maltempo – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Thu, 08 Aug 2024 13:29:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Vendemmia 2024: Italia divisa in due, anno difficile e complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso //www.agronomoforestale.eu/index.php/vendemmia-2024-italia-divisa-in-due-anno-difficile-e-complesso/#respond Sat, 24 Aug 2024 07:16:05 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68544 In molte regioni del sud è partita la vendemmia 2024 con la raccolta dei primi grappoli delle varietà precoci e delle basi spumante in Sicilia, Puglia e Lombardia (Franciacorta) e terminerà alla fine di ottobre/inizio novembre, con le varietà più tardive come l’aglianico tra Basilicata e Campania. Il dato peculiare di quest’anno, però è la divisione (quasi) netta tra sud e nord.

Il Centro-Sud fa i conti con un’importante siccità che sta colpendo maggiormente la Sicilia e le regioni più meridionali. A nord, invece, a preoccupare sono la peronospora e gli eccessi di pioggia.

Il dato rilevante quindi è che, per il secondo anno consecutivo, l’avverso andamento meteoclimatico sottolinea l’imprescindibile ruolo della gestione agronomica del vigneto, intesa come principale strategia per ottenere comunque produzioni che rispecchino il sito specifico e il mantenimento della qualità delle uve.

 

Oggi a me, domani a te

Il destino dell’Italia vitivinicola 2024 sembra inverso, rispetto a quanto accaduto nel 2023.

Lo scorso anno, in seguito agli eccessi di pioggia avuti in primavera e inizio estate, al Centro-Sud si parlava di emergenza peronospora (Plasmopara viticola). Questa fitopatia ha danneggiato migliaia di ettari di vigneto favorendo le condizioni, assieme alla successiva siccità estiva, per avere una tra le più scarse annate di sempre dal punto di vista quantitativo.

Al contrario, al Nord si viveva una relativa tranquillità, con una scarsa diffusione di fitopatie e con diffusi episodi di maltempo nei mesi pre-raccolta, che hanno consentito di ottenere un buon risultato.

Oggi, le parti si sono invertite. Il nord Italia si trova a combattere contro la peronospora e con eccessi di pioggia, mentre al sud la peronospora è un brutto ricordo, ma di fanno i conti con la siccità.

Insomma, un altro anno impegnativo e difficile per la viticoltura italiana, segnato dall’andamento climatico anomalo che, ancora una volta, detta i tempi e mette a dura prova i tecnici e gli agricoltori.

La gestione agronomica del vigneto

Chi lavora in agricoltura sa, che ogni anno è diverso e che la ‘variabile meteo’ aggiunge complessità alla gestione tecnica dei vigneti, mai costante e mai determinata.

Il vino è una materia viva che nasce in vigna e, nella vigna, vede oggi i maggiori problemi e le maggiori variabili legate al meteo, che ne condizionano la qualità ed il raggiungimento dell’obbiettivo enologico di successo.

In questi momenti così difficili, per poter portare a casa il miglior risultato possibile, c’è necessita di conoscenza tecnica, determinazione e caparbietà.

Sono determinanti la gestione agronomica del vigneto, la tempestività negli interventi, la difesa fitosanitaria mirata e puntuale, le tecniche vitivinicole appropriate, la conoscenza delle condizioni pedo-climatiche del vigneto e della specificità dei vitigni per portare a casa il risultato, avere delle produzioni che rispecchino il sito specifico e puntare ad elevare la qualità delle uve.

Per contrastare questi repentini cambi climatici, risulta sempre più importante curare l’aspetto tecnico professionale, passando dall’innovazione e alle tecniche gestionali del vigneto, alla conoscenza delle specificità dei prodotti per la difesa fino a giungere a interventi ‘chirurgici’ e di precisione.

 

Il vino si fa in vigna

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita culturale della viticoltura, volta sia all’attenzione alle condizioni climatiche come alla riduzione degli impatti sull’ambientali e sulla vita dei consumatori.

Tutto questo deve far crescere la centralità della viticoltura sul piano strategico aziendale e nazionale, stando vicino alle tematiche del lavoro in vigna.

