innovazione tecnologica – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Thu, 14 May 2020 10:39:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Agricoltura e innovazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-e-innovazione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agricoltura-e-innovazione //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-e-innovazione/#respond Fri, 03 Apr 2020 13:52:37 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67626

Carmela Pecora – Consigliere CONAF Coordinatore del dipartimento Trasferimento della ricerca e innovazione professionale
Eleonora Pietretti – Centro Studi CONAF

Quali sono problematiche prioritarie del settore agroalimentare e forestale in cui si dovrebbe intervenire con l’innovazione?
Per far fronte alle sfide che attendono agricoltori, silvicoltori, industrie alimentari e bioindustria occorrono nuove conoscenze da applicare sul campo, in grado di garantire l’uso sostenibile delle risorse e la qualità dei servizi ecosistemici e al contempo sopperire alle problematiche prioritarie del settore agroalimentare e forestale.
In tal senso, secondo il nostro parere, la competitività professionale è la chiave di volta dell’innovazione in un contesto economico sempre più complesso che deve contribuire alla sicurezza alimentare e mettere la popolazione rurale in grado di sviluppare e diversificare la propria economia.
Tutto questo deve avvenire nell’ottica dello sviluppo sostenibile tramite la ricerca e l’innovazione, che dovranno diventare usuale prassi operativa nella professione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale.
Significa “modellizzare” e declinare la professione verso prestazioni professionali elevate, di qualità, che siano attente a perseguire tre obiettivi fondamentali:
1) garantire una produzione alimentare “sicura”.
La sicurezza alimentare, food security, intesa sia nella sua accezione più ampia come la possibilità di garantire in modo costante e generalizzato cibo per soddisfare il fabbisogno energetico di cui l’organismo necessita.
La sicurezza alimentare, food safety, intesa anche come sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti e dei mangimi, nell’ottica di filiera integrata ambientale
2) assicurare una gestione sostenibile delle risorse naturali.
La finalità è lo sviluppo sostenibile che deve soddisfare i bisogni attuali senza compromettere i bisogni e le aspettative delle future generazioni. Questo richiede una pianificazione e una gestione responsabile delle risorse che preveda un bilanciamento tra lo sfruttamento delle fonti tradizionali e di quelle alternative tenendo in considerazione gli aspetti di disponibilità, economicità e impatto ambientale, senza quindi perdere di vista l’importanza e la salvaguardia della biodiversità.
3) contribuire alla sostenibilità sociale mediante la promozione dello sviluppo territoriale socio-economico equilibrato.
La realizzazione di questi obiettivi richiede la creazione, la condivisione e l’applicazione di nuove conoscenze, nuove tecnologie, nuovi prodotti e nuovi modi di organizzare, apprendere e cooperare.
A tal fine, è fondamentale ideare una professionalità volta alla diffusione di nuovi modelli di sviluppo sostenibile che siano in grado di rispondere alle esigenze della pratica agricola e rurale e alle funzioni sociali nei confronti della collettività.

Del sistema della conoscenza, altrimenti denominato filiera dell’innovazione, quali sono i segmenti più deboli, quali quelli meglio strutturati?
Le prestazioni dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, così come tutte le professioni intellettuali, si distinguono da altri servizi per una decisa caratteristica: garantire la soluzione di un problema sulla base di un sapere che esplica un contenuto creativo o inventivo. Ed è proprio questo approccio a costituire gli elementi saldi e meglio “strutturati” del sistema della conoscenza: la progettazione di nuovi modelli di sviluppo sostenibile sono la chiave di volta in grado di sopperire alle sfide del futuro e promuovere un’attività professionale 4.0.
Il CONAF ritiene che siano la qualità del lavoro del professionista e l’applicazione del sapere gli elementi di garanzia per una professione volta all’innovazione, allo sviluppo sostenibile e al superamento degli aspetti deboli del sistema. La codifica delle prestazioni e gli standard prestazionali diventano la prassi operativa per la valutazione della qualità. La ricerca professionale trova fondamento nella promozione della qualità della prestazione intesa come capacità di soddisfare esigenze, di tipo morale e materiale, sociale ed economico, tradotte in determinati requisiti, concreti e misurabili, attraverso adeguati processi di regolamentazione e normazione. La conformità alle norme e l’idoneità all’agire guida il professionista a generare modelli di sviluppo sostenibile. La qualificazione nella professione 4.0 del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale è in grado di rispondere a molteplici esigenze del mercato, a riconoscere e avvalorare il ruolo dei professionisti.
Il mercato unico europeo è caratterizzato, infatti, oltre che dalla libera circolazione di beni materiali, servizi e risorse finanziarie, anche dalla libera circolazione delle risorse umane.

Serre sperimentali per le colture a basso consumo idrico (Israele 2029)

Qual è l’impegno della vostra organizzazione nei riguardi di queste tematiche?
Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, il nostro impegno è diffondere e promuovere all’intera Categoria l’applicazione di modelli di sviluppo sostenibile ad ogni prestazione professionale del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale, che deve necessariamente prevedere le seguenti fasi:
1. Definizione degli obiettivi
Qualsiasi approccio razionale alla soluzione dei problemi presuppone la preventiva definizione degli obiettivi perseguibili sempre nel rispetto dei principi universali della professione codificati nella Carta Universale dell’Agronomo.
2. Analisi del sistema
Questo è il punto cruciale nel quale risiede la sostanza della professione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale. L’analisi del sistema prevede una visione olistica del contesto in cui si intende operare: l’azione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale non è limitata alla soluzione del problema e neppure contestualizzata alla mera esecuzione dell’idea progettuale. L’azione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale si distingue dalle altre categorie per l’approfondimento progressivo del proprio lavoro che non è solo l’inserimento dell’opera umana in un contesto antropizzato ma anche l’impostazione futura di attività che incideranno sul paesaggio e sull’ambiente, per cui l’esecuzione della prestazione deve contemperare la salvaguardia degli ecosistemi naturali, la tutela della storia degli ambienti e dei paesaggi. Facendo l’esempio di una modesta opera come la realizzazione di un semplice muro di sostegno, se l’Ingegnere si occupa prioritariamente del calcolo del muro, o l’Architetto potrebbe inserire tale opera in un contesto antropizzato, il Dottore Agronomo e il Dottore Forestale, oltre a questi aspetti, valuta anche l’ecosistema naturale e le interferenze possibili. Quindi, se alcune professioni si concentrano sulla realizzazione dell’opera affinché sia funzionale all’uso, (il muro di sostegno realizzato ai lati della strada comunale è funzionale alla stabilità e alla circolazione delle macchine), i Dottori Agronomi ed i Dottori Forestali tengono conto non del solo aspetto esecutivo e funzionale, ma anche dell’aspetto ambientale (impatto sull’ecosistema, interruzione dei corridoi ecologici, gestione futura degli ambiti agricoli). E’ questo approccio che genera i nuovi modelli di sviluppo sostenibile. Va sottolineato che la progettazione va intesa non solo in campo edilizio, ma in qualsivoglia settore di attività che può anche non necessitare di opere strutturali (filiere produttive, progetti di valorizzazione dei prodotti tipici, definizione di procedure di certificazione, ecc.). Anche le fasi successive non prescindono da questo tipo di orientamento professionale sempre tenendo conto dei principi etici che regolano la professione.
3. Formulazione dell’ipotesi progettuale
Questa fase è comune a tutte le prassi progettuali e consiste nella definizione di un ventaglio di opzioni di approccio alla soluzione del problema.
4. Scelta della soluzione progettuale
È il momento topico della valutazione della prestazione professionale risultante dall’analisi comparativa delle varie opzioni possibili anche con l’analisi dei relativi costi sia economici che sociali ed ambientali.
5. Redazione e presentazione della soluzione progettuale
L’aspetto comunicativo è fondamentale per illustrare la scelta progettuale con adeguate motivazioni. La tecnica redazionale diventa un aspetto rilevante della professione rendendo comprensibili le scelte anche alla platea non tecnica.
6. Valutazione dei costi
Anche nel campo dei costi si apre una grande considerazione. Non si parla solo di costi economici ed esecutivi ma anche e soprattutto di impatto ambientale, di costi ambientali. La questione è sempre tener conto dell’aspetto non solo della fase esecutiva ma anche della futura gestione con riguardo sia alla tutela ambientale che al contenimento dei costi di qualsiasi natura (economici, sociali, ambientali, ecc.).
7. Valutazione del contesto normativo
Una parte importante dell’analisi deve tener conto degli aspetti normativi ed autorizzativi che nel contesto italiano assumono una rilevanza particolare e comportano notevole dispendio di energie operative nella sola fase di definizione del progetto.
8. Controllo in corso d’opera
Questa fase non è solo una direzione lavori. In questa fase si possono riscontrare problemi precedentemente non valutati e quindi il professionista deve avere la prontezza di adottare varianti di progetto non dimenticando mai l’ottica della tutela dell’ambiente e della visione olistica che deve caratterizzare l’opera del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale.
9. Verifica del raggiungimento degli obiettivi
La fase conclusiva della prestazione deve rivolgersi alla valutazione anche critica del proprio operato per una presa di coscienza della correttezza della prassi operativa adottata con la verifica degli obiettivi raggiunti sempre nel rispetto dei principi etici che sovrintendono la professione.
Va sottolineato comunque che i contenuti sostanziali della prestazione possono essere codificati e descritti solamente nell’ambito professionale a prescindere dagli aspetti di certificazione che valutano la sola rispondenza a procedure operative e che vengono effettuati da organismi di certificazione.

Con riferimento alla diffusione e adozione dell’innovazione presso le imprese, avete qualche esperienza di eccellenza da segnalare?
Diverse sono le esperienze messe in campo dagli agronomi e dai forestali atteso il forte carattere multidisciplinare, nonché predisposizione al lavoro di gruppo che il Dottore Agronomo e il Dottore Forestale possiedono nelle diverse prestazioni professionali, ma anche grazie al percorso formativo e la propensione, quali progettisti del territorio urbano, periurbano e rurale, e quindi anche dei sistemi viventi, ad intervenire come ideatori e coordinatori in tutti i progetti in cui in trasferimento dell’innovazione diventa fondamentale per lo sviluppo sostenibile.
Un esempio calzante è la coltivazione della Patata della Sila IGP in Calabria, laddove, in un’area protetta quale quella di un Parco Nazionale, il consorzio di tutela, grazie ad un gruppo di dottori agronomi e forestali, esegue diversi monitoraggi che spaziano dallo stato idrico dei suoli a quello dei residui di agrofarmaci, per il miglioramento della qualità del prodotto ma anche dell’ambiente di riferimento (area protetta), attraverso risorse proprie ma anche con strumentazione e presidi forniti dall’Ente Parco Nazionale della Sila, dove i vincoli ambientali diventano sostegno ed opportunità di sviluppo sostenibile di un intero territorio. Altro esempio da segnalare è la startup DRONEBEE, nata in Toscana, ma che lavora su tutto il territorio nazionale, i cui ideatori, un dottore agronomo e un ingeghnere, hanno sviluppato servizi per l’agricoltura di precisione attraverso una flotta di droni che eseguono rilievi in campo attraverso camere spettrali con generazione di mappe ed informazioni che opportunamente analizzate e processate, sono in grado di pianificare i futuri interventi in termini di consumo idrico, nutrizione, trattamenti fitosanitari e future scelte strategiche del professionista che presta la sua consulenza.

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DIGIT – HOP: un progetto per la luppolicoltura di precisione //www.agronomoforestale.eu/index.php/digit-hop-un-progetto-per-la-luppolicoltura-di-precisione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=digit-hop-un-progetto-per-la-luppolicoltura-di-precisione //www.agronomoforestale.eu/index.php/digit-hop-un-progetto-per-la-luppolicoltura-di-precisione/#respond Wed, 29 Jan 2020 14:47:28 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67468 Questo articolo racconta il progetto vincitore del 1° premio 2020 “Dottore agronomo e dottore forestale, progettista del cibo sostenibile”.

1° PREMIO
Nome vincitore: Ruralset STP
Titolo: “Luppolo digitale

Descrizione progetto: L’impiego di fotocamere offre un aiuto per valutare il grado di maturazione, eventuali sofferenze e le esigenze nutrizionali delle piante.
Motivazione: per avere combinato innovazione e originalità dell’idea, coinvolgendo una rete di professionisti

 

Coltura di nicchia, esplosione del consumo della birra artigianale italiana, alcune fasi critiche della coltivazione e della lavorazione, l’opportunità di avere belle relazioni con studiosi e territori. Sono stati questi gli ingredienti alla base di un progetto di ricerca e sviluppo che ha come focus il luppolo e la digitalizzazione di questa coltura.

Qualche cenno sul luppolo
Il luppolo (Humulus lupulus L.) è una cannabacea, quindi della stessa famiglia della canapa, è erbacea (curiosamente visto che raggiunge una altezza di diversi metri!), perenne e con una foglia assai particolare perché la pagina superiore della lamina è ruvida al tatto, mentre quella inferiore è resinosa.

© Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Trieste
foto: Andrea Moro

La specie è dioica, ossia presenta fiori unisessuati maschili e femminili portati su piante diverse.
Siccome nell’attività brassicola sono utilizzate solamente le infiorescenze degli individui di sesso femminile non impollinate, devono essere escluse dall’areale di coltivazione le piante di sesso maschile: il loro polline, infatti, porterebbe a uno scadimento qualitativo del raccolto.
Alla base delle infiorescenze, botanicamente note come strobili e chiamate anche “coni”, sono presenti delle ghiandole resinose secernenti una sostanza giallastra nota come luppolina, che conferisce il caratteristico sapore amaro alla birra. La luppolina è costituita da α-acidi (principalmente composti da umulone, coumulone e adumulone) e dai composti che hanno maggior potere amaricante, β-acidi (principalmente composti da lupulone, colupulone e adlupulone), da polifenoli (es. flobafeni, xantumolo) e da numerosi oli essenziali, principalmente myrcene e humulene. L’humulene, in particolare, è la sostanza più ricercata grazie alla sua capacità di mantenere inalterate le caratteristiche aromatiche della birra nel corso della sua shelf-life.
Il mastro birraio, per amaricare, aromatizzare la birra e per conferirle il gusto e il sapore che le sono propri, usa una quantità molto piccola, poche centinaia di grammi per ettolitro di birra, ma la forza aromatizzante di questa sostanza è sufficiente a caratterizzare le diverse tipologie di birra luppolate nei vari modi.

Un settore con potenzialità
Nel mondo, la superficie attualmente coltivata a luppolo si aggira intorno ai 50.000 ha, principalmente collocati in Germania e Stati Uniti, con produzioni medie cumulate che si aggirano attorno alle 30.000 tonnellate annue di coni di luppolo secco, corrispondenti ai circa 2/3 della produzione mondiale. Altri importanti Paesi produttori sono Cina (15.000 t/anno), Repubblica Ceca (9.000 t/anno), Slovenia (2.200 t/anno) e Regno Unito (1.900 t/anno).
Nel tempo si sono differenziate zone tipicamente vocate alla coltivazione del luppolo all’interno dei Paesi precedentemente elencati, fra cui ad esempio l’areale del Saaz (Žatec) in Rep. Ceca, l’Eger e il Hallertau in Germania, le valli Yakima e Willamette e a ovest del Canyon County, nell’Idaho U.S.A, mentre nel Regno Unito la produzione è concentrata nel Kent.

Mappa dei luppoleti italiani con superficie pari o uguale 1000 m2, aggiornata a maggio 2018. Attualmente sono censiti 84 luppoleti commerciali. La superficie nazionale media coltivata a luppolo è pari a 4860 m2 (fonte: Crea). In totale in un recente convegno i tecnici del CREA hanno comunicato una superficie complessiva di poco meno di sessanta ettari coltivati in Italia.

Il valore del mercato mondiale annuo del luppolo si aggira attorno ai 700 milioni di dollari, di cui 500 milioni riconducili alla produzione agricola e 200 milioni alle aziende di trasformazione e commercializzazione.
In Italia la coltivazione è tutt’ora allo stadio pionieristico sia per la scarsa diffusione della birra artigianale sino a pochi anni fa, che per le modeste quantità di luppolo che occorrono, sia – e forse soprattutto – per una scarsa cultura luppolicola nel nostro Paese. Anche i dati CREA confermano che i pochi impianti produttivi hanno carattere spesso hobbistico o sperimentale e, se si eccettuano pochissimi impianti, le superfici unitarie sono molto piccole (poche migliaia di metri quadrati).

Può avere un futuro questa coltura?
Il fabbisogno di luppolo per uno sviluppo futuro di una filiera è stato stimato in una superficie di coltivazione tra i 200 ed i 300 ettari. Gli areali di ubicazione potrebbero essere moltissimi dalla pianura, alla prima collina.
Inoltre, potrebbe essere una coltura che, ancorché restando una nicchia, potrebbe avviare alcune piccole filiere virtuose legate al territorio, valorizzando gli altri usi del luppolo, come quello alimentare, e connettendoli alla produzione artigianale di birra con la creazione di nuove cultivar, riducendo sempre più il ricorso alla importazione o anche alla coltivazione in Italia di cultivar non autoctone. In questo senso è interessante e sfidante il lavoro che il Comune di Marano sul Panaro, sulla prima collina modenese, fa da anni con studi, ricerche e un convegno annuale che è oramai diventato un appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati e cultori della luppolicoltura.

DIGIT-HOP
È in un contesto di novità, interesse, potenzialità e contaminazione di attività che è nato il progetto del “DIGIT-HOP”, che RURALSET ha avviato nel 2019.

Coni di luppolo
Foto: CREA

Sono state studiate le fasi di coltivazione della pianta e si è cercato di capire quali fossero i momenti topici e gli snodi critici dove potesse essere necessario digitalizzare il processo con dei sensori, al fine di fornire un sistema di supporto alle decisioni che aiutasse l’agricoltore a compiere le scelte giuste nel momento giusto.
Questo studio ha confermato che è possibile aiutare il luppolicoltore in due momenti: la raccolta dei coni al giusto gradi di maturazione e durante il processo di essiccazione, per determinarne la gestione accurata.
Ancor’oggi, infatti, la maturazione del luppolo e il corretto tempo di raccolta sono determinati in maniera empirica, affidandosi all’esperienza e alla competenza dell’agricoltore: vi è un momento nel quale, grazie al tatto e alla vista, si decide per la raccolta sperando che sia il momento di massima presenza nei coni di sostanze amaricanti e aromatizzanti, prima che giunga il loro naturale declino.

La fase di avvio del progetto
La ricerca iniziale ha previsto l’installazione in campo di una serie di fotocamere e la rilevazione di migliaia di immagini di coni in maturazione, per realizzare una gigantesca banca dati fotografica. Parallelamente, con periodicità, si è iniziato a compiere delle analisi chimiche su campioni di coni in modo da determinare la presenza di sostanze amaricanti.
Correlando immagini e analisi la presenza di alfa e beta acidi è stata messa in relazione con colore, forma e dimensione dei coni, per potere indicare con precisione il momento perfetto della raccolta.
Grazie a una stazione meteo, infine, sono stati raccolti di dati di temperatura, umidità dell’aria, pioggia, vento, indice di bagnatura della lamina fogliare, indice di efficienza fotosintetica, con i quali si è determinata la situazione ambientale presente in campo.
Successivamente, con tutte le immagini raccolte è stato possibile iniziare ad “allenare” un sistema intelligente di riconoscimento, per individuare con grande precisione tutti i coni presenti in una fotografia e mapparne le caratteristiche morfologiche principali.
I primi risultati del progetto sono incoraggianti, anche se occorre essere molto scrupolosi nella esecuzione di molte decine di analisi in parallelo allo scatto delle foto per costruire una relazione tra immagine e caratterizzazione chimica dei coni.
I prossimi passi si concentreranno sullo sviluppo del sistema di machine learning e sull’allenamento degli algoritmi, con il ragionevole obiettivo di attendibilità che possa superare il 90%.

