filiera foresta-legno – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Mon, 18 Feb 2019 16:43:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Come gestire le foreste schiantate al suolo //www.agronomoforestale.eu/index.php/come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo //www.agronomoforestale.eu/index.php/come-gestire-le-foreste-schiantate-al-suolo/#comments Mon, 12 Nov 2018 17:53:14 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67136

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Non esistono ricette universali. Nessuno saprà formulare un’unica soluzione pronta per essere applicata in serie e che possa risolvere la grave situazione ambientale ed economica creatasi per le piogge e il vento nelle Alpi orientali, in provincia di Trento, Bolzano, in Veneto e in Carnia e Friuli a fine ottobre 2018.
L’unica cosa che si può fare oggi è sfruttare le conoscenze e le competenze per adottare un mix di soluzioni ritagliate sui bisogni delle singole aree.
In pratica è quello che quotidianamente fanno i Dottori Agronomi e Forestali.

Le origini del disastro
La causa dei vasti schianti nelle foreste del Nordest, nei media, è stata individuata nel fatto che le foreste messe a dimora circa un secolo fa fossero composte da abete rosso.
Vero è che i boschi di abete rosso sono meno stabili comparati ai boschi più naturali, a conferma di ciò in alcune aree sono caduti abeti anche quando la forza del vento stava scemando. Ma il fatto che molti schianti siano avvenuti in boschi definiti “stabili” e “stabilissimi” significa che gli eventi sono stati talmente eccezionali, con piogge intense unite a raffiche di vento straordinarie per potenza e velocità, che poco si poteva fare contro la forza della natura.
Questo non è motivo per arrendersi al fato, ma deve essere stimolo per capire come intervenire oggi per ridurre i danni di domani. Se le condizioni eccezionali sono fuori portata, molto si può fare in casi di condizioni avverse gravi. Lo si può fare, per l’appunto, ripristinando i boschi che abbiamo perso, ma curando lo sviluppo di dinamiche ecologiche più naturali: in cui si trovano a convivere diverse specie, rispettando climi, altitudini e adattabilità delle varie piante.

Un problema complesso

Gli schianti causati dal maltempo di ottobre 2018

I danni che hanno subìto le foreste del Nordest rappresentano un problema complesso per le molte componenti che si intersecano. È necessario avere uno sguardo d’insieme, che consideri e ponderi i diversi aspetti coinvolti.
C’è una componente economica, perché la massa legnosa disponibile ha già causato il crollo del prezzo del legname sul mercato. Ciò avrà impatti per lungo tempo su tutta l’area e su tutti gli operatori: sia chi ha il proprio bosco a terra sia coloro che hanno gli alberi ancora in piedi dovranno destreggiarsi in un mercato il cui valore del legno, pregiato o meno, si è decisamente ridotto.
C’è da considerare la messa in sicurezza dei pendii che vanno protetti da valanghe, frane, smottamenti, funzione che il bosco faceva e ora non può più fare.
C’è un problema fitosanitario, perché l’enorme quantità di legno divelto è pronto a divenire terreno fertile per lo sviluppo di malattie e parassiti, che possono rovinare la qualità del legno a terra ma anche indebolire i boschi in piedi e quelli che si ricostituiranno.
C’è una componente ambientale, perché il bosco è un ecosistema complesso in cui convivono specie vegetali e animali. Il disastro dei giorni scorsi ha impattato anche su habitat di pregio e zone che presentano specie floristiche e faunistiche uniche e questo valore ambientale dovrà essere considerato nel pianificare gli interventi tanto quanto la componente paesaggistica.

Daniel Case, Spruce trees at Rosa delle Alpi, Esino-Lario

Cosa fare ora?
La prossima mossa sarà cercare le soluzioni più adatte per rimuovere quanto prima la gran parte del legname, almeno il 70% della biomassa, e comunque entro i prossimi 3 anni. Un’azione urgente che mira a evitare il diffondersi di parassiti e malattie.
Come detto, però, non si può fare ovunque con la stessa modalità ma bisogna determinare le priorità di intervento.
Ai Dottori Agronomi e Forestali spetterà il compito di valutare dove è conveniente prelevare il legno, considerando tutte le variabili del contesto: i fattori di rischio per il pericolo di valanghe o frane, il valore di mercato e la qualità del legno a terra, l’accessibilità dell’area e i costi di prelievo, lo stato della sentieristica e della rete stradale di accesso, ecc.
Uno sguardo tecnico accorto sa, però, che non tutto il legno può essere prelevato. Nelle aree a rischio valanghe/frane, è più utile impiegare quello stesso legno a terra per stabilizzare il suolo con interventi di ingegneria naturalistica e edificare manufatti provvisori (rastrelliere, murature in legname e pietrame, ecc).