Se negli anni il vino italiano ha conquistato nuovi consumatori e il plauso e il riconoscimento di eccellenza, oggi più che mai ha necessità di investire sulla conoscenza in vigna “sito specifico”, sulla ricerca e sulle innovazioni tecnologiche del processo produttivo legato ai cambiamenti climatici, sulla riduzione degli impatti sull’ambiente e sui consumatori.

 

È un processo che inevitabilmente si avvia nella vigna per trovare il naturale proseguimento in cantina. Fortunatamente questo processo è già in atto e molte aziende di eccellenza del vino con successo si affidano a tecnici agronomi specializzati in viticoltura per seguire i vigneti e raggiungere dei prefissati obbiettivi enologici.

Capacità e competenze, alter ego di produzione e qualità

Questo 2024 ha dimostrato ulteriormente, se mai ce ne fosse stato bisogno, della necessità di impegnarsi valorizzando l’aspetto tecnico e professionale nella gestione della vigna, nella difesa fitosanitaria, fino alla scelta del momento per la raccolta dei grappoli e della lavorazione dei mosti in cantina. Solo con capacità e competenze si possono fare le scelte giuste per limitare perdite di produzioni e garantire la qualità che tutto il mondo riconosce, apprezza e si aspetta dai vini italiani.

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Alluvioni del torrente Seveso a Milano: aspetti agronomici e di idraulica agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria //www.agronomoforestale.eu/index.php/alluvioni-del-torrente-seveso-a-milano-aspetti-agronomici-e-di-idraulica-agraria/#respond Fri, 03 Nov 2023 17:19:29 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=68464 Il 31 ottobre 2023, in occasione di un temporale molto intenso, il torrente Seveso è esondato all’interno della città di Milano, allagando i quartieri più settentrionali.
Strano torrente, il Seveso, che nasce quasi al confine con la Svizzera, attraversa la Brianza in una delle aree più urbanizzate d’Italia e all’ingresso del territorio di Milano entra in una canalizzazione sotterranea che lo farà confluire con le acque del Redefossi, anche queste intubate sotto la città. Ricordiamoci anche che il tratto del Seveso che interessa il territorio milanese è stato deviato fin dall’epoca romana.

L’IMPERMEABILIZZAZIONE
La porzione superiore e mediana del Seveso, salvo il primissimo tratto, attraversa un territorio enormemente urbanizzato, che ha occupato praticamente quasi tutti gli spazi disponibili attraverso l’edificato.
Questo ha comportato il progressivo restringimento dell’alveo per guadagnare metri quadri e anche poca o nulla attenzione nel momento della progettazione di manufatti di attraversamento, non adatti a sostenere piene di portata importante.
Da sottolineare, perché spesso non messa sufficientemente a fuoco, l’importanza dell’impermeabilizzazione di quasi tutto il bacino del Seveso: in occasione di piogge appena più intense del normale, tutta l’acqua piovana venga smaltita in superficie senza possibilità di insinuarsi nel terreno, con grande velocità, mettendo rapidamente in crisi le porzioni inferiori del torrente.

INVARIANZA IDRAULICA
È stato proprio attraverso l’esperienza negativa della regimazione del Seveso che in Lombardia è stato introdotto per legge il concetto di “invarianza idraulica”, secondo il quale ogni nuova impermeabilizzazione del suolo deve essere capace di assicurare lo smaltimento delle acque piovane e degli scarichi senza alterare il regime idraulico del corso d’acqua.
Un settore, questo, in cui le competenze professionali di agronomi e forestali integrano con grande efficacia quelle degli ingegneri idraulici, ricorrendo a soluzioni anche sofisticate per assicurare una regimazione complessiva il più possibile “naturale”.

