SDAF17 – IDRAULICA AGRARIA E SISTEMAZIONI IDRAULICO-FORESTALI – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 20 Feb 2024 15:29:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Alluvioni del torrente Seveso a Milano: aspetti agronomici e di idraulica agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/#respond Fri, 03 Nov 2023 17:19:29 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68464 Il 31 ottobre 2023, in occasione di un temporale molto intenso, il torrente Seveso è esondato all’interno della città di Milano, allagando i quartieri più settentrionali.
Strano torrente, il Seveso, che nasce quasi al confine con la Svizzera, attraversa la Brianza in una delle aree più urbanizzate d’Italia e all’ingresso del territorio di Milano entra in una canalizzazione sotterranea che lo farà confluire con le acque del Redefossi, anche queste intubate sotto la città. Ricordiamoci anche che il tratto del Seveso che interessa il territorio milanese è stato deviato fin dall’epoca romana.

L’IMPERMEABILIZZAZIONE
La porzione superiore e mediana del Seveso, salvo il primissimo tratto, attraversa un territorio enormemente urbanizzato, che ha occupato praticamente quasi tutti gli spazi disponibili attraverso l’edificato.
Questo ha comportato il progressivo restringimento dell’alveo per guadagnare metri quadri e anche poca o nulla attenzione nel momento della progettazione di manufatti di attraversamento, non adatti a sostenere piene di portata importante.
Da sottolineare, perché spesso non messa sufficientemente a fuoco, l’importanza dell’impermeabilizzazione di quasi tutto il bacino del Seveso: in occasione di piogge appena più intense del normale, tutta l’acqua piovana venga smaltita in superficie senza possibilità di insinuarsi nel terreno, con grande velocità, mettendo rapidamente in crisi le porzioni inferiori del torrente.

INVARIANZA IDRAULICA
È stato proprio attraverso l’esperienza negativa della regimazione del Seveso che in Lombardia è stato introdotto per legge il concetto di “invarianza idraulica”, secondo il quale ogni nuova impermeabilizzazione del suolo deve essere capace di assicurare lo smaltimento delle acque piovane e degli scarichi senza alterare il regime idraulico del corso d’acqua.
Un settore, questo, in cui le competenze professionali di agronomi e forestali integrano con grande efficacia quelle degli ingegneri idraulici, ricorrendo a soluzioni anche sofisticate per assicurare una regimazione complessiva il più possibile “naturale”.

IL CANALE SCOLMATORE
Poiché il Seveso ha una storia di innumerevoli esondazioni ed allagamenti (con centinaia di esondazioni registrate dalla fine dell’800 ad oggi), appena a nord dell’ingresso nel territorio milanese è stato realizzato negli anni ’50, e recentemente rimodernato, il Canale Scolmatore di Nord Ovest: un’imponente opera di canalizzazione destinata a deviare la portata del Seveso in condizioni di piena verso ovest, fino all’immissione nelle acque del Ticino.
Questa opera gioca un ruolo indispensabile per evitare buona parte delle esondazioni o a contenerne gli effetti. Certo non è stata indolore né in quanto a superficie complessiva cementificata, né nell’impatto complessivo sui territori attraversati, oggi potenzialmente a rischio pur non essendo mai stati compresi nell’alveo “naturale” del Seveso.
Certo la qualità delle acque del Seveso non è certo delle migliori, sia a causa delle caratteristiche urbanistiche del territorio attraversato, sia per la scarsissima naturalità delle sue sponde, sia per la quantità enorme di scarichi civile ed industriali (solo parzialmente autorizzati). Questo comporta anche problemi in occasione dello scarico delle acque di piena nel Ticino – attraverso il Canale Scolmatore – le cui acque sono certamente molto più pulite.

