donne – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Fri, 28 Apr 2023 15:45:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Colte, preparate e sostenibili //www.agronomoforestale.eu/index.php/colte-preparate-e-sostenibili/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=colte-preparate-e-sostenibili //www.agronomoforestale.eu/index.php/colte-preparate-e-sostenibili/#respond Wed, 08 Mar 2023 09:11:35 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68317 Innanzitutto, partiamo dai numeri per capire di cosa si parla: il 42% dei 26,7 milioni di persone che lavorano regolarmente in agricoltura nell’Unione europea sono donne e il 30% delle aziende agricole dell’UE è gestito da una donna. In Italia siamo addirittura sopra la media europea (32%).
Una presenza corposa, addirittura superiore, se si volge l’attenzione verso chi ha compiuto studi superiori, come le dottoresse agronome e forestali: le donne laureate rappresentano una fetta rilevante, sono ancora molto presenti anche negli step successivi ma, con il crescere dei ruoli (ricercatrici, professoresse universitarie, ecc.), le percentuali si assottigliano.
La questione diventa allarmante se si sposta lo sguardo alle stanze della politica, dove si indirizza il futuro del settore primario, ma in cui la componente femminile è decisamente sottorappresentata.
Una questione al centro del dibattito dell’Ordine, a cui è stata dedicata una tavola rotonda specifica durante il Congresso nazionale di Firenze, invitando alla riflessione stakeholder e analisti.

Al contrario della politica, il mercato si è presto accorto che questa disparità di genere è sempre meno tollerabile. Ne è un esempio l’azienda produttrice di fertilizzanti Yara che, dopo aver rilevato che solo il 14% dei suoi 800 agronomi erano donne, ha lanciato il programma “Woman in Agronomy” per affrontare lo squilibrio di genere nel settore, in particolare utilizzando il mentoring.
Un’azione che per un’azienda chimica che propone fertilizzanti e prodotti per l’agricoltura ha un rapido tornaconto e una sfumatura di pinkwashing: le donne in agricoltura hanno ruoli meno visibili, ma sono molto più attente alla sostenibilità e sono le attrici della transizione verde.

Studiose, scienziate, ma poi?
Se ci si concentra sulla presenza di donne con un titolo di studio superiore nel campo delle scienze agrarie, la maggior parte degli Stati membri dell’UE-27 e dei Paesi associati ha registrato un aumento della percentuale di donne ricercatrici nel 2018, rispetto al 2010.
Secondo il rapporto She Figures 2021 (con dati 2018), le donne dottorande in agricoltura, silvicoltura, pesca e veterinaria rappresentano il 56% di tutti gli studenti. Maggioranza assoluta, con identica percentuale, che si riscontra anche in Italia.
Si intravede anche un miglioramento nella percentuale di donne tra i ricercatori nel settore di R&S: nel 2010 rappresentavano il 38%, percentuale cresciuta fino al 44,5% nella rilevazione del 2018.
Infine, osservando la distribuzione delle donne ricercatrici negli studi sull’istruzione superiore (HES) è evidente che nella maggior parte degli Stati membri dell’UE-27, le donne hanno più probabilità di lavorare come ricercatrici nelle scienze sociali e nelle scienze mediche e sanitarie. A queste due voci – attese – si aggiunge però il settore delle scienze agrarie, in cui lavora una percentuale maggiore di ricercatrici rispetto ai colleghi maschi, in quasi tutti i Paesi membri UE.


Il valore produttivo dell’istruzione

L’importanza dell’istruzione e della capacità di trasferire innovazioni e analisi “in campo” è un dato acquisito da tempo nella letteratura scientifica.
Il settore agricolo ottiene un valore aggiunto quando si verificano gli effetti di due fenomeni, principalmente: l'”effetto lavoratore” e l'”effetto trasferimento”.
L’effetto lavoratore accade quando un agricoltore istruito, a parità di input, riesce a produrre un output maggiore poiché capace di sfruttare meglio le risorse a disposizione.
Con l'”effetto trasferimento” si identifica quando le persone istruite decidono di trasferirsi in campagna per svolgere le loro attività professionali.
Ciò suggerisce che l’istruzione è un fattore cruciale per promuovere la crescita nel settore agricolo.