IL CANALE SCOLMATORE
Poiché il Seveso ha una storia di innumerevoli esondazioni ed allagamenti (con centinaia di esondazioni registrate dalla fine dell’800 ad oggi), appena a nord dell’ingresso nel territorio milanese è stato realizzato negli anni ’50, e recentemente rimodernato, il Canale Scolmatore di Nord Ovest: un’imponente opera di canalizzazione destinata a deviare la portata del Seveso in condizioni di piena verso ovest, fino all’immissione nelle acque del Ticino.
Questa opera gioca un ruolo indispensabile per evitare buona parte delle esondazioni o a contenerne gli effetti. Certo non è stata indolore né in quanto a superficie complessiva cementificata, né nell’impatto complessivo sui territori attraversati, oggi potenzialmente a rischio pur non essendo mai stati compresi nell’alveo “naturale” del Seveso.
Certo la qualità delle acque del Seveso non è certo delle migliori, sia a causa delle caratteristiche urbanistiche del territorio attraversato, sia per la scarsissima naturalità delle sue sponde, sia per la quantità enorme di scarichi civile ed industriali (solo parzialmente autorizzati). Questo comporta anche problemi in occasione dello scarico delle acque di piena nel Ticino – attraverso il Canale Scolmatore – le cui acque sono certamente molto più pulite.

INSUFFICIENTE A CONVOGLIARE LA PIENA
Veniamo all’ingresso in Milano, ovvero al suo tratto più critico in assoluto. Come detto, il Seveso si incanala in uno scolmatore sottoterra, in cui confluiscono anche le acque del cavo Redefossi e attraversa il territorio milanese, anche i quartieri più centrali.
Purtroppo, le caratteristiche costruttive del tratto sotterraneo non sono sufficiente a convogliare le portate di piena, in particolare quelle così intense ed importanti degli ultimi anni, sia a causa dell’incremento della loro intensità sia a causa di fenomeni di inghiaiamento della sua sezione che ne riducono ulteriormente la portata. Va anche detto che l’intervento umano si è sbizzarrito anche nel tratto sotterraneo: esempio ne è una imponente struttura longitudinale, destinata a sostenere un palazzo sovrastante collocato esattamente sopra il canale sotterraneo, che certo non facilita il deflusso delle acque, a suo tempo regolarmente autorizzata.
In definitiva cosa succede in occasione di una precipitazione importante e molto concentrata? La massa d’acqua atterra un bacino prevalentemente urbanizzato, non riesce se non parzialmente ad essere assorbita ed intercettata dal terreno naturale ed agricolo, e quindi si riversa molto rapidamente nella rete di condutture di smaltimento, mettendo anche in crisi i depuratori esistenti che sono costretti a rilasciare attraverso i troppo pieno.
Questa massa d’acqua raggiunge rapidamente Milano, distante solo poche decine di km; una parte anche importante viene deviata dal Canale Scolmatore (regolato dall’AiPo agenzia interregionale del fiume Po), che peraltro ha anche lui i suoi limiti di portata massima. Se la deviazione non è sufficiente, questa massa d’acqua arriva all’ingresso del canale sotterraneo e, a questo punto, esonda all’esterno la quantità che non riesce ad essere assorbita dal canale, allagando i quartieri a nord di Milano e arrivando, in alcuni casi, anche ad invadere le gallerie della metropolitana.

COSA SI STA FACENDO
I danni dovuti dalle esondazioni del Seveso possono arrivare, negli episodi più gravi, a molte decine di milioni di euro.
Da qui la decisione assunta diversi anni fa da Regione Lombardia, Comune di Milano e dalle strutture governative dedicate alla riduzione del rischio idrogeologico di realizzare un sistema di grandi vasche di laminazione, dedicate appunto a contenere milioni di metri cubi di acque di piena da rilasciare successivamente, superato l’evento alluvionale. Il progetto, del costo di molte decine di milioni di euro, è in corso di realizzazione e vede la vasca di minori dimensioni pronta al collaudo, mentre gli altri cantieri sono in corso a vario stadio di avanzamento.
Come sempre in questi casi, la scelta dei siti ove realizzare le vasche di laminazione non è stata facile in un territorio dove letteralmente mancano gli spazi liberi. Soprattutto si è dovuto affrontare una difficile fase di confronto con gli abitanti che si troveranno prossimi a questi manufatti, i quali hanno manifestato timori per l’aspetto ambientale e della qualità delle acque del Seveso e dei suoi sedimenti.

