SDAF15 – PAESAGGISTICA E VERDE URBANO – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Fri, 24 May 2024 12:26:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Ribaltare il paradigma //www.agronomoforestale.eu/index.php/ribaltare-il-paradigma/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ribaltare-il-paradigma //www.agronomoforestale.eu/index.php/ribaltare-il-paradigma/#respond Fri, 24 May 2024 10:25:52 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68537 A ridosso del mare, tra le colline coltivate, le pinete litoranee e la macchia mediterranea, i bianchi mantelli dei bovini maremmani tratteggiano il paesaggio agricolo. Siamo ad Alberese , nella Maremma toscana a sud di Grosseto, dove si trova una delle maggiori aziende in Europa condotte con il metodo dell’agricoltura biologica.

L’azienda agricola prima del parco
Il parco regionale della Maremma nasce nel 1975. Si estende per quasi 9.000 ettari tra il fiume Ombrone fino al paese di Talamone. Un ambiente variegato poiché, all’interno del suo perimetro, si trovano pinete, la costa scoscesa e le dune della spiaggia, le aree di wilderness alternate alle coltivazioni.
In realtà, la storia della produzione agricola nella Tenuta di Alberese nasce ben prima dell’istituzione del Parco, risalendo addirittura alla metà del XIX secolo, quando il Granduca di Toscana, Leopoldo di Lorena, acquistò e ampliò la Tenuta, investendo notevoli risorse finanziarie e umane per migliorare la produttività dell’azienda.

Il parco della Maremma. Foto di Alberto Pastorelli

Si è così creato un territorio in cui l’azione umana, dalle bonifiche alle scelte colturali, finanche alla selezione delle specie di allevamento si è intrecciata con la tutela della biodiversità e la cura degli ecosistemi. Qui, infatti, è visibile l’intervento umano, ideato a scopi produttivi, ma che ha lasciato un’eredità tale – in termini di biodiversità – da diventare la base fondativa per l’istituzione del parco.
Per esempio, i seicento ettari di pineta fra le colline dell’Uccellina e il fiume Ombrone non sono naturali, ma sono stati realizzati dai Lorena come una “piantagione di pini”. L’obiettivo del Granduca era chiaro: produrre pinoli e sfruttare i terreni vicino al mare, poco adatti all’agricoltura e all’epoca ricchi di acquitrini e paludi.

Un parco di origine antropica a vocazione agricola, quindi, che ha attraversato i decenni. Oggi, però, che rapporti ha l’azienda con il parco e le politiche di conservazione? Ne abbiamo parlato con Donatella Ciofani, agronoma e responsabile tecnica della Tenuta di Alberese, azienda di Ente Terre regionali.

Che tipo di azienda siete?
La nostra è un’azienda agro-zootecnica con una produzione diversificata e integrata: facciamo allevamento allo stato brado, abbiamo coltivazione cerealicole e foraggere, in massima parte dedicata all’alimentazione animale, abbiamo un oliveto secolare per la produzione di olio e produciamo anche vino. Poi c’è la componente dei servizi, avendo la gestione della banca del germoplasma che conserva le specie erbacee autoctone iscritte al repertorio della regione Toscana e le coltiva “in situ” e quella del seme dei riproduttori maremmani. Infine, alcuni casolari sono riservati all’ospitalità agrituristica.

Tori maremmani allo stato brado. Foto di Alberto Pastorelli

Che tipo di allevamento fate?
Qui si possono vedere le razze bovina maremmana ed equina maremmana in purezza, entrambe autoctone della Toscana, tutelate nell’ambito delle politiche di conservazione della agro-biodiversità e fortemente adattate al territorio.
Abbiamo oltre 400 bovini per 700 ettari di pascolo, 40 equini di razza maremmana in purezza e in selezione. Gli animali sono allevati in modo estensivo, con un basso indice di capi per ettaro, a ciclo chiuso vacca-vitello.

Rispettate particolari piani di conservazione per il mantenimento della biodiversità?
La nostra è un’azienda inserita in un parco regionale cui si pratica agricoltura biologica, ma è una risposta fuorviante: siamo l’esemplificazione di come possa essere ribaltato questo paradigma.
Ad Alberese non è l’azienda agricola che si è adeguata agli obiettivi di conservazione del parco, ma è la stessa vocazione agricola del territorio ad avere creato l’habitat che oggi si vuole proteggere. Qui l’azione umana, i differenti ecosistemi e la ricca biodiversità sono tessere di un puzzle perfettamente integrate in un unico sistema complesso.

L’accoglienza agrituristica quanto conta nel bilancio dell’azienda?
Anche se geograficamente siamo collocati in un’area a forte vocazione turistica, la nostra resta principalmente un’azienda agro-zootecnica in cui l’attività di accoglienza è complementare alle altre e marginale in valori assoluti.
Ci consente di mantenere attivi i casolari presenti nella tenuta e coprire le spese di manutenzione degli stabili.
Detto questo, per noi, la presenza turistica ha principalmente un valore legato al racconto dell’identità che stiamo preservando: qui si possono vedere figure come i butteri, si possono conoscere le tradizioni del territorio, si possono esplorare ambienti naturali modificati nei secoli dalla presenza umana.

Butteri nellla tenuta di Alberese. Foto di Alberto Pastorelli

Il vostro è un caso scuola, ma è replicabile altrove?
È un’azienda legata a doppio filo con il territorio, per cui non è un modello replicabile pedissequamente. Ma ogni azienda deve esprimere un legame con il territorio, diventandone presidio e mettendo in connessione gli aspetti di agro-biodiversità con la storia dei propri luoghi.
Un ottimo spunto, però, può essere preso dal nostro modello di allevamento zootecnico, per esempio selezionando razze antiche e autoctone. Queste, spesso, sono più resistenti e più adatte a sfruttare le aree marginali, offrendo risposte interessanti in termini economici.

L’allevamento estensivo riesce a essere remunerativo?
Negli anni abbiamo imparato a non trascurare alcun aspetto della filiera zootecnica, così da abbattere i costi superflui e ricavare un sostentamento dal nostro lavoro.
Innanzitutto, grazie all’allevamento brado è molto alto l’indice di benessere per l’animale. Ciò significa che, crescendo specie rustiche – frutto della selezione nei secoli – e ponendole in condizioni ottimali di vita, minimizziamo le spese di cura.
In secondo luogo, abbiamo accorciato la filiera avendo un macello aziendale e una rivendita, fornendo in loco solo poche realtà. Se da un lato non abbiamo i grandi numeri che interessano la grande distribuzione, dall’altro possiamo raccontare meglio il prodotto e troviamo un consumatore più consapevole e disposto a pagare un prodotto di qualità organolettica superiore.
Non solo. Il nostro cliente è consapevole del lavoro che facciamo ed è disposto a pagare un extra per la tutela dell’ambiente e del territorio, per la conservazione della cultura, per il rispetto etologico che questa forma di allevamento offre agli animali e per gli aspetti legati alla salute.

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Da rifiuto a risorsa //www.agronomoforestale.eu/index.php/da-rifiuto-a-risorsa/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=da-rifiuto-a-risorsa //www.agronomoforestale.eu/index.php/da-rifiuto-a-risorsa/#respond Fri, 30 Jun 2023 06:16:05 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68410

Alice Vezzosi si è laureata lo scorso febbraio 2023 nella laurea triennale in Scienze Agrarie con un elaborato “Da rifiuto a risorsa: valorizzazione dei fanghi di cartiera come ammendante in floricoltura e infrastrutture verdi”, discussa con il professor Roberto Cardelli e la dott.ssa Francesca Brezel. Nel suo lavoro, la giovane studentessa ha dimostrato come i fanghi delle cartiere possano venire utilizzati come risorsa nei substrati di coltivazione e nel suolo.

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un cambiamento della nostra società volto sempre più a comprendere l’importanza della sostenibilità, soprattutto nell’ambito dei processi produttivi.

1000 tonnellate all’anno
In materia di rifiuti, le proiezioni sul futuro del pianeta vedono una conversione del modello economico lineare in un modello economico circolare. L’Unione Europea, che ogni anno si trova a gestire più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti, in questo senso sta aggiornando la propria legislazione. Per quanto concerne l’industria cartaria, in tutta l’UE, si attesta una produzione di 85 milioni di tonnellate, in particolare l’industria cartaria italiana si è collocata al terzo posto dopo Germania e Svezia.
Questo tipo di industria solo nel 2019 ha prodotto più di 982.400 tonnellate di rifiuti totali, dei quali più del 22% finisce in discarica con costi elevati e un forte impatto ambientale. Solo una bassissima percentuale vede il loro utilizzo in opere di ripristino ambientale.