INSUFFICIENTE A CONVOGLIARE LA PIENA
Veniamo all’ingresso in Milano, ovvero al suo tratto più critico in assoluto. Come detto, il Seveso si incanala in uno scolmatore sottoterra, in cui confluiscono anche le acque del cavo Redefossi e attraversa il territorio milanese, anche i quartieri più centrali.
Purtroppo, le caratteristiche costruttive del tratto sotterraneo non sono sufficiente a convogliare le portate di piena, in particolare quelle così intense ed importanti degli ultimi anni, sia a causa dell’incremento della loro intensità sia a causa di fenomeni di inghiaiamento della sua sezione che ne riducono ulteriormente la portata. Va anche detto che l’intervento umano si è sbizzarrito anche nel tratto sotterraneo: esempio ne è una imponente struttura longitudinale, destinata a sostenere un palazzo sovrastante collocato esattamente sopra il canale sotterraneo, che certo non facilita il deflusso delle acque, a suo tempo regolarmente autorizzata.
In definitiva cosa succede in occasione di una precipitazione importante e molto concentrata? La massa d’acqua atterra un bacino prevalentemente urbanizzato, non riesce se non parzialmente ad essere assorbita ed intercettata dal terreno naturale ed agricolo, e quindi si riversa molto rapidamente nella rete di condutture di smaltimento, mettendo anche in crisi i depuratori esistenti che sono costretti a rilasciare attraverso i troppo pieno.
Questa massa d’acqua raggiunge rapidamente Milano, distante solo poche decine di km; una parte anche importante viene deviata dal Canale Scolmatore (regolato dall’AiPo agenzia interregionale del fiume Po), che peraltro ha anche lui i suoi limiti di portata massima. Se la deviazione non è sufficiente, questa massa d’acqua arriva all’ingresso del canale sotterraneo e, a questo punto, esonda all’esterno la quantità che non riesce ad essere assorbita dal canale, allagando i quartieri a nord di Milano e arrivando, in alcuni casi, anche ad invadere le gallerie della metropolitana.

COSA SI STA FACENDO
I danni dovuti dalle esondazioni del Seveso possono arrivare, negli episodi più gravi, a molte decine di milioni di euro.
Da qui la decisione assunta diversi anni fa da Regione Lombardia, Comune di Milano e dalle strutture governative dedicate alla riduzione del rischio idrogeologico di realizzare un sistema di grandi vasche di laminazione, dedicate appunto a contenere milioni di metri cubi di acque di piena da rilasciare successivamente, superato l’evento alluvionale. Il progetto, del costo di molte decine di milioni di euro, è in corso di realizzazione e vede la vasca di minori dimensioni pronta al collaudo, mentre gli altri cantieri sono in corso a vario stadio di avanzamento.
Come sempre in questi casi, la scelta dei siti ove realizzare le vasche di laminazione non è stata facile in un territorio dove letteralmente mancano gli spazi liberi. Soprattutto si è dovuto affrontare una difficile fase di confronto con gli abitanti che si troveranno prossimi a questi manufatti, i quali hanno manifestato timori per l’aspetto ambientale e della qualità delle acque del Seveso e dei suoi sedimenti.

COSA POSSONO FARE I DOTTORI AGRONOMI E FORESTALI
Come detto, in casi come questo esistono spazi importanti per le conoscenze tipiche dei dottori agronomi e forestali.
In particolare possono contribuire alla progettazione degli interventi di rinaturalizzazione di sponde e aree golenali, sulla scelta della migliore localizzazione delle vasche di laminazione, nella progettazione delle medesime e delle indispensabili aree verdi di contorno, nella stesura dei capitolati di manutenzioni di queste aree di contorno così come dell’area della vasca di laminazione vera e propria e nei rapporti della vasca di laminazione con le attività agricole e le aree verdi circostanti.

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Vegetazione riparia e corsi d’acqua vegetati: un mondo da scoprire tra ecologia ed idraulica //www.agronomoforestale.eu/index.php/vegetazione-riparia-e-corsi-dacqua-vegetati-un-mondo-da-scoprire-tra-ecologia-ed-idraulica/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vegetazione-riparia-e-corsi-dacqua-vegetati-un-mondo-da-scoprire-tra-ecologia-ed-idraulica //www.agronomoforestale.eu/index.php/vegetazione-riparia-e-corsi-dacqua-vegetati-un-mondo-da-scoprire-tra-ecologia-ed-idraulica/#respond Mon, 15 Mar 2021 14:43:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68055 di Giuseppe Francesco Cesare Lama, vincitore del premio Stanca 2021
PhD in Agricultural Hydraulics and Watershed Protection, Sezione di Ingegneria Agraria, Forestale e dei Biosistemi – IAFB, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II

Le attuali sfide agro-ambientali legate ai cambiamenti climatici stanno mettendo in luce la crescente necessità di tutelare le risorse idriche in maniera sempre più decisa, soprattutto in zone sensibili del territorio italiano. In particolare, cruciale è il ruolo svolto dai corpi idrici vegetati, in cui convivono ecosistemi acquatici e terrestri, per i quali risulta estremamente utile riuscire a definirne il comportamento sia dal punto di vista ambientale che idrodinamico.
In questo studio vedremo come è possibile trasferire le più innovative tecniche di misura delle caratteristiche ecoidrauliche dal laboratorio a corpi idrici vegetati reali colonizzati da specie riparie allo stato naturale.

Ruolo della vegetazione riparia in ecoidraulica
La scienza che si occupa di analizzare il complesso meccanismo di interazione tra vegetazione riparia e corpo idrico vegetato è definita ecoidraulica, una disciplina che si fonda sui principi dell’ecologia e dell’idraulica fluviale.
Questa definizione include al suo interno alter importati discipline, quali la biologia acquatica, la fluidodinamica, la geomorfologia e l’idrologia.

La vegetazione riparia può presentarsi essenzialmente sotto tre forme, in funzione del rapporto tra l’altezza media delle piante ed il livello idrico all’interno del corso d’acqua.

  1. Quando le piante sono più alte del livello idrico, la vegetazione è detta “emergente”;
  2. se la vegetazione si sviluppa al livello del pelo libero, essa è detta “flottante”;
  3. quando le piante sono più basse del livello idrico, la vegetazione riparia è detta “sommersa”.
Le 3 forme della vegetazione riparia. ©Giuseppe Francesco Cesare Lama

Dal punto di vista della risposta alle condizioni di deflusso, i fusti possono definirsi flessibili o rigidi a seconda se si flettano o meno al passaggio della corrente idrica. Tipicamente, piante giovani si comportano come flessibili, mentre piante mature assumono un comportamento rigido.

Nella gestione della vegetazione riparia in corsi d’acqua vegetati, il classico approccio adoperato dagli enti gestori è stato sempre rivolto alla totale rimozione della stessa lungo l’intero perimetro delle sezioni idriche dei canali.
Questo comporta di sicuro un’elevata capacità di convogliamento per l’intero corpo idrico comportando, di contro, un forte impatto ambientale ed ecologico, basti pensare alle specie acquatiche e terrestri che si sviluppano al loro interno.
È altresì vero che la crescita incontrollata della vegetazione riparia nei canali vegetati da un lato garantisce la totale naturalità dello stesso, giocando a favore dei servizi ecosistemici, ma a spese di una bassissima capacità di deflusso, esponendo il territorio circostante a forti rischi di allagamento.

In questo contesto, è di fondamentale importanza riuscire a definire degli scenari di intervento intermedi, che possano garantire un soddisfacente equilibrio tra le necessità di protezione idraulica del territorio, sia esso agricolo che urbanizzato, e la tutela degli ecosistemi aquatici e terrestri che vivono e popolano il corpo idrico, contribuendo ad accrescerne il valore naturalistico.

L’idrodinamica dei corpi idrici vegetati
In questo studio sono stati presi in considerazione, per la prima volta nella letteratura scientifica, le tecniche e le metodologie di laboratorio utilizzate caratterizzazione dell’interazione idrodinamica tra corrente idrica e vegetazione riparia, all’interno di canali di bonifica reali caratterizzati da presenza massiva di vegetazione riparia. L’attenzione è stata riposta sulla Cannuccia di palude (Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud.), in condizioni di senescenza, avente cioè comportamento rigido. Estremamente diffusa in aree umide e aree depresse dell’intero pianeta, la Cannuccia di palude si sviluppa naturalmente secondo degli stands definiti canneti.

Nello specifico, sono stati condotti degli esperimenti a scala di campo in un canale di bonifica situato all’interno di una rete di bonifica gestita dal consorzio di bonifica 1 Toscana Nord, inserito all’interno del territorio posto sotto la tutela dell’Ente Parco Regionale di Migliarino S. Rossore Massaciuccoli.

Gli esperimenti sono stati volti alla caratterizzazione idrodinamica e vegetazionale del corpo idrico in esame, secondo tre diversi scenari di vegetazione riparia: una condizione di canneti in stato indisturbato, un taglio centrale dei canneti con due corridoi laterali di circa 1 m di vegetazione indisturbato sulle due sponde, e uno scenario di taglio totale dei canneti.