La transizione verde parla con voce femminile

Le donne in agricoltura tendono a impegnarsi maggiormente per la sostenibilità rispetto ai maschi, ma sono sottorappresentate quando si tratta di definire la politica agricola dell’UE, il che solleva interrogativi più ampi sulla capacità del settore agricolo di realizzare una transizione verde.

C’è sempre più letteratura che stabilisce il legame tra genere e sostenibilità, soprattutto per quanto riguarda le pratiche agricole sostenibili” – ha dichiarato Faustine Bas-Defossez, direttore dell’impatto esterno dell’Istituto per le Politiche Ambientali Europee (IEEP) – un think tank – a una tavola rotonda al Future of Food and Farming Summit di POLITICO – “Le ricerche dimostrano che l’agricoltura convenzionale è considerata maschile e caratterizzata da disuguaglianze di genere in termini di salari, accesso alle opportunità, tecnologie e ai terreni. Alle donne sono assegnati tradizionalmente i compiti amministrativi, alle vendite dirette o alle attività di diversificazione, il che rende il loro lavoro ‘invisibile’.”

Un effetto piuttosto noto, considerando che il proprietario di un’azienda agricola è l’unica persona menzionata nei documenti bancari e ai fini delle sovvenzioni e dei diritti accumulati ed è anche l’unica persona a rappresentare un’azienda agricola all’interno di associazioni e gruppi.

Questo porta le donne agricoltrici a essere più coinvolte in approcci alternativi ed ecologici, poiché nell’agricoltura sostenibile si intravede un modo per acquisire potere, come un mezzo di emancipazione. Ed è anche vista come un modo per sfidare la tradizionale divisione di genere del lavoro agricolo.” – Faustine Bas-Defossez, IEEP


La politica agricola dell’UE è dominata dagli uomini

Durante la riforma della PAC del 2013 non c’era nessun relatore donna e solo il 25% dei relatori ombra erano donne, ha osservato l’IEEP; mentre durante la riforma della PAC del 2021 c’era solo un relatore donna e il 33% dei relatori ombra erano donne.

Considerando che quando, in una posizione di potere, le donne tendono a prendere decisioni più rispettose dell’ambiente, la domanda è: ci sarebbe una differenza nell’ambizione ambientale della Politica Agricola Comune, ad esempio, se gli organi decisionali fossero un po’ più equilibrati dal punto di vista del genere?” – si chiede Bas-Defossez.

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Il lavoro delle professioniste dopo l’emergenza Covid //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid //www.agronomoforestale.eu/index.php/il-lavoro-delle-professioniste-dopo-lemergenza-covid/#respond Mon, 27 Sep 2021 07:04:22 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68159 Di Marina Calderone, Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro


Marina Calderone, Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

La pandemia ha messo duramente alla prova il mondo del lavoro e, in particolare, il lavoro autonomo. In questo comparto, la componente femminile ne è uscita decisamente provata. Le ragioni che hanno visto le donne ancora una volta maggiormente penalizzate rispetto agli uomini sono facilmente intuibili. Hanno pesato, intanto, le difficoltà di conciliazione tra attività professionale e impegni famigliari, aumentati a seguito della chiusura delle scuole e delle difficoltà di accesso ai servizi di assistenza di anziani o famigliari non autosufficienti. Ma ha giocato a loro sfavore anche la maggiore fragilità professionale che spesso ne caratterizza l’attività, associata più frequentemente a dimensioni organizzative ed economiche ridotte. Una tendenza che, se da un lato trova ragione nella minore “anzianità” delle professioniste (il boom di accessi femminili alle professioni è avvenuto a partire dagli anni duemila) dall’altro è sintomo di una difficoltà a consolidare la propria attività professionale che finisce per esporle ad un più elevato rischio di uscita dal sistema.
Tuttavia, proprio la crisi può rappresentare un punto importante di ripartenza, anche per innovare con nuovi strumenti e modalità un modo di fare professione, al femminile, che ha assoluto bisogno di rafforzarsi e diventare più competitivo.

