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L’impiego di fotocamere offre un aiuto per valutare il grado di maturazione dei coni di luppolo, eventuali sofferenze e le esigenze nutrizionali delle piante.
Questo articolo racconta il progetto vincitore del 1° premio 2020 “Dottore agronomo e dottore forestale, progettista del cibo sostenibile”.
1° PREMIO
Nome vincitore: Ruralset STP
Titolo: “Luppolo digitale”
Descrizione progetto: L’impiego di fotocamere offre un aiuto per valutare il grado di maturazione, eventuali sofferenze e le esigenze nutrizionali delle piante.
Motivazione: per avere combinato innovazione e originalità dell’idea, coinvolgendo una rete di professionisti
Coltura di nicchia, esplosione del consumo della birra artigianale italiana, alcune fasi critiche della coltivazione e della lavorazione, l’opportunità di avere belle relazioni con studiosi e territori. Sono stati questi gli ingredienti alla base di un progetto di ricerca e sviluppo che ha come focus il luppolo e la digitalizzazione di questa coltura.
Qualche cenno sul luppolo
Il luppolo (Humulus lupulus L.) è una cannabacea, quindi della stessa famiglia della canapa, è erbacea (curiosamente visto che raggiunge una altezza di diversi metri!), perenne e con una foglia assai particolare perché la pagina superiore della lamina è ruvida al tatto, mentre quella inferiore è resinosa.
La specie è dioica, ossia presenta fiori unisessuati maschili e femminili portati su piante diverse.
Siccome nell’attività brassicola sono utilizzate solamente le infiorescenze degli individui di sesso femminile non impollinate, devono essere escluse dall’areale di coltivazione le piante di sesso maschile: il loro polline, infatti, porterebbe a uno scadimento qualitativo del raccolto.
Alla base delle infiorescenze, botanicamente note come strobili e chiamate anche “coni”, sono presenti delle ghiandole resinose secernenti una sostanza giallastra nota come luppolina, che conferisce il caratteristico sapore amaro alla birra. La luppolina è costituita da α-acidi (principalmente composti da umulone, coumulone e adumulone) e dai composti che hanno maggior potere amaricante, β-acidi (principalmente composti da lupulone, colupulone e adlupulone), da polifenoli (es. flobafeni, xantumolo) e da numerosi oli essenziali, principalmente myrcene e humulene. L’humulene, in particolare, è la sostanza più ricercata grazie alla sua capacità di mantenere inalterate le caratteristiche aromatiche della birra nel corso della sua shelf-life.
Il mastro birraio, per amaricare, aromatizzare la birra e per conferirle il gusto e il sapore che le sono propri, usa una quantità molto piccola, poche centinaia di grammi per ettolitro di birra, ma la forza aromatizzante di questa sostanza è sufficiente a caratterizzare le diverse tipologie di birra luppolate nei vari modi.
Un settore con potenzialità
Nel mondo, la superficie attualmente coltivata a luppolo si aggira intorno ai 50.000 ha, principalmente collocati in Germania e Stati Uniti, con produzioni medie cumulate che si aggirano attorno alle 30.000 tonnellate annue di coni di luppolo secco, corrispondenti ai circa 2/3 della produzione mondiale. Altri importanti Paesi produttori sono Cina (15.000 t/anno), Repubblica Ceca (9.000 t/anno), Slovenia (2.200 t/anno) e Regno Unito (1.900 t/anno).
Nel tempo si sono differenziate zone tipicamente vocate alla coltivazione del luppolo all’interno dei Paesi precedentemente elencati, fra cui ad esempio l’areale del Saaz (Žatec) in Rep. Ceca, l’Eger e il Hallertau in Germania, le valli Yakima e Willamette e a ovest del Canyon County, nell’Idaho U.S.A, mentre nel Regno Unito la produzione è concentrata nel Kent.
Il valore del mercato mondiale annuo del luppolo si aggira attorno ai 700 milioni di dollari, di cui 500 milioni riconducili alla produzione agricola e 200 milioni alle aziende di trasformazione e commercializzazione.
In Italia la coltivazione è tutt’ora allo stadio pionieristico sia per la scarsa diffusione della birra artigianale sino a pochi anni fa, che per le modeste quantità di luppolo che occorrono, sia – e forse soprattutto – per una scarsa cultura luppolicola nel nostro Paese. Anche i dati CREA confermano che i pochi impianti produttivi hanno carattere spesso hobbistico o sperimentale e, se si eccettuano pochissimi impianti, le superfici unitarie sono molto piccole (poche migliaia di metri quadrati).
Può avere un futuro questa coltura?
Il fabbisogno di luppolo per uno sviluppo futuro di una filiera è stato stimato in una superficie di coltivazione tra i 200 ed i 300 ettari. Gli areali di ubicazione potrebbero essere moltissimi dalla pianura, alla prima collina.
Inoltre, potrebbe essere una coltura che, ancorché restando una nicchia, potrebbe avviare alcune piccole filiere virtuose legate al territorio, valorizzando gli altri usi del luppolo, come quello alimentare, e connettendoli alla produzione artigianale di birra con la creazione di nuove cultivar, riducendo sempre più il ricorso alla importazione o anche alla coltivazione in Italia di cultivar non autoctone. In questo senso è interessante e sfidante il lavoro che il Comune di Marano sul Panaro, sulla prima collina modenese, fa da anni con studi, ricerche e un convegno annuale che è oramai diventato un appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati e cultori della luppolicoltura.
