testo unico forestale – Coltiv@ la Professione //www.agronomoforestale.eu agronomi e forestali Sun, 17 Mar 2019 07:39:10 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.5 Se NATURE premia la ricerca sulle foreste //www.agronomoforestale.eu/index.php/se-nature-premia-la-ricerca-sulle-foreste/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=se-nature-premia-la-ricerca-sulle-foreste //www.agronomoforestale.eu/index.php/se-nature-premia-la-ricerca-sulle-foreste/#respond Thu, 13 Dec 2018 15:59:27 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=67159 Ricercatore di Scienze Forestali impegnato all’Università Statale di Milano, Giorgio Vacchiano è assurto agli allori della cronaca qualche settimana fa, quando la rivista Nature l’ha inserito tra gli 11 scienziati emergenti al mondo.
Un riconoscimento che rende merito alla qualità di un ricercatore italiano, ma che – vera novità – porta la scienza applicata ai sistemi forestali al centro dell’attenzione generale.

Come hai scoperto di essere stato inserito in questa top11?
È stata una sorpresa. Ne sono rimasto all’oscuro fino a quando ho ricevuto la telefonata della redazione di Nature, perché è stata una iniziativa partita direttamente da loro.
Per selezionare i ricercatori finalisti hanno validato 500 profili che avevano almeno una pubblicazione negli ultimi due anni nelle riviste scientifiche di eccellenza. Poi, la top 11 è stata stilata valutando chi fra questi ha un trend di produzione scientifica “in crescita” per citazioni e numero di pubblicazioni, che rete di collaborazioni si è sviluppata e che impatto hanno avuto le proprie ricerche sui social e sui media.

È abbastanza inusuale vedere uno “scienziato dei boschi” tra coloro che studiano materie come la medicina e le scienze della vita.
Sì, è un caso un po’ anomalo, ma rispetto al loro intento ha una ragionevolezza: stavano cercando ricercatori il cui àmbito di lavoro avesse effetti decisivi per il futuro del Pianeta e della specie umana.
Chi è addentro a questi temi sa bene quanti usi e funzioni abbiano le foreste, quale impatto abbiano sulla protezione del territorio, ci proteggono dalle valanghe e dal dissesto idrogeologico, quanto siano importanti per i cambiamenti climatici grazie alla loro capacità di assorbimento del carbonio, ecc.
E infatti, la redazione di Nature ha attribuito questo riconoscimento alle le ricerche in selvicoltura, ossia la gestione forestale, non la mera ecologia.

Per una strana coincidenza si è parlato molto di foreste, subito dopo il riconoscimento che ti è stato assegnato.
È vero, il passaggio della tempesta Vaia è stata una drammatica coincidenza che ha portato i media mainstream a parlare di foreste e cambiamenti climatici, ossia proprio l’argomento di cui mi occupo.
La tempesta ha interessato solo l’1-2% delle foreste in Trentino ma ha colpito boschi molto conosciuti e ciò ha creato l’impatto emotivo che abbiamo visto. Quello che dobbiamo ricordarci, però è che i tempi del bosco sono diversi da quelli dell’uomo: le foreste, in un modo o nell’altro, ritorneranno, semplicemente nell’arco di vita di un uomo non potremo riammirarle così com’erano appena due mesi fa.
Quello che dobbiamo fare – come tecnici forestali – è imparare dall’esperienza per interpretare le dinamiche della ricostituzione forestale apprendere dove e come intervenire. Già in passato abbiamo assistito a eventi devastanti come l’uragano Lothar e il Vivian che hanno fatto scuola e ci hanno lasciato importanti insegnamenti, da cui oggi possiamo partire.


Nel dicembre 1999, l’uragano Lothar causò immensi danni alle foreste tra Francia settentrionale, Svizzera, Germania meridionale e Austria.

Nel febbraio 1990, in Germania si abbattè la tempesta denominata Vivian

Simulazione con il modello WRF dell’evoluzione della velocità del vento durante la tempesta Vivian nella regione alpina per 6 giorni.

Ci chiarisci meglio qual è il tuo ambito di ricerca?
Studio il legame che c’è tra foreste e cambiamento climatico, per capire la risposta che gli ecosistemi stanno dando alle variazioni climatiche e studiare diverse modalità di gestione.
Nello specifico seguo con particolare attenzione le foreste delle Alpi occidentali.
Nelle mie ricerche applico modelli matematici, che ho adattato alle caratteristiche delle foreste oggetto di studio, per predire gli effetti del climate change e dei periodi siccitosi sul bosco: per esempio sulla frequenza e vastità degli schianti, sulla frequenza degli incendi, sulla biodiversità, sullo sviluppo della biomassa e così via.
L’obiettivo finale è capire come queste variabili possano influenzare le funzioni del bosco e come possiamo adattare di conseguenza la sua gestione.

Studi anche gli impatti sulla biodiversità?
In una ricerca che ho realizzato qualche anno fa insieme a colleghi del Dipartimento di Scienze della vita e biologia dei sistemi dell’Università di Torino, abbiamo analizzato lo sviluppo del Carabus olympiae Sella , un raro coleottero del faggio endemico della Valsessera in Piemonte considerato vulnerabile nella lista rossa IUCN.
La premessa dello studio è stata che il bosco di faggio era tradizionalmente spesso utilizzato per il taglio a ceduo, ma che l’abbandono della montagna aveva creato ampie zone di bosco che per decenni non era più stato tagliato superando di molti anni il turno consuetudinario.
La mia ricerca è iniziata per capire quale potrebbe essere la migliore gestione di questi cedui invecchiati per salvaguardare il coleottero: sviluppo a evoluzione libera o avviamento a fustaia?
La risposta conclusiva a cui giunse lo studio, come spesso accade, è stata complessa. Un bosco chiuso, senza zone aperte è un ambiente meno favorevole per il coleottero, poiché è un predatore di piccoli invertebrati, come chiocciole e limacce che necessitano di una copertura erbacea sviluppata.
La condizione ideale per la salvaguardia di quel raro endemismo è un bosco di faggio, gestito in modo da garantire il mantenimento di radure (ad esempio tramite una conversione a gruppi).

Qui hai messo in relazione due diversi obiettivi, economico e conservazionistico, che un piano di gestione può avere. Ci puoi raccontare gli studi sugli impatti dei cambiamenti climatici?
Qualche anno fa ho pubblicato una ricerca insieme a ricercatori svizzeri e francesi che ha analizzato l’impatto dei periodi di siccità sui boschi alpini occidentali, siccità che sono e saranno sempre più frequenti.
Eravamo partiti da un dato: dal 2005 in poi si sono verificati numerosi casi di disseccamento e altri casi di deperimento dei boschi, soprattutto quelli nelle vallate interne della Alpi. Ci siamo chiesti se la causa delle morie fosse effettivamente da attribuire ai prolungati periodi di siccità oppure se ci fossero altre cause.
La conclusione è stata che le siccità incidevano in modi diversi sui disseccamenti: talvolta la causa della morte era dovuta alla crisi idrica, più spesso invece il legame era indiretto, cioè causava l’indebolimento delle piante che diventano meno resistenti all’attacco di malattie e parassiti.

Da questa ricerca, però, ne sono uscite anche delle soluzioni per curare il bosco…
Validata la responsabilità, o la corresponsabilità, dei periodi siccitosi la domanda successiva è stata: cosa possiamo fare per mitigare il danno?
Ne è risultato un manuale d’uso pensato per i tecnici forestali in cui si spiega che, in alcuni casi, il diradamento per ridurre la competizione per l’acqua può essere una soluzione.
Non è però una soluzione universale, altre volte ha maggior efficacia lo sviluppo di boschi misti. Un’altra soluzione è favorire la roverella come specie sostitutiva nelle foreste naturali, avvantaggiandosi del fatto che, grazie ai cambiamenti climatici sta attecchendo a quote sempre maggiori.
Com’è ovvio, non esistono ricette universali e le soluzioni devono sempre essere declinate sulle singole situazioni. Ciò che voglio dire è che studiando i cambiamenti climatici e i loro effetti possiamo individuare sia le problematicità, che trovare le soluzioni gestionali efficaci.

Infine, c’è il tuo studio più rilevante, quello pubblicato su Nature Climate Change …
In quello studio abbiamo revisionato 600 pubblicazioni che trattavano l’impatto dei cambiamenti climatici su diversi aspetti delle foreste: i danni provocati dal vento, gli incendi, il proliferare di parassiti e patologie, ecc.
Riprendendo in mano le molte pubblicazioni, abbiamo potuto rianalizzare le loro conclusioni sia guardando al passato sia rivolgendoci al futuro per verificare se e quanto fossero accurate e come utilizzarle per capire l’influenza del cambiamento climatico in atto sulle foreste come le conosciamo.

Che risposta ne è uscita?
I cambiamenti climatici impattano pesantemente sulle foreste come le conosciamo e le abbiamo conosciute fino a oggi.
Per esempio, unendo tutti gli scenari di climate change disponibili, abbiamo calcolato che gli schianti da vento potrebbero aumentare in media del 50%, ma fino a oltre il 300% in alcuni casi, rispetto a quanto accadrebbe in un clima simile a quello di oggi.
Da queste conclusioni ho sviluppato il filone di ricerca su cui sto lavorando: come possiamo gestire le foreste per renderle più adattabili, resistenti e resilienti?

Ci puoi dare qualche anticipazione?
Stiamo concludendo uno studio sull’efficacia del diradamento come soluzione per i periodi di siccità. Anche in questo caso i dati che abbiamo confermano che può essere una soluzione in determinati casi, ma non è una risposta universale. I risultati possono cambiare molto se analizziamo un bosco misto o meno, a seconda della zona in cui si sta operando, ecc.

Una domanda di attualità politica. Cosa pensi del TUFF ?
È un testo che inquadra la materia in modo che condivido, ossia chiede di imparare a gestire la foresta, ma non impone il tipo di gestione da fare, decisione che è di competenza regionale.
Purtroppo, la discussione si è polarizzata e i diversi portatori di interessi hanno sostenuto la propria tesi talvolta con pregiudizio, talvolta senza una visione d’insieme.
Invece propone un approccio consapevole delle diverse funzioni che svolge il bosco e dell’importanza di avere un approccio quanto più possibile organico, che sappia potenziare i servizi del bosco senza compromettere l’equilibrio.
A mio giudizio, questo approccio dovrebbe dare il giusto inquadramento alla fase di programmazione e di pianificazione forestale.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/se-nature-premia-la-ricerca-sulle-foreste/feed/ 0
TUFF: un intervento necessario //www.agronomoforestale.eu/index.php/tuff-un-intervento-necessario/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=tuff-un-intervento-necessario //www.agronomoforestale.eu/index.php/tuff-un-intervento-necessario/#respond Wed, 27 Jun 2018 12:55:44 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=66747 Il “Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali” nasce in un momento in cui la tematica della gestione forestale attiva e sostenibile è sui principali tavoli decisionali: la Comunità Europea evidenzia come essa rappresenti “uno degli strumenti fondamentali per l’effettiva tutela e valorizzazione delle foreste, nell’interesse dell’individuo e della collettività”.

Una norma necessaria
In Italia era necessaria una normativa che mettesse in evidenza tutto ciò, in quanto il vigente D.Lgs. 227/2001 non era più adeguato a garantire il rispetto degli impegni che l’Italia ha assunto a livello internazionale.
In particolare, è un fattore migliorativo il ruolo strategico che viene riconosciuto alla selvicoltura, promossa ed auspicata per poter garantire una gestione forestale attiva e sostenibile.
Va da sé che, affinché ciò accada, è necessario che ogni intervento sia eseguito da professionisti adeguatamente formati, oltre che programmato e pianificato, come previsto dalla nuova Legge. Sia nella progettazione degli interventi silvi-colturali, ma soprattutto nelle fasi di programmazione e pianificazione, è quindi necessario che operino tecnici competenti, professionisti abilitati ai sensi della normativa vigente e funzionari professionalmente adeguati.

Una visione di concerto
Il punto di debolezza di questo Decreto è in realtà anche un suo punto di forza: la natura interministeriale della norma e dei futuri decreti attuativi.
Il coinvolgimento di diversi Ministeri, che sotto vari aspetti si trovano a gestire il tema foreste, fa sì che i decreti attuativi previsti dal Testo Unico debbano prevedere un’ampia concertazione. Ciò è elemento positivo, ma potrebbe allungare molto i tempi di attuazione del decreto.
D’altro canto, è auspicabile che anche nella definizione dei decreti avvenga il processo di concertazione che ha portato alla nascita della legge, affinché aspetti tecnici fondamentali per la definizione dei criteri minimi vengano concepiti senza eccedere in aspetti vincolistici, burocratici e formali, tutelando l’ambiente ma al tempo stesso consentendo la gestione.

Punti di debolezza, punti di forza
Mancano le tempistiche per la definizione e l’approvazione dei decreti attuativi e mancano le risorse finanziarie per attivare le azioni previste dal decreto, cosa a cui in parte si potrebbe ovviare se le Regioni e le P.A. attivassero le Misure forestali del PSR.
Dovranno essere individuate fonti di finanziamento per investimenti anche in settori diversi dalla pianificazione e dalla gestione forestale, ma sempre connessi ad essi, come ad esempio quello del materiale forestale di propagazione, che è difficilmente reperibile in molte realtà italiane.
Infine, sarebbe auspicabile che possa essere potenziato il coordinamento nazionale nelle attività di monitoraggio e statistica, in modo da poter partire da dati certi ed uniformi nel delineare le strategie di politica forestale nazionale.
In fondo queste perplessità non sono che un augurio al fatto che si abbia l’ambizione di far crescere il settore forestale italiano, anche rispetto ai ciò che accade in altri Paesi d’Europa.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/tuff-un-intervento-necessario/feed/ 0
Gestione attiva del patrimonio boschivo //www.agronomoforestale.eu/index.php/gestione-attiva-del-patrimonio-boschivo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gestione-attiva-del-patrimonio-boschivo //www.agronomoforestale.eu/index.php/gestione-attiva-del-patrimonio-boschivo/#respond Thu, 21 Jun 2018 10:58:15 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=66694 *Raoul Romano – Ricercatore presso il Centro di Ricerca Politiche e bioeconomia del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria (CREA)

Il “Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali” (D.Lgs. 3 aprile 2018 n. 34 – TUFF), è ufficialmente entrato in vigore lo scorso 5 maggio.
Rappresenta la nuova Legge Quadro nazionale in materia di gestione e selvicoltura e promuove l’indirizzo e il coordinamento nelle attività di tutela attiva delle foreste.

Cosa c’era prima
Abrogando il D.Lgs. n. 227 del 18 maggio del 2001, “Orientamento e modernizzazione del settore forestale”, aggiorna le disposizioni nazionali di indirizzo per le Regioni dopo 17 anni di profondi cambiamenti economici, sociali e soprattutto normativi e istituzionali.
Dal 2001 ad oggi l’ordinamento nazionale ha recepito differenti direttive europee, attuato numerosi regolamenti e sottoscritto altrettanti impegni internazionali inerenti materie diverse (clima, ambientale e biodiversità, paesaggio, economica, bioeconomia, energia, sviluppo socio-economico locale, cooperazione e commercio, cultura, ecc.), ma comunque sempre di interesse per il “settore forestale”.
Il D.lgs. n. 227 del 2001, per molti versi innovativo, ha anticipato la riforma costituzionale (Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), che attribuisce alle Regioni la competenza esclusiva in materia di boschi per la sola funzione economico-produttiva.
Risultava comunque inadeguato a garantire un efficace perseguimento degli impegni internazionali e degli obiettivi strategici europei, e soprattutto a soddisfare le crescenti esigenze socio-economiche del territorio, e necessità del “settore forestale”, nel complesso sistema istituzionale di ruoli e competenze e nei limiti invalicabili posti dallo Stato a tutela dell’ambiente e del paesaggio.

Il percorso della nuova norma
A partire dal 2013 è stato intrapreso un difficile processo partecipativo tra i soggetti istituzionali, pubblici e privati (legati alla “materia foreste” e alle sue filiere) di aggiornamento e adeguamento della normativa nazionale vigente per il settore, nel rispetto dei ruoli e delle competenze istituzionali, dei nuovi indirizzi europei e impegni internazionali.
Tale processo si è posto come obiettivo il riconoscimento politico e sociale delle funzioni ambientali, economiche e socioculturali svolte dalle foreste e garantite dalla Gestione Forestale Sostenibile, quale strumento di tutela attiva e responsabile del territorio e quindi, per uno sviluppo sostenibile delle Aree Interne del nostro Paese.

TUFF: un atto di indirizzo
I principi e le finalità del TUFF rimangono quelli del Decreto di settore n. 227: migliorare il potenziale protettivo e produttivo delle risorse forestali del Paese e lo sviluppo delle filiere locali a esso collegate, valorizzando il ruolo fondamentale della selvicoltura e porre l’interesse pubblico come limite all’interesse privato.
Aggiornando, quindi, le disposizioni del D.lgs. n. 227 viene ribadito come gli aspetti ambientali e di conservazione della biodiversità e del paesaggio di competenza dello Stato (trattati dal Codice Ambientale – D.lgs n. 152, del 2006 – e dal Codice Urbani – D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), non possano – per la natura settoriale della materia trattata nel decreto e per quanto previsto dall’ordinamento costituzionale – essere previsti e modificati in un atto di indirizzo e coordinamento come il TUFF, ma solamente essere recepirti nello e per lo sviluppo della selvicoltura e delle filiere forestali.

Verso la Gestione Forestale Sostenibile
Coerentemente con la Strategia forestale europea e le Strategia per lo sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità nazionali, viene posta particolare attenzione alla “gestione attiva” e razionale del patrimonio forestale, intesa come Gestione Forestale Sostenibile nella sua attuazione e come assunzione di responsabilità in contrasto all’abbandono colturale e al disinteresse culturale del bene da parte dei proprietari (pubblici e privati).
Questo concetto introdotto nel corpus normativo nazionale già dal PQSF (2008) e recepito dalle legislazioni e programmazioni regionali, in armonia con il dettato europeo e internazionale (Forest Europe), ispira tutta la parte più gestionale del testo, che naturalmente non può che tratteggiare indirizzi minimi comuni per una materia di competenza esclusiva delle Regioni. Competenza che prevede inoltre, nella gestione del proprio patrimonio, volta alla valorizzazione economica o alla conservazione totale del bosco, una programmazione con specifici obiettivi, zonizzazioni e utilizzo di strumenti di pianificazione forestale.
Il Testo riorganizza i concetti di programmazione, introducendo la Strategia forestale nazionale, e di pianificazione della gestione esaltando il concetto di responsabilità pubblica e privata nella tutela, conservazione e valorizzazione del bosco.
Maggiore attenzione rispetto al D.Lgs. n. 227 viene data alla competenza e professionalità di chi opera in bosco, alla certificazione di prodotto e di processo, alla valorizzazione dei prodotti legnosi e non legnosi e alla fornitura di servizi ecosistemici che possono essere generati dalla gestione forestale sostenibile nell’assunzione di impegni silvo-ambientali e interventi aggiuntivi alle normali pratiche colturali.

Una nuova fase di confronto
La nuova legge quadro per il settore forestale è frutto di un lungo e difficile processo consultivo e di difficili compromessi dovuti alla sua natura multifunzionale e multilivello.
Costituisce un testo unico di settore complesso e di articolato interesse strategico e politico. Per la sua delicata natura e per i molteplici interessi che rappresenta il TUFF prevede, nella sua attuazione, un processo di confronto e consultazione istituzionale che nessun altro atto normativo inerente la “materia forestale”, in particolare di natura ambientale e paesaggistico, ha mai previsto.

Con i suoi decreti attuativi per la definizione della Strategia forestale nazionale, la definizione delle Linee guida per la Pianificazione forestale; il riconoscimento dello stato di abbandono e di boschi di neoformazione; la definizione degli interventi autorizzabili nei boschi tutelati ai sensi dell’art. 136 del Codice Urbani; la definizione dei criteri minimi nazionali per l’esonero dagli interventi compensativi, la costruzione della viabilità forestale e silvo-pastorale, l’iscrizione agli elenchi o albi regionali e alla formazione professionale degli operatori, si apre una nuova, importante e delicata fase per il “settore forestale” e per le materie forestali, di sviluppo sostenibile, bioeconomia, conservazione e adattamento al cambiamento climatico.
Una nuova fase in cui la mediazione e il serio confronto fra i portatori di interessi sociali, settoriali e scientifici sarà d’obbligo.

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/gestione-attiva-del-patrimonio-boschivo/feed/ 0
3 domande a … Mattia Busti //www.agronomoforestale.eu/index.php/3-domande-a-mattia-busti/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=3-domande-a-mattia-busti //www.agronomoforestale.eu/index.php/3-domande-a-mattia-busti/#respond Fri, 25 May 2018 13:43:42 +0000 //www.agronomoforestale.eu/?p=66800 Il Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (CONAF) ha sostenuto il Testo Unico in materia di Foreste e Filiere Forestali (TUFF), ritenendo condivisibili i valori fondamentali su cui si basa l’intero articolato: la gestione attiva della risorsa forestale secondo i principi della sostenibilità ambientale.

Ce lo racconta in 3 domande il Consigliere nazionale Mattia Busti

]]>
//www.agronomoforestale.eu/index.php/3-domande-a-mattia-busti/feed/ 0