Senza Categoria – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 06 Dec 2022 14:23:32 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Cambiamenti climatici e terre d’uso civico: esperienze forestali in Calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/#respond Thu, 05 May 2022 15:32:00 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68174 Roberto Sabatino,PhD, Dott. Agronomo e Forestale

Tutti gli interventi selvicolturali sono stati sempre finalizzati al miglioramento del sistema foresta e nel creare le condizioni più vicine alla situazione climax, ovvero all’esaltazione di sistemi biologici complessi tra di essi strettamente connessi.

Una buona gestione del bosco e delle foreste sotto il profilo ambientale, ecologico e biologico comporta la creazione, il mantenimento e miglioramento di sistemi biologici complessi.

È noto che tutti gli interventi in foresta devono essere cauti, continui e capillari perché il selvicoltore deve costantemente confrontarsi e tener conto di situazioni ambientali, ecologiche e biologiche in continua evoluzione, accelerate, ancor più dai repentini cambiamenti climatici degli ultimi anni.

Inoltre, un’attenta e cauta gestione forestale comporta una notevole diminuzione (quasi un annullamento totale) del dissesto idrogeologico, come a tutti è noto.

5 punti chiave
Alla luce delle modificazioni climatiche in atto è necessario che:

1) Gli interventi di pianificazione e gestione forestale siano indirizzati alla massima resilienza;

2) Gli interventi selvicolturali tradizionali siano rivolti a una più marcata salvaguardia del bosco;

3) Sia attuata, dove possibile, la conversione dei boschi cedui in bosco d’alto fusto;

4) Sia favorito l’insediamento spontaneo di specie minori, come l’insediamento di alberi di acero o di ontano o di leccio nei castagneti

5) I rimboschimenti o gli imboschimenti siano attuati utilizzando specie resistenti a eventi estremi: alberi con apparato radicale fittonante e molto approfondito, resistente a forti tempeste di vento o essenze più rustiche e frugali meno esigenti, adattabili ai terreni poco profondi e poco dotati in elementi nutritivi.

 

Selvicoltura di resilienza

Sinteticamente, la selvicoltura tradizionale deve essere trasformata in selvicoltura di resilienza, adattamento e resistenza a ciò che sta avvenendo.

In Calabria, il Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ), in assenza di un’università di agraria o di un’associazione di cittadini volta alla tutela delle terre d’uso civico, amministrava e ancora gestisce circa 80 ettari di bosco ceduo di leccio che non veniva utilizzato da almeno tre turni.

Circa vent’anni fa, la giunta municipale, conferendo incarico professionale allo scrivente, ha scelto di far individuare e di far censire i terreni gravati da usi civici e di effettuare una serie di interventi di taglio di conversione all’alto fusto al fine di migliorare la stazione (località Falde dell’Inferno), reinvestendo i ricavi del taglio in opere di pubblica utilità.

Il principio ispiratore di tali interventi era basato sull’interpretazione della norma: se i terreni di uso civico sono beni ambientali e paesaggistici – che vanno tutelati, conservati e possibilmente migliorati – ne consegue che un intervento di miglioramento è attuabile.

In questo caso, quindi, l’intervento di miglioramento consistette in una serie di tagli di conversione del bosco ceduo di leccio in alto fusto, poiché è noto scientificamente che un intervento di conversione di un bosco ceduo in alto fusto è un miglioramento del bosco e della stazione dove esso è ubicato.

Tali interventi, alla luce delle prime avvisaglie di mutamenti climatici, periodi di estrema siccità caratterizzati da improvvisi fenomeni piovosi di forte intensità e breve durata, furono valutati e concordati in situ, sia sui criteri, che nei tempi e modalità, con gli Ufficiali del Ripartimento del Corpo Forestale dello Stato di Catanzaro, e ad oggi, hanno permesso il miglioramento del bosco ceduo di leccio senza addurre a questo danni.

Tali interventi di miglioramento della stazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, sempre più palesi nel corso degli anni a partire dal primo taglio, sono stati ultimati nell’anno 2005.

Inoltre, tale esperienza professionale, fu tradotta in tesi di Laurea magistrale in estimo forestale, discussa il 13.02.2007 presso la Facoltà di Agraria dell’Univeristà Mediterranea di Reggio Calabria, dal titolo ”Determinazione del più probabile valore di trasformazione di un bosco ceduo di leccio gravato da usi civici nel Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ)”.