Il fango di cartiera, un problema da smaltire
Il fango di cartiera deriva dal trattamento meccanico delle acque di lavorazione ed è costituito solo da fibre, senza altre sostanze di carica o contaminanti, poiché il processo di disinchiostrazione che si faceva è ormai obsoleto e si riferiva a un periodo storico dove abbondavano carte stampate. Le cartiere a pura cellulosa producono circa lo 0,1% dei fanghi rispetto alle cartiere che impiegano carta da riciclo.

La produzione di fango si articola nelle seguenti fasi:

  1. le acque defluiscono verso una grossa vasca conica di sedimentazione, dove il fango decanta e viene aspirato e condotto a filtropresse per la spremitura, che ne porta il contenuto residuo di acqua al 50% circa;
  2. tramite nastri trasportatori, il fango filtropressato arriva all’impianto di essiccazione;
  3. appositi impianti rotanti, essiccano il materiale, portandolo ad una umidità residua del 10% circa.

Carta destinata al recupero -(foto di F. Brezel)

Fango in decantazione -(foto di F. Brezel)

Impianto di essiccazione -(foto di F. Brezel)

Materiale essiccato – (foto di F. Brezel)

 

Di questi fanghi ne vengono prodotti circa 48.000 tonnellate all’anno costituendo un consistente problema gestionale per tutto il sistema produttivo cartario.
Le vie più comuni per il loro smaltimento sono lo stoccaggio in discarica o l’incenerimento dove, tuttavia, presentano costi elevati e causano un notevole impatto ambientale, attraverso la produzione di gas e percolato. Inoltre, si ha la perdita di materiale potenzialmente utile in quanto, sono una ricca fonte di carbonio organico ed elementi (tabella 2.2) che risultano potenzialmente utili in termini di energia, fertilizzanti o altre risorse. Risulta quindi importante un loro riutilizzo in un’ottica di un’economia circolare.

La caratterizzazione chimico-fisica
Allo scopo dell’impiego dei fanghi come ammendante di substrati di coltivazione è di fondamentale importanza conoscere la loro caratterizzazione chimico-fisica dei fanghi utilizzati, per cui sono state effettuate le principali analisi.
In base alle caratteristiche riportate in tabella, il fango analizzato può avere un certo effetto alcalinizzante minerale quando applicato al suolo e, soprattutto, quando caratterizzato da scarso potere tampone. Inoltre, presentano una buona conducibilità elettrica e un buon contenuto di sostanza organica, composta principalmente da fibre lignocellulosiche. Questo elevato contenuto fibroso li rende ideali per migliorare le proprietà fisiche (per esempio porosità, capacità di ritenzione idrica, areazione) dei suoli e dei substrati di coltivazione.

Tabella 2.1 – Caratterizzazione chimica

Come riportato nella tabella 2.2 a causa dell’elevato contenuto di carbonio organico e il basso contenuto di azoto totale si hanno valori relativamente elevati del rapporto C/N, indicando quindi la necessità di aggiungere N per microrganismi e piante in caso di utilizzo dei fanghi come ammendante del suolo.
Per quanto riguarda invece l’elevata quantità di Ca può essere dovuta alla presenza di materiali di rivestimento come sbiancanti per carta/opacizzanti, al talco di riempimento da carta riciclata e/o alla presenza di carbonati o idrossidi utilizzati nel processo di finitura della carta. Anche il Na potrebbe essere correlato all’idrossido di sodio presente nel processo di spappolatura.
La presenza di Fe e Cu potrebbe essere collegata agli inchiostri o alle impurità della carta patinata al caolino o di altri materiali inorganici.

Tabella 2.2 – Caratterizzazione chimica dei fanghi di cartiera

Cosa dice la legge
Attualmente il fango, con codice CER [030310], può essere conferito per ripristini ambientali con un limite percentuale massimo del 30% in peso per fanghi al 27% minimo di sostanza secca (DM 22/1998).
Nonostante l’impiego autorizzato, il settore non presenta una richiesta continua, risultando quindi poco affidabile per chi produce tonnellate di rifiuti. Un altro potenziale utilizzo è stato trovato nel settore edilizio dove il fango è utilizzato per la produzione di laterizi.
Studi recenti sono indirizzati anche nel loro possibile impiego nella realizzazione di substrati per infrastrutture verdi.

Il potenziale delle infrastrutture verdi
L’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (IRET) di Pisa del CNR ha avviato, nell’ambito dei progetti “CARPET Carta Pellet Tetti” e “CAREER dalla Carta alla Pianta”, delle sperimentazioni sul potenziale utilizzo di questi fanghi come componenti dei substrati in tetti verdi estensivi e come componente di substrati per impianti arborei.

Un tetto verde prevede la messa a dimora di vegetazione sulla copertura di un edificio, con lo scopo di migliorarne le prestazioni nei confronti del clima ed eventi meteorici urbani.
Il progetto “CARPET Carta Pellet Tetti” aveva lo scopo di testare l’attitudine dei fanghi di carta pellettati nella realizzazione di substrati di crescita per tetti verdi estensivi per migliore la biodiversità e fornire un habitat indisturbato per gli insetti impollinatori.
I tetti verdi estensivi sono costituiti da un substrato di crescita per le piante di 10-20 cm e viene realizzato con specie adatte che lo rendono ecologicamente vantaggioso per i servizi ecosistemici.
Sono stati impiegati:

  • un substrato di controllo composto da lapillo e compost (ammendante compostato verde);
  • un substrato sperimentale composto costituito da lapillo e fango pellettato
  • un substrato sperimentale con lapillo, fango pellettato e compost.

Su ogni substrato sono state trapiantate circa 30 specie erbacee e Sedum, tipicamente utilizzato per la realizzazione dei tetti verdi. Il substrato con pellet di fango, con lapillo e compost si è dimostrato adatto per incrementare la diversità di specie vegetali presenti rispetto agli altri due trattamenti (Figura 2).

Sperimentazione su tetti verdi estensivi presso Cnr Pisa, nel mese di maggio i Sedum fioriscono e attirano impollinatori (foto di F. Brezel)

All’interno del progetto “CAREER dalla Carta alla Pianta”, è stata valutata l’idoneità dei fanghi di cartiera pellettizzati in miscela con ammendante compostato verde, pomice e zeolite per la costituzione di un substrato di crescita alternativo ad uno tradizionale a base di torba, pomice e zeolite.
Nello studio sono state prese in esame le seguenti specie: Quercus ilex L., Lagerstroemia indica L. e Prunus serrulata Kazan, specie arboree ornamentali comunemente utilizzate in contesti urbani. Dopo due anni di crescita in vivaio, gli alberi sono stati piantati in situ e monitorato lo stato di salute delle piante in post-impianto.
Dai risultati si è evidenziato come l’utilizzo di questo substrato alternativo abbia portato a un buon attecchimento delle piante, con un maggiore contenuto in biomassa vegetale rispetto al substrato di controllo. Inoltre, il substrato alternativo ha garantito una maggiore volume di acqua, un incremento della capacità di ritenzione idrica e un buon contenuto di azoto totale. Tutto ciò si è tradotto nella crescita di piante sane .

Rilievi sull’efficienza fotosintetica su L. indica trapiantata all’Area verde del Cnr di Pisa (foto di F. Brezel)

Dai casi studio analizzati, si evince che i fanghi di cartiera possono avere un concreto potenziale come ammendante del suolo e di substrati di coltivazione.
Altri progetti sperimentali devono essere eseguiti al fine di riuscire a ottenere un adeguato riconoscimento del fango di cartiera come un materiale polivalente in grado di apportare benefici all’ambiente urbano continuamente a rischio e offrire nuove opzioni sostenibili a livello commerciale, in armonia con le norme relative.

Bibliografia di riferimento
Vannucchi, F., Scartazza, A., Scatena, M., Rosellini, I., Tassi, E., Cinelli, F., & Bretzel, F. (2021). De-inked paper sludge and mature compost as high-value components of soilless substrate to support tree growth. Journal of Cleaner Production, 290, 125176

Francesca Bretzel, Dalla carta alla pianta. Il percorso inverso che fa bene all’ambiente, FCRL magazine (2021)

Vannucchi, F., Pini, R., Scatena, M., Benelli, G., Canale, A., & Bretzel, F. (2018). Deinking sludge in the substrate reduces the fertility and enhances the plant species richness of extensive green roofs. Ecological Engineering, 116, 87-96)

Francesca Bretzel, Eliana Tassi, Irene Rosellini, Emna Marouani, Asma Khouaja e Ahmed Koubaa, Characterization of Italian and Tunisian Paper Sludges to employ it as soil amendment, Springer (1-04-22)

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Valutazione fitostatica degli alberi //www.agronomoforestale.eu/index.php/valutazione-fitostatica-degli-alberi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=valutazione-fitostatica-degli-alberi //www.agronomoforestale.eu/index.php/valutazione-fitostatica-degli-alberi/#respond Fri, 16 Jun 2023 06:34:30 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68397

Edoardo Raccosta.
Laureato nel settembre del 2022 in Progettazione e gestione del verde urbano e del paesaggio, la sua tesi sperimentale ha avuto l’obiettivo di confrontare diversi approcci strumentali al fine di verificare le condizioni di stabilità e la propensione al cedimento di alberi a cui era stato interrato il colletto.