Un’economia spazzata
Chi conosce quelle montagne sa che nelle immagini dei versanti spazzati c’è tutta una filiera economica, quella della foresta-legno, che è caduta assieme agli alberi.
Il mercato ha reagito con cinica immediatezza e il prezzo del legname si è decurtato. Ciò vale per sia per il legno di pregio che per quello di minore qualità. E l‘impatto si riverbera anche su chi i boschi ancora in piedi e il cui profitto potenziale si è dimezzato in poche ore.
A ciò si aggiunge che la gran massa legnosa disponibile ha la necessità di trovare sistemi di stoccaggio e conservazione del legname, per evitare che si guasti e possibilmente cercando di allungare i tempi di vendita, per non impattare troppo sul mercato. E si dovranno trovare nuovi soluzioni di contrattazione e vendita per tutta questa legna che si è resa disponibile in un sol momento.
Infine, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro, i vari protagonisti della ricostituita filiera foresta-legno non saranno più dipendenti dall’abete rosso ma dovranno sapere trarre il valore dalle diverse specie arboree presenti dei nuovi boschi rinati: faggio, larice, abete rosso, pino cembro e altre latifoglie, finanche ciliegio.

Ricostruire il bosco
La lezione imparata è che dobbiamo rispettare quanto più possibile le dinamiche ecologiche del bosco. I Dottori Agronomi e Forestali, professionisti del territorio e profondi conoscitori delle caratteristiche biodinamiche delle specie forestali, sono in grado di valutare sito per sito quale sia la modalità di intervento più adeguata, sia sulla base delle caratteristiche dell’ambiente in cui si deve operare che di quelle di mercato, in modo da restituire ai nostri boschi una multifunzionalità ora a rischio, con un occhio attento alle valutazioni economiche e di mercato, così che gli alberi piantati possano generare valore per la filiera foresta-legno.
In alcune aree attigue a quelle in cui si interviene potrebbe essere utile lasciare il bosco a uno sviluppo naturale e che produca aree boscate “da seme”, non piantando nulla, ma monitorando l’evoluzione per potere intervenire in caso di necessità.

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Carnia e Friuli: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:54:09 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67112

La foresta schiantata dalla forza del vento (ottobre 2018)

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La conformazione attuale dei territori montani è il risultato anche degli effetti degli agenti atmosferici che per migliaia e migliaia di anni si sono riversati con frequenza ed intensità differenti. Con questa visione gli eventi atmosferici che hanno interessato l’area montana del Nord Est dell’Italia nel periodo dal 27 al 29 ottobre 2018 si configurano in un’ottica di totale “normalità”, ma soprattutto considerando l’intensità delle precipitazioni (che hanno superato gli 870 mm con accumuli di diverse centinaia di mm in poche ore e venti oltre i 200 km/h), è facile comprendere la totale impotenza dell’uomo e del territorio.
In Friuli Venezia Giulia, in particolare in Carnia e nella Valcellina sono collassate intere particelle, non abbiamo ancora dati certi perché alcune zone sono ancora isolate ma si parla di migliaia e migliaia di cubi di legname schiantati.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
In queste occasioni è sempre bene non farsi trascinare da frasi o termini di circostanza come “dissesto idrogeologico”, “malgoverno del territorio” o ” abbandono della montagna” perché di fronte ad eventi eccezionali come quelli recentemente accaduti ben poco è possibile mettere in atto.
Il territorio montano del Nord Est è sicuramente tra le poche realtà d’Italia dove da molti decenni la pianificazione territoriale e forestale hanno permesso di sollevare e ripristinare ambiti depauperati ed abbandonati dopo la prima metà degli anni 90, raggiungendo situazioni di cura e risanamento, fiore all’occhiello per tutto il panorama alpino italiano e internazionale.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
Di fronte ad eventi di tale eccezionalità la gestione agroforestale corretta ha impedito conseguenze ben più gravi.