Alla luce di quanto esposto, gli interventi di pianificazione forestale possono contribuire alla conservazione dei boschi di uso civico e alla resilienza ai cambiamenti climatici.

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Le nuove competenze che l’agricoltura 4.0 richiede //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-nuove-competenze-che-lagricoltura-4-0-richiede/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-nuove-competenze-che-lagricoltura-4-0-richiede //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-nuove-competenze-che-lagricoltura-4-0-richiede/#respond Tue, 18 May 2021 15:17:57 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68114

Agricoltura di precisione, agricoltura verticale, agricoltura 4.0. Le competenze di un professionista devono riguardare anche le nuove tecnologie e la conoscenza di nuovi modelli di produzione.
In che modo l’Ordine sta affrontando l’evolversi della situazione?

La nostra è una professione che evolve assieme al contesto in cui andiamo a operare. Diventa, perciò, fondamentale l’aggiornamento, che ci rende capaci di innovare, che ci avvicina alle nuove tecnologie e le trasforma in alleati della nostra capacità professionale.
Noi restiamo i tecnici che si sporcano le mani e i piedi, ma davanti alla scelta se lavorare in maniera tradizionale o lavorare implementando innovazioni e nuove tecnologie, la strada è tracciata dall’attuale sistema sociale-economico, che mette fuori mercato chi ha paura di cambiare. Certamente il cambiamento va accompagnato e la sfida è proprio quella di abbinare tradizione e cambiamento, per non perdere i nostri paesaggi, la nostra cultura, il nostro cibo.
Per affrontare questa sfida, abbiamo un grosso vantaggio: la nostra categoria nasce come poliedrica e trasversale, perché siamo formati ad avere apertura mentale fin dall’università, il che ci aiuta a capire qual è la proposta che meglio si adatta all’ambiente. Questo però significa anche che il singolo professionista deve essere disposto ad aggiornarsi con continuità e a seguire l’innovazione tecnologica, naturalmente accompagnato dagli ordini che hanno il ruolo di vedetta e pungolo.
Per questo motivo stiamo investendo molte energie in eventi e formazione in cui si parla di innovazione, di cambiamenti climatici, di nuove tecnologie, di ricerca scientifica. E, contemporaneamente, stiamo collaborando con soggetti esterni all’ordine, ma che possono integrare il nostro punto di vista e darci una visione complessa del mondo.

Il cambiamento va accompagnato e la sfida è proprio quella di abbinare tradizione e cambiamento, per non perdere i nostri paesaggi, la nostra cultura, il nostro cibo.

L’Ordine ha intrapreso un dialogo con le Università per la formazione dei futuri agronomi?
Nel panorama consulenziale, la figura dell’agronomo e del forestale si distingue per la preparazione universitaria di base che, poi, è mantenuta aggiornata nel corso della carriera.
Per questo motivo, le relazioni tra ordine e mondo dell’università sono strette e continue, e si sviluppano su più livelli: c’è il dialogo istituzionale con la Conferenza AG.R.A.R.I.A., poi ci sono gli accordi, le convenzioni e le partnership fra i singoli ordini territoriali e le facoltà di riferimento, per concludersi con il confronto diretto con il singolo docente, che spesso è anche un collega, che offre la propria esperienza per consentirci di mantenere una visione aggiornata sul mondo della ricerca, dell’insegnamento superiore e sulle necessità degli studenti.
Parallelamente, c’è il legame tra l’Ordine e le Accademie scientifiche. Non sono università, ma sono istituzioni che raccolgono i più importanti studiosi e scienziati del mondo agricolo e forestale italiano. Il rinnovo del protocollo di intesa tra l’Accademia dei Georgofili e il CONAF, per fare l’esempio più recente, guarda all’agricoltura nel momento in cui le è richiesto di compiere un passo decisivo nella transizione verso un’economia climaticamente neutra e digitalizzata, nel segno della sostenibilità e dell’equità sociale.
In un mondo che evolve, perciò, la collaborazione tra l’Ordine e le Accademie e le Università diventa determinante per connettere il sapere scientifico all’applicazione in campo delle innovazioni tecnologiche disponibili.

Cosa sta facendo o cosa ha intenzione di fare l’Ordine per supportare i propri iscritti?
Dobbiamo, anzi vogliamo, accompagnare i colleghi in un percorso formativo che li aiuti a essere professionisti in grado di gestire, pianificare, progettare, per trovare soluzioni alle sfide che ci pone davanti il cambiamento, non solo climatico ma anche socio-economico, che stiamo vivendo.
In particolar modo, ci siamo posti di stare a fianco dei più giovani, che vivranno un contesto sociale ed economico molto difficile, e delle donne, che al momento sono ancora poco rappresentante nella categoria: dei circa 20.000 dottori agronomi e dottori forestali solo il 20% è costituito da donne e solo il 19% ha meno di 40 anni.

