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Lo scorso anno, il 29 ottobre, una tremenda tempesta si è abbattuta sul quadrante nordorientale delle Alpi, provocando un’immane devastazione dei boschi alpini.
Il giorno successivo, le immagini mostravano diversi milioni di metri cubi di legname che in una sola notte erano crollati al suolo provocando una serie di danni all’intera filiera bosco-legno del Cadore e del Vicentino, del Trentino e dell’Alto Adige e della montagna friulana.
UN BREVE RIASSUNTO
La massa legnosa disponibile ha causato un immediato crollo del prezzo del legname sul mercato, ma ai problemi di carattere economico-occupazionale si aggiungevano anche altri aspetti:
• il pericolo del diffondersi di malattie e insetti patogeni, in primis il bostrico;
• la messa in sicurezza dei pendii che si sarebbero dovuti proteggere da valanghe, frane, smottamenti, funzione che il bosco faceva e dopo Vaia non sarebbe più riuscito a fare;
• la componente ambientale, perché Vaia ha impattato su habitat di pregio paesaggistico e zone con specie floristiche e faunistiche uniche.
COSA È STATO FATTO FINO AD OGGI?
LA RIMOZIONE DEL LEGNAME
La mossa più urgente da fare, come affermarono immediatamente i dottori agronomi e forestali, era rimuovere quanto prima la gran parte del legname, almeno il 70% della biomassa, entro i primi 3 anni. Un’azione urgente per evitare il diffondersi di parassiti e malattie e aggravare il rischio di dissesto idrogeologico.
Friuli: Fino ad oggi è stato tagliato ed esboscato circa il 35% del legname danneggiato. Dopo gli interventi urgenti iniziali sono stati progettati e affidati lavori per decine e decine di milioni di euro per il ripristino della sicurezza del territorio.
La Regione ha, inoltre, attivato una misura PSR (8.4.1) con una dotazione finanziaria di alcuni milioni per il ripristino e la messa in sicurezza di aree forestali danneggiate, le sistemazioni idrauliche, e il ripristino, l’adeguamento di viabilità forestale.
Veneto: Le estese superfici danneggiate in zone comode sono in fase di asportazione in una soddisfacente proporzione. Le zone scomode sono state affrontate solo in misura limitata; lo stesso dicasi per i danni poco concentrati e diffusi. Dove è stato individuato il rischio di valanghe o di dissesti (situazione estesa in alcuni territori) le utilizzazioni non sono state eseguite o addirittura formalmente contingentate.
Va aggiunto però che dati che circolano sulla percentuale di lavoro eseguito sono riferiti a un’entità del danno che, dalle prime cifre esposte a suo tempo, secondo i tecnici dell’Ordine è considerata sottostimata.
In Provincia di Bolzano le ultime rilevazioni certe (maggio 2019) parlavano di una quota poco sopra il 50% di legname schiantato rimosso (ca. 800.000 m³ su 1,5 milioni).
Siamo in attesa di un report realizzato dalla Provincia con dati ufficiali (uscirà in concomitanza con l’anniversario Vaia), ma partendo dalle osservazioni è lecito attendersi che percentuale esboscata ammonti a circa l’80% dell’abbattuto.
Rispetto all’entità e alla singolarità dell’evento calamitoso possiamo senz’altro ritenerlo un risultato più che buono.
LA FILIERA ECONOMICA
Il deprezzamento del legname può essere indicato in 1/5 del valore medio antecedente, con variazioni da 1/10 delle qualità d’eccellenza (alcuni lotti della Val Visdende) a 1/3 su quelli di qualità scadente (rimboschimenti nelle Prealpi).
Il rapido esbosco, la vicinanza al confine di Stato e l’intervento provinciale hanno inciso sull’andamento del prezzo del legname, che ha raggiunto mediamente i 50 €/m³ franco strada camionabile.
Stabilizzare i prezzi
Ripartire l’offerta di legname su un periodo più lungo serve a impedire la perdita di valore del legname stesso, sgravando il mercato e stabilizzando i prezzi.
Lo si può fare (o si sarebbe potuto fare in molte zone) con depositi dei tronchi a lungo termine, magari per la conservazione delle proprietà pregiate del legno nell’attesa di futuri acquirenti. Oppure lo si può conservare mediante essiccazione rapida all’aria, immersione in grandi bacini, aspersione/irrorazione con acqua o la conservazione in ambiente privo di ossigeno attraverso la copertura con teloni.
Il mantenimento del valore del legname tuttavia non è necessariamente garantito, poiché dipende fortemente dallo sviluppo del mercato ed è costantemente correlato a rischi e presenta costi diretti e indiretti elevati.
La filiera debole
In Veneto è alta la porzione di legname uscita dal territorio, principalmente in Austria ma anche in Cina.
La pressoché totale inesistenza di una filiera locale di trasformazione ha comportato l’esportazione del legname verso Paesi terzi, con un forte aggravio dei costi diretti e indiretti del trasporto e la mancata compensazione delle necessità nazionali di materia prima legno, con la concreta possibilità di dover riacquistare il nostro legname lavorato all’estero per le esigenze produttive locali.
Qualcosa si sta muovendo per la rinascita di una filiera forestale locale, con poche grandi segherie a livello regionale, ma si tratta di investimenti molto consistenti a fronte di incertezze sulla costanza di approvvigionamento della materia prima e con panorami di recessione che scoraggiano gli imprenditori.
Opportunità per i grossisti
Il prezzo è crollato, come era facile prevedere. La maggior parte del legname (a Bolzano) è stato acquistato da grossisti locali che lo conservano in depositi irrigati o da grossisti provenienti da oltre confine, come opportunità di investimento, che però non è priva di rischio.
