Cambiamento climatico – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Thu, 08 Aug 2024 13:30:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Vendemmia 2024: Italia divisa in due, anno difficile e complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/#respond Sat, 24 Aug 2024 07:16:05 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68544 In molte regioni del sud è partita la vendemmia 2024 con la raccolta dei primi grappoli delle varietà precoci e delle basi spumante in Sicilia, Puglia e Lombardia (Franciacorta) e terminerà alla fine di ottobre/inizio novembre, con le varietà più tardive come l’aglianico tra Basilicata e Campania. Il dato peculiare di quest’anno, però è la divisione (quasi) netta tra sud e nord.

Il Centro-Sud fa i conti con un’importante siccità che sta colpendo maggiormente la Sicilia e le regioni più meridionali. A nord, invece, a preoccupare sono la peronospora e gli eccessi di pioggia.

Il dato rilevante quindi è che, per il secondo anno consecutivo, l’avverso andamento meteoclimatico sottolinea l’imprescindibile ruolo della gestione agronomica del vigneto, intesa come principale strategia per ottenere comunque produzioni che rispecchino il sito specifico e il mantenimento della qualità delle uve.

 

Oggi a me, domani a te

Il destino dell’Italia vitivinicola 2024 sembra inverso, rispetto a quanto accaduto nel 2023.

Lo scorso anno, in seguito agli eccessi di pioggia avuti in primavera e inizio estate, al Centro-Sud si parlava di emergenza peronospora (Plasmopara viticola). Questa fitopatia ha danneggiato migliaia di ettari di vigneto favorendo le condizioni, assieme alla successiva siccità estiva, per avere una tra le più scarse annate di sempre dal punto di vista quantitativo.

Al contrario, al Nord si viveva una relativa tranquillità, con una scarsa diffusione di fitopatie e con diffusi episodi di maltempo nei mesi pre-raccolta, che hanno consentito di ottenere un buon risultato.

Oggi, le parti si sono invertite. Il nord Italia si trova a combattere contro la peronospora e con eccessi di pioggia, mentre al sud la peronospora è un brutto ricordo, ma di fanno i conti con la siccità.

Insomma, un altro anno impegnativo e difficile per la viticoltura italiana, segnato dall’andamento climatico anomalo che, ancora una volta, detta i tempi e mette a dura prova i tecnici e gli agricoltori.

La gestione agronomica del vigneto

Chi lavora in agricoltura sa, che ogni anno è diverso e che la ‘variabile meteo’ aggiunge complessità alla gestione tecnica dei vigneti, mai costante e mai determinata.

Il vino è una materia viva che nasce in vigna e, nella vigna, vede oggi i maggiori problemi e le maggiori variabili legate al meteo, che ne condizionano la qualità ed il raggiungimento dell’obbiettivo enologico di successo.

In questi momenti così difficili, per poter portare a casa il miglior risultato possibile, c’è necessita di conoscenza tecnica, determinazione e caparbietà.

Sono determinanti la gestione agronomica del vigneto, la tempestività negli interventi, la difesa fitosanitaria mirata e puntuale, le tecniche vitivinicole appropriate, la conoscenza delle condizioni pedo-climatiche del vigneto e della specificità dei vitigni per portare a casa il risultato, avere delle produzioni che rispecchino il sito specifico e puntare ad elevare la qualità delle uve.

Per contrastare questi repentini cambi climatici, risulta sempre più importante curare l’aspetto tecnico professionale, passando dall’innovazione e alle tecniche gestionali del vigneto, alla conoscenza delle specificità dei prodotti per la difesa fino a giungere a interventi ‘chirurgici’ e di precisione.

 

Il vino si fa in vigna

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita culturale della viticoltura, volta sia all’attenzione alle condizioni climatiche come alla riduzione degli impatti sull’ambientali e sulla vita dei consumatori.

Tutto questo deve far crescere la centralità della viticoltura sul piano strategico aziendale e nazionale, stando vicino alle tematiche del lavoro in vigna.

Se negli anni il vino italiano ha conquistato nuovi consumatori e il plauso e il riconoscimento di eccellenza, oggi più che mai ha necessità di investire sulla conoscenza in vigna “sito specifico”, sulla ricerca e sulle innovazioni tecnologiche del processo produttivo legato ai cambiamenti climatici, sulla riduzione degli impatti sull’ambiente e sui consumatori.

 

È un processo che inevitabilmente si avvia nella vigna per trovare il naturale proseguimento in cantina. Fortunatamente questo processo è già in atto e molte aziende di eccellenza del vino con successo si affidano a tecnici agronomi specializzati in viticoltura per seguire i vigneti e raggiungere dei prefissati obbiettivi enologici.

Capacità e competenze, alter ego di produzione e qualità

Questo 2024 ha dimostrato ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, della necessità di impegnarsi valorizzando l’aspetto tecnico e professionale nella gestione della vigna, nella difesa fitosanitaria, fino alla scelta del momento per la raccolta dei grappoli e della lavorazione dei mosti in cantina. Solo con capacità e competenze si possono fare le scelte giuste per limitare perdite di produzioni e garantire la qualità che tutto il mondo riconosce, apprezza e si aspetta dai vini italiani.

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Quanti alberi si possono tagliare? //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanti-alberi-si-possono-tagliare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=quanti-alberi-si-possono-tagliare //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanti-alberi-si-possono-tagliare/#respond Wed, 10 Jan 2024 18:07:44 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68471 In Italia, la copertura forestale è triplicata in poco più di cento anni. Dopo secoli caratterizzati da deforestazione e utilizzo intenso delle risorse forestali più facilmente raggiungibili e sfruttabili – che hanno causato impoverimento dei suoli e diminuzione della biodiversità animale e vegetale – si è assistito a un’inversione di tendenza. Le aree rurali e montane hanno registrato un progressivo abbandono gestionale, favorito dal massiccio sviluppo industriale e urbano e da un forte disinteresse verso le risorse forestali locali.