Evoluzione dell’età anagrafica degli iscritti all’ordine degli agronomi e forestali

Questi obiettivi, uniti alle relazioni con il mondo scientifico e universitario, sono dirette ad arginare una criticità che si è venuta a creare negli ultimi vent’anni: si è ridotta l’interconnessione tra il mondo della università e il mondo del lavoro delle professioni. C’è stata la proliferazione di corsi di laurea che hanno creato percorsi di studio spesso non coerenti con le competenze professionali necessarie alle professioni a cui danno sbocco.
Per questo motivo, in aggiunta al dialogo con il singolo ateneo, per colmare il vuoto creatosi, il CONAF ha proposto una riformulazione del percorso formativo superiore. L’evoluzione dei percorsi universitari con la definizione delle lauree professionalizzanti (Decreto Ministeriale n. 446 del 12-08-2020) e il nuovo disegno di legge sulle lauree abilitanti, ci impone una riflessione sul professionista del futuro, sul professionista che stiamo preparando.
Riteniamo fondamentale, infatti, che i corsi accademici, per restare al passo con le necessità di un mondo globalizzato, siano imperniati sugli indirizzi di scienze agrarie sostenibili, scienze forestali sostenibili, scienze agroalimentari sostenibili, scienze zootecniche sostenibili.
In questo modo, la formazione dei professionisti sarà capace di coprire tutte le attività professionali connesse con l’esercizio dell’agricoltura, della silvicoltura, del mondo rurale, del settore agroalimentare e zootecnico, considerate sia negli aspetti produttivistici, che per la multifunzionalità e, soprattutto, con un forte indirizzo allo sviluppo sostenibile.

Quali sono le Università italiane che si sono maggiormente adeguate alle nuove esigenze in agricoltura?
Il coinvolgimento del CONAF da parte di AISSA e della Conferenza di AGRARIA ci ha mostrato un panorama complesso e variegato, volto ad un obiettivo comune: accompagnare l’evoluzione della professione del dottore agronomo e dottore forestale. L’ascolto da parte delle università del mondo dei professionisti aiuta in questo percorso, anche se non è obiettivo facile né immediato.
Dovendo però fare una sintesi, possiamo dire che la risposta è positiva sull’intero territorio nazionale.

A gennaio 2021, solamente 36 Società Tra Professionisti risultavano iscritte all’albo dei dottori agronomie dottori forestali, mostrando una scarsa aggregazione e una limitata organizzazione in studi strutturati.

Davanti alla necessità di dover occuparsi di nuove tecnologie, l’agronomo potrebbe aver bisogno di altre figure professionali con le quali collaborare (ingegneri, informatici, ecc.)?
Da tempo, l’Ordine sostiene l’importanza di collaborare, anche attraverso società tra professionisti. Fondamentale integrare competenze diverse e punti di vista distanti, così da offrire una consulenza che abbia una visione complessa della realtà.
A gennaio 2021, solamente 36 Società Tra Professionisti risultavano iscritte all’albo dei dottori agronomie dottori forestali, mostrando una scarsa aggregazione e una limitata organizzazione in studi strutturati. Sicuramente occorre approfondire e valutare eventuali criticità.
Noi riteniamo che l’orientamento allo sviluppo sostenibile, alla multifunzionalità, all’innovazione tecnologica abbiano fatto valere l’essenzialità della professione del dottore agronomo e del dottore forestale. Questo però non è sempre sufficiente, perché le singole prestazioni professionali, in diversa misura, hanno subito modificazioni nelle metodologie, approcci, strumenti e relazioni con il cliente rendendo le capacità del singolo, prese singolarmente, meno efficaci.
Per questo motivo, tra le 13 proposte migliorative al PNRR che abbiamo presentato, il CONAF ha chiesto un fondo dedicato a incentivare la digitalizzazione e innovazione degli studi professionali e l’aggregazione in STP e Reti. Solo così si potrà favorire la multidisciplinarietà necessaria per gestire progettazioni di sistemi complessi e affrontare problemi articolati.

Articolo pubblicato su Agrifoglie, numero di maggio 2021

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