Il prezzo basso ha reso appetibile l’acquisto, ma questo comporta un’immobilizzazione di notevoli capitali, nella maggior parte dei casi da prendere a prestito, e investimenti per realizzare depositi irrigati per lo stoccaggio qualitativo, che ha una massima durata di 3-4 anni.
La strategia è quella di rivendere il legname verso Paesi in grado di assorbire l’offerta, ad es. i Paesi asiatici, oppure stoccare la risorsa nella speranza che fra qualche anno il prezzo del legname si riprenda.
Sempre che non accada un altro evento simile in Europa centrale, mettendo in ginocchio l’impresa boschiva.
BOSTRICO E PARASSITI
L’annata trascorsa è stata fortunata dal punto di vista climatico: perché la neve invernale ha tardato ed è stato possibile esboscare quasi ininterrottamente anche nei mesi invernali, con poche eccezioni alle quote più elevate.
La neve caduta in tarda primavera ha invece influito sulle temperature, piuttosto rigide fino all’approcciarsi dell’estate, che unitamente ad un’estate piuttosto piovosa (in Alto Adige), hanno limitato il ciclo evolutivo del bostrico.
Allo stato attuale in provincia di Bolzano non si riscontra una proliferazione del coleottero. In Friuli e Veneto esistono situazioni localmente allarmanti, sviluppatesi verso fine estate, ma nell’insieme dipingono una condizione meno grave delle previsioni.
Minaccia scongiurata?
Non ancora, occorrerà attendere la prossima stagione calda per verificare se la rapidità di esbosco avrà avuto l’efficacia sperata nel contenere la proliferazione del parassita.
LA SICUREZZA DEL TERRITORIO
In Friuli sono stati attivati circa 600 cantieri per un ammontare di oltre 600 milioni per affrontare il problema di sicurezza.
In Veneto, quello che serve è una visione a livello di intero bacino idrografico: è stato importante e necessario ripristinare in fondovalle e le aste principali (priorità data dalla regione Veneto), ma ciò va collegato e integrato alle sistemazioni idraulico-forestali dei versanti e delle aste minori, anche con l’utilizzo di tecniche di intervento riconducibili alla “ingegneria naturalistica”, a basso impatto ambientale e di costo ridotto.
È innegabile che la tempesta Vaia abbia drammaticamente incrementato la fragilità di ampie porzioni di territorio, per cui c’è da aspettarsi che eventi meteorici non estremi attivino dissesti anche importanti, alimentati da materiale legnoso, sassi massi e terra, in situazione instabile a causa degli schianti: devono quindi essere rivalutate le situazioni di pericolo e di rischio idraulico, con pianificazione degli interventi secondo una scala di priorità a livello di bacino e scelte di pianificazione territoriale anche coraggiose.
In Alto Adige il primo intervento si è concentrato su due fronti: il coordinamento dell’esbosco con l’allocazione delle risorse forestali abbattute e la sistemazione e messa in sicurezza di infrastrutture e nuclei abitativi esposti. Fase questa che è tutt’ora in corso.
Al contempo è stata aumentata la capacità produttiva di tutti i vivai provinciali in previsione di rimboschire le zone maggiormente soggette a potenziale dissesto. Nella parte residua del territorio, la natura sarà lasciata al proprio corso, monitorando costantemente l’evoluzione dell’ecosistema.
IL MODELLO BOLZANO
Il caso modello è stata la Provincia di Bolzano, che ha realizzato un lavoro soddisfacente, perché le sinergie tra amministrazione pubblica, proprietari boschivi, professionisti e filiera foresta-legno hanno funzionato piuttosto bene a fronte dell’imprevista catastrofe.
Expertise specializzata
Ciò è avvenuto anche grazie anche alle capacità tecniche dei dipendenti provinciali (quasi tutti dottori forestali) che hanno rivelato una capacità professionale adeguata al caso poiché il coordinamento è fondamentale, per gestire una situazione così complessa.
Un caso del genere, infatti, impatta sull’agenzia per la protezione civile, sulla ripartizione foreste, sui distretti e ispettorati forestali, sull’ufficio pianificazione forestale, sull’ufficio economia montana, sul demanio forestale, sugli uffici dei bacini montani, sull’unione agricoltori e coltivatori diretti.
Ed è proprio nella gestione di eventi idrogeologici complessi che una figura polivalente come quella del dottore agronomo-forestale, con la propria preparazione multidisciplinare in materia di pianificazione e gestione del pericolo idrogeologico, di protezione civile e gestione forestale, unitamente alle competenze in materia di economia agricolo-forestale risulta indispensabile, come dimostra la riuscita dell’intervento coordinato post evento.
Collaborazione con i privati
La maggior parte dei proprietari boschivi coinvolti sono privati, il che ha comportato la necessità di coordinare un gran numero di soggetti, ma ha reso le procedure di intervento più snelle.
I proprietari sono stati direttamente coinvolti e in molti casi sono intervenuti in prima persona nell’esbosco.
7 PRIORITÀ PER IL 2020
L’Ordine dei dottori agronomi e forestali individua 7 priorità d’azione per il 2020.
IL COINVOLGIMENTO SOCIALE
La tempesta Vaia ha creato un sentimento popolare di diffuso sgomento, che si è tradotto in azioni dal basso o comunque con risvolti di reciproca solidarietà.
Al di là dei risultati di queste azioni, è da sottolineare con positività il coinvolgimento di tutta la società, strettasi attorno alle popolazioni e ai territori colpiti.
Si tratta di un elemento da considerare come valore aggiunto e di identità quando sarà il momento di ripensare la pianificazione territoriale che desideriamo realizzare, evidenziando come gli aspetti coinvolti con il bosco sono sempre molti: