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L’andamento del mercato fondiario in Italia nel 2020

Affitti, compravendite, valori immobiliari. Quali sono gli sttrascichi della pandemia sul mercato fondiario?

di Andrea Povellato (CREA-PB)

L’esplosione della pandemia nel 2020 ha lasciato il segno anche sul mercato fondiario, con una significativa contrazione dell’attività di compravendita, ma senza particolari conseguenze sul fronte delle quotazioni dei terreni. Secondo gli operatori del settore, intervistati durante l’annuale indagine curata dalle sedi regionali del CREA-PB – e da quest’anno coadiuvati dal Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali, gli effetti della pandemia sono stati meno gravi di quanto ci si poteva aspettare, grazie alla ripresa delle attività di compravendita, successiva alla prima ondata pandemica.

Gli effetti della pandemia sono stati meno gravi di quanto ci si poteva aspettare, grazie alla ripresa delle attività di compravendita, successiva alla prima ondata pandemica.

In sostanza, nel 2020 il prezzo dei terreni agricoli è rimasto stazionario (-0,1% sul 2019) con flessioni generalizzate soltanto nelle regioni del Nord-Est, dove l’aggiustamento delle quotazioni prosegue ormai da diversi anni (tab. 1). Sono le zone di pianura e in parte collinari a risentire maggiormente della flessione. Oltre a Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Liguria che presentano le riduzioni più vistose, si segnalano contrazioni anche in altre tre regioni (Toscana, Molise e Campania). Una nota parzialmente positiva viene dal confronto con il dato sull’inflazione: nel 2020 l’indice generale dei prezzi ha presentato un valore negativo (-0,2%), quindi il patrimonio fondiario medio nazionale, in termini reali, è aumentato lievemente (+0,1%), dopo una serie negativa che continuava dal 2007. Una seppur magra consolazione, dato che un’inflazione con segno negativo segnala una situazione economica generale non certo favorevole.

Secondo le statistiche rese note dal Consiglio Nazionale del Notariato, il numero di atti di compravendita riguardanti terreni agricoli, conclusi nel 2020, è diminuito dell’8,4% rispetto al 2019, invertendo una tendenza positiva che durava dal 2014. Si riduce in misura ancora più significativa il valore monetario delle transazioni che si ferma a 4,8 miliardi di euro (-21% rispetto al 2019). A risentirne maggiormente sono state le contrattazioni per importi superiori ai 100.000 euro, numericamente esigue (7% del totale) ma prevalenti in termini di valore (64%).
Andamento analogo si è registrato nel caso del credito per l’acquisto di immobili in agricoltura che, secondo Banca d’Italia, ha subìto una brusca battuta di arresto dopo il recupero avvenuto dal 2012 in poi. Le erogazioni pari a 319 milioni di euro (-42% sul 2019) riportano i valori quasi ai minimi storici dell’inizio decennio. La contrazione, ben più significativa della riduzione dell’attività di compravendita in generale, riporta in primo piano il tema della difficoltà di accesso al credito, tante volte denunciato dagli operatori del settore.

La mancanza di liquidità ha rallentato le compravendite (soprattutto per le produzioni più legate agli effetti delle chiusure, come floricoltura, viticoltura, agriturismo)

Gli effetti della pandemia sull’attività di compravendita sono stati decisamente maggiori nel primo semestre del 2020, come attestato dalle statistiche del Notariato (-29% rispetto allo stesso semestre del 2019, mentre nel secondo semestre si è registrato un +12%). A causa delle restrizioni negli spostamenti, gli operatori non hanno potuto incontrarsi e perfezionare gli accordi preliminari e le banche e gli studi notarili sono rimasti chiusi, praticamente fino a giugno. Nella seconda metà dell’anno, la decisa ripresa delle attività mercantili, in un clima quasi di euforia, non è riuscita a compensare pienamente la flessione del primo semestre.

In alcuni casi, a seconda dell’indirizzo produttivo delle aziende, è stata la mancanza di liquidità a rallentare le compravendite (soprattutto per le produzioni più legate agli effetti delle chiusure, come floricoltura, viticoltura, agriturismo). Per converso, si segnala anche un effetto contrario laddove la mancanza di liquidità e situazioni aziendali particolarmente fragili hanno spinto alcuni operatori a vendere per consentire di superare un momento finanziariamente molto difficile. In sostanza, da un lato sembra si sia accelerato il processo di dismissione da parte di operatori a bassa redditività, mentre dall’altro lato gli investitori più dinamici restano in attesa di tempi migliori.

La diffusa percezione di incertezza sull’evoluzione della situazione economica generale non ha impedito agli operatori di esprimere anche un cauto ottimismo sulla capacità del settore di cogliere i segnali di ripresa, che potrebbero riverberarsi anche sul mercato fondiario. Il PNRR potrebbe essere di aiuto in questo senso, mentre permangono dubbi sugli effetti incerti della riforma della PAC.

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