Il verde urbano fornisce molteplici benefici e servizi ecosistemici alle città e alla popolazione riducendo le emissioni di inquinanti antropici, favorendo l’aggregazione sociale, migliorando la salute mentale, incrementando il valore economico di beni immobili e aumentando la biodiversità presente nell’ecosistema urbano. Nell’attuale scenario di cambiamento climatico, gli effetti della presenza delle piante, per esempio sulla regolazione della temperatura, sull’intercettazione delle acque meteoriche (in particolare nel caso di “bombe d’acqua”) e sulla riduzione della velocità del vento, sono di grande importanza per la vita e il benessere delle persone che vivono negli agglomerati urbani. Tuttavia, si devono creare i presupposti giusti affinché le essenze vegetali presenti nelle nostre città esplichino le loro attività biologiche nel migliore dei modi.

39 alberi, un viale: il caso studio

Figura 1. Ricostruzione schematica dei possibili lavori di livellamento della sede stradale eseguiti sul Viale delle Piagge.

Il caso studio preso in esame è rappresentato dal Viale delle Piagge (Pisa), realizzato in seguito ai lavori di sistemazione del nuovo argine che aveva come scopo primario il contenimento dell’Arno nei periodi di piena. Sul viale sono presenti circa seicento esemplari arborei disposti in un doppio filare a prevalenza di tigli nostrani (Tilia platyphyllos), molti dei quali si ipotizza che siano stati messi a dimora subito dopo il completamento dei lavori dell’argine e quindi del viale, risalente alla seconda metà dell’800. Ad oggi, è uno dei luoghi più frequentati e amati, presentandosi indubbiamente come uno dei “polmoni verdi” della città che necessità però di una gestione attenta affinché questa infrastruttura non si trasformi in una minaccia.
Negli ultimi anni, si stanno verificando diversi casi di crolli dei tigli presenti sul viale, con annessi danni a edifici residenziali; le piante sono state interessate da rotture al colletto o ribaltamenti improvvisi. Osservando attentamente gli alberi a dimora e analizzando le dinamiche dei crolli si è notato l’assenza di contrafforti alla base del fusto (nel genere Tilia si manifestano in modo tipico e naturale, specialmente in piante mature) probabilmente imputabili a lavori di livellamento della sede stradale eseguiti negli scorsi decenni, che hanno apportato nuovo terreno (soprattutto nelle porzioni esterne del viale). Ciò ha determinato il progressivo interramento dei colletti e dei contrafforti delle piante a dimora con conseguenti ristagni idrici, elevata umidità e talvolta asfissia (Figura 1). Tutte condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di agenti patogeni fungini i quali determinano marciumi radicali estendendosi anche al colletto e compromettendo la stabilità delle essenze arboree.

Figura 2. Prova di trazione controllata in fase di svolgimento.

L’obiettivo di questa tesi di laurea è stato quello di condurre opportune indagini fitostatiche per valutare la stabilità di 39 alberi di un tratto del Viale delle Piagge situati nei filari esterni, molti dei quali non presentano contrafforti a causa, probabilmente, dei lavori di livellamento citati precedentemente. A questo scopo, si è reso necessario stabilire un protocollo standardizzato affinché tutte le analisi strumentali fossero condotte con modalità riproducibili nel medesimo sistema su ogni albero e con l’obiettivo di ottenere risultati uniformi e rappresentativi della problematica.

Un protocollo ad hoc
Il protocollo operativo è stato messo a punto dopo una serie di test adottando diversi approcci strumentali quali tomografo sonico, il dendropenetrometro e la prova di trazione controllata o “pulling test”; quest’ultimo è risultato essere il più idoneo per esaminare la tenuta radicale e l’elasticità delle fibre legnose. Il “pulling test” prevede l’applicazione di un carico controllato (simulazione di una raffica di vento) attraverso un paranco ed un cavo d’acciaio (Figura 2); per la registrazione dei dati utili a formulare una valutazione oggettiva ci si avvale di sensori estremamente sensibili installati sul fusto della pianta in esame (Figura 3). I dati raccolti in campo vengono rielaborati mediante un software dedicato all’interno del quale si inseriscono alcuni parametri come ad esempio l’altezza della pianta, il diametro del fusto, le dimensioni della chioma e la velocità del vento. Quest’ultimo dato, di fondamentale importanza poiché l’intero processo di analisi dei dati si basa su questo specifico carico, è stato ricavato tramite una ricerca storica degli eventi ventosi registrati nei pressi dell’area studio prelevati dalla stazione meteorologica della Regione Toscana.

La valutazione finale di ogni pianta viene fornita mediante l’attribuzione di una Classe di Propensione al Cedimento (CPC) proposte dalla Società Italiana di Arboricoltura che è stabilita, in questo caso, basandosi principalmente sui risultati ottenuti dalle prove di trazione. La classificazione di propensione al cedimento degli alberi è composta da 5 classi, ossia da A a D; una pianta in classe A non presenta al momento dell’indagine difetti significativi tali da ritenere che il fattore di sicurezza dell’albero si sia ridotto. Al contrario, una pianta in classe D ha ormai esaurito il suo fattore di sicurezza e pertanto è previsto l’abbattimento.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che il 23% delle piante esaminate ricadono in una CPC estrema per cui è previsto l’abbattimento, il 23% (CPC = C) necessitano di un controllo visivo e strumentale periodico, con cadenza annuale. Infine, il restante 54% risulta avere un elevato grado di stabilità (CPC = A o B). Le piante ricadute nella classe estrema (CPC = D) sono state oggetto di ulteriore approfondimento diagnostico strumentale eseguendo una valutazione qualitativa del legno attraverso il tomografo sonico. Le tomografie effettuate all’apparato radicale e al colletto ove si riteneva necessario e possibile, hanno confermato l’esito ottenuto con le prove di trazione; scarsa capacità di ancoraggio delle radici a seguito di processi di degradazione dell’intero apparato e del colletto.

Figura 3. Sensori impiegati per svolgere la prova di trazione.

In molti casi, gli alberi nelle città sono costretti a vegetare in condizioni estreme, soggetti a continui stress termici, idrici, meccanici e molti altri. Il protocollo messo a punto per questo specifico caso si è rivelato essere attendibile, in grado di uniformare un giudizio finale complessivo e inquadrare al meglio la problematica descritta precedentemente. Questo protocollo operativo potrebbe essere adottato anche al di fuori del contesto specifico per cui è stato formulato; in particolar modo per verificare la stabilità degli alberi in seguito a importati lavori sulla sede stradale o limitrofi alla zolla radicale. Spesso, quando vengono eseguiti degli scavi, si danneggiano o in casi più gravi vengono recise intere porzioni dell’apparato radicale andando a stravolgere e compromettere l’intera stabilità di una pianta. Attraverso questo lavoro di tesi dove si sono sperimentati diversi approcci diagnostici, le prove di trazione si sono rivelate essere lo strumento diagnostico più idoneo per verificare problematiche all’apparato radicale, sia di natura meccanica (danni meccanici) che fitosanitaria (agenti patogeni fungini).

Sitografia e Bibliografia

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Siccità e cambiamento climatico: l’azione dei dottori agronomi e dottori forestali. //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Tue, 21 Mar 2023 14:37:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68347 Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso anche l’inverno meteorologico 2022-2023, l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (9° inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquidi che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020.
La combinazione autunnale ed invernale di piogge scarse e temperature ben sopra la norma, fa sì che il bilancio idro-climatico sia fra i peggiori degli ultimi 65 anni.

Le ridotte nevicate dell’inverno si sono sommate all’effetto di prolungati periodi di tempo stabile ed eccezionalmente mite: in pratica abbiamo ricevuto solo un terzo della neve rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Il fiume Po viene alimentato per il 60% dalla neve caduta in montagna. Quest’anno mancano circa 4 miliardi di metri cubi di quest’acqua. Una condizione che sicuramente condizionerà dunque lo stato di salute dei fiumi del Nord anche nella prossima primavera ed estate.
Siamo purtroppo nella stessa situazione di un anno fa, ma con 12-14 mesi di siccità sulle spalle.

La pioggia non basta
Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al 7° posto tra i più caldi dal 1958.
Le alte temperature della seconda decade del mese, con lo zero termico che si è riportato già oltre i 3000 metri, stanno di fatto sciogliendo la neve caduta su Alpi e Appennini.
Sugli Appennini, in particolare, le nevicate sono state abbondanti nella seconda metà dell’inverno, ma col caldo anomalo si sta già riducendo il volume della neve anche a quote medio-alte.

Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit medio sostanzialmente che in alcune regioni (Piemonte) ha raggiunto -80%. Ma anche le zone alpine occidentali hanno un deficit medio del 40% grazie alle nevicate soprattutto della fine di febbraio.
Analoga situazione nelle regioni del centro dove i primi giorni del 2023 avevano fatto sperare in un ‘recupero’ grazie alle precipitazioni nevose e piovose, verificatesi soprattutto a gennaio, ma il mese di febbraio ha visto piogge scarse, inferiori alla media, su quasi tutto il territorio.
In particolare, in Toscana si è registrato un deficit pari a circa il -57% (corrispondente a circa 47 mm di pioggia in meno). A ciò si accompagnano le previsioni meteo del Lamma, che parlano per i prossimi tre mesi di precipitazioni nella media e temperature leggermente superiori, una situazione che invita alla prudenza paventando la possibilità di una nuova estate a rischio siccità.
Leggermente migliore appare la situazione al sud.

Le azioni del Governo
Qualche giorno fa si è svolta il primo incontro interministeriale che ha il compito di varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lunga scadenza per gestire l’emergenza siccità.
Alla cabina di regia partecipano i rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei e PNRR, Protezione civile.
A quel tavolo, il ministro Musumeci ha portato alcune proposte per interventi a 2-3 anni. Fra questi, incentivi per realizzare laghetti aziendali per supplire alla siccità nei mesi estivi e un piano speciale per la pulizia degli invasi dall’insabbiamento, dai fanghi e dai detriti accumulatisi nel corso degli anni.

Foto di Pat Whelen per pexels

Di fronte al cambiamento climatico
È evidente che siamo ormai di fronte a un’evoluzione climatica che appare inarrestabile e che ci obbliga a considerare tre aspetti essenziali:
● La riduzione delle precipitazioni assolute.
● La concentrazione delle precipitazioni in periodi ristretti e in fenomeni estremi e intensi.
● L’aumento delle temperature medie e di quelle assolute.

I dottori agronomi ed i dottori forestali, da sempre attenti alla gestione dell’equilibrio idrico, sono fortemente preoccupati. Dopo tanti anni e tanti dati, manca una strategia complessiva che, tenendo conto dell’insieme dei cambiamenti in atto, finalizzi le risorse per investimenti funzionali sia alla difesa dagli estremi nivopluviometrici che allo stoccaggio della risorsa idrica per la sua coerente utilizzazione idropotabile e irrigua.

6 proposte
1. Gestire le nostre aree montane e le foreste per impedire la compromissione del ruolo tampone in ottica di bilancio idrico.
Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, infatti, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di “serbatoi d’acqua” (water towers). Le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano.

2. Un programma pluriennale d’interventi per il ripristino dei laghi artificiali, dei numerosi laghetti collinari e la previsione di nuove realizzazioni per affrontare gli anni a venire.
Già oggi devono essere assunte decisioni tecnico-agronomiche in grado di mitigare la prossima estate siccitosa e torrida che ci aspetta. Dobbiamo però avere anche consapevolezza che senza interventi strutturali tutto quello che la scienza agronomica può suggerirci non sarà sufficiente.

3. Occorre che le autorità di bacino predispongano o aggiornino i loro piani, prevedendo la realizzazione di interventi che consentano di stoccare l’acqua nei diversi territori con l’obiettivo di difendere i territori a valle, garantire un minimo deflusso vitale ai corsi d’acqua durante tutto l’anno e rendere disponibili le risorse idriche per l’irrigazione.

4. Occorre realizzare impianti irrigui innovativi che minimizzino i consumi e massimizzino l’utilità dell’acqua somministrata alle colture, come per la scelta di tecniche colturali e varietà coltivate idonee a questa nuova fase climatica. Da qui, è evidente il ruolo decisivo della consulenza tecnica.

5. Dobbiamo ripensare la gestione del verde urbano, tanto necessario alle nostre città, quanto fragile nella manutenzione.
Partendo dalla scelta delle varietà più resistenti, passando per la progettazione degli spazi di messa a dimora, fino al recupero delle acque piovane diventano snodi cruciali per mantenere verdi le aree urbane anche il periodi siccitosi.

6. Incentivare – se non rendere obbligatorio – lo stoccaggio delle acque piovane per ogni nuova costruzione, domestica e non. Un piccolo intervento, puntuale e diffuso, che consentirebbe di migliorare il bilancio idrico complessivo del territorio.

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Le foreste urbane per la riqualificazione delle città //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/#respond Fri, 17 Mar 2023 12:19:34 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68308 di Renato Ferretti

Le foreste urbane e le infrastrutture verdi all’interno delle città possono giocare un ruolo molto importante per migliorare la qualità della vita. Infatti, come noto da tempo, offrono un’ampia gamma di benefici alla popolazione e svolgono preziosi servizi quali assorbimento della CO2, cattura del particolato e degli inquinanti atmosferici, drenaggio e controllo delle acque meteoriche, contrasto al fenomeno delle isole di calore, incremento della qualità estetica e percettiva, fornitura di aree in cui svolgere attività ricreative.

Numerose città, in tutto il mondo, hanno avviato iniziative molto ambiziose di riforestazione urbana. Tutte accomunate dalla scelta di accrescere la propria dotazione di infrastrutture verdi per rafforzare la coesione sociale e muoversi verso uno sviluppo equo e sostenibile.

Le foreste e gli alberi – secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – se ben gestiti, all’interno e attorno ai centri urbani forniscono habitat, cibo e protezione per numerosi animali e molte specie vegetali. Il che contribuisce anche a salvaguardare e accrescere la biodiversità”.

foto di Lachlan per pexels

Il dipartimento che si occupa delle foreste è impegnato a contrastare la deforestazione perché la questione più importante è assicurare una fonte di sostentamento alle persone che dipendono dalle foreste. – ha aggiunto il capo del dipartimento Fao, Hiroto MistugiQuesto aspetto riguarda tutti gli abitanti delle zone rurali, ma anche gli abitanti delle città perché gli alberi sono fonti d’acqua, migliorano la qualità dell’aria e contribuiscono a un ambiente sano.

Le città sono sempre più insalubri per l’aumento delle emissioni di CO2, di polveri sottili, agenti inquinanti e per l’ormai insopportabile calore estivo.
È provato che i boschi assorbono il 40% delle emissioni ascrivibili all’utilizzo dei combustibili fossili: per questo la forestazione urbana e periurbana deve diventare una priorità nell’agenda internazionale dei governi e delle istituzioni internazionali e locali.
È necessaria una trasformazione radicale del modo di operare per moltiplicare gli spazi verdi e i piccoli parchi, impiantare alberi per formare nuovi corridoi ecologici, realizzare edifici verdi anche in verticale. Tutto questo inciderebbe non solo sulla qualità dell’aria e del clima, ma anche sullo sviluppo economico delle città stesse, favorendo la microagricoltura e la produzione di cibo, per contrastare anche in questo modo i fenomeni di povertà.

Foto di Harrison Haines per pexels

Gli investimenti nel verde urbano sono particolarmente efficaci ed efficienti anche in termini economici perché garantiscono una riduzione di diverse tipologie di spesa, da quelle per il raffreddamento degli edifici a quelle per la manutenzione del territorio e la resilienza idrogeologica. Contrastando l’inquinamento dell’aria, le piante permettono di ridurre le spese per la salute, mentre i parchi pubblici o gli orti comunitari offrono occasioni di incontro e socialità. Si parla di soluzioni naturali (nature-based solutions, nbs) a problemi come il consumo energetico o quello idrico o il riscaldamento delle città.

Per tutto ciò non bastano le risorse del decreto clima e del PNRR: occorre una programmazione pluriennale e una strategia continua nel tempo.

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Conservazione dinamica del paesaggio alpino //www.agronomoforestale.eu/index.php/conservazione-dinamica-del-paesaggio-alpino/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=conservazione-dinamica-del-paesaggio-alpino //www.agronomoforestale.eu/index.php/conservazione-dinamica-del-paesaggio-alpino/#respond Fri, 17 Feb 2023 11:16:08 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68283 Come si attua la salvaguardia, la gestione e la valorizzazione del paesaggio nell’area alpina? Un esempio, anzi diversi esempi si possono trovare tra i premi e le menzioni del Premio triennale Giulio Andreolli Fare paesaggio.

Cos’è il premio
Il premio nasce per celebrare le opere, progetti e iniziative realizzati nel territorio alpino e indirizzati alla salvaguardia, alla gestione e alla valorizzazione del paesaggio nell’area alpina.
La Giuria, presieduta dal paesaggista Andreas Kipar e composta da esperti di livello internazionale, ha valutato gli interventi e le iniziative con specifici riferimenti all’innovazione e alla sostenibilità, alla partecipazione e alla sensibilizzazione.

