olivicoltura – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Tue, 01 Sep 2020 14:05:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Innovazione attraverso la chimica: prospettive per la produzione olearia //www.agronomoforestale.eu/index.php/innovazione-attraverso-la-chimica-prospettive-per-la-produzione-olearia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=innovazione-attraverso-la-chimica-prospettive-per-la-produzione-olearia //www.agronomoforestale.eu/index.php/innovazione-attraverso-la-chimica-prospettive-per-la-produzione-olearia/#respond Sun, 31 May 2020 10:59:39 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67752 di Giulia Vicario, PhD student, Istituto di Scienze della Vita, Scuola Superiore S. Anna

Il mondo agroalimentare è strettamente legato a quello della chimica. Il recente sviluppo di metodiche e protocolli analitici offre molte prospettive per vari settori, incluso quello dell’olivicoltura. L’utilizzo di tecniche sempre più avanzate e accurate permette di valorizzare prodotti tipici del territorio italiano (come l’olio extravergine di oliva) e contribuisce a fornire strumenti per migliorare la produzione, specialmente in termini qualitativi.

L’articolo sintetizza i risultati della Laurea magistrale in Biosicurezza e Qualità degli Alimenti, Università di Pisa
Vicario G. Near UV-Vis and NMR spectroscopic analysis of Tuscan extra-virgin olive oils .


La chimica dell’olio
L’olio extra-vergine d’oliva (EVOO) è un alimento ampiamente utilizzato e conosciuto in tutto il mondo per sue proprietà organolettiche e benefiche per la salute. La qualità complessiva dell’olio è strettamente legata alla composizione chimica. L’elevato contenuto in acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e la presenza di specifiche componenti minori sono infatti le peculiarità di questo prodotto.
Tra le componenti minori, i pigmenti conferiscono la tipica colorazione dell’olio d’oliva, variabile dal verde al giallo-arancio: le clorofille (A e B) e le feofitine (A e B, derivate dalle rispettive clorofille) sono responsabili del colore verde, ben evidente alla frangitura, mentre i carotenoidi (principalmente luteina e β-carotene) sono responsabili delle tonalità giallo-arancio. Gli stessi carotenoidi sono importanti antiossidanti e il β-carotene è anche precursore della vitamina A, fondamentale per la vista e per la prevenzione di patologie neurodegenerative. Nonostante nelle analisi sensoriali ufficiali non si consideri il colore dell’olio, è noto che la scelta dei consumatori è influenzata da questo parametro. Non solo, anche la durabilità del prodotto dipende dal contenuto iniziale di pigmenti.
Il tipico aroma dell’olio, soprattutto le note gustative di amaro e piccante, dipendono invece dalla componente fenolica, tra cui i secoiridoidi. Oleuropeina e ligstroside sono secoiridoidi presenti nell’oliva che al momento della frangitura vengono convertiti in secoiridoidi strutturalmente più semplici come i rispettivi agliconi, oleocantale e oleacina (appartenenti anch’essi alla medesima famiglia di composti), responsabili delle note gustative di certi oli. Negli ultimi anni, i secoiridoidi dell’olio sono stati oggetto di particolari attenzioni nel mondo della ricerca in quanto molecole biologicamente attive. Per esempio, l’oleocantale è stato riconosciuto come un antinfiammatorio non steroideo (simile all’ibuprofene nel meccanismo di azione) importante nella prevenzione di patologie croniche, come quelle cardiovascolari, e di alcune tipologie di cancro.

L’origine della qualità
I fattori che influenzano la qualità finale dell’olio d’oliva possono essere molti, inerenti sia alla produzione della materia prima (olive), sia al processo tecnologico di trasformazione.
In merito alla produzione primaria, fattori determinanti sono:
• la cultivar di olivo,
• l’area geografica,
• la presenza di infestazioni,
• le pratiche agronomiche (fertilizzazione del suolo, irrigazione),
• il periodo di raccolta
• il metodo di raccolta.

Considerata pertanto l’alta variabilità del territorio ove è diffusa la coltura dell’olivo, l’analisi approfondita di oli extravergini di oliva di elevata qualità è di fondamentale importanza. Il ruolo della cultivar di olivo è ormai ben noto nel mondo scientifico: l’espressione di particolari enzimi coinvolti nella degradazione di pigmenti o composti fenolici è strettamente dipendente dal genotipo. L’epoca di raccolta, unitamente ai fattori climatici che caratterizzano le varie aree geografiche ove è localizzata la coltura dell’olivo, è ugualmente determinante per la qualità del prodotto finito. La degradazione dei pigmenti responsabili del verde (principalmente clorofille) è tanto più pronunciata tanto più si procede nella maturazione. La presenza della mosca può invece compromettere la qualità in termini di composti fenolici, con diminuzione nel contenuto di agliconi dell’oleuropeina e del ligstroside.

Foto di pau_noia0–603982

Tecniche innovative per caratterizzare l’olio
L’utilizzo di tecniche innovative, come la spettrofotometria vicino ultravioletto-visibile (UV-Vis) e la spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR), permette una più ampia e dettagliata caratterizzazione dell’olio.
Il funzionamento dell’analisi UV-Vis è piuttosto intuitivo: quando una molecola è irradiata con una radiazione in un certo intervallo di lunghezza d’onda λ (nel caso della spettrofotometria UV-Vis tra 100 e 720 nm), gli elettroni passano dallo stato fondamentale allo stato eccitato in un processo detto assorbimento. L’assorbimento è direttamente proporzionale alla concentrazione di molecole presenti nel campione e quindi è semplice calcolarne la quantità presente.
Questa tecnica è utilizzata comunemente per la valutazione del quantitativo di dieni e trieni coniugati (molecole derivanti dall’ossidazione degli acidi grassi) nell’olio d’oliva che assorbono a specifiche lunghezze d’onda, rispettivamente a 232 e 270 nm.
Attraverso un approccio innovativo basato sulla deconvoluzione degli spettri UV-Vis degli oli (tra 390 e 720 nm), è inoltre possibile quantificare il contenuto in pigmenti (clorofille, carotenoidi e derivati). Poiché questa misura è ottenuta mediante un sistema rapido e, soprattutto, non distruttivo, è possibile acquisire gli spettri più volte nel tempo per valutare l’evoluzione del contenuto in pigmenti in condizioni di conservazione controllate.
Le basi teoriche della spettroscopia NMR sono, invece, molto più complesse: il segnale registrato deriva infatti dall’interazione di atomi specifici (come idrogeno, 1H, e carbonio, 13C, ampiamente diffusi in natura) con la radiazione in presenza di un campo magnetico.
In una molecola, ogni atomo non si trova isolato, ma legato ad altri atomi, più o meno simili: la differenza dell’intorno chimico permette di distinguere un segnale NMR derivante dall’atomo di una molecola da quello derivante da un altro atomo, o da una molecola differente. L’analisi 1H NMR può essere eseguita sia su campioni di olio tal quali, sia su specifici estratti. L’analisi degli estratti è molto informativa e permette di quantificare alcuni composti fenolici (oleacina, oleocantale, agliconi dell’oleuropeina e del ligstroside).

Foto di Hans–2

I risultati della ricerca
Queste tecniche sono state impiegate nella caratterizzazione di alcuni oli toscani ottenuti nello stesso frantoio, nelle medesime condizioni e ugualmente sono stati conservati, pertanto le differenze riscontrate dipendono da fattori inerenti alla materia prima.
Essendo le olive appartenenti alla medesima cultivar (Frantoio) e alla stessa stagione produttiva, i fattori che possono avere influenzato le differenze e la qualità sono legati al territorio (altitudine degli oliveti), alla presenza di infestazioni (per esempio la mosca dell’olivo) e all’epoca di raccolta. Durante la maturazione, infatti, il contenuto in pigmenti ed in fenoli diminuisce progressivamente e le proporzioni tra i diversi componenti possono cambiare.
Nello studio condotto è stato osservato che il posticipare l’epoca di raccolta, ossia avere elevati indici di pigmentazione delle olive, può garantire una resa adeguata (sostanza grassa nelle olive tra il 20-30%), ma comporta una riduzione nel contenuto totale in pigmenti ottenendo prodotti meno stabili nel tempo e qualitativamente inferiori in termini nutrizionali. Inoltre, ripetendo la misura è stato osservato che il contenuto in pigmenti diminuisce progressivamente, nonostante le corrette condizioni di conservazione (temperatura controllata e assenza di luce).
Nello studio svolto, la quantificazione attraverso metodologie tradizionale dei fenoli totali e l’analisi sensoriale degli EVOO è stata affiancata all’analisi NMR. Nonostante i campioni analizzati provenissero da un’area geografica limitata, sono state osservate differenze non solo nel contenuto in fenoli totali, ma anche nella proporzione delle specifiche componenti (soprattutto oleocantale e agliconi totali). Queste differenze sono osservabili anche nel profilo sensoriale, con un maggior grado di amaro e piccantezza negli oli aventi un quantitativo maggiore di fenoli totali e, nello specifico, di agliconi. Inoltre, l’olio che mostra un elevato contenuto in fenoli mostra anche un più elevato contenuto in pigmenti totali suggerendo che prodotti qualitativamente migliori sono generalmente più ricchi in componenti minori.
In conclusione, i risultati ottenuti con l’impiego di tecniche innovative hanno dimostrato che è possibile rivelare differenze significative anche tra oli aventi una storia molto simile, sia in termini geografici, sia in termini di processo tecnologico. Risultati che permettono di ricondurre tali differenze a fattori inerenti la natura e la gestione dell’oliveto.
Una serie di informazioni che potrebbero tradursi in campo, indirizzando il processo produttivo, grazie anche ai tempi relativamente brevi e ai costi contenuti (soprattutto considerando per l’analisi dei pigmenti) per ottenerle.
Con un ampliamento del numero di campioni analizzati e la valutazione dei medesimi parametri in diverse annate, si potrebbero anche generare modelli di previsione del profilo chimico e sensoriale dell’olio in base alla gestione dell’oliveto in termini di pratiche agronomiche (come l’irrigazione) e all’epoca di raccolta, parametro che sembra cruciale nella determinazione del contenuto in componenti minori. I risultati ottenuti sono preliminari ma dimostrano come l’unione di più aree scientifiche, quella dell’agronomia, delle tecnologie alimentari e della chimica, possa essere estremamente importante per la messa a punto di nuove metodiche ed il loro successivo trasferimento tecnologico. Allo stesso modo, è cruciale la sinergia costante di contesti diversi, quello accademico e quello produttivo, soprattutto per lo studio degli effetti delle condizioni reali di campo.


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