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Un protocollo di certificazione della distanza, messo a punto nell’ambito del progetto internazionale, e le reali possibilità applicative di questo dispositivo per la diffusione del mercato del legno di prossimità.
di Giovanni Maiandi (dottore forestale, consulente di Unione Montana Valsesia), Silvia Pirani (dottore forestale, consulente di Unione Montana Valsesia),Luca Galeasso (Environment Park)
Progetto CaSCo e certificato Low Carbon Timber
Il problema dei cambiamenti climatici focalizza ormai da anni l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, oltre che della comunità scientifica.
Nel Nord Italia, a tale questione si aggiungono gli effetti dell’elevato tasso di particolato e biossido di azoto in atmosfera, cosicché il fenomeno determina un peggioramento della qualità dell’aria per il quale il nostro Paese è soggetto a procedura d’infrazione da parte dell’UE.
Nel settore della produzione del legno, la componente di gran lunga più impattante sotto questo profilo è quella del trasporto, che è anche il segmento sul quale è possibile incidere maggiormente con strategie volte a ottimizzare i trasferimenti.
Legname di prossimità
Il progetto internazionale CaSCo (acronimo di Carbon Smart Communities)1 è un progetto europeo finanziato dal programma Interreg Spazio Alpino incentrato sulla promozione del “legname di prossimità”.
L’obiettivo di questo progetto è stato, per l’appunto, quello di incentivare la riduzione delle distanze coperte nel ciclo produttivo degli assortimenti legnosi, massimizzando la sostenibilità e riducendo gli impatti climalteranti associati ai trasporti. Tale approccio sottintende il passaggio dalla tradizionale idea geografica di “regionalità”, che spesso non trova una giustificazione nelle caratteristiche tecnologiche del legname locale, a un’idea di “sostenibilità”, che punta sul maggior valore ambientale del materiale lavorato e posato vicino al luogo di raccolta.
Si tratta di un progetto è piuttosto articolato, che comprende una raccolta dati sulle filiere locali, attività di animazione e formazione rivolte a imprese, enti pubblici, tecnici, una sezione specificamente dedicata al tema del green public procurement, iniziative di comunicazione, e anche lo sviluppo di strumenti di supporto e la loro sperimentazione attraverso progetti pilota che coinvolgono il tessuto produttivo del settore forestale e la pubblica amministrazione.
Oggi, il progetto CaSCo è in fase conclusiva e con esso termina la sperimentazione degli strumenti che sono stati messi a punto per supportare un’iniziativa di più ampio respiro, in grado di coinvolgere un maggior numero di operatori e tecnici del settore. Alcuni degli output realizzati offrono spunti originali per la promozione del legname piemontese e per la professione del Dottore Forestale.
Il certificato Low Carbon Timber
Con CaSCo si è avviato l’adeguamento al contesto piemontese e italiano di un sistema di certificazione tedesco, Holz von Hier (trad. Legno da qui), in grado di attestare la distanza percorsa da un assortimento legnoso nel proprio ciclo produttivo, dal luogo di raccolta alla destinazione finale.
Ne risulta un’informazione molto diretta e di facile comprensione, i chilometri effettuati, che è direttamente correlata con l’impronta di carbonio (la quale può essere calcolata e inclusa nella certificazione).
La versione italiana del marchio prende il nome di Low Carbon Timber (LCT) ed è in fase di sperimentazione.
I requisiti di base per accedere al certificato sono:
Nell’attuale carenza di superfici forestali certificate GFS, per ora in Italia il rilascio richiede una verifica dei requisiti de facto di sostenibilità, legalità e tracciabilità, attraverso una documentazione che qualsiasi taglio boschivo legale eseguito da un’impresa forestale iscritta all’Albo può produrre. Anche le distanze-soglia di riferimento sono state adattate alla realtà italiana, adottando in via sperimentale la tabella in figura.
Prospettive di sviluppo per il “legno di prossimità”
Il settore legno italiano è affetto da un gap importante tra la domanda, cospicua, continua e strutturata, di legname e semilavorati da parte dell’industria di seconda trasformazione, e l’offerta interna, ridotta e frammentaria, che ai piccoli acquirenti locali preferisce grandi compratori fuori-zona in grado di ritirare il materiale in qualsiasi momento, anche se a prezzi più bassi.
A fronte di un settore delle costruzioni che, quando pure utilizza il materiale legno, si orienta quasi sempre su lamellare e sistemi progettuali e costruttivi standardizzati, non è realistico pensare che la promozione del “legno locale” possa in qualche modo ridurre la dipendenza di questo mercato mainstream dalle importazioni. La chiusura di molte segherie in conseguenza della crisi del 2009-11 è già di per sé un ostacolo insormontabile alla ricostituzione di filiere territoriali capaci di flussi importanti.