Negli ultimi decenni, la ricostituzione ed espansione naturale delle foreste è stata accompagnata da una particolare attenzione alla conservazione e alla valorizzazione degli aspetti naturalistici (oltre il 27% delle foreste italiane gode di un particolare regime di tutela naturalistico), alla conservazione del ruolo di protezione dei versanti e regimazione delle acque (circa l’86% delle foreste italiane è sottoposto a vincolo idrogeologico) e alla tutela del paesaggio (il 100% delle foreste italiane è soggetto a vincolo paesaggistico).

Al tempo stesso, l’Italia è uno tra più importanti Paesi al mondo nella trasformazione e lavorazione della materia prima legno ma, come conseguenza delle dinamiche sociali e ambientali degli ultimi decenni, oltre l’80% della materia prima – utilizzata per scopi edilizi e, soprattutto, energetici – proviene dai mercati esteri, con ovvie problematiche in termini di sostenibilità delle filiere locali.
Attualmente l’Italia ha le condizioni, le potenzialità e la responsabilità di gestire questo capitale naturale in modo attivo e partecipato, consapevole delle conseguenze locali e globali, e attento a mantenerne il ruolo multifunzionale. Ma serve trovare nuove vie, adatte al contesto contemporaneo, per gestire le foreste italiane in modo sostenibile e partecipato.

Rimboschimento di larice in Alta Valle Camonica

Valutare i servizi ecosistemici delle foreste
In questo scenario si è recentemente concluso il progetto di ricerca USEFOL – Approcci innovativi per la valutazione della fornitura di servizi ecosistemici in foreste lombarde, che ha dimostrato scientificamente

  • come prevedere la quantità di legno prelevabile in modo sostenibile,
  • come analizzare costi e benefici ambientali del prelievo forestale
  • come calcolare il carbonio immagazzinabile dalle foreste e dai suoli forestali
  • come calcolare le emissioni di gas serra risparmiate utilizzando il legno in sostituzione di materiali e combustibili maggiormente climalteranti.

I territori pilota sono stati l’Alta Val Camonica e l’Alta Valtellina: qui il progetto ha effettuato una previsione relativa ai prossimi 30 anni, ipotizzando diverse scelte di gestione forestale e scenari climatici dai più moderati ai più severi. Le informazioni elaborate sono servite ad aggiornare i documenti di pianificazione forestale con protocolli, strumenti e risultati delle simulazioni effettuate.

Volume (A, C, D) e specie arborea dominante (B, E) nelle aree di applicazione del progetto, alta Valtellina (A, B) e Val Camonica (D, E).


La stima della biomassa legnosa

La biomassa legnosa in Alta Valtellina e Valcamonica è stata stimata grazie a una procedura suddivisa in tre fasi:

  1. rilievo forestale e stima del volume legnoso a terra;
  2. costruzione di un modello di stima “puntuale” calibrato sui dati rilevati a terra e basato sulle misure di altezza delle foreste ottenute con LiDAR satellitare (missione NASA GEDI);
  3. costruzione di un modello di stima “per pixel” per estendere le stime di volume a scala regionale grazie alle variabili spettrali derivate da immagini satellitari Sentinel-2.

Fasi dell’algoritmo per la stima del volume forestale su tutto il territorio analizzato

 

È stato inoltre realizzato un modello di calcolo denominato “WOody biomass and Carbon Assessment” (WOCAS) che quantifica – secondo un approccio “gain-loss” coerente con le Linee Guida dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – le masse di legno (e carbonio) esistenti in ciascuna particella forestale e il loro incremento annuale previsto.

Elementi considerati per calcolare il bilancio del carbonio delle foreste

Effetto previsto della selvicoltura preventive nei confronti del comportamento degli incendi boschivi. Il diradamento degli alberi e la riduzione della vegetazione a terra ostacola la propagazione del fuoco e diminuisce la sua intensità, contribuendo a dissipare più efficacemente il calore.

Quali foreste destinare alla produzione di legno
La definizione delle foreste da destinare alla produzione di legno è stata basata su indicatori capaci di esprimere eventuali limitazioni al prelievo del legno, come il rischio di dissesto idrogeologico, la pendenza, la distanza da strade e piste forestali e la presenza di aree naturali protette.
I possibili prelievi di legno sono stati quantificati ipotizzando diverse ipotesi di gestione forestale, dalla mera applicazione del regolamento forestale regionale a una selvicoltura mirata alla prevenzione dei danni da eventi meteorologici estremi  e alla valorizzazione del legno e dei suoi assortimenti utilizzabili per realizzare prodotti di lunga durata.

Esempio di informazioni disponibili per ciascuna particella in un Piano di Assestamento Forestale.

 

Un secondo modello denominato “FOREstry MAchinery chain selection” (FOREMA) è stato realizzato per ottimizzare la scelta del cantiere di meccanizzazione da allestire per il prelievo del legno (raccolta e trasporto) e calcolarne i costi economici e ambientali.

I benefici climatici
Per quanto riguarda i benefici climatici generati dall’uso del legno, si è valutato l’effetto di sostituzione relativo a edifici residenziali con strutture portanti in legno, anziché in cemento armato e acciaio, in funzione della quantità di legno utilizzato nelle due opzioni costruttive e al Displacement Factor (DF), cioè il rapporto fra le emissioni risparmiate optando per l’opzione costruttiva in legno e la quantità di legno necessaria.

Nel complesso, la sostituzione dei materiali costruttivi corrisponde a un risparmio di emissioni climalteranti nell’ordine delle decine di migliaia di tonnellate di CO2 equivalente. La decarbonizzazione delle filiere fa sì che la sostituzione dei materiali negli edifici che verranno costruiti nel breve termine corrisponda a risparmi maggiori.