DIGIT-HOP
È in un contesto di novità, interesse, potenzialità e contaminazione di attività che è nato il progetto del “DIGIT-HOP”, che RURALSET ha avviato nel 2019.
Sono state studiate le fasi di coltivazione della pianta e si è cercato di capire quali fossero i momenti topici e gli snodi critici dove potesse essere necessario digitalizzare il processo con dei sensori, al fine di fornire un sistema di supporto alle decisioni che aiutasse l’agricoltore a compiere le scelte giuste nel momento giusto.
Questo studio ha confermato che è possibile aiutare il luppolicoltore in due momenti: la raccolta dei coni al giusto gradi di maturazione e durante il processo di essiccazione, per determinarne la gestione accurata.
Ancor’oggi, infatti, la maturazione del luppolo e il corretto tempo di raccolta sono determinati in maniera empirica, affidandosi all’esperienza e alla competenza dell’agricoltore: vi è un momento nel quale, grazie al tatto e alla vista, si decide per la raccolta sperando che sia il momento di massima presenza nei coni di sostanze amaricanti e aromatizzanti, prima che giunga il loro naturale declino.
La fase di avvio del progetto
La ricerca iniziale ha previsto l’installazione in campo di una serie di fotocamere e la rilevazione di migliaia di immagini di coni in maturazione, per realizzare una gigantesca banca dati fotografica. Parallelamente, con periodicità, si è iniziato a compiere delle analisi chimiche su campioni di coni in modo da determinare la presenza di sostanze amaricanti.
Correlando immagini e analisi la presenza di alfa e beta acidi è stata messa in relazione con colore, forma e dimensione dei coni, per potere indicare con precisione il momento perfetto della raccolta.
Grazie a una stazione meteo, infine, sono stati raccolti di dati di temperatura, umidità dell’aria, pioggia, vento, indice di bagnatura della lamina fogliare, indice di efficienza fotosintetica, con i quali si è determinata la situazione ambientale presente in campo.
Successivamente, con tutte le immagini raccolte è stato possibile iniziare ad “allenare” un sistema intelligente di riconoscimento, per individuare con grande precisione tutti i coni presenti in una fotografia e mapparne le caratteristiche morfologiche principali.
I primi risultati del progetto sono incoraggianti, anche se occorre essere molto scrupolosi nella esecuzione di molte decine di analisi in parallelo allo scatto delle foto per costruire una relazione tra immagine e caratterizzazione chimica dei coni.
I prossimi passi si concentreranno sullo sviluppo del sistema di machine learning e sull’allenamento degli algoritmi, con il ragionevole obiettivo di attendibilità che possa superare il 90%.
Il processo di essiccamento
Conclusa la fase in campo, il lavoro si è concentrato sul governo del processo di essiccamento, per offrire una soluzione che permetta di gestirlo in maniera digitale.
Il luppolo, infatti, viene raccolto in uno stadio caratterizzato da un’umidità relativa di circa l’80% e deve essere essiccato, in breve tempo, fino all’8%, per poi essere reidratato in area ambiente fino al 12% circa.
Il primo passaggio è fondamentale per garantire l’arresto dei processi di fermentazione e per preservare le caratteristiche organiche e organolettiche. Il secondo è strumentale a ottenere un prodotto meccanicamente più resistente e più adatto alla successiva compressione e/o pellettizzazione.
Non esistono oggi impianti di essicazione specializzati per il luppolo e, in generale. questo processo è ancora molto artigianale, fondato sulle abilità empiriche e sull’esperienza dell’imprenditore agricolo.
Per sopperire a questa aleatorietà, il progetto è proseguito in essiccatoio, collocando all’interno della massa di coni un set di sensori di temperatura e di umidità per determinare il migliore momento di stop alla fase di essiccamento e il ciclo di calore più idoneo da erogare alla produzione.
Dai primi dati raccolti si è evidenziato che sarà necessario sviluppare un sistema di sensori in grado di monitorare con grande precisione l’umidità relativa dei coni, e dei modelli predittivi di grande precisione per la gestione delle condizioni e delle tempistiche di essiccazione e successiva reidratazione.
Dove vorremmo andare?
Questo progetto mira a collegare le diverse fasi del processo di coltivazione e di lavorazione dei coni e a diventare uno strumento semplice, scalabile, low-cost, direttamente impiegabile dal tecnico del luppolicoltore e gestibile da remoto. È il grande processo di digitalizzazione dell’agricoltura, che sta compiendo i primi passi concreti e che tanto deve ancora produrre.
Una volta concluso (occorrono ancora almeno un paio di campagne di studio per consentire al progetto DIGIT-HOP di consolidare i risultati), questo progetto dovrà traghettare il comparto da una gestione empirica della raccolta a una determinazione il più possibile “scientifica” del momento ideale, e lo stesso passaggio sarà da compiere per il processo di essicamento. Il tutto in una cornice di sostenibilità e di miglioramento delle performance tecniche- gestionali ed economiche del processo.