Il dinamismo del paesaggio

Sabrina Diamanti, presidente CONAF

D: Presidente Diamanti, come mai l’ordine degli agronomi e forestali è coinvolto in questo premio dedicato al paesaggio?
Sabrina Diamanti, Presidente CONAF
: Nulla di strano, anzi. Il premio esibisce i valori scritti nella Carta europeo dal paesaggio e nell’articolo 9 della Costituzione, che è incardinato nel nostro codice deontologico. Da sempre agronomi e forestali si occupano di cultura del paesaggio, della sua valorizzazione, della sua gestione

 

D: Siamo giunti alla terza edizione. Cosa ha trovato di nuovo?
R:
Negli anni, il premio ha saputo evolvere, comprendendo che il paesaggio cambia e lo dobbiamo interpretare come un’entità dinamica che va curata, valorizzata e gestita, in particolare per le componenti più naturali.
Un’evoluzione insita nel nome stesso del premio: “Fare paesaggio”. È un concetto che racchiude in sé il fatto che il bene paesaggistico è la risultanza di una costruzione e di un’interazione con l’uomo attraverso i secoli.
Un intervento dinamico, ma che ha saputo coniugare le esigenze di vita con la capacità di conservare i beni, applicando i principi di sostenibilità anche prima che questi venissero esplicitati.

 

D: Cosa significa curare il paesaggio nel XXI secolo?
R:
In questi e nei prossimi anni, i cambiamenti climatici ci obbligheranno a fare i conti con una repentina evoluzione degli scenari, sia per quanto riguarda la messa in sicurezza degli edifici e dei manufatti che per le modifiche alle nicchie ecologiche.
Per questo ho molto apprezzato che il filo conduttore di questo premio sia stato la multidisciplinarietà dei gruppi di progettazione. Si tratta di un approccio moderno, in cui le diverse specializzazioni concorrono verso l’obiettivo comune della sostenibilità e della valorizzazione del paesaggio alpino.”

 

D: Tra cui anche quelle dei dottori agronomi e dottori forestali
R:
Non mi stupisce vedere la presenza di tanti colleghi nei team dei progetti premiati e in quelli partecipanti, inseriti armonicamente tra architetti e paesaggisti per contribuire con le nostre competenze alla salvaguardia di quell’immenso bene che sono le Alpi.
Per fare ottimi progetti servono specializzazioni e competenze sempre aggiornate, ma nel contempo è necessario coniugare i diversi punti di vista per essere capaci di gestire la complessità.
I progetti candidati in questo premio ne sono la dimostrazione, perché funzionano quando hanno saputo mettere a fattor comune le esigenze umane con quelle della natura, mantenendo l’armonia in uno sguardo di insieme.

 

Agronomi e forestali premiati
Il primo posto nella sezione “cultura, educazione e partecipazione” è stato assegnato al progetto “Il Castello di Pergine bene di comunità”, il cui presidente della Fondazione CastelPergine Onlus è il collega Carmelo Anderle, dottore forestale.

 

Progetto “Il Castello di Pergine bene di comunità”

IL PROGETTO
La Fondazione di partecipazione CastelPergine Onlus ha acquisito a fine 2018 il Castello di Pergine in Trentino (I) tramite un’iniziativa comunitaria di attivazione e coinvolgimento di istituzioni, istituti di credito, enti privati, associazioni e alla raccolta di sottoscrizioni (ad oggi 885).
Si tratta di una proprietà che comprende anche le sue pertinenze, due ristoranti e uno storico albergo dislocato in tre torri e nella cosiddetta Ala clesiana: circa 3.800 mq coperti e 17 ettari di proprietà boschive e prative. Un bene dalla presenza fortemente iconica nel paesaggio, di grande rilevanza storico-artistica, centro d’arte e cultura, turismo sostenibile, occupazione, bandiera verde di Legambiente 2022.
La vita che si è dipanata a Castello dopo l’acquisizione – tra lavoro, mostre d’arte, incontri, spettacoli, occasioni di studio e conoscenza – ha motivato aggregazione, costruito nuove relazioni, consolidato e generato collaborazioni. Numerosi sono i personaggi di spicco del panorama nazionale e internazionale che hanno fatto visita e sosta a castello e tanti i visitatori coinvolti nel contesto di diverse iniziative già avviate a partire dal 2019. L’acquisizione partecipata del Castello nel 2018 ha rappresentato un elemento dirompente nella gestione del patrimonio storico-artistico, a partire dalla sua salvaguardia e conservazione. Questo progetto sta contaminando altre realtà a livello nazionale e la Fondazione condivide in modo innovativo il know-how e il progetto di valorizzazione in una logica di rete di esperienze. A partire dalla data di acquisizione del bene, oltre alle numerose iniziative di carattere culturale sono stati realizzati e programmati numerosi interventi di restauro dei beni architettonici e storico artistici che qualificano il complesso monumentale.

 

Menzioni speciale allo studio Amp Architecture & Landscape, in cui lavora il dottore forestale Claudio Maurina, per il progetto di riqualificazione ambientale “Parco del lago Fontana

 

progetto di riqualificazione ambientale “Parco del lago Fontana”

IL PROGETTO
Valorizzazione paesaggistica e qualificazione ecologica di un laghetto alla base delle pendici boscate che delimitano la valle di Non in Trentino (I).
L’intervento intende migliorare la fruibilità del lago Fontana e agisce sull’assetto morfologico e idraulico del bacino, sul quadro naturalistico e sugli elementi destinati alla fruizione del sito. Lo spostamento dell’emissario e l’inserimento di varie specie vegetali migliorano la dinamica lacustre, il percorso panoramico attorno al lago si adatta alla topografia delle sponde, riducendo l’impatto ambientale, mentre i sentieri sensoriali collegano radialmente il lago al bosco. Gli elementi identificativi del luogo (emissari, dossi, punti panoramici etc.) sono messi a sistema attraverso due tipologie di percorso: il percorso panoramico e i sentieri sensoriali. Ciò integra il sito con le comunità che già lo frequentano, grazie alla sua vocazione di crocevia e luogo di incontro tra percorsi di natura e cultura. Il fondale del laghetto è stato riportato ad una profondità adeguata ed è stato spostato l’emissario nel versante sud-est e sistemate le sezioni di bacino al fine di creare una appropriata fascia ecotonale. Sono state messe a dimora specie lacustri e vegetali che stabilizzano l’ecosistema del lago e bilanciano la presenza di specie già presenti. Il percorso offre pendenze quasi sempre costanti e mai superiori all’8% per garantire la fruibilità a diversi tipi di utenza. Incontri e momenti di condivisione con i diversi stakeholders del territorio hanno caratterizzato la genesi e lo sviluppo dell’iter progettuale, scanditi da numerosi incontri con la municipalità nelle sue componenti tecniche, sociali e culturali.

 

Menzioni di qualità assegnata al progetto “Dopo Vaia, la rinascita di un parco” (SOVA-Parco di Levico), il cui curatore è il dottore forestale Maurizio Mezzanotte, dirigente del servizio SOVA.

progetto “Dopo Vaia, la rinascita di un parco” (SOVA-Parco di Levico),

IL PROGETTO
Creato agli inizi del ‘900, il Parco delle Terme di Levico in Trentino (I) è il più importante parco storico della provincia. Nel 2018 il parco è stato colpito pesantemente dalla tempesta Vaia che ha abbattuto più di 200 alberi monumentali. Per riqualificare il parco è stato avviato un percorso di restauro accompagnato da iniziative culturali finalizzate a coinvolgere la collettività nel lungo processo di rinascita. La popolazione ha risposto massicciamente, contribuendo con donazioni e offerte provenienti da tutta Italia e dall’estero che hanno permesso il reimpianto degli alberi seguendo uno specifico progetto paesaggistico. In tale contesto di iniziative è stato bandito un concorso rivolto a progettisti e artisti per raccogliere idee e ipotesi progettuali sul tema “resilienza”. L’invito è stato raccolto da 35 candidati provenienti da tutta Italia e il progetto vincitore è stato realizzato. L’attività di rinascita del parco è proseguita attuando un intenso programma di iniziative che rappresentano una realtà ormai consolidata nel panorama culturale trentino.

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Andalusia, esplorando una terra vicina dal clima arido //www.agronomoforestale.eu/index.php/andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido //www.agronomoforestale.eu/index.php/andalusia-esplorando-una-terra-vicina-dal-clima-arido/#respond Tue, 30 Aug 2022 14:51:08 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68210 L’Ordine di Brescia da almeno 20 anni è impegnato a promuovere viaggi-studio per i colleghi iscritti, finalizzati alla crescita professionale dei partecipanti e a favorire lo scambio culturale e la circolazione di idee.
Le forme di interscambio culturale con vari territori a livello nazionale, caratterizzati da peculiarità interessanti dal punto di vista agricolo e forestale, sono così proposte ai colleghi come occasioni di approfondimento tecnico.

