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Categorie: Biodiversità e Paesaggio | Co/ulture | Pianificazione Territoriale | SDAF13 - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE, RURALE ED URBANA |

Agricoltura slegata dal territorio, le vere cause delle alluvioni

Agroecologia e non abuso della chimica rappresentano l'unica via percorribile, con l'immediata riconversione biologica dell'Italia e il restauro del paesaggio e un reale ricorso a professionisti competenti e preparati.

I cambiamenti climatici (causati anche dall’agricoltura e dagli allevamenti industriali alimentati con ogm, prodotti distruggendo le foreste primarie) scaricano sempre più acqua sulle terre.
La chiamano agricoltura conservativa, sostenibile, integrata quando vogliono accedere ai fondi europei agro-climatico-ambientali destinati al restauro del territorio e della fertilità, all’agroecologia. Ciò a cui assistiamo, però, è il livello insostenibile di accumulo e bio-accumulo di chimica, con la contemporanea distruzione dell’humus nei terreni.

Per cambiare rotta, è necessaria in primis la revisione del programma agricolo nazionale di Sviluppo Rurale, già bocciato a Bruxelles, poi miracolosamente approvato.
Così come l’intera politica agro-ambientale europea, affinché il sostegno al reddito agricolo vada solo a chi produce in modo agroecologico, ossia ai produttori e agli allevatori biologici. A loro spetta il compito di tornare a produrre letame fertile e non liquame putrido, quello che spappola i terreni e aumenta l’effetto serra.
Più in generale, il sostegno al reddito andrebbe rivolto a chi utilizza le tecniche di agroecologia sinergica e rigenerativa della fertilità dei suoli.

La carenza di humus nel suolo riduce la capacità di assorbimento del terreno

L’humus al centro
L’acqua che abbiamo visto invadere per giorni e settimane i campi e le pianure in Emilia Romagna l’avremmo dovuta far assorbire dai terreni, insieme ai gas serra, incrementando l’humus del suolo. È lui, infatti, la spugna biologica che trattiene acqua e il terreno, è lui che deve essere l’indicatore primario di corretto uso dei fondi pubblici dei programmi di sviluppo rurale regionali e quelli nazionali che offrono un sostegno al reddito degli agricoltori.
Invece, negli ultimi 30 anni, la preziosa sostanza organica dei terreni, che attraverso la fotosintesi e l’equilibrio dei microbi è in grado di trattenere acqua anche 10 volte il proprio peso, si è ulteriormente ridotta.
Oggi l’acqua scorre senza più infiltrarsi nei terreni assassinando il territorio, per decine di migliaia di ettari, invade canali e fiumi troppo velocemente. Fenomeno acuito anche dalla distruzione di siepi secolari, patrimonio di biodiversità tradizionale selezionata dai nostri avi, atte proprio a far evaporare acqua e a farla infiltrare in profondità grazie alle radici.

Siccità e alluvioni, due facce della stessa medaglia
Bisogna immediatamente interrompere l’erogazione di tali fondi a chi usa pesticidi e disseccanti, fertilizzanti chimici e liquami zootecnici. Tutto ciò è incostituzionale e illegale (vedasi le continue relazioni della Corte dei Conti Europea a partire dalla n.3 del 2005 sulla spesa agroambientale).
Abbiamo buttato 30 anni di politiche agro-climatico-ambientali per una falsa agricoltura integrata e un falso benessere animale, politiche basate su pesticidi chimici e mangimi concentrati, liquami e perdita di biodiversità. Abbiamo impoverito i terreni, che ad ogni pioggia perdono fertilità e si erodono: oggi la desertificazione interessa il 30% delle superfici agricole mondiali e nazionali. Siccità e alluvioni diventano così due facce della stessa medaglia.

Ripristinare siepi, alberature, boschetti
Dobbiamo ripristinare siepi, alberature, boschetti e i canali di scolo, basandoci sulle foto aeree degli anni ’50 del secolo scorso, che raffigurano un paesaggio frutto di secoli di saggezza ed esperienza contadina sui territori. Paesaggi che, in pochi decenni, siamo riusciti a devastare grazie alla meccanica e alla chimica.
Dobbiamo sistemare i terrazzamenti persi e le siepi con i salici, sfruttando la loro caratteristica di pompare un metro cubo di acqua al giorno evaporandola verso l’atmosfera. E altrettanto dovremo fare con pioppi e platani lungo le rive dei canali e fiumi, preservando le coltivazioni e lavorazioni a girapoggio lungo le linee di livello e non di massima pendenza.
Occorre, poi, finanziare le coltivazioni di copertura dei terreni, prima di seminare le coltivazioni principali con colture da sovescio come le cover crops e incentivare l’inerbimento nei frutteti, così come previsto dai regolamenti europei.
Tecniche antiche, tutte indirizzate a incrementare l’humus, la fertilità naturale e la biodiversità dei terreni, proteggendoli dalle piogge e dall’erosione.
Infine, come non citare la gestione forestale, che può dare un’ulteriore vantaggio se volta a incrementare i boschi d’alto fusto, preservando il sottobosco, le piante secolari e garantendo produzione di legna da ardere ‘ecologica’.
Infine, dobbiamo sostenere solo la zootecnia biologica, basata sul carico di animali per ettaro alimentabile con le risorse aziendali e comprensoriali.

Un campo irrorato con l’uso di piccoli aeromobili

Convergenza di interessi
Dottori agronomi e dottori forestali, fornendo agli agricoltori l’assistenza tecnica e la formazione agro-ecologica, aiuterebbero a trasformare la situazione da conflittuale a una auspicabile convergenza di interessi.
Un percorso che, naturalmente, non può essere solo tecnico, ma che deve poter utilizzare fondi europei per compensare i maggiori costi delle tecniche biologiche.
I fondi sono facilmente reperibili, considerando il risparmio stimato di almeno 30 miliardi all’anno per danni causati dal dissesto idrogeologico. Somma che cresce ulteriormente se si aggiungono i 50 miliardi all’anno tra pubblico e privati di costi imputabili alle patologie cronico-degenerative e riproduttive, che vedononell’uso dei pesticidi una concausa.

L’auspicio è di fare presto più di un passo in direzione di una riconversione completa dell’Italia al biologico: in fondo bastano appena 15 miliardi se ben spesi.
Un percorso che significherebbe qualità alimentare e salute oltre che l’aumento della resilienza dei territori.

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