Il processo di essiccamento
Conclusa la fase in campo, il lavoro si è concentrato sul governo del processo di essiccamento, per offrire una soluzione che permetta di gestirlo in maniera digitale.

Essicazione del luppolo
Foto: CREA

Il luppolo, infatti, viene raccolto in uno stadio caratterizzato da un’umidità relativa di circa l’80% e deve essere essiccato, in breve tempo, fino all’8%, per poi essere reidratato in area ambiente fino al 12% circa.
Il primo passaggio è fondamentale per garantire l’arresto dei processi di fermentazione e per preservare le caratteristiche organiche e organolettiche. Il secondo è strumentale a ottenere un prodotto meccanicamente più resistente e più adatto alla successiva compressione e/o pellettizzazione.
Non esistono oggi impianti di essicazione specializzati per il luppolo e, in generale. questo processo è ancora molto artigianale, fondato sulle abilità empiriche e sull’esperienza dell’imprenditore agricolo.

Essicazione del luppolo
Foto: CREA

Per sopperire a questa aleatorietà, il progetto è proseguito in essiccatoio, collocando all’interno della massa di coni un set di sensori di temperatura e di umidità per determinare il migliore momento di stop alla fase di essiccamento e il ciclo di calore più idoneo da erogare alla produzione.
Dai primi dati raccolti si è evidenziato che sarà necessario sviluppare un sistema di sensori in grado di monitorare con grande precisione l’umidità relativa dei coni, e dei modelli predittivi di grande precisione per la gestione delle condizioni e delle tempistiche di essiccazione e successiva reidratazione.

Dove vorremmo andare?
Questo progetto mira a collegare le diverse fasi del processo di coltivazione e di lavorazione dei coni e a diventare uno strumento semplice, scalabile, low-cost, direttamente impiegabile dal tecnico del luppolicoltore e gestibile da remoto. È il grande processo di digitalizzazione dell’agricoltura, che sta compiendo i primi passi concreti e che tanto deve ancora produrre.
Una volta concluso (occorrono ancora almeno un paio di campagne di studio per consentire al progetto DIGIT-HOP di consolidare i risultati), questo progetto dovrà traghettare il comparto da una gestione empirica della raccolta a una determinazione il più possibile “scientifica” del momento ideale, e lo stesso passaggio sarà da compiere per il processo di essicamento. Il tutto in una cornice di sostenibilità e di miglioramento delle performance tecniche- gestionali ed economiche del processo.

 

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AgrIsrael 4.0: sbirciando al futuro dell’agricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura //www.agronomoforestale.eu/index.php/agrisrael-4-0-sbirciando-al-futuro-dellagricoltura/#respond Fri, 19 Jul 2019 07:47:48 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67326

Carmela Pecora, Consigliere nazionale coordinatore della missione AgrIsrael 4.0 e referente del dipartimento Trasferimento dell’Innovazione e Ricerca Professionale

Dal 24 al 27 giugno 2019, i Dottori Agronomi e Dottori Forestali italiani hanno partecipato alla manifestazione AgrIsrael 4.0 con una delegazione composta da rappresentanti delle loro strutture ordinistiche.
Con base operativa a Tel Aviv e visite sul territorio, i delegati hanno approfondito le innovazioni che circa 15 società, fra start-up e aziende leader a livello mondiale, stanno sviluppando in Israele.

L’interesse per questo Paese – e per le novità che propone – nasce dall’approccio imprenditoriale all’innovazione tecnologica: tra il 2014 e il 2018 in Israele sono stati investiti nelle startup circa 800 milioni di dollari, il che pone questa nazione al 20° posto (Italia 31°) nel Global Competitiveness Index 4.0 2018 Ranking.
Naturalmente, anche qui solo una minima parte le start-up raggiunge la maturità d’impresa, ma il fallimento imprenditoriale è accettato al massimo grado (WEF-Report sulla Competitività Globale 2018) e diventa esperienza per non ripetere gli stessi errori.


Tra politica e innovazione

Tra i risultati politici della delegazione si annoverano i contatti con i Ministeri israeliani competenti (Agricoltura, Innovazione, Industria), con cui si sono svolti utili approfondimenti sia a livello di gruppo, con dimostrazioni dei partecipanti alla fiera, sia a livello individuale con incontri B2B (business to business), che con visite di campo.

Tra i risultati tecnici, gli ambiti che in particolare hanno suscitato l’interesse sono due.
C’è un cambio di paradigma nella gestione dell’acqua e dei sistemi di irrigazione: le nuove proposte utilizzano i sensori per analizzare la sofferenza della pianta e determinare il fabbisogno (idrico e non solo). Diventa perciò obsoleto il sistema di irrigazione focalizzato al “semplice” risparmio idrico (i sistemi a goccia e simili).
In secondo luogo, è evidente quanto la robotica stia entrando in campo (e in serra) con i robot e i droni che affiancano il lavoro dell’agricoltore. Bracci meccanici e droni hanno oramai la sensibilità per valutare la maturazione delle frutta, stimare la pezzatura e provvedere alla raccolta a costi comparabili con quelli della raccolta tradizionale.


5 casi sotto osservazione

Nella raccolta dei fruttiferi (mele) sono state registrate le innovazioni più interessanti. I droni sono oramai in grado di valutare lo stato di maturazione del frutto (partendo dall’indice di invaiatura della buccia) e le sue dimensioni, decidendo di procedere con il distacco o eventuale posticipo.
Assenza di manodopera, capacità di lavoro H24, precisione nella raccolta sono i punti di forza di una tecnologia che però è ancora in fase di messa a punto.
Le potenziali ricadute:

  1. migliore stima delle produzioni e previsione dei prezzi (non solo per l’agricoltore ma anche per la GDO/altri)
  2. capacità di stima di danni (grandine, per esempio)
  3. impatto sulle politiche sociali: immigrazione stagionale che si riduce, sistema dei voucher diventa obsoleto, …
  4. riduzione degli impatti ambientali: con fotovoltaico di giorno si ricaricano i droni, che raccolgono a impatto zero CO2 di notte. In uno scenario così si potrebbero anche utilizzare i frutteti per fini anche ricreativi (cfr. Alto Adige)

Robot raccoglitore per serra

Con la messa in opera al colletto delle piante (olivo, vite, agriumi, avocado) di appositi “vassoi” di collettamento dell’acqua con benefici sulla riduzione della competizione da infestanti e sulla chimica del suolo (sottostante il dispositivo) che consentono di incrementarne l’accrescimento e le rese.
Le potenziali ricadute:

  1. garanzia di produzione, economia locale, impatto sociale positivo, indotto in zone a bassa piovosità (potrebbe essere Sicilia che in alcune zone sta procedendo verso la desertificazione)
  2. produzioni a minore impatto: non solo nel consumo di acqua ma anche di diserbi, lavorazione terreno, utilizzo fertilizzanti, emissioni varie