La domanda di servizi professionali è destinata ad aumentare, offrendo occasioni importanti di crescita

PROSPETTIVE FUTURE
I prossimi mesi non mancheranno di presentare a tutte le professioniste nuove opportunità. Dall’ambito tecnico, alla salute, fino al mondo della consulenza giuridica e fiscale, la domanda di servizi professionali è destinata ad aumentare, offrendo occasioni importanti di crescita a chi voglia e si faccia trovare pronto all’appuntamento.
C’è per questo, tuttavia, bisogno che le professioniste e il sistema che le rappresenta agisca con maggiore determinazione e coraggio in direzione del rafforzamento di tale componente, sia dal punto di vista professionale sia organizzativo.
Le professioniste sono chiamate, innanzitutto, a rafforzare il proprio bagaglio di competenze, in una logica di innovazione. In modo da dare valore aggiunto alla loro presenza sul mercato. Solo intercettando i nuovi spazi di mercato è possibile compiere quel salto di qualità che richiede sempre più specializzazione nei servizi e nelle conoscenze. Al tempo stesso, è di fondamentale importanza consolidare tutto quel bagaglio di competenze trasversali necessarie a gestire l’innovazione tecnologica. Quest’ultima inizia a impattare così profondamente sul mondo delle libere professioni e rischia, se non adeguatamente presidiato, di divenire in prospettiva un ulteriore elemento di spiazzamento per l’attività di tante iscritte.
In secondo luogo, è importante coltivare quanto più possibile quello spirito di rete che ancora fa fatica a maturare tra chi svolge la libera professione. Le donne hanno per loro natura una dimensione di relazionalità che troppo spesso rischia di essere sacrificata dalla mancanza di tempo a loro disposizione. È invece prioritario alimentarla e coltivarla. Non solo nei confronti della clientela, sfruttando anche le opportunità offerte dalla comunicazione digitale, ma soprattutto di tutto quel mondo professionale, fatto di collaboratori, colleghi, fornitori e committenti oggi più che mai determinante per l’accesso agli incarichi professionali.

È importante sostenere le professioniste con strumenti che ne supportino la continuità professionale nei passaggi di vita più critici

CONCILIARE VITA PROFESSIONALE E PRIVATA
Al tempo stesso, va diffusa la consapevolezza presso le istituzioni e i soggetti di rappresentanza che le donne oggi hanno bisogno di essere supportate con strumenti specifici in grado di far compiere quel salto di qualità da tempo auspicato e che nei prossimi mesi potrebbe trovare concretezza.
Se quello della conciliazione resta per tante professioniste ancora un elemento critico nel determinare l’evoluzione dei percorsi di carriera, allora è importante sostenerle con strumenti che ne supportino la continuità professionale nei passaggi di vita più critici. Dai servizi di welfare alle reti di collaborazione tra professioniste, è necessario far crescere una struttura di sostegno al lavoro delle lavoratrici autonome sulle quali l’impossibilità di conciliare rischia di avere le ricadute più gravose.

LE PROFESSIONI TECNICHE AL FEMMMINLE
Anche il rafforzamento della presenza femminile nei settori professionali con maggiore potenziale di crescita dovrebbe rappresentare un obiettivo prioritario, per Ordini e istituzioni, da attuarsi anche attraverso un’azione di sensibilizzazione culturale e campagne di orientamento mirate a questo segmento. Ancora troppo limitata è, infatti, la loro presenza in tutti quei settori, a partire dalle professioni tecniche, su cui nei prossimi anni la domanda di lavoro e di servizi professionali è destinata a crescere sensibilmente. Così come risulta troppo contenuta la quota di donne orientate verso facoltà di tipo tecnico e scientifico.
Ma per compiere il salto di qualità che serve oggi alle professioniste è prioritario rafforzare la consapevolezza e il riconoscimento sociale del loro ruolo. La pandemia ha rivitalizzato stereotipi che sembravano in via di derubricazione, riportando da un giorno all’altro “le donne a casa”, quasi a segnare un riflusso voluto o forzato verso una nuova fase di disinvestimento professionale. Oggi è, invece, più che mai importante rilanciare il valore professionale ed economico delle donne, sostenendo la fiducia femminile nelle proprie risorse e potenzialità: ciò rappresenta un lavoro strategico che ogni contesto organizzativo e sociale dovrebbe portare avanti. Per sostenere non solo le professioniste, ma tutte le donne in una fase di passaggio epocale rischiosa, ma al tempo stesso ricca di nuove sfide e opportunità.

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