Tuttavia, nel corso del progetto è emersa anche una realtà, diffusa quanto sottovalutata, di scambi proficui tra operatori locali. In Valsesia per esempio, uno dei territori di indagine che ha ospitato un certo numero di esperienze pilota, la costruzione e ristrutturazione delle case tradizionali in legno, in un’area caratterizzata dalla presenza dei Walser2, è un ambito di particolare interesse per la valorizzazione del legname locale, che già si utilizza insieme a quello di importazione. Si evidenzia che, a differenza di quanto osservato presso i partner di progetto tedeschi e austriaci, concentrati nell’ottimizzare le catene di approvvigionamento di grandi flussi di merci industriali, la declinazione italiana del legno locale passa per la valorizzazione di piccole lavorazioni artigianali, per lo più in legno massiccio, con un elevato grado di esperienze legate alle tradizioni costruttive locali.
Sebbene siano stati certificati LCT manufatti in legname lamellare di castagno prodotti in regione, sembra delinearsi una sinergia legno locale – legno massiccio – sistemi costruttivi artigianali, contrapposta al sistema legno d’importazione – legno lamellare – prodotti e sistemi costruttivi standardizzati, che fa intravedere una possibile connotazione in stile slowfood come veicolo promozionale in grado di valorizzare il legname locale.
Costruzioni, palerie, cippato: 3 settori da esplorare
Individuata la potenzialità, il ruolo del tecnico forestale sarà quello di “scovare” sul territorio queste condizioni partendo da produzioni esistenti e renderle appetibili mettendone in luce le performance ambientali con adeguati strumenti, come può essere il marchio Low Carbon Timber.
Non bisogna sottovalutare, infatti, che esiste una clientela finale pronta a recepire l’importanza del valore aggiunto conferito a una costruzione dall’utilizzo di legno a km0, se reso adeguatamente riconoscibile da una certificazione di terza parte.
Anche nel settore della paleria sono emersi spunti simili. Produzioni vitivinicole pregiate, in espansione nella fascia pedemontana compresa tra Biellese e Alto Novarese (Bramaterra, Gattinara, Boca, Ghemme) tengono molto all’immagine del loro prodotto e sembrano interessate all’uso di paleria certificata di prossimità.
La filiera è da costruire e compito del dottore forestale sarà, oltre che mettere in rete gli operatori, individuare soprassuoli in grado di fornire assortimenti adatti in una zona in cui pochissimi sono i cedui a regime. Nell’ingegneria naturalistica e negli arredi esterni, soprattutto in aree protette e della rete Natura 2000, c’è spazio per proporre elementi in legname km 0, come fa Oasi Zegna, uno degli aderenti al progetto CaSCo più significativi.
Infine, la filiera del cippato da riscaldamento ha in questo momento un forte bisogno di dimostrare la propria ecosostenibilità, vista l’incidenza sull’inquinamento da particolato attribuita alle biomasse legnose. Ciò può essere fatto attraverso un bilancio globale delle emissioni del ciclo produttivo, in cui diventano decisivi la qualità dell’impianto, la qualità del combustibile e il bilancio delle emissioni nel ciclo produttivo. Nell’ambito del progetto CaSCo, i due fornitori di calore da biomasse operanti in Valsesia emetteranno un certificato LCT periodico che dimostri la sostenibilità della catena di approvvigionamento, a vantaggio dei Comuni proprietari degli impianti.
Conclusioni
Il progetto è in chiusura e lascia in eredità un kit di strumenti promozionali del legno locale; tra questi spicca il protocollo Low Carbon Timber, che alcuni operatori economici convolti nel progetto utilizzano già in chiave commerciale e promozionale della loro attività.
Pur senza alimentare l’illusione di ricostruire una filiera foresta-legno nazionale che riduca la nostra dipendenza dalle importazioni, anche grazie a questi strumenti un approccio bottom-up può aumentare visibilità e interesse verso produzioni di nicchia km0 ecosostenibili, che possono stimolare l’offerta di tondo locale e crescere armonicamente con essa.
I dottori forestali sono gli unici soggetti che possiedono le competenze tecniche e, soprattutto, una conoscenza del territorio e degli operatori tale da poter operare in questo senso. Il ruolo del professionista è basilare, ma deve arricchirsi di conoscenze commerciali che emergono come il punto debole della sua formazione ed esperienza: la dimestichezza col mercato del legno e la capacità di muoversi in esso.
Allo stesso tempo, è necessaria una cabina di regia a livello regionale che supporti le filiere locali mettendole in rete, una sorta di clusterdel legno locale, attore di una progettualità che sia in grado di convogliare risorse comunitarie su strategie mirate, senza disperderle in una pletora di iniziative puntuali e scoordinate.
giovanna moroni
10 Maggio 2020 a 07:15
Davvero molto interessante. Sono un’amante della montagna e della natura. Posseggo una seconda casa in Val Mastallone e penso sia un’opportunità ed una preziosa occasione per unire possibilità economiche ed aiuto e rispetto del bellissimo ambiente naturale che ancora questa splendida valsesia sa regalare a chi ha occhi giusti e puliti. Grazie Gio
Manuel Bertin
14 Maggio 2020 a 09:55
Grazie a lei 🙂