COSA POSSONO FARE I DOTTORI AGRONOMI E FORESTALI
Come detto, in casi come questo esistono spazi importanti per le conoscenze tipiche dei dottori agronomi e forestali.
In particolare possono contribuire alla progettazione degli interventi di rinaturalizzazione di sponde e aree golenali, sulla scelta della migliore localizzazione delle vasche di laminazione, nella progettazione delle medesime e delle indispensabili aree verdi di contorno, nella stesura dei capitolati di manutenzioni di queste aree di contorno così come dell’area della vasca di laminazione vera e propria e nei rapporti della vasca di laminazione con le attività agricole e le aree verdi circostanti.

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Carnia e Friuli: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/carnia-e-friuli-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:54:09 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67112

La foresta schiantata dalla forza del vento (ottobre 2018)

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La conformazione attuale dei territori montani è il risultato anche degli effetti degli agenti atmosferici che per migliaia e migliaia di anni si sono riversati con frequenza ed intensità differenti. Con questa visione gli eventi atmosferici che hanno interessato l’area montana del Nord Est dell’Italia nel periodo dal 27 al 29 ottobre 2018 si configurano in un’ottica di totale “normalità”, ma soprattutto considerando l’intensità delle precipitazioni (che hanno superato gli 870 mm con accumuli di diverse centinaia di mm in poche ore e venti oltre i 200 km/h), è facile comprendere la totale impotenza dell’uomo e del territorio.
In Friuli Venezia Giulia, in particolare in Carnia e nella Valcellina sono collassate intere particelle, non abbiamo ancora dati certi perché alcune zone sono ancora isolate ma si parla di migliaia e migliaia di cubi di legname schiantati.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
In queste occasioni è sempre bene non farsi trascinare da frasi o termini di circostanza come “dissesto idrogeologico”, “malgoverno del territorio” o ” abbandono della montagna” perché di fronte ad eventi eccezionali come quelli recentemente accaduti ben poco è possibile mettere in atto.
Il territorio montano del Nord Est è sicuramente tra le poche realtà d’Italia dove da molti decenni la pianificazione territoriale e forestale hanno permesso di sollevare e ripristinare ambiti depauperati ed abbandonati dopo la prima metà degli anni 90, raggiungendo situazioni di cura e risanamento, fiore all’occhiello per tutto il panorama alpino italiano e internazionale.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
Di fronte ad eventi di tale eccezionalità la gestione agroforestale corretta ha impedito conseguenze ben più gravi.

I danni alle infrastrutture della Carnia causate dal maltempo di ottobre 2018

Quali indicazioni per il futuro?
Gli eventi succedutisi negli ultimi giorni rappresenteranno un fenomeno ricorrente nel prossimo futuro, con piogge intense e localizzate nel tempo, a causa dei cambiamenti climatici in atto.
Ciò che dobbiamo imparare da quest’esperienza è che bisogna avere un approccio al territorio che sia almeno su scala di bacino: dovremo imparare a integrare le competenze agronomiche, le competenze di ingegneria naturalistica, i moderni approcci alla gestione dei corpi idrici, sia principali che minoritari.
La pianificazione territoriale e forestale va perseguita ed implementata con nuove tecniche di rilevamento e di valutazione.
Lo sviluppo delle infrastrutture forestali risulterà sempre più fondamentale per far fronte anche alla gestione di situazioni straordinarie.
Infine, ma non meno importante, sarà promuovere, tutelare ed incentivare il mantenimento e lo sviluppo di imprese boschive che anche in queste situazioni eccezionali costituiscono un bacino irrinunciabile di professionalità per la cura e la gestione del territorio.