Anche l’irrigazione per condensazione, che sfrutta il principio fisico della condensazione per differenziale termico, è molto interessante: un impianto fotovoltaico consente di avere l’energia per raffreddare dell’acqua che, di notte con l’umidità al massimo, viene fatta circolare in tubazioni di modesto diametro appoggiate sul terreno vicino alle piante; per il principio di condensazione, all’esterno della tubazione si forma acqua che cade in prossimità delle piante con enormi risparmi idrici.
Le potenziali ricadute:

  1. irrigazione senza pozzi, senza condotte primarie (i cui rischi normalmente sono rotture e perdite che prevedono sostituzioni e/o riparazioni puntuali) in zone a bassa piovosità ma ricche di sole si irriga, sia in pianura che collina
  2. presidio il territorio: si potrebbe coltivare in zone considerate “marginali”

Sensori sulla vite

Corposa la mostra di sensoristica (circonferenza del fusto, accrescimento del grappolo, potenziale idrico fogliare, tensiometri) a costituire sistemi di supporto alla decisione di irrigare (IOT internet of things). Non si parte più solo dal contenuto di acqua nel terreno, ma si valutano le condizioni di stress della singola pianta (vite, melo, pomodoro, ecc.).
Le potenziali ricadute:

  1. riduzione di costi
  2. miglioramento delle rese
  3. minore impatto sulle risorse primarie a partire dall’acqua

Interessanti sono i sistemi di regolazione della temperatura dello strato di terreno che ospita la maggior parte dell’apparato radicale, sia di colture arboree che erbacee.
Con l’utilizzo della geotermia superficiale (a massimo 10 m dal piano campagna) si può ridurre l’eccesso termico estivo e innalzare i minimi invernali consentendo alla pianta di vegetare meglio e più a lungo e dunque incrementando le rese produttive.
Le potenziali ricadute:

  1. riduzione impatti per la serricoltura: minori costi termoregolazione, minori impatti ambientali: si pensi ai certificati bianchi collegati alla produzione di calore da biomasse per cui è prevista la loro bruciatura con produzione di CO2-polveri sottili, ecc.
  2. anticipo della raccolta che può garantire prezzi maggiormente remunerativi sul mercato
  3. prolungamento ciclo vegetativo, senza forzature ma tenendo radici in condizioni migliori (es. ai tropici ficus straordinari…)


L’incontro con le imprese

Il 26 giugno si sono svolti gli incontri gli incontri B2B, tra le start-up e le imprese innovative israeliane e le delegazioni provenienti da oltre 25 paesi del mondo.
Gli 11 componenti della delegazione hanno potuto incontrare diverse imprese che si sono cimentate in incontri con i consulenti e le imprese agricole di diversi Stati.

L’incontro con le start – up

Abbiamo interagito con 15 start-up innovative israeliane che hanno mostrato come sensori, micorrize droni, satelliti e informatica possano aumentare la produzione e ridurre il consumo di acqua e prodotti (fertilizzanti e pesticidi) in agricoltura.” – Carmela Pecora, consigliere CONAF

Quel giorno erano presenti oltre 600 persone tra domanda e offerta di innovazione. La giornata si è quindi sviluppata a ritmi serrati, con la modalità del world cafè, tecnica partecipativa di forte impatto mediatico e grande efficacia organizzativa, che ha visto in poche ore, grazie a un’innovativa piattaforma telematica messa a disposizione dai ministeri israeliani, nascere ed instaurare rapporti di collaborazione tra imprese israeliane e agronomi italiani.

Dalla teoria alla pratica, – dice il coordinatore della missione AgrIsrael 4.0 Carmela Pecora, Consigliere nazionale e referente del dipartimento Trasferimento dell’Innovazione e Ricerca Professionale, atteso che proprio 10 giorni prima si collaudava con il Ministero dell’Agricoltura italiano e con il CREA, il progetto pilota sulla metodologia di lavoro e consulenza aziendale, e nello specifico, proprio l’11 giugno si collaudava il modulo sulle tecniche partecipative e sul lavoro multi-attore – non poteva esistere miglior collaudo se non quello di sperimentare nell’immediato quanto appena progettato, con la reale concreta ricaduta sui dottori agronomi e dottori forestali italiani, che hanno potuto realmente valutare come rapportarsi con diversi stakeholder e con risultati concreti per la professione e il trasferimento dell’innovazione.”

Il prossimo passo? Essere i portatori concreti delle tecnologie e prodotti innovativi, all’interno dei progetti di sviluppo aziendali in Italia, ma anche essere consulenti innovativi al di fuori della nostra nazione, con il sapiente apporto culturale dell’agronomo italiano, delle sue capacità organizzative e standard formativi di alto profilo, in grado di creare progetti innovativi.
Per far fronte alle sfide che attendono agricoltori, silvicoltori, industrie alimentari e bioindustria occorrono nuove conoscenze da applicare sul campo in grado di garantire l’uso sostenibile delle risorse e la qualità dei servizi ecosistemici ed al contempo sopperire alle problematiche prioritarie del settore agroalimentare e forestale.
In tal senso, la competitività professionale è la chiave di volta dell’innovazione in un contesto economico sempre più complesso che deve contribuire alla sicurezza alimentare e mettere la popolazione rurale in grado di sviluppare e diversificare la propria economia. Tutto questo deve avvenire nell’ottica dello sviluppo sostenibile tramite la ricerca e l’innovazione che dovranno diventare usuale prassi operativa nella professione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale, e la realizzazione di questi obiettivi richiede la creazione, la condivisione e l’applicazione di nuove conoscenze, nuove tecnologie, nuovi prodotti e nuovi modi di organizzare, apprendere e cooperare.

La dott.ssa Michael Levy, dirigente per il trasferimento dell’innovazione del Ministero Agricoltura Israeliano

Ed è su questo tema, che la delegazione dell’Ordine ha voluto incontrare la dott.ssa Michael Levy, dirigente per il trasferimento dell’innovazione del Ministero Agricoltura Israeliano, alla quale sono state prospettate una serie di interessanti iniziative con gli agronomi italiani, tra cui futuri progetti di cooperazione internazionale, ma anche di scambi di buone pratiche tra agronomi dei 2 Paesi, e infine ma non per questo meno importante, l’invito al Congresso nazionale della categoria a Matera a novembre 2019.


L’agricoltura tra tra mondo della ricerca e Università

kibbutz NaanDanJain

L’ultimo giorno, la delegazione ha incontrato i referenti della Faculty of Agricolture, Food and Environment a Rehovot. Successivamente c’è stata la visita al kibbutz NaanDanJain, leader nelle tecnologie irrigue ad alta efficienza e infine ha conosciuto le esperienze del Volcani Center – ARO, con la presentazione di tutti i centri e le attività di ricerca dell’istituto.

La Faculty of Agricolture è l’unico istituto di istruzione superiore in Israele che offre lauree universitarie in agricoltura. Ospita anche le uniche scuole di Scienze della Nutrizione e di Medicina Veterinaria.
I laureati sono attivi nelle comunità agricole – kibbutzim, moshavim o aziende private – usando il loro know-how per competere nei mercati mondiali; essi comprendono anche una grande parte del personale presso l’Organizzazione di ricerca agricola e il Ministero dell’Agricoltura ma anche all’interno del Ministero dell’Ambiente.

Al Volcani center-ARO, oltre 700 tra ricercatori e dottori di ricerca sono impegnati in 6 istituti satelliti che si occupano di scienze delle piante, scienze animali, protezione delle piante, suolo, scienze ambientali e idriche, ingegneria agraria e scienze post-raccolta e alimentari.
ARO gestisce anche la banca genetica israeliana per le colture agricole e quattro stazioni di ricerca, in varie parti del paese, inoltre svolge pure il compito di centro di test per prodotti agricoli e attrezzature.

Gli scatti coi momenti salienti della 4 giorni in Israele

 

 

Sintesi del primo giorno

Sintesi del secondo giorno

Sintesi del terzo giorno

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Quanto conviene vocarsi all’agricoltura di precisione? //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanto-conviene-vocarsi-allagricoltura-di-precisione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=quanto-conviene-vocarsi-allagricoltura-di-precisione //www.agronomoforestale.eu/index.php/quanto-conviene-vocarsi-allagricoltura-di-precisione/#respond Tue, 19 Mar 2019 11:54:10 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67230

Riccardo Di Giulio

La massimizzazione delle rese e la riduzione degli impatti ambientali sono effetti ormai comprovati dell’agricoltura di precisione (AdP), ma quello che molte imprese agricole oggi si chiedono è se il passaggio ad un’agricoltura precisa è anche economicamente vantaggioso oppure no.
A tale quesito ha tentato di rispondere la sezione economica del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università degli Studi di Perugia, con l’obiettivo di valutare economicamente l’agricoltura di precisione nei seminativi al fine di fornire un giudizio sulla convenienza da parte degli agricoltori a investire su tecnologie e conoscenze che possano rendere l’azienda più efficiente.


Costi e ricavi

Grazie a uno studio comparativo condotto su aziende maidicole situate in pianura padana con estensione tra i 50 e i 70 ettari, si è tentato definire in maniera teorica quali sono gli effetti dell’AdP sui costi e sui ricavi aziendali, pur consapevoli che i ricavi sono influenzati da variabili quali la natura dei terreni, l’areale di produzione e soprattutto il prezzo di vendita.

  

Tabella 1-L’effetto dell’AdP sui costi e sui ricavi

Per quanto riguarda i costi c’è da considerare l’effetto sul capitale fisso, sul capitale circolante e sul lavoro. Se da un lato l’AdP genera un aumento dei costi fissi dovuto essenzialmente al maggiore investimento iniziale, dall’altro essa riduce i costi variabili eliminando gli sprechi di input esterni.
C’è poi da considerare l’effetto sul costo d’uso delle macchine, infatti l’AdP riduce sensibilmente i costi legati al consumo di gasolio e lubrificante a fronte di un lieve aumento dei costi di riparazione, manutenzione e assicurazione dei macchinari.

 

Tabella 2 – Il confronto sui costi

Infine, l’effetto sul lavoro è forse l’elemento più cruciale della valutazione; chiaramente la guida satellitare consente di ridurre i tempi, e quindi i costi del lavoro, ma la manodopera aziendale deve essere più professionale e specializzata, il che quindi inciderà di più sul costo orario. Nonostante ciò va considerato che all’aumentare del livello di precisione, il costo del lavoro nel suo insieme diminuisce. Inoltre, l’aumento di professionalità deve riguardare anche l’imprenditore al quale in alcuni casi è richiesto un vero e proprio cambio di mentalità.

 

Tabella 3 – Il confronto tra i costi di manodopera

Sul piano dei ricavi si deve tener conto degli effetti positivi che l’AdP ha sulle rese e sulla qualità del prodotto, infatti ridurre le sovrapposizioni significa ridurre gli effetti depressivi legati alla doppia distribuzione di input esterni.
Inoltre, la dose variabile tende a ottimizzare le prestazioni della coltura in ogni punto del campo generando un aumento teorico delle rese.
Non bisogna poi tralasciare gli effetti indiretti che scaturiscono dalla maggiore conoscenza dello stato dei suoli e delle colture e che portano l’agricoltore a prendere decisioni più tempestive, aumentando l’efficienza aziendale.


3 livelli di precisione

Nel caso dei seminativi, gestire in maniera “precisa” può voler dire diverse cose, infatti l’AdP viene classificata su almeno tre livelli di utilizzazione:

  • un livello base che riguarda l’utilizzo di sistemi di guida assistita e automatica;
  • un livello intermedio che comprende la distribuzione a dose variabile e la mappatura delle produzioni;
  • un livello avanzato che consente di gestire il rateo variabile in maniera esperta aggiungendo alle informazioni derivanti dalle mappe di produzione altre informazioni quali mappature dei suoli, dati metereologici rilevati, dati di umidità del terreno rilevati, stato nutrizionale della coltura rilevato ecc.


4 aziende al confronto

Per avere un riscontro pratico di quanto teorizzato è stata condotta un’indagine diretta dei costi e dei ricavi di quattro aziende agricole innovative del Nord Italia che per comodità chiameremo azienda A, azienda B, azienda C e azienda D.

  • Azienda A: nessun livello di precisione (è stata analizzata per avere un riferimento con l’agricoltura convenzionale);
  • Azienda B: livello di precisione base associato all’agricoltura conservativa;
  • Azienda C: livello di precisione intermedio;
  • Azienda D: livello di precisione avanzato.

Come coltura di riferimento si è scelto il mais da granella e come superficie di riferimento 1 ha. La rilevazione di tutte le voci di costo è stata fatta in maniera analitica tramite i colloqui con gli imprenditori che ci hanno aiutato a ricostruire i costi dell’intero processo produttivo.
L’approccio metodologico utilizzato si basa su un foglio di calcolo che consente di rilevare tutti i costi e i ricavi connessi ad ogni fase del processo produttivo su 1 ha di superficie a mais, in questo modo i risultati non dipendono dalle dimensioni aziendali.