La voce degli iscritti
Le opportunità di viaggi-studio vengono valutate di volta in volta dal Consiglio dell’Ordine accogliendo le istanze dei colleghi e le strategie di sviluppo condivise in sede ordinistica. L’Ordine di Brescia può contare, in tal senso, su un consolidato gruppo di lavoro coordinato dalla dott.ssa Anita Frosio.
Per soddisfare le peculiarità e le esperienze di professionisti partecipanti, ogni viaggio tende a contemplare più settori di competenza, valorizzando soprattutto le eccellenze dei territori visitati. Infine, anche il confronto con i colleghi e gli amministratori locali in genere offre opportunità di scambi culturali che possono continuare anche successivamente, valorizzando metodiche innovative, ambiti di ricerca e sperimentazione.

Dentro e fuori i confini
Gli scambi hanno interessato e coinvolto numerose regioni italiane, dal Trentino alla Sicilia e, negli ultimi anni, l’iniziativa dei viaggi studio ha ampliato il proprio raggio d’azione approdando anche all’estero.
In un mondo sempre più interconnesso, infatti, diventa necessario esplorare realtà e approcci alle tematiche strategiche del nostro settore, diversi da quelle reperibili in ambito nazionale.
Nel 2016, per esempio, fu organizzato un viaggio studio in Slovenia, incentrato sul tema della filiera bosco-legno (dalle esperienze forestali alla commercializzazione del legname) nel quale furono coinvolti con successo anche funzionari regionali di Regione Lombardia.
Nel 2022, la scelta è caduta sull’Andalusia: meta e scenario di particolare interesse e attualità per confrontarsi su tecniche e modalità di coltivazione in un territorio caratterizzato da un clima particolarmente arido.
Un viaggio organizzato con la collaborazione tra l’Ordine di Brescia e la locale Associazione dei Dottori in Scienze Agrarie e Forestali.

Il prossimo calendario
L’esperienza in Andalusia appena conclusa è stata un’ulteriore conferma che la modalità dei viaggi-studio rappresenta un’espressione proficua e molto apprezzata di formazione professionale continua.
Già per l’autunno sono in fase di programmazione un viaggio-studio alla scoperta delle Bonifiche dell’Agro Pontino e per il prossimo anno si caldeggia la possibilità di partire alla volta della regione francese dello Champagne.

IL PROGRAMMA DELLA MISSIONE IN ANDALUSIA

26 maggio 2022
Visita a BROKAW VIVEROS – Finca Pena – Velez Malaga, un vivaio di alberi da frutto tropicali situato nel sud della Spagna, specializzato nella progettazione e produzione di piantine di avocado, mango e altri alberi da frutto tropicali.
Il vivaio è il primo produttore mondiale di Avocado Clonale, che permette di realizzare frutteti con alberi geneticamente identici, sia per quanto riguarda il portinnesto, sia per quanto riguarda la varietà.
Realizzando allevamenti con alberi geneticamente omogenei si ottengono migliori rese frutticole oltre a una maggiore efficacia nelle operazioni di potatura, fertirrigazione, applicazione di fitofarmaci e raccolta; inoltre, si ottiene uniformità di tolleranza ai funghi del suolo (purché si scelgano portainnesti clonati tolleranti a questi funghi).
BROKAW ESPAÑA SL si è sempre occupata di ottenere le migliori varietà di avocado, sia portainnesti, sia varietà di frutta.
Negli anni ’50 EF Frolich identificò la tecnica dell’eziolazione (crescita dei germogli al buio, senza clorofilla) come precursore dello sviluppo di radici funzionali nei germogli di avocado. Successivamente, il vivaista Hank Brokaw è stato il primo a descrivere e sviluppare commercialmente la tecnica.
Curiosa ed interessante la tecnica del doppio innesto, che applicando la tecnica suddetta consente di ottenere giovani piante clonali, sia per il piede, sia per la varietà produttiva.

27 maggio 2022
Visita del parco nazionale di Doñana, una delle zone umide più importanti e più belle d’Europa. La particolarità che rende speciale questo parco nazionale è possibile conoscere ecosistemi tra loro molto diversi, come paludi, lagune, saline, pinete, rive, dune mobili, scogliere, 30 chilometri di spiagge vergini. Un vero spettacolo naturale che cambia in ogni stagione e che si trova tra le province andaluse di Huelva, Siviglia e Cadice.
A bordo di fuoristrada le guide ci hanno accompagnato in questo ambiente situato sul delta dell’importantissimo fiume Guadalquivir; l’habitat paludoso crea un ambiente ideale per circa 300 specie diverse di uccelli.
La riserva, infatti, è una fondamentale area di sosta europea di molte specie di uccelli migratori, che dal nord d’Europa raggiungono l’Africa. Le paludi, però, sono anche un luogo di riproduzione e di svernamento di migliaia di uccelli europei e africani.
Per questo motivo, Doñana è tra le mete preferite dagli appassionati di bird-watching di tutto il mondo.
Percorrere i sentieri protetti di Doñana offre la possibilità di vedere alcune delle specie di animali più minacciate del pianeta, come l’aquila imperiale e la lince iberica. Doñana è inoltre la “casa” di oltre 230 specie di uccelli e permette di vedere scene sorprendenti come lo spettacolare “tappeto rosa” creato dalle colonie di fenicotteri quando si alimentano.

 

Visita BASILIPPO OLEOTURISMO – El Viso del Alcor (Siviglia) per conoscere le strategie per la produzione di olio extravergine d’oliva d’autore.
La visita agli oliveti semi intensivi, con la guida dell’agronomo dell’azienda, ci ha consentito di apprendere le peculiarità delle tecniche di coltivazione del comparto olivicolo spagnolo, le strategie per l’utilizzo dell’acqua di irrigazione e gli aspetti fitopatologici.
La visita all’oleificio aziendale, invece, ha mostrato i processi e le tecniche per la produzione dei vari oli, apprezzati poi in una degustazione guidata per godere dei meravigliosi aromi e sapori.

 

 

 

28 maggio 2022
Visita azienda allevamento tori – GANADERIA OSBORNE (Finca Puerto Acebuche) – El Castillo de las Guardas (Siviglia). Non poteva mancare la visita il ranch Osborne nella provincia di Siviglia. Il ranch Osborne è un importante riferimento spagnolo nell’allevamento del toro da combattimento, in una bella zona nella parte alta della vicina Sierra de Aracena alla sorgente del fiume Guadiamar, in un’area circondata da ampi prati naturali.
Il ranch ha un fascino speciale, circondato da recinzioni in pietra è una struttura di allevamento molto attraente, con vasti pascoli, anche se prematuramente secchi per l’anomala siccità.
A bordo di un carro agricolo attrezzato, il titolare dell’azienda, agronomo, Emilio González San Román, ci ha condotto nei vari reparti aziendali alla scoperta del ciclo produttivo che in tre anni rende disponibili i famosi tori per le corride.
Nella piccola arena aziendale abbiamo anche assistito a delle esercitazioni di giovani toreri, sotto la guida de El Cid, un famoso matador.

Nell’assolato pomeriggio ci siamo cimentati con la visita a Viveros NATURAL GREEN – La Carlota (Cordoba), un vivaio particolare: qui migliaia di ulivi, anche secolari, sono preparati per l’esportazione.
L’azienda si è specializzata nell’espianto di uliveti a fine ciclo o per cambio di sistema colturale o varietale. Le piante, opportunamente estirpate, sono potate ed invasate per essere destinate al mercato europeo per fini ornamentali.

29 maggio 2022
L’ultimo giorno è stata l’occasione per una arricchente visita alla città di Siviglia.
Il percorso storico-architettonico per le vie e i monumenti della città si è concluso nei giardini dell’Alcázar Reale. La visita ai giardini, la manifestazione dello stile mudejar, espressione dell’arte musulmana adattata al mondo cristiano, divagando fra piastrelle smaltate e canali, fra fontane e zampilli d’acqua – che conferiscono ai giardini un particolare carattere moresco – è stata l’occasione per interessanti considerazioni tecniche tra i colleghi su alcune problematiche fitosanitarie e gestionali, soprattutto su alberi vetusti.