Emissioni evitate per grado di sostituzione. La linea rossa rappresenta le emissioni associate agli edifici in cemento.

 

Stime per tutti i territori montani
Per estendere queste stime a tutti i territori montani è stato pubblicato sul sito di progetto un foglio di calcolo utile a valutare gli effetti dei prelievi sul carbonio immagazzinato nei prodotti legnosi e sulla sostituzione di materiali edili e combustibili fossili più emissivi.
I gestori di aree forestali possono inserire i prelievi forestali programmati nella loro area, gli impieghi previsti per il legno prelevato, e stimare il possibile beneficio climatico per il periodo 2020-2050.
La crescita attesa delle foreste e i flussi di carbonio da e verso la foresta sono stati simulati con il Carbon Budget Model del Servizio Forestale Canadese, in funzione degli scenari climatici elaborati dal modello MPI-ESM-LR del Max Planck Institute. Il modello è specificatamente pensato per studiare i flussi di carbonio tra i diversi serbatoi forestali e l’atmosfera e può simulare un’elevata varietà di disturbi e trattamenti. Le variazioni attese di temperatura e precipitazioni hanno influito in modo diretto sulla crescita degli alberi (comportando aumenti della produttività dallo 0 al 3% annuo delle conifere e dal 6 al 16% annuo per il castagno e le altre latifoglie), e in modo indiretto attraverso il loro effetto sull’area percorsa dagli incendi e la mortalità degli alberi a causa della siccità.

Andamento previsto del volume del bosco e de prelievi di abete rosso (boschi disetanei a media fertilità) nell’area di studio in diversi scenari climatici e gestionali

 

La selvicoltura preventiva, che mostra prelievi iniziali minori, diventa invece quella più conveniente verso fine simulazione. A parità di clima, la selvicoltura basata sull’applicazione dei regolamenti oggi in vigore è invece la meno conveniente a fine simulazione, in quanto associata a prelievi troppo intensi e non sostenibili.

Effetto del cambiamento di gestione forestale sui diversi serbatoi di carbonio nel periodo 2020-2050, secondo due scenari climatici e due scenari gestionali. In verde gli accumuli di carbonio nella foresta e nei prodotti legnosi, in blu gli effetti di sostituzione (emissioni evitate utilizzando legno al posto di materiali e combustibili basati su fossile).

 

Il miglior compromesso
Secondo le simulazioni del progetto, il miglior compromesso tra assorbimento di carbonio nella foresta, prevenzione dei danni climatici al bosco e effetti di sostituzione delle emissioni grazie ai prodotti legnosi si ottiene applicando interventi di selvicoltura preventiva e un prelievo di legno solo sul 25% della superficie forestale disponibile.

Per tutti gli operatori del settore, il progetto USEFOL ha prodotto due linee guida innovative per la gestione forestale sostenibile in Italia.
La prima fornisce una guida completa sulla gestione forestale per la mitigazione climatica e sulla generazione e il conteggio di crediti di carbonio, alla luce della recente introduzione del Registro pubblico dei crediti generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale.
Il secondo manuale, invece, fornisce un supporto alla redazione dei piani di approvvigionamento di biomassa legnosa per fini energetici, offrendo una panoramica della gestione e pianificazione forestale sostenibile, delle tecniche di stima della disponibilità di biomasse legnose, della meccanizzazione applicabile e delle condizioni in cui l’utilizzo energetico del legno è climaticamente sostenibile.

Per le scuole
A scopo didattico, il team di progetto ha anche realizzato un opuscolo sulla filiera bosco-legno rivolto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e un video per la primaria e secondaria di primo grado, dal titolo “La scrivania di larice“: un breve viaggio, immaginario ma al tempo stesso reale, lungo una filiera corta e locale bosco-legno-energia, che racconta in modo semplice e immediato la storia che può nascondere un oggetto di legno proveniente da Gestione Forestale Sostenibile.

Uno dei team di progetto al termine di una giornata di misure in bosco

 

USEFOL
È un progetto finanziato dalla Regione Lombardia nell’ambito del programma per Progetti di ricerca in campo agricolo e forestale.
È coordinato dal prof. Renzo Motta dell’Università di Torino e con la partnership dell’Università di Milano, FIPER (Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili) e Associazione Consorzi Forestali della Lombardia.

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Siccità e cambiamento climatico: l’azione dei dottori agronomi e dottori forestali. //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/siccita-e-cambiamento-climatico-lazione-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Tue, 21 Mar 2023 14:37:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68347 Con la fine del mese di febbraio, si è chiuso anche l’inverno meteorologico 2022-2023, l’ennesima stagione ancora piuttosto anomala sia dal punto di vista delle temperature (9° inverno più caldo degli ultimi 66 anni) sia dal punto di vista delle precipitazioni solide e liquidi che hanno fatto registrare un deficit complessivo di circa il 45% rispetto alla norma 1991-2020.
La combinazione autunnale ed invernale di piogge scarse e temperature ben sopra la norma, fa sì che il bilancio idro-climatico sia fra i peggiori degli ultimi 65 anni.

Le ridotte nevicate dell’inverno si sono sommate all’effetto di prolungati periodi di tempo stabile ed eccezionalmente mite: in pratica abbiamo ricevuto solo un terzo della neve rispetto alla media dell’ultimo decennio.
Il fiume Po viene alimentato per il 60% dalla neve caduta in montagna. Quest’anno mancano circa 4 miliardi di metri cubi di quest’acqua. Una condizione che sicuramente condizionerà dunque lo stato di salute dei fiumi del Nord anche nella prossima primavera ed estate.
Siamo purtroppo nella stessa situazione di un anno fa, ma con 12-14 mesi di siccità sulle spalle.

La pioggia non basta
Per quanto riguarda le temperature si segnala un febbraio caldo (anomalia positiva di circa 2°C) che lo colloca al 7° posto tra i più caldi dal 1958.
Le alte temperature della seconda decade del mese, con lo zero termico che si è riportato già oltre i 3000 metri, stanno di fatto sciogliendo la neve caduta su Alpi e Appennini.
Sugli Appennini, in particolare, le nevicate sono state abbondanti nella seconda metà dell’inverno, ma col caldo anomalo si sta già riducendo il volume della neve anche a quote medio-alte.

Il mese di febbraio 2023 ha registrato precipitazioni molto al di sotto della norma climatica 1991-2020, con un deficit medio sostanzialmente che in alcune regioni (Piemonte) ha raggiunto -80%. Ma anche le zone alpine occidentali hanno un deficit medio del 40% grazie alle nevicate soprattutto della fine di febbraio.
Analoga situazione nelle regioni del centro dove i primi giorni del 2023 avevano fatto sperare in un ‘recupero’ grazie alle precipitazioni nevose e piovose, verificatesi soprattutto a gennaio, ma il mese di febbraio ha visto piogge scarse, inferiori alla media, su quasi tutto il territorio.
In particolare, in Toscana si è registrato un deficit pari a circa il -57% (corrispondente a circa 47 mm di pioggia in meno). A ciò si accompagnano le previsioni meteo del Lamma, che parlano per i prossimi tre mesi di precipitazioni nella media e temperature leggermente superiori, una situazione che invita alla prudenza paventando la possibilità di una nuova estate a rischio siccità.
Leggermente migliore appare la situazione al sud.

Le azioni del Governo
Qualche giorno fa si è svolta il primo incontro interministeriale che ha il compito di varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lunga scadenza per gestire l’emergenza siccità.
Alla cabina di regia partecipano i rappresentanti dei ministeri Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei e PNRR, Protezione civile.
A quel tavolo, il ministro Musumeci ha portato alcune proposte per interventi a 2-3 anni. Fra questi, incentivi per realizzare laghetti aziendali per supplire alla siccità nei mesi estivi e un piano speciale per la pulizia degli invasi dall’insabbiamento, dai fanghi e dai detriti accumulatisi nel corso degli anni.

Foto di Pat Whelen per pexels

Di fronte al cambiamento climatico
È evidente che siamo ormai di fronte a un’evoluzione climatica che appare inarrestabile e che ci obbliga a considerare tre aspetti essenziali:
● La riduzione delle precipitazioni assolute.
● La concentrazione delle precipitazioni in periodi ristretti e in fenomeni estremi e intensi.
● L’aumento delle temperature medie e di quelle assolute.

I dottori agronomi ed i dottori forestali, da sempre attenti alla gestione dell’equilibrio idrico, sono fortemente preoccupati. Dopo tanti anni e tanti dati, manca una strategia complessiva che, tenendo conto dell’insieme dei cambiamenti in atto, finalizzi le risorse per investimenti funzionali sia alla difesa dagli estremi nivopluviometrici che allo stoccaggio della risorsa idrica per la sua coerente utilizzazione idropotabile e irrigua.

6 proposte
1. Gestire le nostre aree montane e le foreste per impedire la compromissione del ruolo tampone in ottica di bilancio idrico.
Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, infatti, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di “serbatoi d’acqua” (water towers). Le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano.

2. Un programma pluriennale d’interventi per il ripristino dei laghi artificiali, dei numerosi laghetti collinari e la previsione di nuove realizzazioni per affrontare gli anni a venire.
Già oggi devono essere assunte decisioni tecnico-agronomiche in grado di mitigare la prossima estate siccitosa e torrida che ci aspetta. Dobbiamo però avere anche consapevolezza che senza interventi strutturali tutto quello che la scienza agronomica può suggerirci non sarà sufficiente.

3. Occorre che le autorità di bacino predispongano o aggiornino i loro piani, prevedendo la realizzazione di interventi che consentano di stoccare l’acqua nei diversi territori con l’obiettivo di difendere i territori a valle, garantire un minimo deflusso vitale ai corsi d’acqua durante tutto l’anno e rendere disponibili le risorse idriche per l’irrigazione.

4. Occorre realizzare impianti irrigui innovativi che minimizzino i consumi e massimizzino l’utilità dell’acqua somministrata alle colture, come per la scelta di tecniche colturali e varietà coltivate idonee a questa nuova fase climatica. Da qui, è evidente il ruolo decisivo della consulenza tecnica.

5. Dobbiamo ripensare la gestione del verde urbano, tanto necessario alle nostre città, quanto fragile nella manutenzione.
Partendo dalla scelta delle varietà più resistenti, passando per la progettazione degli spazi di messa a dimora, fino al recupero delle acque piovane diventano snodi cruciali per mantenere verdi le aree urbane anche il periodi siccitosi.

6. Incentivare – se non rendere obbligatorio – lo stoccaggio delle acque piovane per ogni nuova costruzione, domestica e non. Un piccolo intervento, puntuale e diffuso, che consentirebbe di migliorare il bilancio idrico complessivo del territorio.

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Pubblicato il nuovo rapporto dell’IPCC //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-nuovo-rapporto-dellipcc/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-nuovo-rapporto-dellipcc //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-nuovo-rapporto-dellipcc/#respond Tue, 21 Mar 2023 08:11:43 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68337 Nulla di nuovo, ma non per questo meno rilevante: occorre trasformare con urgenza i sistemi agroalimentari per adattarli al cambiamento climatico e ridurre le emissioni di gas serra.
Il “Sesto rapporto di valutazione” (Climate Change 2023: Synthesis Report AR6) dell’IPCC, conferma che le attività umane, principalmente attraverso le emissioni di gas serra, hanno inequivocabilmente causato il riscaldamento globale.

Il Rapporto dell’IPCC è sostanzialmente una conferma dei dati e delle conclusioni già note. Questo, però, deve essere un invito a proseguire sulla strada intrapresa, accelerando il passo.” – Sabrina Diamanti, Presidente CONAF – “Come ordine degli agronomi e dei forestali stiamo lavorando da diversi lustri in questa direzione, consapevoli del ruolo del settore primario che può contribuire alle politiche di riduzione delle emissioni e adottare strategie di adattamento. Anche nel recente Congresso nazionale di Firenze, questi temi sono stati al centro delle discussioni perché siamo consapevoli che, per fare della corretta gestione di acqua, suolo, foreste, biodiversità, serve un’agricoltura moderna, servono competenze aggiornate, occorre portare in campo innovazione tecnica e tecnologica e fare progettazione di sistemi sostenibili.”

Cammino a tappe forzate
Per mantenere il riscaldamento entro +1,5 gradi sono necessarie riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas a effetto serra in tutti i settori.
E per farlo, gli scienziati indicano le tappe forzate: entro il 2030 ridurre le emissioni della metà, per arrivare allo zero nel 2050. Nello specifico, le emissioni di CO2 vanno tagliate mediamente rispetto ai livelli del 2019 del 48% nel 2030, del 65% nel 2035, dell’80% nel 2040 e del 99% nel 2050.
Con un allarmante monito: se il percorso attuale non verrà corretto, siamo sulla buona strada per registare un riscaldamento medio globale da +3,2 gradi al 2100.

Il ruolo dell’agricoltura
Il 22% delle emissioni globali di gas serra proviene da agricoltura, da silvicoltura e dall’uso del suolo.

L’agricoltura e la sicurezza alimentare sono già minacciate dal cambiamento climatico, in particolare nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, nei Paesi meno sviluppati e nei Paesi privi di aree coltivabili, con ripercussioni sui mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori, dei pastori, delle popolazioni che dipendono dalle foreste, dei pescatori, delle popolazioni indigene e delle donne“, ha dichiarato il Direttore Generale Aggiunto della FAO Maria Helena Semedo. – “Il rapporto mostra come l’agricoltura possa essere centrale nell’azione per il clima. Essa è già impattata dal cambiamento climatico e il suo adattamento è urgente per garantire la sicurezza alimentare e la nutrizione senza lasciare indietro nessuno.

Che strada prendere
Esistono già diverse soluzioni in campo agricolo, silvicolturale e nell’utilizzo del suolo che offrono benefici di adattamento e mitigazione e, nel breve termine, potrebbero essere incrementati in vaste parti del Pianeta.
Gli scienziati dell’IPCC sottolineano, ad esempio, che la conservazione, il miglioramento della gestione e il ripristino delle foreste e di altri ecosistemi offrono la maggiore opportunità di contrastare i danni economici causati dai disastri legati al clima.
Oppure esistono esempi di adattamento efficaci. Nessuna novità, per chi è del settore, ma è bene ribadirlo: si può agire sul miglioramento delle colture, sull’irrigazione e lo stoccaggio dell’acqua, si deve preservare l’umidità del suolo, si deve aumentare l’agroforestazione, diversificare le colture a livello aziendale e curare il paesaggio agendo in modo sostenibile nel territorio.

Summary of the Working Group III contribution to the Intergovernmental Panel on Climate Change Sixth Assessment Report (AR6)

Climate change mitigation options in agrifood systems

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Le foreste urbane per la riqualificazione delle città //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta //www.agronomoforestale.eu/index.php/le-foreste-urbane-per-la-riqualificazione-delle-citta/#respond Fri, 17 Mar 2023 12:19:34 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68308 di Renato Ferretti

Le foreste urbane e le infrastrutture verdi all’interno delle città possono giocare un ruolo molto importante per migliorare la qualità della vita. Infatti, come noto da tempo, offrono un’ampia gamma di benefici alla popolazione e svolgono preziosi servizi quali assorbimento della CO2, cattura del particolato e degli inquinanti atmosferici, drenaggio e controllo delle acque meteoriche, contrasto al fenomeno delle isole di calore, incremento della qualità estetica e percettiva, fornitura di aree in cui svolgere attività ricreative.

Numerose città, in tutto il mondo, hanno avviato iniziative molto ambiziose di riforestazione urbana. Tutte accomunate dalla scelta di accrescere la propria dotazione di infrastrutture verdi per rafforzare la coesione sociale e muoversi verso uno sviluppo equo e sostenibile.

Le foreste e gli alberi – secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – se ben gestiti, all’interno e attorno ai centri urbani forniscono habitat, cibo e protezione per numerosi animali e molte specie vegetali. Il che contribuisce anche a salvaguardare e accrescere la biodiversità”.

foto di Lachlan per pexels

Il dipartimento che si occupa delle foreste è impegnato a contrastare la deforestazione perché la questione più importante è assicurare una fonte di sostentamento alle persone che dipendono dalle foreste. – ha aggiunto il capo del dipartimento Fao, Hiroto MistugiQuesto aspetto riguarda tutti gli abitanti delle zone rurali, ma anche gli abitanti delle città perché gli alberi sono fonti d’acqua, migliorano la qualità dell’aria e contribuiscono a un ambiente sano.