Il calcolo della quota di ammortamento (Q) della macchina (operatrice e motrice), utilizzata per svolgere una determinata operazione, è stato realizzato utilizzando la formula: =(Vi x T) / (N x H) dove Vi rappresenta il valore iniziale della macchina, T la durata dell’operazione, N la durata della macchina (espressa in anni) e H il numero di ore di utilizzo annuale della macchina.
In particolare, attraverso questa formula viene calcolato il costo orario di utilizzo della macchina, frutto del rapporto tra il valore iniziale della macchina Vi e la durata fisica della macchina (N x H). Il costo orario di utilizzo della macchina viene poi moltiplicato per il tempo di utilizzo della stessa per lo svolgimento di quella determinata operazione, al fine di calcolare la quota di ammortamento della macchina.

I ricavi della produzione sono relativi alla vendita del prodotto e a eventuali premi associati alla coltivazione.
Per quanto riguarda la vendita si è fatto riferimento alla resa media per ettaro realizzata dall’agricoltore e al prezzo medio percepito dall’agricoltore. Tra i premi associati alla coltivazione del mais è stato inserito il premio agroambientale presente nei diversi PSR regionali (dove previsto).

Il processo di rilevazione dei costi prevede innanzi tutto una ricognizione per ogni singola azienda delle diverse operazioni che ne contraddistinguono il processo produttivo.
Ovviamente la tipologia delle operazioni e il numero di queste possono variare a seconda degli areali di produzione, ma anche a seconda delle caratteristiche aziendali, tuttavia il modello utilizzato permette una schematizzazione del processo produttivo dando la possibilità di normalizzare i dati in un secondo momento.

All’interno del sistema di calcolo sono state predisposte delle schede distinte per ciascun’operazione del processo produttivo. In ciascuna scheda sono state riportate tutte le voci di costo che caratterizzano una determinata operazione colturale.
Per ogni singola operazione del processo produttivo si sono riportate tutte le voci di spesa relative a tutti gli input utilizzati, ossia ai fattori a logorio parziale (macchine, attrezzi, fabbricati, ecc.), ai fattori a logorio totale (prodotti fitosanitari, concimi, gasolio, lubrificante ecc.) e al lavoro. Inoltre, per ogni operazione si è proceduto alla rilevazione del tempo necessario per il suo svolgimento.

Per quanto riguarda i fattori a logorio parziale, e in particolar modo le macchine e gli attrezzi, oltre al calcolo della quota di ammortamento si è quantificato anche il costo di riparazione (inteso come il costo per la riparazione-sostituzione delle componenti meccaniche), il costo di assicurazione e il costo di manutenzione (inteso come il tempo dedicato alle operazioni di manutenzione della macchina).
Sono poi stati aggiunti i costi relativi alle imposte, agli interessi sul capitale di anticipazione all’uso del capitale fondiario, e ai servizi svolti da soggetti esterni (contoterzisti).

I costi relativi all’agricoltura di precisione sono stati conteggiati in maniera differente a seconda della loro tipologia.
Patendo dai risultati pubblicati su testi scientifici, è possibile calcolare la durata delle tecnologie come quella delle macchine: per quanto riguarda i kit per la guida automatica e assistita, i terminali, e le centraline meteo munite di sensori di umidità, essi sono stati ammortizzati considerando una vita utile di 5 anni. Sono poi stati aggiunti i costi relativi all’acquisto, alla gestione e all’utilizzo dei software, i costi relativi ai canoni per l’utilizzo della correzione Rtk e i costi sostenuti per le mappature dei suoli.

Ci sono poi una serie di costi legati all’agricoltura di precisione che non figurano come voci autonome poiché inscindibili da altri costi, ma che vengono comunque conteggiati. Per esempio, le mappe di produzione che vengono fornite dai contoterzisti nel momento della raccolta, il cui costo è quindi compreso nella prestazione del terzista.


Numeri alla mano

Dopo aver determinato i ricavi e tutte le diverse voci di costo si è proceduto al calcolo dei risultati. In particolare, si sono determinati i ricavi totali, i costi totali, i costi variabili, il reddito lordo e l’utile d’impresa.
I costi variabili rappresentano la somma dei costi legati ai fattori a logorio totale più i costi legati alla manodopera e agli interessi sul capitale di anticipazione. Il reddito lordo viene ottenuto dalla sottrazione dai ricavi dei costi variabili.
Invece, l’utile è ottenuto dalla sottrazione dai ricavi dei costi totali; tale voce individua la remunerazione per l’attività imprenditoriale.

 

Tabella 4 – I risultati dell’indagine

Mettendo a confronto i risultati grezzi dei conti economici del mais delle quattro aziende oggetto di studio si è rivelato difficile determinare il reale effetto dell’AdP sui costi e sui ricavi aziendali. Questo perché ogni azienda effettua delle diverse operazioni colturali con diverse macchine e distribuendo differenti input esterni e quindi la variabilità è troppo alta per poter imputare la differenza di risultati al solo effetto dell’AdP.
Si è dunque deciso di normalizzare i casi studio standardizzando alcuni parametri per ragionare con dati più omogenei.


Alcune considerazioni sui costi

Al termine dello studio, è possibile fare alcune importanti considerazioni sui i costi.

  1. al crescere del livello di AdP utilizzato aumentano i costi di ammortamento, riparazione e manutenzione delle macchine;
  2. all’aumentare del livello di AdP utilizzato diminuiscono i tempi di lavoro delle singole operazioni colturali e di conseguenza anche i costi per la manodopera impiegata;
  3. i consumi di gasolio e lubrificante dipendono più dalle caratteristiche delle macchine che dal livello di AdP utilizzato anche se in generale tendono a diminuire al diminuire dei tempi di lavoro delle singole operazioni colturali;
  4. i costi degli input esterni dipendono più dalle caratteristiche chimico-fisiche dei suoli che dal livello di precisione utilizzato;
  5. al crescere del livello di AdP utilizzato aumentano i costi a essa direttamente legati che in generale rappresentano tra lo 0,7% e il 2% dei costi totali dipendendo dal livello di precisione utilizzato.


Conviene davvero?

Questa prima fase della ricerca ci ha permesso di trarre un’importate conclusione, cioè che l’effetto dell’agricoltura di precisione sul conto economico è molto piccolo rispetto al complesso di effetti derivanti dalla gestione dell’impresa; per dirlo in termini metaforici si potrebbe paragonare a una “goccia nel mare”.
Anche se è sicuramente vero che l’agricoltura di precisione porta beneficio economico all’impresa, bisogna tener conto che questo beneficio diviene sensibile solamente se associato a corrette scelte imprenditoriali e a una corretta gestione della coltura.

Infine, per stabilire se il passaggio dall’agricoltura convenzionale all’agricoltura di precisione, nel settore dei seminativi, é economicamente vantaggioso sono state effettuate delle simulazioni.
Simulando il passaggio da parte dell’azienda A (agricoltura convenzionale) a un livello di precisione Intermedio (Modello Azienda C) tale azienda ridurrebbe i costi per la coltivazione del mais di 61,27€/ha aumentando il suo utile del 20%.
Simulandone invece il passaggio ad un livello di precisione base associato allo strip-till (Modello Azienda B) essa ridurrebbe i costi per la coltivazione del mais di 77,65€/ha aumentando il suo utile del 21%.