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Filiera green, il settore reagisce alla pandemia //www.agronomoforestale.eu/index.php/filiera-green-il-settore-reagisce-alla-pandemia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=filiera-green-il-settore-reagisce-alla-pandemia //www.agronomoforestale.eu/index.php/filiera-green-il-settore-reagisce-alla-pandemia/#respond Wed, 13 Jan 2021 15:07:48 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67954 Le aziende del florovivaismo italiano reagiscono alla crisi economica dovuta alla pandemia e, negli ultimi sei mesi, fanno registrare performance in lento ma costante miglioramento. Sono oltre il 30% quelle con dati economici in aumento (come a settembre, mentre a giugno erano il 18%), il 33% quelle con dati stabili.
Le aspettative per il futuro rimangono però incerte, legate all’evoluzione dell’emergenza in atto. Mentre a settembre, dopo un’estate relativamente tranquilla, l’outlook era migliorato, a dicembre torna ad essere meno positivo.

È questo il quadro che emerge dalla terza e ultima rilevazione del 2020 del Flormart Green City Report, l’osservatorio sulle nuove tendenze del settore realizzato anche in collaborazione con il CONAF.

I dati del Report
Per quanto riguarda le aziende, resta stabile la percentuale di chi dichiara la propria performance in leggero o forte aumento (31%, come a settembre). Le aspettative sono stabili o positive per il 68% del campione, contro il 74% rilevato a settembre.

I problemi che le aziende si trovano attualmente ad affrontare sono prevalentemente legati a imposizioni resesi necessarie dall’emergenza in atto, come restrizioni governative e difficoltà negli spostamenti. C’è però un miglioramento costante nei problemi economici: sono in continuo calo gli indicatori negativi come la riduzione degli ordini (per il 23% del campione a dicembre contro il 35% a settembre), la mancanza di risorse finanziarie (19% a dicembre contro il 26 di settembre), la difficoltà di recupero dei crediti (15% contro il 29% di tre mesi fa) e l’instabilità dei prezzi, che a settembre era visto come un problema dal 18% delle aziende, mentre oggi lo è per il 12%.

L’indagine ha fatto il punto anche sulle ultime tendenze e gli orientamenti tra gli operatori della filiera verde.
Che caratteristiche avrà il verde urbano nei prossimi anni?
Ai primi posti compaiono verde estensivo (forestazione urbana) al 44%, orti e giardini comunitari (37% delle risposte), biodiversità (35%) e giardini e parchi ricreativi (31%). In generale la direzione che sembra emergere è quella verso un utilizzo sociale del verde, che tende a prevalere su altri orientamenti con finalità artistiche o scientifiche.

A livello di interventi nelle aree urbane per i prossimi 3 anni, la riqualificazione e una migliore gestione dell’esistente sono la modalità più citate dai rispondenti (68%). È dunque ancora la valorizzazione dell’esistente a prevalere sulla creazione del nuovo.

Per quanto riguarda il verde residenziale il giardinaggio biologico è indicato dai rispondenti come la tendenza trainante nel settore (47%). La sensibilità per una produzione naturale prevale nettamente rispetto ad altre tendenze quali verde pensile (35%) e orti urbani (31%). Le previsioni per il mercato del verde residenziale vedono al primo posto l’utilizzo alimentare (orti e piante aromatiche sono visti in crescita rispettivamente per il 73% e il 61%), quindi l’impiego pratico (piante da giardino, siepi e vasi) infine quello puramente estetico (piante ornamentali, rampicanti e grasse).

Per quanto riguarda i segmenti di mercato, quelli più promettenti sono legati alla “materia prima” e i suoi utilizzi: le piante e la progettazione e manutenzione del verde (visti stabili o in crescita per 9 operatori su 10). I settori che riguardano macchine e arredo ludico/sportivo sono invece viste in maggior affanno, sebbene l’outlook non sia negativo, ma per lo più stabile.

Il Green new deal che ispira la nuova fase della politica Europea è un’occasione decisiva per far sì che la nuova cultura del paesaggio nata dalla Convenzione Europea del Paesaggio trovi una piena applicazione.” – ha commentato Sabrina Diamanti, presidente CONAF – Questo nuovo corso apre un importante spazio per l’attività vivaistico-ornamentale che dovrà soddisfare una domanda diversificata, particolare, ma, soprattutto nuova: di prodotti ornamentali di semi e pronto effetto idonei per l’impiego nei diversi ambienti e per le diverse funzioni del verde urbano sia pubblico che privato, come del resto ha confermato anche la recente edizione di Flormart City Forum. Nel quale è stato evidenziato come ormai in tutti i campi della progettazione e della rigenerazione urbana il verde assume un rilievo centrale. In questo i Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali sono i portatori delle competenze necessarie alla progettazione agronomica ed alle conseguenti cure colturali.

L’indagine, presentata a dicembre 2020, ha coinvolto 239 partecipanti fra gli addetti al settore: produttori, progettisti, agronomi, amministratori e accademici.

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IPM ESSEN2020: tra cambiamenti climatici e sostenibilità //www.agronomoforestale.eu/index.php/ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita //www.agronomoforestale.eu/index.php/ipm-essen2020-tra-cambiamenti-climatici-e-sostenibilita/#respond Mon, 17 Feb 2020 06:01:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67512

Renato Ferretti, Consigliere nazionale – Dipartimento Paesaggio, pianificazione e progettazione territoriale e del verde

La 38° Fiera internazionale IPM ESSEN ha registrato un buon successo ed una crescente internazionalità. Nei quattro giorni in fiera: dal 28 al 31 gennaio, ci sono stati 1.538 espositori provenienti da 46 paesi che hanno presentato i loro prodotti e servizi innovativi dalle piante, alle tecnologie, alla floristica e al giardino.
La IPM di Essen è stata ancora una volta il luogo di incontro più importante del settore verde mondiale. Oltre 54.000 (nel 2019: 52.800) visitatori da oltre 100 paesi hanno ottenuto informazioni sulle tendenze e hanno fatto ordini per la prossima stagione, e la percentuale di visitatori stranieri ha superato il 40%, rispetto al 38% del 2019.
Più che mai, i cambiamenti climatici e la sostenibilità sono stati gli argomenti dominanti alla fiera leader mondiale per l’orticoltura.
In totale, i tedeschi hanno speso 8,9 miliardi di euro in fiori e piante l’anno scorso – un + 2,7% rispetto all’anno precedente e il valore più alto dal 2011. Nell’ambito di IPM ESSEN 2020, la Central Horticultural Association (ZVG) ha annunciato che la spesa procapite è passata da 105 a 108 euro.

Nel contesto della discussione sul clima, l’orticoltura ha guadagnato enormi competenze con un umore positivo nelle sale della fiera. All’IPM ESSEN 2020, il settore verde ha dimostrato il suo spirito innovativo e le sue prestazioni ambientali in un modo impressionante“, ha riassunto Oliver P. Kuhrt, CEO di Messe Essen.
I consumatori stanno diventando sempre più consapevoli dell’importanza di vivere nel verde, allo stesso tempo, le piante sono sempre di più prodotti per uno stile di vita moderno. In un mondo in rapido movimento e digitale, il giardino sta diventando un’oasi di benessere.

Foto: Alex Muchnik/©MESSE ESSEN GmbH

Il verde urbano pensa al clima
Il ministro federale dell’agricoltura, Julia Klöckner, che ha aperto ufficialmente IPM ESSEN, ha trovato parole di elogio per il settore: “L’orticoltura in Germania mostra un alto grado di innovazione e le imprese trovano e occupano nicchie in questo modo. Rispondono alle domande sul futuro, per esempio quando si tratta di più protezione delle risorse o del clima.”
Già nel 2019, gli espositori hanno affermato che i temi della sostenibilità e del clima con il cambiamento in corso eserciteranno significative influenze sul futuro del settore. Non importa se imballaggio ecologico, nuove varietà resistenti al clima, la promozione della biodiversità, il verde per la pulizia dell’aria, fioriere con serbatoi d’acqua integrati oppure i sostituti della torba. L’orticoltura internazionale ha mostrato il suo potere innovativo in una forma significativa. Anche nell’area tecnologica, l’accento è stato posto sulla produzione ad alta efficienza energetica, alle procedure e tecnologie digitali pioneristiche.

I Comuni pensano in verde
Chiunque desideri la biodiversità non può ignorare l’orticoltura“, il presidente di ZVG, Jürgen Mertz, ha sottolineato nel suo discorso di apertura “Questa è una grande opportunità per il settore.
Mertz guarda all’alto potenziale per quanto riguarda il consumo non privato, poiché i comuni si trovano ad affrontare la sfida di rendere le città più verdi. Qui, le gamme di piante legnose utilizzabili per il contrasto al cambiamento climatico, per mitigare gli effetti negativi dell’inquinamento sono particolarmente richieste.
Lettura della situazione confermata sia dal grande bisogno di informazioni in merito che dalla vivace partecipazione al seminario dal titolo “Organizzazione della sostenibilità nel comune”.
Il ruolo centrale della pianificazione territoriale è emerso con forza durante la visita della fiera, dove sono state presentate le caratteristiche degli alberi nell’ambito dell’evento organizzato dalla fondazione THE GREEN CITY e la Federazione di vivai tedeschi, svolta nel quadro delle attività dell’UE con il progetto intitolato “Città verdi per un’Europa sostenibile”.

Foto: Alex Muchnik / © MESSE ESSEN GmbH

Le proposte dalla Francia
Il Paese partner del 2020, la Francia, ha mostrato la diversità dell’orticoltura francese. La Francia supporta anche il progetto sostenibile della comunità degli stati.
Alla IPM sono state presentate dai florovivaisti francesi tutte le specialità vegetali prodotte dal Paese come rose, alberi da frutto, rododendri, camelie, ortensie, ciclamini, crisantemi, lavanda, alstroemeria e dalie.
VAL’HOR, l’associazione commerciale ombrello dell’orticoltura francese, si sente onorato di essere stato il paese partner di IPM ESSEN 2020. Questa collaborazione è stata una fantastica opportunità per presentare i nostri produttori, il loro senso di qualità e innovazione, nonché il nostro French Touch” – ha detto alla fiera leader nel mondo del florovivaismo Mikaël Mercier, presidente di VAL’HOR.



28-01-2020/EssenFoto: Alex Muchnik / © MESSE ESSEN GmbH

Florovivaismo di domani
Per l’edizione di IPM ESSEN 2021, il Messico prevede di presentarsi come Paese partner della fiera.
IPM Discovery Center ha presentato Heroes of the Green Sector “Dobbiamo essere di nuovo orgogliosi di ciò che facciamo.”
Nel Centro d’innovazione IPM nel padiglione 7, il talent scout Romeo Sommers ha mostrato le presentazioni nel “Garden Center of the Future” che sono stati orientati alle ultime tendenze e hanno tenuto conto dei risultati relativi ai comportamenti d’acquisto. Oltre a temi come servizi online e valore aggiunto da nuove varietà, l’attenzione è stata focalizzata sui sistemi di riciclaggio innovativi e alla sostenibilità dell’intero ciclo di vita dei prodotti florovivaistici.

Green City: luogo di incontro delle associazioni verdi
Il padiglione 1A è stato nuovamente trasformato nella Città Verde. Il Centro ha offerto consulenza su tutte le questioni orticole come la protezione delle piante e il passaporto delle piante, il Teaching Show ha evidenziato il cambiamento nel settore verde e la Innovation Showcase ha presentato le novità vegetali più innovative.

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L’andamento del vivaismo ornamentale nel 2018 //www.agronomoforestale.eu/index.php/landamento-del-vivaismo-ornamentale-nel-2018/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=landamento-del-vivaismo-ornamentale-nel-2018 //www.agronomoforestale.eu/index.php/landamento-del-vivaismo-ornamentale-nel-2018/#respond Mon, 25 Mar 2019 06:00:05 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67215

Foto di Francesca Marinangeli

Articolo tratto dal numero di gennaio/febbraio 2019 di Linea Verde Magazine

I dati sull’andamento della produzione agroalimentare rilevati nei primi sei mesi dell’anno dal’Ismea danno conto di una buona performance dei nostri prodotti sui mercati esteri. Nel primo semestre le esportazioni nazionali hanno infatti superato la soglia dei 20 miliardi di euro, in aumento del 3,1% rispetto al primo semestre 2017.

L’agroalimentare all’estero
Nel primo semestre 2018 è rimasto all’interno dell’UE il 66% del valore complessivo dei prodotti agroalimentari esportati dall’Italia, raggiungendo 13,4 miliardi di euro (+4,2% su base tendenziale) nei primi sei mesi dell’anno.
La performance positiva si riscontra per tutte le principali destinazioni, a eccezione di Austria (-3,1%) e Spagna (-0,6%). Con riferimento ai principali paesi, la Germania ha aumentato le importazioni di prodotti agroalimentari italiani del 5,3% per un valore di 3,5 miliardi di euro, la Francia del 6,2% arrivando a quasi 2 miliardi di euro e il Regno Unito dell’1,1% a 1,6 miliardi di euro.
Più contenuta è la crescita tendenziale complessiva delle esportazioni verso i paesi extra UE (+1,0%), con un valore pari a circa 7 miliardi di euro. Gli incrementi sono risultati più consistenti per Canada, (+6,9% per un valore pari a 383 milioni di euro), Russia (+4,6% per 248 milioni di euro) e Svizzera (+3,6% per 783 milioni di euro).

Focus sul florovivaismo
Dal punto di vista dei consumi si è registrato anche nel 2018 un consolidamento della ripresa progressiva in un quadro macroeconomico caratterizzato dall’ aumento del reddito disponibile, da un lieve incremento della propensione al risparmio e dalla crescita del PIL.
Per quanto riguarda il florovivaismo l’export è stato di 599 milioni di euro di euro rispetto ai 570 milioni del 2017, con un incremento di circa il 5% e un saldo commerciale di 333 milioni di euro nel primo semestre 2018.
Il comparto del florovivaismo, che in Italia per oltre due terzi della produzione in valore è composto dalle piante in vaso e dal vivaismo (alberi e arbusti) – il resto è costituito da fiori e fronde freschi recisi – solo nel biennio 2016/2017 aveva mostrato lievissimi recuperi dal lato dei consumi (ma non della produzione) e più sostanziali segnali dalla domanda proveniente dai mercati esteri. Il 2018, invece ha segnato un evidente crescita positiva soprattutto nel terzo trimestre.

Chi tira, chi rallenta
Ottime performance registrate dal gruppo alberi e arbusti da esterno (+15,6%), seguito dalle piante da interno (+9,3%). Meno positivo il trend delle piante in vaso (-2,6%) che per tanti anni ha trainato l’economia del comparto.
Vi è da dire che il nuovo codice doganale, entrato in vigore nel 2016, può aver spostato parte di questa categoria in quella di alberi e arbusti. Molto positiva l’evoluzione sui mercati esteri delle fronde (+16,6%) che tornano a essere un buon prodotto nel paniere degli esportatori italiani, per questi articoli l’aumento della qualità della produzione italiana e la scelta da parte dei produttori nazionali di specie e varietà meno convenienti nei paesi terzi ha consentito di recuperare quote di mercato andate perdute nella prima decade degli anni 2000.
Per quanto riguarda le piante ornamentali, a inizio anno è stato registrato un trend positivo, sia in termini di fatturato (in media +15% rispetto allo stesso periodo del 2017) che in termini di richieste per la primavera.

Primavera climaticamente difficile
Nel mese di marzo si è attenuata la ripresa del mercato a causa del clima sfavorevole (piogge e gelo) che ha portato a ritardi nella vendita finale al dettaglio e a giacenze prolungate delle piante nei magazzini dei garden center.
A inizio primavera si sono osservati fatturati in generale crescita rispetto al 2017 nell’ordine del 5-10 % anche se, alcune aziende non hanno riscontrato sensibili variazioni per effetto delle problematiche riscontrate a marzo. Maggio e giugno positivi in termini di fatturato con incrementi medi del 10 % rispetto allo stesso periodo del 2017.
Nel secondo semestre in generale l’offerta si è concentrata sulle specie da siepe insieme ad arbusti ornamentali, piante a forma e rampicanti. Queste seguite da rose, conifere, alberature a foglia caduca e grandi alberature. Tali piante sono quelle tipicamente prodotte all’interno del distretto florovivaistico pistoiese, mentre una più bassa offerta si riscontra, per esempio, per i fiori recisi.
Rispetto allo stesso periodo del 2017 si conferma la contrazione della richiesta di alberature medio-grandi (vasi > 30-35) e un leggero aumento della richiesta di piante in vaso di piccole e medie dimensioni.

Si riduce la domanda da Russia e Medio Oriente
Per quanto concerne il mercato estero, il trend è stato in generale positivo. Per tutta la primavera si sono registrati fatturati maggiori (nell’ordine del 5-10 %) rispetto alla primavera 2017, nonostante il clima avverso tra marzo e aprile non abbia facilitato le esportazioni.
In estate le elevate temperature registrate nel Nord Europa hanno influito negativamente sulle spedizioni portando a posticiparne alcune nel mese di settembre. Durante tutto l’autunno il clima secco ha influito negativamente sulle operazioni colturali (semine e trapianti) e sulla vendita. Inoltre, l’andamento climatico anomalo che ha riguardato anche il Nord Europa ha prodotto una lieve contrazione negli ordini provenienti da questi Paesi. La domanda proveniente dai paesi europei è stabile e soddisfacente, mentre è in calo quella proveniente da Russia e Medio Oriente.

Nel mondo vivaistico è opinione comune che occorrerà dare ancora maggiore impulso al mercato interno sia attraverso la piena attuazione delle agevolazioni previste dal bonus fiscale che dalla ripresa degli investimenti pubblici nel settore del verde.

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