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Veneto e Belluno: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/veneto-e-belluno-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:42:55 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67107

Gli schianti causati dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Gli effetti dell’ultima ondata di maltempo si sono sentiti in tutte le zone montane della Regione, ma le conseguenze sul territorio esteso più gravi si sono manifestate nella provincia di Belluno per la quale, a causa anche dell’impraticabilità delle strade, risulta difficile stilare uno stato oggettivo della situazione. Si segnalano inoltre situazioni difficili, anche se più circoscritte, nel Vicentino (Altopiano di Asiago) e situazioni critiche con danni ingenti per schianti di alberi nelle aree urbane su molte cittadine.
Questa situazione, purtroppo non nuova sia nella nostra regione che in altri territori, dovrà rappresentare un momento di verifica, fuori da ogni sensazionalismo, per rifondare la cultura della gestione del territorio che tenga oggettivamente conto di situazioni ambientali critiche diverse da quelle fino a d ora considerate. È quindi necessario promuovere un’effettiva svolta nella politica ambientale, ma che necessariamente dovrà essere seguita da nuovi approcci di studio e progettuali con il coinvolgimento diretto della nostra categoria professionale.

FOCUS SU BELLUNO: Orazio Andrich, Presidente Ordine Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Belluno

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
Quanto è accaduto in provincia di Belluno travalica l’immaginazione, stiamo cercando di farci un quadro della situazione, ma gran parte delle zone sono prive di comunicazione; molte aree sono isolate. Al momento, anche ispezioni nei boschi e spostamenti per raggiungerli sono spesso sconsigliabili.
Con questa premessa si può affermare che, oltre alle smisurate precipitazioni (in parte previste) ci stati forti venti da sud. La provincia di Belluno in ginocchio non è solo un’espressione metaforica. Oltre ai danni di natura idrogeologica, ad andare in crisi è stato, in gran parte del territorio, il sistema infrastrutturale e sociale. I danni ai boschi, fino a oggi non ancora esposti all’informazione pubblica, sono grandi, spesso ingenti e in alcuni posti addirittura da far paura.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
Positiva, ma non sufficiente alla portata dell’evento; essa è vittima e non causa dei danni.
Il bosco ha svolto egualmente una positiva funzione di regimazione, ma – dove si sono verificati schianti o distruzioni dei soprassuoli – l’impatto degli agenti naturali è stato troppo forte.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
In linea generale, penso di sì, che non siano state la causa; a livello particolare sarà da vedere; una risposta potrà essere data in consuntivo per alcuni casi, anche per le delicate implicazioni che pone.
Ciò che quest’esperienza ci lascia è senza dubbio la riflessione che le “buone pratiche” agricole e di manutenzione idraulica forestale devono essere ripensate alla luce dei “cambiamenti climatici” rispetto a impostazioni scolastiche (vedi ad es. il calcolo della portata).

Quali indicazioni per il futuro?
Dovrà essere effettuato un ripensamento pressoché completo della politica, programmazione e gestione forestale in Veneto.
Oltre a ripercussioni di tipo ecologico, ambientale e paesaggistico ne deriveranno conseguenze su tutta la filiera foresta-legno ed effetti amministrativi anche nel medio e lungo periodo anche per i bilanci degli enti montani che contavano sugli introiti del legname. Quindi, molte interconnessioni vanno esaminate e le indicazioni potranno essere date dopo che il quadro sarà completo. Al momento bisogna rappresentare la situazione, ma evitare di pronunciarsi in maniera azzardata.

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Trento: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/trento-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:37:45 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67104

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La perturbazione ha raggiunto la Provincia il 27 e il 28 ottobre 2018 e nei giorni successivi ha raggiunto il culmine. Ha interessato tutto il territorio provinciale sul quale in soli 3 giorni sono caduti in media 250 mm di pioggia ed in talune aree si è toccato anche il mezzo metro.
Le zone più colpite sono situate nel Trentino orientale, il Primiero, gli altopiani cimbri, Val di Fassa e Val di Fiemme, l’altopiano di Pine’, colate di fango in Val di Sole a Dimaro dove si conta pure una vittima.
Unitamente alle forti e costanti piogge in diverse zone, si sono verificati venti dai 100 ai 130 km/h che hanno causato lo schianto di 1,5 milioni di metri cubi di legname.
Per dare un parametro, i dati pluviometrici sono paragonabili a quelli dell’alluvione del ’66.

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
La politica che la Provincia attua da anni a sostegno del territorio ne ha garantito la costante gestione agro-silvo-pastorale con i noti benefici idrogeologici connessi.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
La Provincia di Trento da più di un decennio ha introdotto il concetto della gestione del rischio idrogeologico gestendo la pianificazione territoriale in base al grado di pericolo e gli interventi preventivi, secondo priorità e disponibilità economiche, sostenendo manutenzione e monitoraggio delle zone a rischio e la creazione di un efficiente apparato di protezione civile.
Questa politica ha certamente permesso si contenere il numeri delle vittime e dei danni che per la maggiore colpiscono il settore forestale.

Quali indicazioni per il futuro?
Siamo sulla strada giusta, lo dimostra anche la risposta del territorio e dell’organizzazione provinciale in occasione dell’evento.

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Bolzano: la situazione lasciata dal maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo //www.agronomoforestale.eu/index.php/bolzano-la-situazione-lasciata-dal-maltempo/#respond Sat, 03 Nov 2018 10:34:12 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67086

Le foreste spazzate dal maltempo di ottobre 2018

Come si è sviluppato l’evento calamitoso e quali danni ha creato?
La perturbazione ha interessato tutto il territorio provinciale sul quale in soli 3 giorni sono caduti in media 200 litri di pioggia per metro quadro (più di 2 volte la quantità mensile normalmente registrata) e la conseguenza sono stati eventi che non si verificavano da 50 o addirittura da 100 anni in alcune zone.
Le zone più colpite sono state quelle dei Bacini della Drava e del Rio Sesto e dei rii Gadera e Gardena dove sono caduti fino a 370 litri per metro quadro.
Unitamente alle forti e costanti piogge in diverse zone delle dolomiti si sono verificati venti fino a 130 km/h che hanno causato lo schianto di 1,2 milioni di metri cubi di legname (il doppio del taglio commerciale annuo).

In che maniera la gestione agroforestale del territorio ha contribuito ad aggravare o mitigare la situazione verificatasi?
In controtendenza con la situazione italiana, la Provincia attua da anni una politica a sostegno del territorio. Quest’approccio ha garantito la costante gestione agro-silvo-pastorale che ha dato benefici anche a livello idrogeologico e in molte località montane della provincia si è verificata un’espansione edilizia piuttosto che un abbandono del territorio.
Se da un lato sono aumentati gli elementi vulnerabili e l’esposizione al potenziale pericolo di strutture, infrastrutture e popolazione, parallelamente a quanto avvenuto nelle attigue regioni alpine, si è fortemente sviluppato il moderno concetto di gestione del rischio.

Sono state rispettate tutte le buone pratiche agricole e di manutenzione idraulica forestale per prevenire il dissesto idrogeologico?
Analogamente a quanto si fa in Provincia di Trento, anche la Provincia di Bolzano ha sposato da oltre un decennio il moderno paradigma della gestione del rischio idrogeologico.
A partire dalla corretta individuazione e simulazione degli scenari di evento, la pianificazione territoriale è gestita considerando il grado di pericolo e gli interventi preventivi sono stilati secondo priorità e disponibilità economiche. Approccio integrato da interventi di manutenzione e monitoraggio delle zone a rischio e lo sviluppo di un apparato di protezione civile estremamente efficiente.
Questo ha consentito di ridurre certamente il numero di vittime (in Badia unicamente un vigile del fuoco impegnato in intervento), primo obbiettivo di una politica di gestione del rischio. Coerente con la portata dell’evento numerosi sono invece i danni che si contano a infrastrutture ed edifici.

Quali indicazioni per il futuro?
La risposta del territorio in occasione dei recenti eventi e la previsione di un futuro incremento della frequenza degli stessi a seguito dei cambiamenti climatici, evidenziano la bontà della strada intrapresa.
L’approccio multidisciplinare alla prevenzione ed alla gestione del rischio idrogeologico oltre che alla corretta pianificazione territoriale (si costruisce dove si può e con i dovuti accorgimenti), con le figure professionali del dottore forestale e agronomo, del geologo e dell’ingegnere idraulico che cooperano in prima linea è fondamentale, così come sarà fondamentale concentrare le risorse disponibili secondo priorità ed efficacia di intervento piuttosto che eseguire interventi di difesa random come avvenuto in passato.

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