I danni alle infrastrutture della Carnia causate dal maltempo di ottobre 2018

Quali indicazioni per il futuro?
Gli eventi succedutisi negli ultimi giorni rappresenteranno un fenomeno ricorrente nel prossimo futuro, con piogge intense e localizzate nel tempo, a causa dei cambiamenti climatici in atto.
Ciò che dobbiamo imparare da quest’esperienza è che bisogna avere un approccio al territorio che sia almeno su scala di bacino: dovremo imparare a integrare le competenze agronomiche, le competenze di ingegneria naturalistica, i moderni approcci alla gestione dei corpi idrici, sia principali che minoritari.
La pianificazione territoriale e forestale va perseguita ed implementata con nuove tecniche di rilevamento e di valutazione.
Lo sviluppo delle infrastrutture forestali risulterà sempre più fondamentale per far fronte anche alla gestione di situazioni straordinarie.
Infine, ma non meno importante, sarà promuovere, tutelare ed incentivare il mantenimento e lo sviluppo di imprese boschive che anche in queste situazioni eccezionali costituiscono un bacino irrinunciabile di professionalità per la cura e la gestione del territorio.

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Veneto e Belluno: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:42:55 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67107

Gli schianti causati dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Gli effetti dell’ultima ondata di maltempo si sono sentiti in tutte le zone montane della Regione, ma le conseguenze sul territorio esteso più gravi si sono manifestate nella provincia di Belluno per la quale, a causa anche dell’impraticabilità delle strade, risulta difficile stilare uno stato oggettivo della situazione. Si segnalano inoltre situazioni difficili, anche se più circoscritte, nel Vicentino (Altopiano di Asiago) e situazioni critiche con danni ingenti per schianti di alberi nelle aree urbane su molte cittadine.
Questa situazione, purtroppo non nuova sia nella nostra regione che in altri territori, dovrà rappresentare un momento di verifica, fuori da ogni sensazionalismo, per rifondare la cultura della gestione del territorio che tenga oggettivamente conto di situazioni ambientali critiche diverse da quelle fino a d ora considerate. È quindi necessario promuovere un’effettiva svolta nella politica ambientale, ma che necessariamente dovrà essere seguita da nuovi approcci di studio e progettuali con il coinvolgimento diretto della nostra categoria professionale.

FOCUS SU BELLUNO: Orazio Andrich, Presidente Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Belluno

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Quanto è accaduto in provincia di Belluno travalica l’immaginazione, stiamo cercando di farci un quadro della situazione, ma gran parte delle zone sono prive di comunicazione; molte aree sono isolate. Al momento, anche ispezioni nei boschi e spostamenti per raggiungerli sono spesso sconsigliabili.
Con questa premessa si può affermare che, oltre alle smisurate precipitazioni (in parte previste) ci stati forti venti da sud. La provincia di Belluno in ginocchio non è solo un’espressione metaforica. Oltre ai danni di natura idrogeologica, ad andare in crisi è stato, in gran parte del territorio, il sistema infrastrutturale e sociale. I danni ai boschi, fino a oggi non ancora esposti all’informazione pubblica, sono grandi, spesso ingenti e in alcuni posti addirittura da far paura.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
Positiva, ma non sufficiente alla portata dell’evento; essa è vittima e non causa dei danni.
Il bosco ha svolto egualmente una positiva funzione di regimazione, ma – dove si sono verificati schianti o distruzioni dei soprassuoli – l’impatto degli agenti naturali è stato troppo forte.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
In linea generale, penso di sì, che non siano state la causa; a livello particolare sarà da vedere; una risposta potrà essere data in consuntivo per alcuni casi, anche per le delicate implicazioni che pone.
Ciò che quest’esperienza ci lascia è senza dubbio la riflessione che le “buone pratiche” agricole e di manutenzione idraulica forestale devono essere ripensate alla luce dei “cambiamenti climatici” rispetto a impostazioni scolastiche (vedi ad es. il calcolo della portata).

Quali indicazioni per il futuro?
Dovrà essere effettuato un ripensamento pressoché completo della politica, programmazione e gestione forestale in Veneto.
Oltre a ripercussioni di tipo ecologico, ambientale e paesaggistico ne deriveranno conseguenze su tutta la filiera foresta-legno ed effetti amministrativi anche nel medio e lungo periodo anche per i bilanci degli enti montani che contavano sugli introiti del legname. Quindi, molte interconnessioni vanno esaminate e le indicazioni potranno essere date dopo che il quadro sarà completo. Al momento bisogna rappresentare la situazione, ma evitare di pronunciarsi in maniera azzardata.

