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Per una politica agricola capace di utilizzare efficacemente i soldi pubblici, i futuri “piani strategici nazionali sulla PAC” dovranno includere i servizi di consulenza per gli agricoltori e gli altri beneficiari del sostegno della PAC.
La proposta di riforma della Commissione Europea pone i servizi di consulenza al centro del “Nuovo modello di attuazione” della PAC post 2020.
Per ottenere una politica agricola maggiormente orientata ai risultati e capace di utilizzare in maniera efficiente i soldi pubblici, i futuri “piani strategici nazionali sulla PAC” dovranno includere, infatti, un sistema per fornire servizi di consulenza per gli agricoltori e gli altri beneficiari del sostegno della PAC.
Tali piani saranno pertanto verosimilmente incentrati sulla figura del consulente aziendale specializzato in grado tradurre le regole stabilite a Bruxelles e a Roma e spiegarle agli imprenditori agricoli e rurali.
Occorre tuttavia precisare che i servizi di consulenza non rappresentano una novità assoluta all’interno della PAC, quanto piuttosto una riproposizione – questa volta in chiave strategica – di una figura-cardine per una corretta attuazione ed esecuzione delle misure di politica agraria, funzionale a una piena realizzazione degli obiettivi di policy.
La definizione di consulente in agricoltura
Attualmente, infatti, i servizi di consulenza aziendale (Farm advisory systems) vengono definiti a livello europeo dall’articolo 12 del Reg.(UE) 1306/2013 (cosiddetto Regolamento orizzontale sulla PAC) e vengono anche incentivati da una specifica misura prevista dal Reg.1305/2013 (Regolamento sullo sviluppo rurale).
Tralasciando il ruolo finora svolto dai PSR regionali – del tutto marginale, tra l’altro, a causa di diversi dubbi interpretativi, solo di recente chiariti dal Regolamento Omnibus – bisogna comunque tener presente che una definizione ufficiale di consulente agricolo già esiste nel nostro paese.
Più in dettaglio, il sistema di consulenza aziendale in agricoltura è stato istituito in Italia, a recepimento della normativa comunitaria, dall’art. 1-ter del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n.116. Un successivo atto normativo, il Decreto del 3 febbraio 2016 n. 12593, ha poi stabilito le necessarie disposizioni attuative.
Tale decreto stabilisce che i consulenti operano per mezzo di organismi di consulenza, ovverosia organismi pubblici o privati che prestano servizi di consulenza, che devono rispettare alcuni requisiti specifici:
La verifica di tali requisiti e il riconoscimento degli organismi di consulenza spetta alle Regioni e alle Province nel caso di organismi privati, mentre per gli organismi pubblici la possibilità di effettuare il riconoscimento è estesa anche al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e al Ministero della Salute.
Il Decreto del 3 febbraio 2016 provvede, inoltre, a inquadrare la figura di consulente agricolo. Egli è definito come “la persona fisica, in possesso di qualifiche adeguate e regolarmente formata, che presta la propria opera per la fornitura di servizi di consulenza e i destinatari del servizio di consulenza sono gli agricoltori, i giovani agricoltori, gli allevatori, i silvicoltori, i gestori del territorio e le PMI insediate in zone rurali”.
Nel dettaglio, il possesso di adeguate qualifiche è ritenuto soddisfatto per gli iscritti agli ordini e ai collegi professionali per i rispettivi ambiti di consulenza, mentre per gli ambiti di consulenza non di competenza esclusiva degli iscritti a un albo occorre dimostrare il possesso del titolo di studio e una documentata esperienza lavorativa di almeno tre anni oppure attestato di frequenza a corsi di formazione specifici.
Infine, il requisito di regolare formazione risulta rispettato per gli iscritti agli ordini e ai collegi professionali in regola con gli obblighi di formazione continua obbligatoria.
Possibili evoluzioni
In materia di consulenza, dunque, la proposta di riforma della Commissione agisce in un certo senso in continuità con l’attuale normativa comunitaria, assegnando però un ruolo strategico ai servizi di consulenza nell’ambito del processo di attuazione della futura PAC basato sul “Nuovo modello di attuazione”.
Tuttavia, al momento la proposta non consente di delineare con certezza possibili novità o modifiche che potrebbero riguardare la definizione del consulente agricolo, né tantomeno di prevedere le modalità e criteri secondo i quali tali consulenti potranno operare all’interno; tutti aspetti, questi ultimi, che ciascuno stato membro dovrà specificare nel Piano strategico nazionale sulla PAC.
Una corsa contro il tempo
D’altronde l’iter legislativo, che coinvolge Parlamento europeo, Commissione e Consiglio dei ministri agricoli nell’approvazione della futura riforma della PAC si preannuncia lungo e irto d’ostacoli. Il primo avversario è il tempo. Ad oggi, appare infatti molto difficile (se non praticamente impossibile) che la PAC possa essere approvata prima delle elezioni del Parlamento europeo della primavera 2019; in tempo utile cioè per un’eventuale entrata in vigore dei regolamenti già dal primo gennaio 2021 (vedi box).
Senza dimenticare un dettaglio tutt’altro che trascurabile, ovverosia la necessità di un lasso di tempo congruo affinché gli Stati Membri possano licenziare i loro Piani strategici nazionali.
In un quadro dominato dall’incertezza, tuttavia, il ruolo-chiave affidato ai servizi di consulenza in agricoltura per il post 2020 appare come un dato di fatto, quasi incontrovertibile sul quale fare affidamento per guardare con fiducia alla PAC del futuro.