Un confronto tra 3 tipologie di taglio della vegetazione riparia: indisturbata, con taglio centrale e con taglio totale
Un confronto tra 3 tipologie di taglio. ©Giuseppe Francesco Cesare Lama

Il comportamento idrodinamico del corpo idrico in termini di distribuzioni trasversali di velocità media di corrente e principali caratteristiche turbolente è stato analizzato nei tre diversi scenari, nella sezione idrica di monte del corpo idrico attraverso misure del campo 3D di velocità istantanee, effettuate con uno strumento estremamente preciso quale l’acoustic Doppler velocimeter (ADV) in un grigliato composto da tre punti di misura posti a differente altezza lungo cinque verticali, per un totale di 15 punti di misura.

Lo strumento permette di caratterizzare l’intero campo di moto, in modo da poter accoppiare le misure idrodinamiche a misure di caratterizzazione dimensionale dei canneti nella stessa sezione del canale strumentata con l’ADV. All’interno del canale sono stati misurati, nello specifico, il diametro, l’altezza media, e la densità areale delle piante, quest’ultima definita come numero di canne per metro quadro di area di fondo del canale stesso. Per la prima volta a scala reale sono stati anche messi appunto dei modelli di previsione del comportamento idrodinamico dei canali vegetati, basati sul reperimento dei parametri appena menzionati.

Risultati salienti

In particolare, è stato possibile constatare che, nel caso dello scenario di taglio centrale della vegetazione, la capacità di deflusso legata alla distribuzione trasversale di velocità media di portata risulta comparabile, se non strettamente maggiore, della capacità di deflusso riscontrata nel caso di taglio totale e, come era lecito aspettarsi, molto maggiore che nel caso di vegetazione indisturbata. Dalla misura di livello idrico a parità di portata volumetrica circolante nel canale, si evince addirittura un livello idrico minore rispetto al caso do taglio totale, il che comporta anche un maggiore margine di sicurezza in ambito di protezione idraulica dei territori circostanti.

Inoltre, dall’analisi del campo di Energia Cinetica Turbolenta (k) ha messo in evidenza che l’agitazione turbolenta, seppure mantenendosi leggermente minore di quella che si ha nello scenario di taglio totale della vegetazione, lo scenario di taglio centrale dei canneti, consente un’agitazione in 3D molto soddisfacente, quasi dieci volte maggiore di quella relativa al caso di canneto in condizioni indisturbate.

È quindi possibile affermare che la proposta di scenario di gestione della vegetazione ripariale operata attraverso il taglio centrale dei canneti, oltre a fornire una fascia di rispetto di 1 m su ciascuna sponda atta a salvaguardare la qualità ambientale del corpo idrico, riesce a garantire un buon livello di agitazione ed ossigenazione dello stesso, uniti a una riduzione del rischio di allagamento rispetto al caso di canneti in condizioni indisturbate, risultati raggiungibili, cosa da non sottovalutare, attraverso costi di gestione e di forza lavoro minori rispetto al taglio totale dell’intero complesso di canneti all’interno del canale di bonifica.


BIBLIOGRAFIA
Errico, A., Lama, G.F.C., Francalanci, S., Chirico, G.B., Solari L., Preti F. 2019. Flow dynamics and turbulence patterns in a drainage channel colonized by Phragmites australis (common reed) under different scenarios of vegetation management. Ecological Engineering, 133, pp. 39-52.
https://doi:10.1016/j.ecoleng.2019.04.016.

Lama, G.F.C., Chirico, G.B. 2020. Effects of reed beds management on the hydrodynamic behaviour of vegetated open channels. 2020 IEEE International Workshop on Metrology for Agriculture and Forestry (MetroAgriFor), Trento, pp. 149-154.
doi: 10.1109/MetroAgriFor50201.2020.9277622.

Lama, G.F.C., Errico, A., Francalanci, S., Solari, L., Preti, F., Chirico, G.B. 2020. Evaluation of flow resistance models based on field experiments in a partly vegetated reclamation channel. Geosciences, 10(2), 47.
https://doi.org/10.3390/geosciences10020047.

Västilä, K., Järvelä, J. 2014. Modeling the flow resistance of woody vegetation using physically based properties of the foliage and stem. Water Resources Research, 4, 50, pp. 229-245.
https://doi.org/10.1002/2013WR13819.

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