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Trento: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:37:45 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67104

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La perturbazione ha raggiunto la Provincia il 27 e il 28 ottobre 2018 e nei giorni successivi ha raggiunto il culmine. Ha interessato tutto il territorio provinciale sul quale in soli 3 giorni sono caduti in media 250 mm di pioggia ed in talune aree si è toccato anche il mezzo metro.
Le zone più colpite sono situate nel Trentino orientale, il Primiero, gli altopiani cimbri, Val di Fassa e Val di Fiemme, l’altopiano di Pine’, colate di fango in Val di Sole a Dimaro dove si conta pure una vittima.
Unitamente alle forti e costanti piogge in diverse zone, si sono verificati venti dai 100 ai 130 km/h che hanno causato lo schianto di 1,5 milioni di metri cubi di legname.
Per dare un parametro, i dati pluviometrici sono paragonabili a quelli dell’alluvione del ’66.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
La politica che la Provincia attua da anni a sostegno del territorio ne ha garantito la costante gestione agro-silvo-pastorale con i noti benefici idrogeologici connessi.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
La Provincia di Trento da più di un decennio ha introdotto il concetto della gestione del rischio idrogeologico gestendo la pianificazione territoriale in base al grado di pericolo e gli interventi preventivi, secondo priorità e disponibilità economiche, sostenendo manutenzione e monitoraggio delle zone a rischio e la creazione di un efficiente apparato di protezione civile.
Questa politica ha certamente permesso si contenere il numeri delle vittime e dei danni che per la maggiore colpiscono il settore forestale.

Quali indicazioni per il futuro?
Siamo sulla strada giusta, lo dimostra anche la risposta del territorio e dell’organizzazione provinciale in occasione dell’evento.

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Bolzano: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:34:12 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67086

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La perturbazione ha interessato tutto il territorio provinciale sul quale in soli 3 giorni sono caduti in media 200 litri di pioggia per metro quadro (più di 2 volte la quantità mensile normalmente registrata) e la conseguenza sono stati eventi che non si verificavano da 50 o addirittura da 100 anni in alcune zone.
Le zone più colpite sono state quelle dei Bacini della Drava e del Rio Sesto e dei rii Gadera e Gardena dove sono caduti fino a 370 litri per metro quadro.
Unitamente alle forti e costanti piogge in diverse zone delle dolomiti si sono verificati venti fino a 130 km/h che hanno causato lo schianto di 1,2 milioni di metri cubi di legname (il doppio del taglio commerciale annuo).

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
In controtendenza con la situazione italiana, la Provincia attua da anni una politica a sostegno del territorio. Quest’approccio ha garantito la costante gestione agro-silvo-pastorale che ha dato benefici anche a livello idrogeologico e in molte località montane della provincia si è verificata un’espansione edilizia piuttosto che un abbandono del territorio.
Se da un lato sono aumentati gli elementi vulnerabili e l’esposizione al potenziale pericolo di strutture, infrastrutture e popolazione, parallelamente a quanto avvenuto nelle attigue regioni alpine, si è fortemente sviluppato il moderno concetto di gestione del rischio.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
Analogamente a quanto si fa in Provincia di Trento, anche la Provincia di Bolzano ha sposato da oltre un decennio il moderno paradigma della gestione del rischio idrogeologico.
A partire dalla corretta individuazione e simulazione degli scenari di evento, la pianificazione territoriale è gestita considerando il grado di pericolo e gli interventi preventivi sono stilati secondo priorità e disponibilità economiche. Approccio integrato da interventi di manutenzione e monitoraggio delle zone a rischio e lo sviluppo di un apparato di protezione civile estremamente efficiente.
Questo ha consentito di ridurre certamente il numero di vittime (in Badia unicamente un vigile del fuoco impegnato in intervento), primo obbiettivo di una politica di gestione del rischio. Coerente con la portata dell’evento numerosi sono invece i danni che si contano a infrastrutture ed edifici.

Quali indicazioni per il futuro?
La risposta del territorio in occasione dei recenti eventi e la previsione di un futuro incremento della frequenza degli stessi a seguito dei cambiamenti climatici, evidenziano la bontà della strada intrapresa.
L’approccio multidisciplinare alla prevenzione ed alla gestione del rischio idrogeologico oltre che alla corretta pianificazione territoriale (si costruisce dove si può e con i dovuti accorgimenti), con le figure professionali del dottore forestale e agronomo, del geologo e dell’ingegnere idraulico che cooperano in prima linea è fondamentale, così come sarà fondamentale concentrare le risorse disponibili secondo priorità ed efficacia di intervento piuttosto che eseguire interventi di difesa random come avvenuto in passato.

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