 

Tabella 5 – I risultati della simulazione

Concludendo si può quindi affermare che il passaggio all’agricoltura convenzionale all’agricoltura di precisione porta un beneficio economico di circa 60-80€/ha e che la sinergia tra un livello base di AdP e l’agricoltura conservativa porta a un vantaggio maggiore della sola AdP anche se di livello più avanzato.

 

NOTA METODOLOGICA
Lo studio comparativo è stato condotto su aziende maidicole situate in pianura padana con estensione tra i 50 e i 70 ettari.
La superficie di riferimento è stata riportata ad 1 ha per semplicità e per rendere comparabili le diverse aziende che hanno estensioni diverse.

Riccardo di Giulio è un giovane agronomo laureato all’Università degli Studi di Perugia e vincitore del premio di laurea 2018 della Fondazione “Mario Ravà” per la tesi di laurea magistrale “L’analisi economica dell’agricoltura di precisione nei seminativi”, da cui è tratto questo articolo.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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//www.agronomoforestale.eu/index.php/quanto-conviene-vocarsi-allagricoltura-di-precisione/feed/ 0
Agricoltura 4.0: tra innovazione e progresso tecnologico //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-4-0-tra-innovazione-e-progresso-tecnologico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=agricoltura-4-0-tra-innovazione-e-progresso-tecnologico //www.agronomoforestale.eu/index.php/agricoltura-4-0-tra-innovazione-e-progresso-tecnologico/#respond Thu, 14 Mar 2019 10:27:15 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67223 La crescita della domanda alimentare mondiale sta stimolando un aumento della produzione di cibo, ma contemporaneamente si fa pressante la ricerca di una maggiore sostenibilità ambientale del settore primario.
In questo contesto, la produzione agricola è posta davanti a nuove sfide che possono trovare risposta nell’impiego sempre più massiccio e mirato dell’agricoltura di precisione (AdP), o agricoltura 4.0 come è stata recentemente chiamata.
Essa infatti, risponde alla necessità di intensificazione sostenibile portando in campo innovazione e progresso tecnologico.

3 livelli di precisione
Una premessa fondamentale riguarda la definizione di agricoltura di precisione.
Nel caso dei seminativi, sono diverse le definizioni che vengono accorpate attorno al concetto di agricoltura di precisione, ma queste possono sostanzialmente essere classificate in tre livelli di utilizzazione:

  1. primo livello, che fa riferimento all’utilizzo di sistemi di guida assistita e automatica;
  2. livello intermedio, che riguarda i casi di distribuzione a rateo variabile di input esterni (sementi, concimi, agrofarmaci) e di mappatura delle produzioni;
  3. livello evoluto, in cui si gestisce il rateo variabile in maniera esperta. In questo caso, le informazioni derivanti dalle mappe di produzione sono integrate da mappature dei suoli, stato nutrizionale della coltura, dati di umidità del terreno, dati metereologici, ecc.

I settori già innovati
Il progresso tecnologico sta continuando a fare passi da gigante e attualmente sono già stati ideati prototipi di trattori senza cabina in grado di svolgere le operazioni colturali senza la presenza di un operatore a bordo e completamente governabili da remoto.

Altre innovazioni di recente introduzione rivoluzioneranno il settore dei seminativi, come l’utilizzo in agricoltura di droni e sensori sempre più sofisticati NDRE (Normalized Difference Red Edge), questi sensori grazie alla tecnologia infrarossi riescono a fornire una misura in tempo reale dello stato azotato della coltura senza ricorrere all’utilizzo di mappe di produzione.

È però doveroso menzionare che i progressi più impressionanti in materia di AdP si stanno facendo nel settore della viticultura.
In questo settore si è già sperimentato l’utilizzo di droni per le mappature di vigore e l’utilizzo di veri e proprio robot in grado di raccogliere dati a differenti livelli.
L’Istituto Superior de Agronomia di Lisbona sta portando avanti il progetto VINBOT per la realizzazione di prototipi di Robot in grado di catturare ed elaborare immagini 3D grazie ad una serie di sensori specifici.

Un altro campo in cui la tecnologia sta rivoluzionando le tecniche tradizionale è quello della zootecnia (specialmente nel settore dei bovini da latte).

Un sguardo altrove
Su scala globale, i Paesi in via di sviluppo sono quelli in cui la crescita della popolazione e dei redditi è più sensibile e per questo dovranno far fronte all’imminente necessità di produrre di più.
Inoltre, in questi Paesi il divario tra ricchi e poveri e tra regioni ricche e regioni povere è spesso più ampio che nei cosiddetti Paesi industrializzati.

Tra i Paesi in via di sviluppo, Argentina, Cina, India, Malesia e altri hanno iniziato ad adottare l’AdP specialmente nelle aziende agricole adibite alla ricerca.
Per fare alcuni esempi :
• in India alcune piantagioni di tè stanno sperimentando l’applicazione di software GIS
• in Malesia si sta espandendo la tecnica del rateo variabile nella fertilizzazione del caucciù
• in Brasile e alle Mauritius sono in corso sperimentazioni sull’applicazione della agricoltura di precisione per quanto riguarda la canna da zucchero
• in Messico, Brasile e soprattutto in Argentina vengono utilizzate le mappe di raccolta per i cereali dove nel 2001 circa il 4% dei cereali veniva già raccolto mappando le produzioni.

Alla portata di tutti
Uno degli sviluppi più interessanti dell’AdP in questi Paesi riguarda un aspetto spesso sottovalutato ovvero l’introduzione di tecnologie alla portata di tutti e su piccola scala. Per esempio, attrezzature SPAD o LCC sono semplici portatili e poco costose ma permettono di valutare lo stato del riso e di altri cereali in termini di contenuto di azoto e se associati all’utilizzo di software GIS possono rappresentare una forma di AdP alla portata di tutti.

Conclusione
Gli scenari proposti evidenziano il ruolo fondamentale dell’agricoltura di precisione nell’incrementare lo sviluppo sostenibile e la sicurezza alimentare mondiale.
Il progresso tecnologico, caratteristica essenziale della precision farming, è molto rapido e sta portando al perfezionamento degli strumenti che ne consentono l’applicazione.
Attualmente i sensori sono in grado di determinare le proprietà dei suoli, lo stato di salute delle colture e le condizioni climatiche assicurando il monitoraggio a livello di campo, ma probabilmente nei prossimi anni i sensori consentiranno un’analisi ottica molto più dettagliata arrivando a investigare lo stato di salute di ogni singola foglia.

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