Le città sono sempre più insalubri per l’aumento delle emissioni di CO2, di polveri sottili, agenti inquinanti e per l’ormai insopportabile calore estivo.
È provato che i boschi assorbono il 40% delle emissioni ascrivibili all’utilizzo dei combustibili fossili: per questo la forestazione urbana e periurbana deve diventare una priorità nell’agenda internazionale dei governi e delle istituzioni internazionali e locali.
È necessaria una trasformazione radicale del modo di operare per moltiplicare gli spazi verdi e i piccoli parchi, impiantare alberi per formare nuovi corridoi ecologici, realizzare edifici verdi anche in verticale. Tutto questo inciderebbe non solo sulla qualità dell’aria e del clima, ma anche sullo sviluppo economico delle città stesse, favorendo la microagricoltura e la produzione di cibo, per contrastare anche in questo modo i fenomeni di povertà.

Foto di Harrison Haines per pexels

Gli investimenti nel verde urbano sono particolarmente efficaci ed efficienti anche in termini economici perché garantiscono una riduzione di diverse tipologie di spesa, da quelle per il raffreddamento degli edifici a quelle per la manutenzione del territorio e la resilienza idrogeologica. Contrastando l’inquinamento dell’aria, le piante permettono di ridurre le spese per la salute, mentre i parchi pubblici o gli orti comunitari offrono occasioni di incontro e socialità. Si parla di soluzioni naturali (nature-based solutions, nbs) a problemi come il consumo energetico o quello idrico o il riscaldamento delle città.

Per tutto ciò non bastano le risorse del decreto clima e del PNRR: occorre una programmazione pluriennale e una strategia continua nel tempo.

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Crisi climatica, PNACC e ruolo dei dottori agronomi e dottori forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali //www.agronomoforestale.eu/index.php/crisi-climatica-pnacc-e-ruolo-dei-dottori-agronomi-e-dottori-forestali/#respond Fri, 03 Mar 2023 17:56:15 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68299 Di Renato Ferretti

La crisi climatica rappresenta la più grande sfida che l’umanità è costretta ad affrontare in questo secolo e che, per essere vinta, necessita di un netto cambio di passo nelle politiche di mitigazione e di adattamento entro il 2030.

La crisi idrica
Gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sono riconducibili a modifiche del ciclo idrologico e al conseguente aumento dei rischi che ne derivano. Se per esempio guardiamo al trentennio 1991-2020 in media in Italia, vediamo che gli eventi estremi aumentano mentre diminuiscono le precipitazioni.
In particolare, nel Italia del 2020, la precipitazione media totale annua è stata pari a 661 mm, corrispondente a una diminuzione di 132 mm rispetto alla media della decade presa in esame.
La crisi climatica non minaccia solo la disponibilità, ma anche la qualità dell’acqua. La questione si intreccia con la perdita di criosfera, l’insieme di neve, permafrost e ghiacciai.
Meno acqua, poi, porta con sé anche problemi energetici, basti pensare che la produzione idroelettrica dipende anche dall’abbondanza delle precipitazioni.

Addio ai ghiacciai alpini

Flora, fauna e foreste: la perdita dei servizi ecosistemici
Il nostro Paese si affaccia sul Mediterraneo, uno dei mari più sfruttati al mondo che, oltre a essere investito dal problema dell’innalzamento del livello delle acque, sta sperimentando temperature continuamente più elevate grazie a ondate di calore sempre più intense. Tutto ciò porta alla presenza e all’acclimatazione di nuove specie aliene invasive (in generale una delle principali minacce alla biodiversità), con serie conseguenze sul comparto della pesca.
Anche flora e fauna risentono del riscaldamento globale che ne altera ciclo di vita, e conseguentemente la quantità e qualità dei servizi ecosistemici offerti gratuitamente alla popolazione.
Un tema chiave è poi quello delle foreste, soprattutto in un Paese come il nostro che risulta occupato per circa un terzo dai boschi.
Da una maggiore probabilità di incendi al pericolo del “cambio d’uso del suolo”, fino alla disponibilità di acqua. La crisi climatica insieme alla cattiva gestione forestale rischia di mettere sotto pressione preziose funzioni forestali, come quella di protezione dagli eventi estremi.

Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici
Finalmente il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha pubblicato il 28 dicembre la versione aggiornata del “PNACC”.
Si tratta di uno strumento strategico di particolare rilievo, dato che dovrà fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi climatici e migliorare la capacità di adattamento dei nostri sistemi naturali, sociali ed economici.

La struttura del PNACC è articolata in cinque sezioni:

  • il quadro giuridico di riferimento;
  • il quadro climatico nazionale;
  • impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali;
  • misure e azioni di adattamento;
  • governance dell’adattamento.

Uno degli scopi principali del Piano è, come detto, evitare gli effetti socio-economici negativi derivanti dagli impatti climatici.
Secondo uno studio del 2014 della Commissione europea, nel caso non venissero implementate misure di adattamento, potremmo perdere addirittura 410mila posti di lavoro entro il 2050 in Europa.
Il documento prosegue poi con una distinzione sul tipo di impatti che si dividono tra quelli causati dagli eventi climatici estremi, come per esempio le alluvioni, le frane e i cicloni tropicali, e quelli “a lenta insorgenza”, come l’aumento della temperatura terrestre, l’innalzamento del livello dei mari e della temperatura delle acque e la riduzione delle risorse idriche disponibili.
La grande novità del PNACC risiede proprio nella sua pubblicazione che consente, così, l‘avvio di un iter atteso da troppo tempo.

Prossimi passi
Il documento sarà ora sottoposto a consultazione pubblica, prevista dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (Vas).
Dopo l’approvazione definitiva, con decreto del ministro, si procederà poi all’insediamento dell’Osservatorio nazionale che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano.
Occorre seguire con attenzione le prossime fasi della valutazione perché come abbiamo sottolineato anche al congresso di Firenze è improcrastinabile e urgente intraprendere azioni di contrasto alla crisi climatica, sia per proteggere il benessere di cittadine e cittadini, sia per salvaguardare i nostri ecosistemi e la nostra agricoltura.
I dottori agronomi ed i dottori forestali sono i professionisti che più di altri hanno le competenze per poter intervenire a livello di programmazione. Pianificazione e progettazione degli interventi. È pertanto necessario essere presenti in tutte le occasioni per far sentire la nostra voce e soprattutto evidenziare la nostra competenza professionale in materia.

