobbiamo ripensare la gestione del verde urbano, tanto necessario alle nostre città, quanto fragile nella manutenzione.
Partendo dalla scelta delle varietà più resistenti, passando per la progettazione degli spazi di messa a dimora, fino al recupero delle acque piovane diventano snodi cruciali per mantenere verdi le aree urbane anche il periodi siccitosi.

6. Incentivare – se non rendere obbligatorio – lo stoccaggio delle acque piovane per ogni nuova costruzione, domestica e non. Un piccolo intervento, puntuale e diffuso, che consentirebbe di migliorare il bilancio idrico complessivo del territorio.

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Cambiamenti climatici e terre d’uso civico: esperienze forestali in Calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/#respond Thu, 05 May 2022 15:32:00 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68174 Roberto Sabatino,PhD, Dott. Agronomo e Forestale

Tutti gli interventi selvicolturali sono stati sempre finalizzati al miglioramento del sistema foresta e nel creare le condizioni più vicine alla situazione climax, ovvero all’esaltazione di sistemi biologici complessi tra di essi strettamente connessi.

Una buona gestione del bosco e delle foreste sotto il profilo ambientale, ecologico e biologico comporta la creazione, il mantenimento e miglioramento di sistemi biologici complessi.

È noto che tutti gli interventi in foresta devono essere cauti, continui e capillari perché il selvicoltore deve costantemente confrontarsi e tener conto di situazioni ambientali, ecologiche e biologiche in continua evoluzione, accelerate, ancor più dai repentini cambiamenti climatici degli ultimi anni.

Inoltre, un’attenta e cauta gestione forestale comporta una notevole diminuzione (quasi un annullamento totale) del dissesto idrogeologico, come a tutti è noto.

5 punti chiave
Alla luce delle modificazioni climatiche in atto è necessario che:

1) Gli interventi di pianificazione e gestione forestale siano indirizzati alla massima resilienza;

2) Gli interventi selvicolturali tradizionali siano rivolti a una più marcata salvaguardia del bosco;

3) Sia attuata, dove possibile, la conversione dei boschi cedui in bosco d’alto fusto;

4) Sia favorito l’insediamento spontaneo di specie minori, come l’insediamento di alberi di acero o di ontano o di leccio nei castagneti

5) I rimboschimenti o gli imboschimenti siano attuati utilizzando specie resistenti a eventi estremi: alberi con apparato radicale fittonante e molto approfondito, resistente a forti tempeste di vento o essenze più rustiche e frugali meno esigenti, adattabili ai terreni poco profondi e poco dotati in elementi nutritivi.

 

Selvicoltura di resilienza

Sinteticamente, la selvicoltura tradizionale deve essere trasformata in selvicoltura di resilienza, adattamento e resistenza a ciò che sta avvenendo.

In Calabria, il Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ), in assenza di un’università di agraria o di un’associazione di cittadini volta alla tutela delle terre d’uso civico, amministrava e ancora gestisce circa 80 ettari di bosco ceduo di leccio che non veniva utilizzato da almeno tre turni.

Circa vent’anni fa, la giunta municipale, conferendo incarico professionale allo scrivente, ha scelto di far individuare e di far censire i terreni gravati da usi civici e di effettuare una serie di interventi di taglio di conversione all’alto fusto al fine di migliorare la stazione (località Falde dell’Inferno), reinvestendo i ricavi del taglio in opere di pubblica utilità.

Il principio ispiratore di tali interventi era basato sull’interpretazione della norma: se i terreni di uso civico sono beni ambientali e paesaggistici – che vanno tutelati, conservati e possibilmente migliorati – ne consegue che un intervento di miglioramento è attuabile.

In questo caso, quindi, l’intervento di miglioramento consistette in una serie di tagli di conversione del bosco ceduo di leccio in alto fusto, poiché è noto scientificamente che un intervento di conversione di un bosco ceduo in alto fusto è un miglioramento del bosco e della stazione dove esso è ubicato.

Tali interventi, alla luce delle prime avvisaglie di mutamenti climatici, periodi di estrema siccità caratterizzati da improvvisi fenomeni piovosi di forte intensità e breve durata, furono valutati e concordati in situ, sia sui criteri, che nei tempi e modalità, con gli Ufficiali del Ripartimento del Corpo Forestale dello Stato di Catanzaro, e ad oggi, hanno permesso il miglioramento del bosco ceduo di leccio senza addurre a questo danni.

Tali interventi di miglioramento della stazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, sempre più palesi nel corso degli anni a partire dal primo taglio, sono stati ultimati nell’anno 2005.

Inoltre, tale esperienza professionale, fu tradotta in tesi di Laurea magistrale in estimo forestale, discussa il 13.02.2007 presso la Facoltà di Agraria dell’Univeristà Mediterranea di Reggio Calabria, dal titolo ”Determinazione del più probabile valore di trasformazione di un bosco ceduo di leccio gravato da usi civici nel Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ)”.

Alla luce di quanto esposto, gli interventi di pianificazione forestale possono contribuire alla conservazione dei boschi di uso civico e alla resilienza ai cambiamenti climatici.

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GianPiero Andreatta – EUTR: approfondimento sulle attività di controllo //www.agronomoforestale.eu/index.php/gianpiero-andreatta-eutr-approfondimento-sulle-attivita-di-controllo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gianpiero-andreatta-eutr-approfondimento-sulle-attivita-di-controllo //www.agronomoforestale.eu/index.php/gianpiero-andreatta-eutr-approfondimento-sulle-attivita-di-controllo/#respond Mon, 11 Apr 2022 08:05:27 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68453 L’altro lato del regolamento EUTR: chi lo fa rispettare, quali vincoli impone, i vantaggi dell’essere in regola con i dettami normativi. La voce dei carabinieri forestali, nelle parole del Generale di Brigata dei carabinieri forestali, comandante della regione “Marche”

 

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Diego Bovenzi – EUTR: La procedura SIAN per l’iscrizione al registro nazionale degli operatori EUTR //www.agronomoforestale.eu/index.php/diego-bovenzi-eutr-la-procedura-sian-per-liscrizione-al-registro-nazionale-degli-operatori-eutr/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=diego-bovenzi-eutr-la-procedura-sian-per-liscrizione-al-registro-nazionale-degli-operatori-eutr //www.agronomoforestale.eu/index.php/diego-bovenzi-eutr-la-procedura-sian-per-liscrizione-al-registro-nazionale-degli-operatori-eutr/#respond Mon, 11 Apr 2022 08:03:37 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68451 Il direttore di AGRET VII del MIPAAF illustra l’integrazione del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) con il regolamento europeo, così da costruire un albo nazionale degli autorizzati a operare nella filiera del legno.

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FAQ – Il Regolamento EU Timber Regulation //www.agronomoforestale.eu/index.php/faq-il-regolamento-eu-timber-regulation/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=faq-il-regolamento-eu-timber-regulation //www.agronomoforestale.eu/index.php/faq-il-regolamento-eu-timber-regulation/#respond Mon, 11 Apr 2022 08:02:10 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68449 Le domande e le risposte più ricorrenti dei partecipanti al webinar di approfondimento sulla EU Timber Regulation 

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Piani straordinari di rimboschimento o migliore gestione forestale? //www.agronomoforestale.eu/index.php/piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale //www.agronomoforestale.eu/index.php/piani-straordinari-di-rimboschimento-o-migliore-gestione-forestale/#respond Thu, 02 Sep 2021 13:05:20 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68130 In queste ultime settimane l’attenzione del Paese è concentrata sul dilagare di incendi critici in diverse regioni italiane. Abbiamo ascoltato molte dichiarazioni da parte di associazioni, organizzazioni, enti, fino ad arrivare alle più alte cariche istituzionali, riguardanti la lotta agli incendi e la ricostituzione dei boschi percorsi da fuoco. Queste dichiarazioni sono il segnale di un nuovo interesse da parte dei decisori politici che, in una certa misura, segue la maggiore attenzione che l’opinione pubblica mostra verso il nostro capitale naturale, di cui le foreste rappresentano la parte più importante.
Questo legame emotivo, però, non è sufficiente.
Si sta facendo strada la consapevolezza che la lotta agli incendi non si realizza solo con la repressione dei reati, ma con un governo integrato di tutte le cause predisponenti, realizzando un’adeguata prevenzione a tutto tondo, dalla quale dipende anche l’efficacia della attività di estinzione, facendo formazione di tutti gli attori coinvolti unita a corrette campagne di comunicazione rivolte alla cittadinanza.
Così facendo, le ingenti risorse che attualmente vengono spese in emergenza nell’estinzione e ricostituzione potrebbero essere drasticamente ridotte se accompagnate da una pianificazione del territorio forestale che punti ad una corretta gestione dei nostri boschi, con conseguente efficace prevenzione.
Successivamente emerge la questione di come facilitare la ripresa dei territori colpiti tra proposte di revisione degli strumenti normativi esistenti e redazione di Piani straordinari di intervento.

Focolaio in Calabria. Agosto 2021

1) RIMBOSCHIMENTI: BUONA SOLUZIONE SOLO IN SITUAZIONI SPECIFICHE
Una certa attenzione ha suscitato la proposta di una campagna di rimboschimento per la Regione Calabria, ben accolta anche dall’opinione pubblica. In realtà tale metodo era applicato sistematicamente alcuni decenni orsono, ma le ricerche scientifiche, l’esperienza degli operatori e i risultati ottenuti hanno evidenziato come questa politica sia non solo inefficiente ma, nella maggior parte dei casi, dannosa dal punto di vista ecologico ed economico.
Le superfici percorse dal fuoco presentano una “severità” molto variabile e solo in una parte ridotta del territorio percorso dal fuoco la vegetazione arborea e la sua funzionalità vengono danneggiate gravemente. Nella maggior parte delle aree interessate dal fuoco, la dinamica naturale riparte in un periodo di tempo relativamente breve con un processo di ricostituzione naturale efficiente e a costo zero.
Nelle aree colpite da incendi ad alta severità i tempi di ricostituzione naturale sono più incerti e si può prevedere il rimboschimento per ripristinare più rapidamente i servizi ecosistemici ritenuti fondamentali (es. protezione dalla caduta di massi, fenomeni erosivi) e per i quali non si possono attendere i tempi più lunghi della ricostituzione naturale. Quindi solo una piccola parte delle aree percorse “necessita” di rimboschimento (per esempio dopo i grandi incendi dell’ottobre 2017 in Piemonte, il Piano straordinario regionale ha previsto rimboschimenti su un’area inferiore al 5% della superficie totale percorsa dal fuoco).
Non solo: la ricostituzione naturale dà origine a boschi più resilienti alla crisi climatica in atto e al passaggio di futuri incendi, mentre il rimboschimento produce popolamenti più fragili e infiammabili, poco resilienti e con alti costi di gestione.

2) AVREMMO DOVUTO LAVORARE 20 ANNI FA PER SPEGNERE GLI INCENDI DELL’ESTATE 2021
In un paese come il nostro, dove i popolamenti forestali hanno subito una forte azione antropica negli ultimi secoli se non millenni, il ruolo dell’uomo è di fondamentale importanza in tutte le fasi del governo del fenomeno incendi. Come è stato scritto in questi giorni, avremmo dovuto lavorare venti anni fa per spegnere gli incendi dell’estate 2021. Gli scenari che l’IPCC ci propone nel 6° assessment report evidenziano che, se non iniziamo a lavorare da subito, non saremo in grado di mitigare gli impatti degli incendi che si verificheranno con maggiore frequenza e intensità nei prossimi anni.
Deve essere chiaro che il governo degli incendi non è una attività indipendente dal contesto ambientale e socio-economico, ma è una parte della pianificazione del territorio e inizia con l’attuazione di “Piani forestali di indirizzo territoriale” (Art.6 c.3, D.lgs.34/2018). In questi piani possono essere definite le aree maggiormente esposte al pericolo incendi e possono essere individuati gli ambiti che necessitano di misure strutturali (viabilità, viali tagliafuoco, punti acqua ecc.) e/o di selvicoltura preventiva (riduzione e distribuzione spaziale del combustibile in modo da rallentare la diffusione e favorire la lotta attiva in caso di incendio), coerentemente con altri strumenti di pianificazione, quali i piani di Protezione civile.

L’agricoltura deve essere considerata parte della soluzione

3) PROGETTARE L’AGRICOLTURA PER MITIGARE IL DANNO
Le diverse misure di carattere forestale devono essere integrate con la politica agricola. Molti incendi derivano dall’uso illegale e inesperto del fuoco per fini agro-silvo-pastorali, mentre l’abbandono dell’agricoltura e della pastorizia determinano un aumento del pericolo di incendi per accumulo del combustibile. L’agricoltura, tuttavia, deve essere considerata parte della soluzione: campi coltivati, orti, vigneti, aree pascolate, se progettati in modo coerente con la prevenzione del rischio incendi, possono ridurre l’infiammabilità a scala di paesaggio e rendere più sicure ed efficaci le attività di estinzione.

4) FORMARE ALLA PREVENZIONE
Sono molti i casi in cui gli incendi sono innescati da pratiche scorrette e comportamenti poco accorti. Spesso sono situazioni che nascono per ignoranza e false credenze oppure da consuetudini e tradizioni sbagliate, come l’appiccare piccoli fuochi nei campi con l’errata convinzione di fertilizzare le superfici.
Questi casi evidenziano l’importanza della comunicazione e della formazione di tutti gli attori coinvolti come azione preventiva, volta a ridurre dei potenziali inneschi.
L’intervento dei professionisti qualificati, quali sono i dottori agronomi e dottori forestali, diventa elemento centrale delle politiche di formazione alla prevenzione, rivolta anche ai cittadini e a chiunque giochi un ruolo sulla manutenzione del territorio, a chi è preposto ad intervenire nelle fasi di emergenza.

5) COORDINAMENTO TRA I LIVELLI OPERATIVI
Le misure di prevenzione e le successive fasi di estinzione e ricostituzione per essere efficaci necessitano di una forte sinergia, a livello regionale e nazionale, fra i settori dedicati alla previsione, prevenzione, informazione, addestramento, lotta, indagine e ricostituzione post-incendio.
L’attuale elevata separazione delle competenze (ripartite fra servizi e agenzie foreste e protezione civile regionali, corpi forestali delle regioni e province autonome, carabinieri forestali, protezione civile nazionale, volontari, vigili del fuoco, enti parco e unioni di comuni) provoca un rallentamento delle azioni, creando disorientamento sia a livello amministrativo sia a livello operativo.
La competenza deve rimanere alle Regioni in quanto il governo incendi si realizza in modo efficace ed efficiente a questa scala territoriale. Ma è fondamentale potenziare il dialogo e la condivisione di obiettivi strategici tra i diversi livelli operativi individuando un organo di coordinamento nazionale, che potrebbe essere la Direzione Foreste del MIPAAF, che lavori in stretto contatto con le regioni, il CUFA, i vigili del fuoco, la Protezione Civile e il Ministero della Transizione ecologica.

6) COINVOLGERE LE COMUNITÀ LOCALI
Il coinvolgimento delle comunità locali è un altro passaggio indispensabile. Nella grande variabilità che caratterizza la gestione delle foreste e degli incendi a livello nazionale esistono già diversi esempi virtuosi da usare come modello da estendere a livello nazionale: i Piani specifici di prevenzione AIB (antincendio boschivo) introdotti dalla Regione Toscana, o il sistema di collaborazione e coinvolgimento delle comunità locali applicato in passato nei parchi nazionali del Pollino e dell’Aspromonte, il corpo volontari AIB del Piemonte, possono essere un utile modello per molte realtà.
Parallelamente, occorre investire sulla comunicazione per rendere più efficace e condivisa ogni azione, responsabilizzando gli attori coinvolti così come i residenti, i possessori di seconde case, i turisti e i diversi fruitori degli ambienti naturali.

7) INCENDI, FORESTE E FUTURO DELLE AREE INTERNE
Le foreste in Italia occupano quasi il 40% del territorio incidendo sulla qualità della vita e la sicurezza della maggior parte della popolazione italiana. La copertura forestale italiana, nonostante gli incendi e altre calamità (es. tempesta Vaia), è in continua crescita. Una crescita incontrollata che non sta creando formazioni boschive stabili, ma pioniere, che devono evolvere con stravolgimenti del territorio e del paesaggio, avvicinandosi sempre più alle aree abitate.
Questo incremento della superficie forestale (circa 50.000 ettari/anno) e della biomassa legnosa aumenta il rischio di incendio (aumenta il combustibile, ma aumenta anche il contatto tra bosco e zone urbanizzate o ad altra frequentazione antropica). Pensare di affrontare, mitigare o risolvere i problemi delle foreste e delle filiere forestali nell’ “invarianza economica” è illusorio quando non è offensivo per chi abita, lavora o frequenta questi luoghi, che si trovano prevalentemente nelle aree montane e interne.
I fondi del PNRR potrebbero essere una grande opportunità per valorizzare e mettere in sicurezza il territorio, favorire lo sviluppo sostenibile, la bioeconomia e la nascita di green community e rappresentare un investimento per questa e per le future generazioni trasformando quello che oggi è spesso considerato un problema in un fattore di sviluppo.
Una politica seria di prevenzione e lotta agli incendi forestali, inserita in una più generale gestione delle risorse forestali, vuol dire anche educazione per ogni fascia d’età, formazione, coinvolgimento responsabile delle comunità, per evitare che la “distrazione” diventi “disastrosa”, per sbarrare il passo all’incuria, che sempre più domina i nostri paesaggi, e alla criminalità organizzata, al teppismo, alla vendetta e al disagio sociale che si maschera da psicopatologia incendiaria.

8) IL LEGAME COL BOSCO
Infine, lo strumento principale di prevenzione, lotta e ricostituzione è la conservazione o la creazione di un legame tra le popolazioni locali e il bene bosco. Per valorizzare o creare questo legame, questo capitale relazionale, non servono revisioni della normativa (la 353/2000 è una legge che sta funzionando) o campagne eccezionali di repressione o di rimboschimento ma, al contrario, servono investimenti veri per lo sviluppo del territorio, delle filiere agro-silvo-pastorali, ricerca, strumenti e tecnologie, semplificazione di procedure, politiche fondiarie all’interno di una strategia complessiva definita in condivisione fra gli enti regionali e i ministeri competenti, le popolazioni locali e i portatori di interesse.

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Voci da bosco //www.agronomoforestale.eu/index.php/voci-da-bosco/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=voci-da-bosco //www.agronomoforestale.eu/index.php/voci-da-bosco/#respond Fri, 11 Jun 2021 07:55:47 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68084 Marco Bonavia, consigliere nazionale CONAF e coordinatore del Dipartimento Sistemi montani, forestali, risorse naturali e faunistiche intervista Alessandra Stefani, direttore generale dell’economia montana e delle foreste del MIPAAF.

Voci dal Bosco

Le aree boscate sono una fondamentale infrastruttura del nostro Paese, decisive per molteplici funzioni. Le foreste sono al centro delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, delle politiche di contrasto del dissesto del territorio, delle politiche di valorizzazione delle aree interne, sono fornitrici di servizi ecosistemici e finanche di legname, straordinario materiale ecosostenibile dalle molteplici funzioni.

Voci dal bosco, maggio 2021

In questi 30 minuti di dialogo con la direttrice Stefani abbiamo cercato di conoscere le politiche forestali nazionali, le leggi approvate e quelle in approvazione, di capire a che punto sta il Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (Tuff) e quali sono le opportunità che il Governo si è posto in merito alle politiche di sostenibilità, transizione ecologica e al PNRR.

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Bosco e paesaggio sotto la lente del legislatore: prime linee guida //www.agronomoforestale.eu/index.php/bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida //www.agronomoforestale.eu/index.php/bosco-e-paesaggio-sotto-la-lente-del-legislatore-prime-linee-guida/#respond Wed, 03 Mar 2021 13:46:33 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68046 di Prof. Avv. Nicoletta Ferrucci, Ordinario di Diritto Forestale e dell’ambiente Dipartimento DAGRI – Università degli Studi di Firenze

La pineta di Cecina. Foto di Chris Barbalis

Il lavoro prospetta un rapido tratteggio del perimetro giuridico all’interno del quale si snoda il rapporto tra bosco e paesaggio, che ha segnato i binari lungo i quali si è obbligatoriamente e correttamente mosso il Consiglio di Stato nel parere n. 1233 del 30 giugno 2020, reso nell’ambito di un ricorso straordinario al Capo dello Stato presentato da alcune Associazioni ambientaliste avverso il Piano specifico di prevenzione anti incendio boschivo per il comprensorio territoriale delle pinete litoranee di Grosseto e di Castiglione della Pescaia (pineta del Tombolo), area di grande pregio naturalistico e paesaggistico, presidiata da numerosi vincoli paesaggistici di natura provvedimentale. In quel parere il Consiglio di Stato ha argomentato nel senso che il combinato disposto delle lett. b) e c) dell’art. 149 del Codice dimostra con tutta evidenza che per i boschi vincolati con apposito provvedimento amministrativo l’esclusione della necessaria autorizzazione paesaggistica preventiva prevista dalla lett. b) dell’art. 149 per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale vale solo per gli interventi minori che non si traducano nel taglio colturale, nella forestazione, nella riforestazione, nelle opere antincendio e di conservazione, i quali sono sottratti all’obbligo della previa autorizzazione paesaggistica solo ed esclusivamente quando siano da eseguirsi nei boschi e nelle foreste vincolate ex lege in forza dell’art. 142, purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia. Tale assunto ha indotto il Consiglio a ritenere che queste tipologie di interventi tra le quali rientrava la maggior parte di quelli di cui il piano contestato prevedeva la realizzazione senza preventiva autorizzazione, riguardando un bosco vincolato con apposito provvedimento amministrativo ai sensi dell’art. 136, quale la pineta del Tombolo, non possono in alcun modo considerarsi senz’altro e a priori sottratti all’obbligo della autorizzazione paesaggistica preventiva prevista dall’art. 146. A sostegno della sua interpretazione, il Consiglio ha addotto la considerazione che sia il taglio colturale sia quello antincendio, nelle modalità previste dal piano contestato, se può presumersi compatibile con la nozione generica di territorio coperto da foreste e boschi, considerata in astratto come categoria generale, senza alcuno specifico accertamento tecnico discrezionale in loco, non può logicamente ammettersi senza un previo controllo puntuale di compatibilità esercitato in concreto dagli organi a ciò proposti nel caso di boschi e foreste dichiarati di notevole interesse pubblico e paesaggistico con apposito provvedimento motivato, nel qual caso è coessenziale al vincolo il controllo preventivo tecnico discrezionale di compatibilità dei tagli proposti rispetto alla consistenza e alla fisionomia paesaggisticamente percepibile del bene protetto come accertata e dichiarata nel provvedimento di vincolo.
Due sono i referenti normativi, ai quali dobbiamo qui fare riferimento per ricostruire la normativa che disegna la disciplina paesaggistica del bosco: il Codice dei Beni culturali e del paesaggio e il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali. Sugli stessi si innestano poi le indicazioni prescrittive contenute nei piani paesaggistici.
Le due fonti normative riconoscono espressamente la funzione paesaggistica del bosco che si affianca a quella economica e a quella ambientale, delineandone, in sinergia con quest’ultima, i tratti di bene ad uso controllato. Tale operazione è condotta sotto l’egida della attuale nozione giuridica di paesaggio, plasmata dalla Convenzione Europea del Paesaggio, e accolta dal Codice, che ne esalta il carattere complesso, composito, risultato di una sinergia tra la natura e l’opera
dell’uomo e lo colloca all’interno della categoria dei beni culturali, evidenziando in una logica bottom up il ruolo strategico giocato dalla percezione delle popolazioni che in quei paesaggi vivono nella individuazione degli elementi identitari degli stessi e la necessità che le stesse siano coinvolte nella formulazione delle politiche pubbliche mirate a salvaguardare, gestire e pianificare quei paesaggi.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio inserisce il bosco nella categoria dei beni paesaggistici, qualificati come beni culturali, soggetti in quanto tali al regime autorizzatorio e sanzionatorio prescritto dallo stesso provvedimento, e dai successivi interventi di ortopedia giuridica che ne hanno modificato o integrato il dettato originario. Il Codice identifica due diverse modalità attraverso le quali il bosco viene assoggettato a vincolo paesaggistico, e in funzione delle stesse detta due regimi giuridici differenziati sotto il profilo della individuazione degli interventi in bosco esenti dalla preventiva autorizzazione paesaggistica o soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata: vengono infatti distinti i boschi sui quali il vincolo paesaggistico è stato imposto da un provvedimento amministrativo, antecedente, ed è il caso della pineta del Tombolo, o successivo all’entrata in vigore dello stesso Codice, in quanto complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico o tradizionale, dotati dei caratteri di bellezza naturale, e preciso, a tale proposito, che il bosco può essere soggetto a questa tipologia di vincolo anche nel caso in cui sia inserito all’interno di un’area più ampia, vincolata da provvedimento amministrativo; e i territori coperti da foreste e boschi, individuati sulla base dei parametri dimensionali vincolanti dettati dal Testo Unico, che sono automaticamente assoggettati a vincolo ex lege. Il regime giuridico autorizzatorio dettato per i boschi vincolati in via provvedimentale è decisamente più restrittivo, nel senso della inapplicabilità delle esenzioni dalla preventiva autorizzazione paesaggistica previste dall’art. 149, 1° comma, lett.c), delle quali possono invece beneficiare gli interventi che hanno ad oggetto i boschi vincolati ex lege.
Il Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali solca l’onda del Codice, riproponendo la distinzione tra le due diverse tipologie di boschi vincolati relativamente alla liberalizzazione degli interventi di gestione del bosco: e tale distinzione risulta accentuata in funzione della estensione della gamma di interventi di gestione forestale che possono essere eseguiti sui boschi vincolati ex lege, senza la preventiva autorizzazione paesaggistica; laddove in relazione ai boschi vincolati in via provvedimentale il TUFF affida ai piani paesaggistici regionali, ovvero a specifici accordi di collaborazione stipulati tra le regioni e i competenti organi territoriali del MIBACT l’individuazione degli interventi previsti e autorizzati dalla normativa in materia riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi vincolati da provvedimento amministrativo, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi dal vincolo. Con la precisazione che tali interventi saranno definiti nel rispetto delle linee guida nazionali di individuazione e di gestione forestale delle aree ritenute meritevoli di tutela, da adottarsi con decreto del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei Beni e delle attività culturali, il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Alla luce di questo breve tratteggio, la posizione assunta dal Consiglio di Stato appare dunque in linea con l’attuale assetto normativo della tutela paesaggistica del bosco, che evidenzia la scelta operata dal legislatore di riservare un trattamento giuridico differenziato agli interventi sui boschi vincolati in via provvedimentale e a quelli vincolati ex lege.

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