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Cambiamenti climatici e terre d’uso civico: esperienze forestali in Calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria //www.agronomoforestale.eu/index.php/cambiamenti-climatici-e-terre-duso-civico-esperienze-forestali-in-calabria/#respond Thu, 05 May 2022 15:32:00 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68174 Roberto Sabatino,PhD, Dott. Agronomo e Forestale

Tutti gli interventi selvicolturali sono stati sempre finalizzati al miglioramento del sistema foresta e nel creare le condizioni più vicine alla situazione climax, ovvero all’esaltazione di sistemi biologici complessi tra di essi strettamente connessi.

Una buona gestione del bosco e delle foreste sotto il profilo ambientale, ecologico e biologico comporta la creazione, il mantenimento e miglioramento di sistemi biologici complessi.

È noto che tutti gli interventi in foresta devono essere cauti, continui e capillari perché il selvicoltore deve costantemente confrontarsi e tener conto di situazioni ambientali, ecologiche e biologiche in continua evoluzione, accelerate, ancor più dai repentini cambiamenti climatici degli ultimi anni.

Inoltre, un’attenta e cauta gestione forestale comporta una notevole diminuzione (quasi un annullamento totale) del dissesto idrogeologico, come a tutti è noto.

5 punti chiave
Alla luce delle modificazioni climatiche in atto è necessario che:

1) Gli interventi di pianificazione e gestione forestale siano indirizzati alla massima resilienza;

2) Gli interventi selvicolturali tradizionali siano rivolti a una più marcata salvaguardia del bosco;

3) Sia attuata, dove possibile, la conversione dei boschi cedui in bosco d’alto fusto;

4) Sia favorito l’insediamento spontaneo di specie minori, come l’insediamento di alberi di acero o di ontano o di leccio nei castagneti

5) I rimboschimenti o gli imboschimenti siano attuati utilizzando specie resistenti a eventi estremi: alberi con apparato radicale fittonante e molto approfondito, resistente a forti tempeste di vento o essenze più rustiche e frugali meno esigenti, adattabili ai terreni poco profondi e poco dotati in elementi nutritivi.

 

Selvicoltura di resilienza

Sinteticamente, la selvicoltura tradizionale deve essere trasformata in selvicoltura di resilienza, adattamento e resistenza a ciò che sta avvenendo.

In Calabria, il Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ), in assenza di un’università di agraria o di un’associazione di cittadini volta alla tutela delle terre d’uso civico, amministrava e ancora gestisce circa 80 ettari di bosco ceduo di leccio che non veniva utilizzato da almeno tre turni.

Circa vent’anni fa, la giunta municipale, conferendo incarico professionale allo scrivente, ha scelto di far individuare e di far censire i terreni gravati da usi civici e di effettuare una serie di interventi di taglio di conversione all’alto fusto al fine di migliorare la stazione (località Falde dell’Inferno), reinvestendo i ricavi del taglio in opere di pubblica utilità.

Il principio ispiratore di tali interventi era basato sull’interpretazione della norma: se i terreni di uso civico sono beni ambientali e paesaggistici – che vanno tutelati, conservati e possibilmente migliorati – ne consegue che un intervento di miglioramento è attuabile.

In questo caso, quindi, l’intervento di miglioramento consistette in una serie di tagli di conversione del bosco ceduo di leccio in alto fusto, poiché è noto scientificamente che un intervento di conversione di un bosco ceduo in alto fusto è un miglioramento del bosco e della stazione dove esso è ubicato.

Tali interventi, alla luce delle prime avvisaglie di mutamenti climatici, periodi di estrema siccità caratterizzati da improvvisi fenomeni piovosi di forte intensità e breve durata, furono valutati e concordati in situ, sia sui criteri, che nei tempi e modalità, con gli Ufficiali del Ripartimento del Corpo Forestale dello Stato di Catanzaro, e ad oggi, hanno permesso il miglioramento del bosco ceduo di leccio senza addurre a questo danni.

Tali interventi di miglioramento della stazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, sempre più palesi nel corso degli anni a partire dal primo taglio, sono stati ultimati nell’anno 2005.

Inoltre, tale esperienza professionale, fu tradotta in tesi di Laurea magistrale in estimo forestale, discussa il 13.02.2007 presso la Facoltà di Agraria dell’Univeristà Mediterranea di Reggio Calabria, dal titolo ”Determinazione del più probabile valore di trasformazione di un bosco ceduo di leccio gravato da usi civici nel Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (CZ)”.

Alla luce di quanto esposto, gli interventi di pianificazione forestale possono contribuire alla conservazione dei boschi di uso civico e alla resilienza ai cambiamenti climatici.

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Il futuro delle foreste europee //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-futuro-delle-foreste-europee/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-futuro-delle-foreste-europee //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-futuro-delle-foreste-europee/#comments Mon, 14 Sep 2020 15:58:45 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67884
Foto di Associazione PEFC Italia

Il cambiamento climatico in corso, rafforzato dalla pandemia mondiale di Covid-19, sta rendendo il mondo sempre più in disequilibrio.
Le foreste stanno morendo, gli ecosistemi forestali stanno cambiando, le specie invasive si stanno diffondendo e la base economica della gestione forestale sostenibile e la fornitura di servizi ecosistemici stanno cambiando in modo fondamentale.
Consapevoli di questi effetti, i forestali professionisti e i proprietari di foreste europei si dichiarano molto preoccupati per il futuro delle foreste europee.

Con il Green Deal, l’Europa ha deciso un pacchetto completo di misure per la società nel suo insieme con cui contrastare il cambiamento climatico e mostrare uno sviluppo lungimirante.
Diverse azioni chiave riguardano la salvaguardia degli ecosistemi forestali e la gestione forestale sostenibile sul 40% del paesaggio europeo: da un lato, la ristrutturazione ecologica dell’economia dovrebbe essere sostenuta basandosi sul legno quale materia prima sostenibile, dall’altro, dovrebbero essere garantiti biodiversità e servizi ecosistemici.

Foto di Associazione PEFC Italia

È necessaria una gestione forestale sostenibile GFS (SFM sustainable forest management)
La gestione forestale multifunzionale e sostenibile è lo strumento giusto per garantire queste azioni chiave in modo molto equilibrato nei vari ecosistemi forestali europei e dovrebbe essere la base di una nuova strategia forestale dell’UE.
Ciò include la lotta al cambiamento climatico come motivo principale della perdita di biodiversità e servizi ecosistemici a causa della produzione di legname. Ogni green economy ha bisogno della materia prima sostenibile legno.
Oltre alla partecipazione attiva della silvicoltura in un’economia verde, la GFS garantisce anche biodiversità e servizi ecosistemici grazie alla silvicoltura naturale e può sviluppare gli ecosistemi forestali in modo stabile dal punto di vista climatico, se il cambiamento climatico continuerà.

Biodiversità e servizi ecosistemici
Alcuni Regolamenti sono dettagliati, come la Strategia per la biodiversità, ma nel contempo sono sbilanciati, perché le foreste più protette sono controproducenti e non coerenti.
Infatti, più aree protette non sono lo strumento giusto per fermare i cambiamenti negli ecosistemi causati dai cambiamenti climatici e le specie invasive non possono essere fermate anche ipotizzando di proteggere aree sempre più vaste, tendendo all’infinito.
Il vecchio sistema degli ecosistemi conservati staticamente, ha dimostrato di non funzionare più, con il clima che sta cambiando, con temperature sempre più elevate, con mutevoli condizioni dell’acqua: questi fattori stanno danneggiando gli ecosistemi forestali. Se, ad esempio, le faggete si sviluppano climaticamente in foreste di querce e carpini, i regolamenti Natura 2000 non possono impedirlo. (Ma ci provano ancora.)
Per quanto riguarda la biodiversità e i servizi ecosistemici forestali è necessaria una concezione più dinamica anziché statica. La natura cambia ogni giorno ed è inutile cercare di mantenerla statica.

Silvicoltura in zone impervie
Foto di Associazione PEFC Italia

Finanziamento
In passato, le foreste erano gestite in modo sostenibile. La biodiversità nelle foreste, che ora deve essere mantenuta, era inclusa nel processo di gestione forestale e i servizi ecosistemici per la società erano offerti gratuitamente.
Tutti questi servizi forestali sono stati finanziati dalla produzione e vendita di legname.
Con il rapido ed estremo sviluppo del cambiamento climatico negli ultimi anni, la silvicoltura e il sistema di finanziamento ad essa connesso, non funzionerà più.
La perdita di stock nelle foreste a causa di scolitidi, della siccità, i disastri naturali dovuti ai cambiamenti climatici, il crollo dei prezzi del legname in tutta Europa e i costi aggiuntivi per le misure di sicurezza non sono stati compensati in modo adeguato dalla società, che è alla base dei danni causati dai cambiamenti climatici.
Prova ne è che la situazione economica di molte imprese forestali si sta deteriorando drasticamente.
Se i proprietari di foreste non sono più in grado di finanziare la gestione sostenibile delle foreste in futuro e la società desidera ricevere ancora (se non in misura maggiore) i servizi forestali inclusi nel Green Deal (produzione di legname, adattamento delle foreste ai cambiamenti climatici, stoccaggio del carbonio, biodiversità e servizi ecosistemici) sarà necessario sviluppare un nuovo sistema di finanziamento.
Con un ragionevole tasso di finanziamento annuo a ettaro si potrebbe offrire un’appropriata compensazione per i servizi resi alla società, non come sussidio, ma al fine di garantire i servizi forestali desiderati nel Green Deal per i tipi di proprietà forestali.
In relazione ai costi complessivi del Green Deal, dovrebbe essere possibile un rifinanziamento di tale compensazione e potrebbe essere rifinanziato dall’EU-ETS, ad esempio.
Sarebbe importante avere una soluzione a livello europeo senza una discussione distruttiva, se la Commissione europea o gli Stati membri sono responsabili devono pagare.
In ogni caso, ovviamente, dovrebbe essere garantito che tale compensazione sia pagata solo ai proprietari di foreste che le gestiscono in modo sostenibile, multifunzionale ed equilibrato e attraverso i quali vengono forniti biodiversità e servizi ecosistemici.
Al fine di evitare una maggiore burocrazia, i sistemi di certificazione stabiliti possono essere utilizzati come prerequisito per il pagamento di tale compensazione.

Conclusioni
I professionisti e esperti dottori forestali, che nella pratica lavorano tutto il giorno nelle foreste europee:

  1. Danno il benvenuto al Green Deal
  2. Sentono la necessità che venga rafforzata la gestione forestale sostenibile multifunzionale per garantire tutti i diversi servizi forestali richiesti per il successo del Green deal
  3. Non sostengono foreste protette staticamente come previsto nella strategia per la biodiversità
  4. Augurano una nuova strategia forestale dell’UE che garantisca una migliore coerenza di tutte le richieste settoriali per le foreste e la gestione forestale
  5. Ritengono necessario e urgente un nuovo sistema di finanziamento nelle foreste europee
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